307. conclusioni: il sacro orgasmo cristiano (Il santo divorzio cristiano, XV).

la lunga analisi condotta in sei mesi su questo blog alla ricerca di quali potessero essere le idee espresse da Jeshu sul tema del matrimonio ed eventualmente della morale sessuale poteva essere, e certamente in parte è, un’impresa assurda e ampiamente aldilà delle ragionevoli possibilità umane.

lo scopo di questa ricerca, infatti, originariamente non era neppure questo, ma semplicemente perseguiva un obiettivo che appariva più facilmente conseguibile, per non dire di immediata evidenza: sottolineare le numerose contraddizioni ed incongruità dei testi evangelici usati dalla chiesa cattolica, ed in particolare dai padri concliari a Trento nel 1563, per sancire la indissolubilità del matrimonio e fissare il principio, a ben pensarci assolutamente irrazionale, che se un matrimonio, dopo essere stato contratto, si rivela insostenibile per entrambe le parti, romperlo è un peccato, una violazione dei principi etici cristiani.

principio accettato passivamente per secoli (pur se la chiesa si riservava poi di fronte a problemi dinastici, ad esempio, di concedere il diritto di divorziare in casi particolari), ma purtroppo per i conformisti che se ne sono lasciati rovinare la vita, assolutamente infondato anche a partire dai testi evangelici ufficiali stessi.

infatti poichè la Bibbia ebraica, al contrario, prevedeva la possibilità di interrompere un matrimonio mal riuscito, sia pure attraverso l’istituto maschilista del ripudio della moglie da parte del marito, e in generale la predicazione di Jeshu ebbe il carattere di reinterpretazione dall’interno della tradizione biblica, tanto che il cristianesimo stesso si pone in continuità con l’ebraismo, per potere attribuire questa nuova regola morale matrimoniale alla predicazione di Jeshu, occorrerebbe individuare dei momenti molto precisi in cui egli abbia affermato il contrario.

* * *

ora il primo punto da mettere in evidenza è che invece di divorzio Jeshu non si è mai occupato, per la semplice ragione che la società ebraica alla quale apparteneva non conosceva questo istituto; Jeshu si è occupato solamente di ripudio.

la differenza è fondamentale.

la testimonianza più antica a riguardo sta in uno dei detti della Fonte Q, probabilmente la versione originale autentica del Vangelo secondo Matteo, ora confluita nella versione attuale di questo vangelo, per comodità espositiva nel cosiddetto discorso della montagna (mai tenuto).

in questo vangelo Jeshu viene presentato come un maestro ebreo, interprete particolarmente rigorista della morale ebraica posta a fondamento della monarchia teocratica (“il Regno dei cieli”, così definito per il divieto ebraico di nominare Dio):

dopo avergli fatto dire “Non pensate che io sia venuto ad abolire la legge o i profeti, non sono avvenuto ad abolire, ma a completare” (5, 17) – evidente polemica contro tesi di questo tipo che evidentemente circolavano fra i suoi seguaci (nelle lettere attribuite a Paolo se ne trova l’eco) – e dopo avergli fatto aggiungere, per dare un assaggio di che cosa si deve intendere per questo “completamento” Voi sapete che è stato detto “Non commettere adulterio”. Ma io vi dico che chiunque avrà guardato una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore” (5, 27), ecco che una tesi morale altrettanto rigida e disumana gli viene attribuita sul ripudio:

È stato  pure detto “Chiunque rimanda la propria moglie, le dia il libello del ripudio”; ma io vi dico:

Chi manda via la propria moglie (…) l’espone all’adulterio (…)” (5, 31-32)

ora, pur nel delirio integralista che configura questa parte del discorso della montagna, che attribuisce in alcuni punti a Jeshu la precisa volontà di negare la natura umana, è abbastanza evidente che qui Jeshu propone semplicemente un atteggiamento umano di comprensione verso la moglie con cui non si va d’accordo, non dà alcuna legge morale rigida, non nega neppure il diritto del ripudio, ma semplicemente evidenzia la situazione sociale di rischio e di abbandono in cui si metterà la donna ripudiandola, costringendola, per sopravvivere, al rischio dell’adulterio.

in poche parole, qui Jeshu sta criticando l’istituto maschilista del ripudio, non si sta occupando del divorzio dei coniugi, e ricorda agli ebrei sposati che è bene non ripudiare la propria moglie per non metterla in una situazione difficile.

ma quando Jeshu invita a non guardare una donna per desiderarla oppure a non ripudiare la moglie per non esporla a rischio di adulterio, sta forse emettendo delle leggi che dovranno essere rispettate nel nuovo regno teocratico oppure sta semplicemente proponendo un nuovo atteggiamento morale che devono assumere i seguaci del movimento volto ad instaurare questa nuova monarchia?

Jeshu pensa forse di estendere la lapidazione prevista per gli adulteri dalla Bibbia ebraica anche a coloro che avranno guardato una donna con desiderio? sta vietando positivamente di applicare la legislazione mosaica del ripudio?

ma come sarebbe possibile, visto che si dice che è venuto a completare – con un nuovo atteggiamento morale – la legge mosaica stessa, ma non a  cambiarla?

insomma, perfino nella versione più antica dei vangeli accettati dalla chiesa ufficiale, che lo presenta come un maestro ebreo rigorista, Jeshu non solo non si occupa affatto di divorzio, ma non rifiuta neppure in assoluto il ripudio.

* * *

il problema nacque nel momento in cui nella comunità dei suoi seguaci si diffuse l’atteggiamento di volere assumere dagli insegnamenti di Jeshu un sistema di precetti, e la comunitá stessa si divise.

alcuni vollero ricavare dalla sua predicazione delle nuove norme strutturate di comportamento,  che risultavano a questo punto ancora più maniacali e totalizzanti di quelle cosiddette mosaiche, condificate da Esdra nel V sec. a. C., fino al punto da estendersi dalla sfera esteriore ed oggettiva dei comportamenti a quella interiore e soggettiva del pensiero: erano seguaci legati in questo alla precettistica ebraica di cui il fariseismo era stato una importante espressione, combattutta da Jeshu proprio per questo, ed erano incapaci di liberarsi di questa mentalità prettamente ebraica e farisaica.

altri  invece avevano colto nelle parole di Jeshu soprattutto lo spirito libertario di rifiuto della mentalità precettistica, e non per sostituirla con un’altra, e richiamarono nella loro predicazione il superamento della legge formale in nome della libertá interiore (“dello spirito”), sottolineando che la salvezza sarebbe venuta dall’amore e non dalla legge.

una dura lotta oppose queste due tendenze agli inzi del movinento cristiano, ma la prevalenza e il dilagare della prima fu assicurato dalla sua progressiva ascesa al potere, quando essa divenne l’espressione della rivolta popolare contro la tolleranza religiosa dell’impero romano e della volontà vittoriosa di sostituire ad una società aperta la rigida precettistica di una teocrazia atoritaria e totalitaria: la chiesa “cattolica”.

non abbiamo elementi oggettivi per dire chi poteva essere più vicino al significato autentico della breve predicazione di Jeshu; una certa ambiguità poteva risultare probabile; eppure la verosimiglianza dice che era più facile intendere il suo messaggio restando all’interno di una mentalità tradizionale e dunque equivocandolo, che coglierne il signifcato profondamente innovativo e di rottura.

insomma, se Jeshu fosse stato semplicemente un fanatico rigorista che intendeva allargare la precettistica ebraica, sarebbe stato ben difficile cogliere nelle sue parole l’invito a liberarsi di tale precettistica; mentre se ha predicato il contrario, cioè il superamento della precettistica in nome di una adesione spontanea al principio dell’amore e della solidarietà e ne ha dato alcune esemplificazioni attraverso il suo linguaggio tipicamente immaginifico, è poi facile capire che menti fanatiche e ristrette abbiano frainteso questo messaggio riconducendolo nel quadro di un precettistica molto più invasiva; e che abbiano fatto di alcuni esempi, in cui Jeshu suggeriva un atteggiamento mentale più aperto ed umano,  il fondamento di questa precettistica ancora più insostenibile.

immaginiamo quindi che Jeshu abbia detto: io non sono venuto a cambiare la legge, non è questo il mio problema, non occorre cambiare neppure uno iota della legge; io sono venuto a completare la legge dicendovi che la legge non va rispettata formalisticamente, ma che occorre un atteggiamento di attenzione e solidarietà agli altri; e allora, per esempio, non basta non commettere adulterio, ma occorre rispettare la donna anche rinunciando a guardarla in modo da esprimerle il nostro desiderio, perché questa è una forma di violenza poco dissimile dall’adulterio stesso, occorre porsi il problema, prima di ripudiare una moglie, di quali saranno le conseguenze del nostro ripudio; e ciò che è fondamentale é questo spirito, non il rispetto formale delle norme.

purtroppo è del tutto normale pensare che ci sarebbero stati degli spiriti gretti e fanatici e delle beghine che ne avrebbero ricavato la precisa informazione che Jeshu aveva ordinato di non guardare le donne con desiderio, questo (il desiderio) era già in se stesso solo una variante di adulterio, e di non ripudiare la moglie.

che poi la precettistica morale che non era ricavata da Jeshu, ma gli veniva attribuita, nel momento in cui considerava peccaminoso guardare le donne con desiderio, ponesse anche le premesse per la santificazione possibile della omosessualità, facendo della chiesa nascente un punto di incontro privilegiato in cui gli omosessuali passivi, oggetto di disprezzo nella cultura classica, potevano riscattarsi e rivendicare un ruolo sociale importante, come sempre avviene nei movimenti fanatici e come sostiene di recente uno studio pubblicato in Germania (che in fondo riattualizza certe tesi di Nietesche sul cristianesimo), questo rimane un altro discorso

* * *

il Vangelo secondo Matteo, sia nella sua forma attuale, sia in quella più antica (Fonte Q) che è in esso stesso contenuta, esprime proprio questo atteggiamento con la sua grandiosa cupezza e il suo totalitarismo selvaggio, che tantò affascinò ambiguamente, ad esempio, Pasolini.

eppure la difficoltá di forzare in precettistica l’appello a una nuova morale interiore compiuto da Jeshu risulta già qui, in questo stesso passo, da un inciso e da una aggiunta, che – alla luce di questa ragionevole ipotesi – furono inseriti da chi, non avendone capito il senso, ha dovuto poi integrare e correggere quanto veniva ricordato di quella predicazione, per renderla compatibile con l’equivoco che portava a fraintenderla.

“Chiunque rimanda la propria moglie, le dia il libello del ripudio; ma io vi dico: Chi manda via la propria moglie, eccetto in caso di fornicazione, l’espone all’adulterio; e chi sposa la ripudiata commette pure adulterio” (5, 31-32)

i fanatici che non capivano il messaggio di Jeshu non erano di grande levatura intellettuale: questi due incisi sono entrambi insensati.

se mandare via la propria moglie significa esporla al rischio dell’adulterio, questo non vale forse anche in caso di fornicazione?

e che senso ha dire che “pure” chi sposa la ripudiata commette adulterio, se Jeshu prima non ha affatto detto che ripudiare la moglie equivale a compiere adulterio?

insomma, il lavorio di chi non intese nulla e si sforzò di riportare nella precettistica di ascendenza farisaica, addirittura come sua esasperazione, un messaggio che semplicemente intendeva minarla alle fondamenta e rifiutarla, risulta già avviato ben precocemente e nella stessa fonte Q.

ma se invece “omnia munda mundis”, tutto è puro per chi è puro di cuore, non sono i comportamenti che si possono valutare, ma solo l’interiorità che li genera (che peraltro è conosciuta solo al soggetto e sconosciuta e quindi non valutabile per gli altri), allora era autentica l’intepretazione di chi diceva che la nuova morale di Jeshu liberava gli uomini dalla legge, pur senza formalmente negarla come legge formale, come legge dello stato.

* * *

gli altri vangeli riconosciuti dalla Chiesa mostrano la prosecuzione di questa intensa e forse anche inconsapevole operazione di falsificazione condotta per ricondurre un eretico come Jeshu alla ortodossia, prima quella ebraica farisaica e poi alla nuova ortodossia cristiana e cattolica.

nello stesso Vangelo secondo Matteo, al cap. 19, già lungamente analizzato, ecco che la norma che vieta il ripudio seguito da nuovo matrimonio, identificando questo nuovo matrimonio con l’adulterio, è finalmente esposta; anche se poi il divieto morale non riguarda la rottura del matrimonio, ma soltanto le nozze successive.

nel Vangelo secondo Marco al cap. 10 (che probabilmente precede il passo di Matteo sopra citato) il rifiuto del ripudio viene accompagnato da una ulteriore dottrina segreta che sarebbe stata data da Jeshu soltanto ai suoi discepoli e che allarga il concetto di ripudio, in maniera contorta, facendolo identificare col concetto romano di divorzio e rifiutandolo in toto.

questo è il punto conclusivo sulla questione specifica: il ripudio del ragionevole e laico divorzio della civiltà romana divenne per gli oppositori cristiani integralisti una precisa forma di differenziazione e di opposizione radicale: la predicazione di Jeshu venne progressivamente piegata a questa nuova esigenza: di costituire un gruppo coeso, compatto, unificato dal rispetto di una legge (non di una morale) diversa, molto più rigida ed intransigente.

* * *

questa propensione ad una legge dura e violenta rappresentava (come anche oggi avviene con un’altra religione, quella islamica) il modo per le menti più limitate – che ahimé hanno sempre dalla loro parte la potenza del numero – di esprimere la loro incapacità di adattarsi ad una società aperta e flessibile.

grande segreto, questo: che per la maggior parte gli esseri umani sono così stupidi da vivere a disagio in una società che apparentemente non ha regole facilmente identificabili, che presenta ambiguità interpretative della norma morale: e via via che migliora e si sviluppa, in senso apparentemente umano e civlle, una interpretazione flessibile della legge che lascia spazi di libertá, che apre la strada alle diversitá dei comportamenti, che tollera comportamenti anomali e trasgressivi dei pregiudizi comuni, cresce esponenzialmente il bisogno degli ottusi e dei poveri di spirito di tornare ad una legge cruda, feroce, univoca, disumana diremmo noi, che perseguiti le minoranze, uniformi il mondo dei comportamenti, dia pochi e riconoscibili input, rassicuri i cretini su quel che si debba e si possa fare.

come spiegare altrimenti ai giorni nostri la diffusione dei testimoni di Geova, di Scientology o dell’integralismo islamico che ha poche relazioni col Corano stesso, e in generale delle sette religiose?

così la storia dimostra come, ad esempio, i sacrifici umani siano stati praticati per millenni senza suscitare mai alcuna opposizione, mentre quandio questi si aboliscono, ad esempio cancellando la pena di morte, ecco che si crea la protesta di chi li rivendica: cosa che di per se stessa lascia ben pochi dubbi sulla vera natura umana.

insomma, è il nostro concetto di umanità che è da rivedere: disumana è la ragionevolezza, perfettamente umani sono davvero la crudeltà e il semplicismo.

quando Huizinga parlava di fronte al trionfo dei fascismi di Crisi della civiltà, a fronte di un simile parallelo fenomeno di trionfo dell’istinto barbarico della semplificazione, portato all’estremo limite della riduzione sanguinosamente praticata anche delle culture e dei tipi umani, forse non coglieva che meglio avrebbe dovuto parlare piuttosto di “trionfo della civiltà”, dato che le civiltà umane sono sempre state caratterizzate dalle peggiori aberrazioni guidate da cieche tradizioni e istintive adesioni a scenari di violenza e di sangue.

gli uomini sono una specie animale bizzarra e crudele, abbiamo un rapporto più stretto con gli scimpanzé, le scimmie guerriere, che con i bonobo, le scimmie fricchettone dedite al sesso socializzante; questa è la nostra natura, purtroppo spesso ce la raccontiamo diversa, ma è perché siamo anche la scimmia che ha sviluppato al meglio la capacità di mentire…

* * *

sia nel Vangelo secondo Marco sia in quello secondo Matteo (nella seconda versione su questo punto che si trova, in aperta contraddizione con la prima, al cap. 19) la giustificazione della norma che Jeshu avrebbe dato di divieto del ripudio (salvo casi particolari) e dunque anche del divorzio, secondo Marco, viene ricondotta ad un principio morale che possiamo essere sicuri non facesse parte originariamente di questa illustrazione della dottrina per il fatto che non è neppure lontanamente accennata nella Fonte Q  e che sarebbe stata comunque incompatibile con essa come appare lì, perfino dopo le manipolazioni.

Jeshu avrebbe ricordato che Dio ha creato gli esseri umani in principio della creazione “maschio e femmina”; di qui nasce il matrimonio che fa di loro una carne sola (anche se nel testo originario il verbo “saranno” era soltanto il modo ebraico di dire “genereranno”) . “Non divida dunque l’uomo quel che Dio ha unito”.

questo riferimento in realtà unisce fra loro, considerandoli un testo solo (come avviene nella bibbia anche oggi, del resto) le due diverse versioni della creazione contenute nella Bibbia ebraica: la più antica versione a sfondo politeistico dove Elohim, gli dei, creano l’uomo e la donna a loro immagine e somiglianza (essendo gli dei stessi maschi e femmine) e la più recente versione monoteista introdotta probabilmete da Esdra, nella quale prima è creato l’uomo e poi la donna è creata dalla costola di Adamo, come carne della sua carne.

ma il riferimento alla “carne sola” della Torah sarebbe stato del tutto fuori posto nella semplice rivendicazione ad un atteggiamento umano, attento alla situazione difficile per la donna, che ne conseguiva.

* * *

il confronto con il cosiddetto vangelo di Giuda il Gemello (Tommaso) e col nucleo originario del Vangelo di Filippo ci rendono tuttavia certo che le idee di Jeshu su questo punto erano assolutamente differenti e molto più complesse, tanto che è ben facile capire quanto profondamente esse fossero equivocate.

Jeshu parlava invece della necessità di ricongiungere maschile e femminile come condizione fondamentale di una ricomposizione dell’unità originaria, che per lui, come per Platone, era l’androgino; e quindi di una strada verso la salvezza attraverso il superamento delle differenziazioni sessuali.

la determinazione sessuale appare già come una limitazione e un caduta; la strada della conoscenza e della illuminazione passa attraverso un superamento di questa prima determinazione; occorre ritornare come bambini, anteriori alla individuazione dei ruoli sessuali, non vergognarsi di essere nudi, fare “del maschio e della femmina una cosa sola, così che il maschio non sia più maschio e la femmina non sia più femmina” (Tommaso, 27),  perché, come dice il Vangelo secondo Filippo, 78:

Se la donna non si fosse separata dall’uomo, non sarebbe morta con l’uomo: all’origine della morte ci fu la sua separazione.

il matrimonio, in questa predicazione, è quasi il più importante dei riti sacri che riavvicinano l’uomo a Dio e non a caso la missione pubblica di Jeshu inizia con la celebrazione del proprio matrimonio, quello di Cana, come la ocerenza assolutamente richiede.

l’estasi sessuale che nel matrimonio si compie è il segno della felicità data dalla ricomposizione di maschile e femminile nell’unità originaria: già, pare sacrilego dirlo, ma per Jeshu, come per i sufi, l’orgasmo è la via maestra per il ritorno a Dio.

la nascita di un figlio è il miracolo che poi conferma la sacralità del gesto e dell’esperienza dell’unione sessuale.

che non furono certo ignoti a Jeshu; e un preciso riferimento del Vangelo secondo Filippo suggerisce che l’esperienza della paternità non fu ignota a Jeshu, anzi considerando i tempi della sua predicazione e del suo matrimonio le gestazione del figlio fi parallale alla gestazione del regno di Dio:

C’è il figlio dell’uomo e c’è il figlio del figlio dell’uomo.

e il commento aggiunge:

Il Signore è il figlio dell’uomo e il figlio del figlio dell’umo è colui che è creato dal figlio dell’uomo.

Il figlio dell’uomo ha ottenuto dal Dio il potere di creare: egli può generare.

(Vangelo secondo Filippo, 120)

il Vangelo che racconta con chiarezza il rapporto matrimoniale fra Jeshu e la Maddalena (55) è anche quello che accenna alla paternità di Jeshu, ma stranamente mi pare che il riferimento sia finora sfuggito, forse per la forte interpretazione simbolica che ne venne data.

* * *

Jeshu fu un grande visionario, in questo come in altre promesse e immagini del futuro.

le sue idee furono accettate con fatica e disagio, ma dato che la linea dinastica che lo aveva espresso faceva di lui il legittimo erede del trono di Davide, agli ebrei del suo tempo non rimase che accettare le idee sconvolgenti della sua predicazione, fino a che poterono; da ultimo persino i suoi discepoli ne rimasero urtati.

lo dimostra il loro abbandono del maestro nel dibattito sulla lapidazione dell’adultera, nell’ultimo frammatico confronto pubblico di Jeshu con i sacerdoti farisei del tempio, che precede a Gerusalemme immediatamente la sua cattura, e l’ala più radicale preferì consegnarlo ai romani che trascinare questo scandalo intollerabile di un erede designato al trono per la restaurazione della monarchia teocratica che propone una revisione radicalmente demolitoria proprio della precettistica ebraica che era l’elemento principale di identifcazione di quel popolo..

però dopo la sua morte la manipolazione di  una messaggio in grado di sconvolgere così profondamente la cultura ebraica iniziò subito, nella misura stessa in cui i suoi seguaci si organizzarono per continuare a trasmetterlo, reinterpretato come piaceva a loro, come strumento della loro lotta per il potere.

ricostruirlo nella sua integrità è oggi impresa matta e disperatissima; tuttavia di una cosa possiamo essere ssolutamente certi: di esso non faceva parte alcuna precettistica matrimoniale, e l’unità uomo donna, da realizzare anche attraverso il matrimonio, è per Jeshu quella dell’unione sessuale che ricongiunge nel segreto della camera nuziale l’essere umano alla sua natura bisessuale originaria e a Dio.

segnale potentemente simbolico quello della camera nuziale, per Jeshu il più importante dei sacramenti, cioè dei riti che congiungono l’uomo con Dio: di un processo di illuminazione interiore che deve portare ogni essere umano a trascendere la sua natura limitata e determinata per recuperare nell’unità primigenia l’identificazione con Dio con lo stesso travolgebnte slancio emotivo che ci porta a superare noi stessi nell’atto d’amore che Jeshu santificò come base della sua visione religiosa del mondo.

3 risposte a “307. conclusioni: il sacro orgasmo cristiano (Il santo divorzio cristiano, XV).

  1. Pingback: 450. anche quelli del fratello? « Cor-pus·

  2. Pingback: il #Sinodo e il mio #Sacrodivorzio cristiano – 467. | Cor-pus·

non accontentarti di leggere e scuotere la testa, lascia un commento, se ti va :-)

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...