nella stesura del resoconto del mio secondo viaggio in Cina del maggio scorso gli appunti sul block notes continuano ad aiutarmi poco, perché molto parchi di notizie nei giorni trascorsi con mia figlia Sara, e chi ha visto il video allegato al post precedente, il cui unico merito è la bella musica, x-3-beijing-un-pomeriggio-senza-scrittura , sul viaggio che ci ha portati a Shanghai sa già tutto quello che occorre.
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la nuova stazione di pechino sud
eccola, ci siamo arrivati col metrò: un gíoiello tecnologico, un gioco di masse e di luci che lascia senza parole, costruito in un anno soltanto, durante la mia assenza qui dal maggio del 2008: in funzione della prima tratta delle linee superveloci che cominciano ad attraversare la Cina e che per ora ci porta a Shanghai.
dopo una cena veramente insipida in un fast food per niente all’altezza della scenografia, eccoci imbarcati per un viaggio che in otto ore ci porterà ad oltre mille km di distanza, a Shanghai
la notte sul treno superveloce e i baci cinesi in tv – confronto con l’India
volendo, infatti, si può guardare la televisione cinese nella cuccetta “morbida”, lussuosa e pulitissima, e un vicino lo fa, permettendomi questa fondamentale osservazione: se i film cinesi visti in aereo grondavano di una stupida e miltaresca violenza, che non so se esprima l’anima nascosta del popolo cinese – ho davanti un viaggio per scoprirlo, ma certamente non sono un biglietto da visita invitante -, alla televisione cinese si possono invece vedere dei baci, molto più apprezzabili, dato che invece sono vietatissimi in India, dove sono considerati osceni e dove gli amanti si avvicinano soltanto con le labbra, in modo peraltro sensualissimo, prima che lo sfuocato lasci solo immaginare come avveniva negli audaci film della fine degli Anni Sessanta da noi per le scene di sesso.
baci baci baci…
riesco a farfugliare una simile osservazione che affido alla memoria cerebrale più che a quella elettronica, senza occupare spazio interiore più di tanto, e poi sprofondo in un sonno da cui mi riscuote solo il primo grigiore dell’alba.
grigiore, già!
ma voi lo sapete già, l’avete vista nel video la nebbia neppure afosa che avvolge Shanghai, ma che non riesce ad assorbire del tutto la vivacità istintiva che emana dalla gente e perfino dal traffico, il movimento instancabile che la percorre, la voglia di denaro – dice la guida della Lonely Planet -, però il denaro (azzardo una mia ipotesi) solo come trasposizione di una incontenibile vitalità .
arrivo a Shanghai, prime impressioni di una citta’ vitale
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un resoconto solo appena più accurato di questo trasbordo, ma pur sempre frettoloso, verrà spedito l’indomani in una mail a una persona cara, che oggi mi suggerisce di integrare questo supporto ulteriore alla memoria.
21 maggio 2010 06.21 oggetto: tredici
La tua giornata è iniziata da un bel po’ e sarai pieno di curiosità, progetti.
Avete trovato l’albergo?
Vi siete stancati molto per il viaggio?
Come sono i treni?
Ti auguro una buona giornata e … aprovecha.
Un abbraccio, ciao.
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data 21 maggio 2010 13.25
l’albergo era gia’ stato prenotato da Sara, e’ un ostello economico, ma pulito, dove abbiamo una camera doppia, quindi fino a domani sera non ci sono problemi, poi comincia l’avventura, che non sembra molto adatta alla Cina.
gia’ a Shanghai le scritte in inglese diventano rarissime e quindi orientarsi da solo sara’ una bella sfida, ma faccio conto di girare fin che posso per ostelli, dove immagino capiscano il mio stentatissimo inglese.
abbiamo viaggiato in un treno extralusso, vagone letto, anche piuttosto caro, ma ho dormito da dio.
oggi qui brutto tempo, dopo il cielo splendido di Pechino, e proprio non ce lo aspettavamo il cielo grigio e quais il freddino alla latitudine del Cairo.
contatto con la citta’, molto vivace, e visita al Museo Nazionale, una specie di Louvre cinese, ovviamente stiamo per uscire a cena.
non ho capito come funziona l’orario su gmail, ti scrivo alle 19,30 locali, quindi li’ e’ l’una e mezza, tu mi hai scritto 7 ore fa, quindi alle sei di mattina?
un abbraccio, scusandomi per la fretta.
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l’ostello e il circondario, noto il ristorante di pesce
ecco, di Shanghai (l’ho già detto che il nome della città in cinese significa semplicemente “In riva al mare”? – solo che il mare é anche piuttosto distante, quasi 30 km) mi colpiscono appunto la vivacità e la scioltezza.
tanto Capitale del Nord (Beijing) è ingessata dentro un suo ruolo di rappresentanza, tanto Shanghai rappresenta l’aspetto più libero e quasi simpaticamente birbantesco della Cina: la gente corre dappertutto, si respira una cordialitá di rapporti quasi meridionale, i sorrisi si sprecano.
la pronuncia è diversa da quella di Beijing, ma Sara, a cui mi affido completamente, fin che posso, se la cava ugualmente: la cosa ha dell’incredibile, considerando il tono incredibilmente basso, quasi sussurrato, con cui parla la gente, ad esempio i due gestori dell’ostello, una ragazzina magrolina dai capelli castani e un ragazzetto (in apparenza) altrettanto snello, con dei baffetti sottili da adolescente.
nessun problema abiamo avuto ad ad arrivare rapidamente attraverso tratti sotterranei e tratti in una sopralevata semiferroviaria nella zona semiperiferica dove sta questo ostello pieno solo di europei, molto pulito e familiare, con una bella connessione internet, quasi sempre occupata, ma teoricamente a disposizione,
ce la caviamo bene, dopo avere sistemato in fretta le nostre cose, anche a prendere l’autobus 205 veramente economico e a fare alcuni km sgranando gli occhi qua e là, soprattutto nel tratto che percorre il famoso Bund, la grande passeggiata scenografica sul fiume, su cui si affacciano i maggiori grattacieli della città, che tuttavia si vedono male: tanto sono basse quelle nuvole piovigginose, che le cime scagliate verso il cielo si confondono nella nebbia…
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ma non ho detto sostanzialmente nulla ancora del Museo Nazionale:
il Museo Nazionale
già, bello questo appunto, eh?
ci vorrebbe la penna di uno scrittore per raccontare le emozioni intense che quella visita mi ha dato, superiore a quelle che si provano di solito nei musei, pur se anche questo alla fine è un deposito di pietre e oggetti illustri e perfino nell’approccio ricorda vagamente quello che chiaramente è stato assunto come modello, nella solennità dello scalone: i Musei Vaticani, solo che qui la scala è quadrata e non rotonda.
meglio che la penna spero abbia funzionato la macchina fotografica:
la forza del Museo Nazionale di Shanghai sta non solo nello spessore storico, gli oggetti più antichi hanno 4 o 5 mila anni, e neppure nelle peripezie della storia che ci mostra una cina buddista quando anche l’India lo era e ci fa immaginare per un momento che cosa sarebbe stata l’Asia se queste due civiltà si fossero unificate, nonostante l’Himalaya.
sta nella diversità a mio parere, rispetto a noi.
sta per esempio nel fatto che il bronzo, inventato anche qui, diventa la materia base per la produzione di vasi monumentali dalla forza ideativa fantastica, da cui si è abbeverato certamente Escher, dato che non è raro trovarvi motivi evidenti delle sue opere, e non alla produzione di statue che riproducono il corpo umano come attorno al Mediterraneo; e questa differenza la dice lunga sul ruolo molto minore dell’individuo in Cina rispetto all’Europa.
non si tratta di semplice dispotismo asiatico, cioè dell’effetto di un particolare modo di produzione, che si traduce in autoritarismo politico, come diceva Marx, o almeno non solo di quello: si tratta di una possibile variante della cultura umana che privilegia i valori della collettività e della solidarietà su quelli dell’individuo.
tanto che risulta chiaro che l’Occidente ha dovuto darsi il cristianesimo e parlare tanto di solidarietá, perché non la pratica, mentre l’oriente che ce l’ha a fondamento del proprio modo di pensare e di vivere, non ne parla neppure, anche se poi la solidarietà orientale è sempre molto diversa da quella occidentale dato che non va ad altri individui, ma al gruppo stesso, e vista dall’oriente l’amore per il prossimo, inteso come singole persone, è solo uno sciocco spreco di energie.
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altrove è la pittura a resituirci il senso di questa diversità: non solo per la sua irresiostibile tendenza alla monocromia e al sottinteso, che si spiega solo in parte col grigiore della luce che sembra la situazione di gran lunga dominante della Cina, in questa una specie di esasperata e mostruosa Germania asiatica, ma anche con quell’abitudine a parlare sottovoce che mi ha colpito nei cinesi.
ecco, direi che i cinesi non solo parlano sottovece, ma dipingono sottovoce; e come la gente non ha l’abitudine di guardare direttamente in faccia e men che meno negli occhi, così il pennello accenna soltanto alle emozioni, che invece giganteggiano urlate nell’arte europea.
chissà se qualcuno pensa che per questo i cinesi non abbiano emozioni; sarebbe quasi più naturale semmai pensare che sono gli occidentali a provarle davvero poco, dato che le urlano a questo modo.
e la preziosità delle giade?
è il ricamo di pietre quasi sconosciute da noi, che con le venature e le macchie che naturalmente contengono suggeriscono all’artista la direzione di una creazione che non è neppure qui puramente soggettiva.
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quando usciamo, i grattacieli di questa parte di Shanghai ci accolgono ancora nella nebbia, e ti emoziona sentire che sono loro i figli della cultura che il museo documenta lì dentro.
L’ha ripubblicato su cor-pus-zeroe ha commentato:
wordpress domenica 1 agosto 2010 – 15:58