wordpress, domenica 2 gennaio 2011 13:43 – di mcc43
La sinistra per me è ormai l’araba fenice, che ci sia alcun lo dice dove sia nessun lo sa.
“Mi si consenta” allora di concentrarmi su Marchionne.
Le cose sono talmente cambiate nel sindacato, che ora, senza partiti di riferimento, al vertice vi sono dei sottopolitici che difendono la posizione individuale, non pagano per la cecità e il ritardo nel valutare i cambiamenti della produzione e le nuove regole dei mercati, e, spalle al muro, ora cavalcano le difficoltà concrete dei lavoratori per mantenere il tavolo con i vertici aziendali o si fanno la guerra fra loro.
* * *
Però a fronte dei cambiamenti e dei ritardi di comprensione esiste un confine che dovrebbe essere intatto: i contratti nazionali che definiscono le condizioni “minime” applicabili in tutte le aziende: otto ore giornaliere, ferie, maternità, permessi retribuiti, tempi di scatto degli aumenti di retribuzione.
Minime significa che, al di sotto, è sfruttamento.
Tutto questo applica l’articolo 1 della Costituzione, il famoso “L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro”, come tale non è agganciato alle fasi dell’economia.
Coloro che dovrebbero difendere – per primi- la contrattazione collettiva sarebbero i politici, tutti non solo a sinistra, beninteso se avessero cognizione del ruolo e senso dello stato.
Un diritto costituzionale può essere cambiato solo ri-legiferando.
E chi avrebbe fegato di andare in tv e dire “declassiamo il lavoro a variabile delle strategie aziendali nella ricerca del profitto e mettiamo questo declassamento a fondamento del patto che ci rende una nazione”?
* * *
Veniamo a Marchionne.
Si è assunto il ruolo di testa d’ariete contro il muro della solidarietà dei lavoratori e dicono applichi metodi americani, ma Oscar Giannino, sinistrorso evoluto a liberale, sostiene il contrario e argomenta (http://www.chicago-blog.it/2010/12/29/7923/)
“La verità è che a questi accordi “dal basso”, proposti con forza dalla Fiat di Marchionne battendo la strada delle deroghe ai contratti nazionali che Confindustria di suo da due anni aveva aperto col consenso degli stessi sindacati che condividono la nuova impostazione a Pomigliano e Mirafiori, sono finalmente la reazione italiana a limiti e storture del tutto italiane.””
“Finalmente” la dice lunga, ma non la dice tutta.
Lo sfascio provocato da Marchionne, qui dove il sindacato aveva ancora una rappresentanza forte, è una partita mondiale nascosta dalla foglia di fico: adeguare un’azienda italiana alla competitività internazionale.
In realtà è parte di una strategia generale volta ovunque a un riaccentramento al vertice di poteri che si erano diffusi fra i soggetti interessati.
Ora che i suoi dipendenti polacchi cominciano ad alzare la testa, potrà accampare il precedente italiano come politica aziendale.
Lezione per i paesi europei, a partire dalla Spagna dove un gruppo di studio governativo ha dichiarato che il rilancio della produttività può solo passare con dei contratti che diano stabilità ai lavoratori, ora in gran parte a contratto a termine!!!!!
E lezione preventiva per quelli del terzo mondo.
* * *
Io comincio a notare una cosa: che in ogni nazione l’attacco viene sferrato al fondamento specifico del rapporto dipendente-padronato.
In Francia il forte malessere proviene secondo l’ottima sintesi che traduco da euro-synergies.hautetfort.com “dalla rimessa in questione della fierezza del salariato e del cittadino.
Fierezza che proveniva dal modello dell’uomo libero che non si piega né per paura né per interesse.
Tale rifiuto di piegarsi non è contraddittiorio con l’idea dell’alleanza, ma dell’alleanza con chi ti rispetta”.
Ne consegue che in Italia si abbatte lo specifico: il valore “sicurezza”, certezza del posto e dei diritti in quanto dipendenti; in Francia la dignità della persona, svalutandone progressivamente la professionalità.
Non è fantasia: ricordare la catena di suicidi in France Telecom che nel quadro della ristrutturazione ha imposto una mobilità generalizzata e trasformato dall’oggi al domani dei tecnici in possesso di un know how, prima fondamento del rapporto, in improvvisati commerciali?
Della Germania non so niente, qual è lo specifico del rapporto dipendente-azienda? La fedeltà al marchio aziendale, vista la pratica della cogestione?
* * *
Ad ogni modo, e concludo, intuisco una partita grossa: una generale sofisticata strategia che “per adeguare le aziende alla concorrenza” distrugge la centralità del lavoro nella vita individuale.
Mi chiedo pure se questa strategia sia in consonanza o tutt’altro con quella delle cupole che gestiscono i mercati finanziari.
Tutto da vedere, ma intanto la situazione è grave nel presente, gravissima nel prossimo futuro, nel periodo più lontano chi lo sa.
Dipenderà da come si ridefiniranno le società e le Istituzioni degli stati sotto questo sconquasso generale (vedi il folle caso Tunisia= rivolta dei disoccupati + primo paese africano per penetrazione internet!).
sul tema centrale, la contrattazione nazionale, siamo d’accordo: l’attacco è anticostituzionale.
non tanto contro il generico art. 1, ma – come avevo già sottolineato nel mio post sull’argomento https://bortocal.wordpress.com/2010/12/31/470-marchionne-fassina-e-fassino-perche-la-sinistra-non-puo-governare-in-italia/ – contro l’art. 39, che parla in maniera molto più puntuale di “contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce”.
è vero che ne parla come di una possibilità, e questo potrebbe parire l’adito a interpretazioni differenziate; tuttavia – alla cieca – scommetto che i padri costituenti nei dibattiti preparatori intendevano proprio che i contratti collettivi di lavoro, se stipulati, DOVESSERO poi essere validi per tutti i lavoratori di quella categoria e non fosse lecito a questo o quel padrone farsi i suoi contratti su misura.
su questo punto a mio parere si identifica ancora una “sinistra” – una sinistra sociale, prima ancora che politica; la tesi del superamento della distinzione fra destra e sinistra non è particolarmente originale e riemerge periodicamente; in un certo senso il primo a pronunciare questa eresia fu Pasolini quarant’anni fa.
rimane però a mio parere una tesi sbagliata, e la cosa è ancora più evidente se si guarda fuori d’Italia: in tutti i paesi del mondo essa è ancora la fonte principale della lotta politica in democrazia, e non solo per una stanca sopravvivenza di eredità novecentesche.
è vero, invece, che essa è difficilissima da cogliere in Italia, ma per il semplice motivo che la sinistra riesce a rappresentare al massimo il 15% dell’elettorato, che partiti che si dichiarano di sinistra come il Partito Democratico sono ampiamente dominati da idee di destra, e che la vita politica in Italia è totalmente distorta dalla Chiesa Cattolica come fattore politico direttamente attivo.
sostenere i diritti della contrattazione collettiva, ad esempio, è tuttora di sinistra, anche in Italia (secondo me), ed essere contrari è di destra.
ora una parte di quelli che sono contrari fanno parte di partiti come quelle Democratico, che dovrebbero essere di sinistra, questa è una causa di confusione indubbiamente, ma non cancella la sinistra, cioè l’idea contraria.
giustamente in questo post l’accento è posto sulla dimensione internazionale, ed è proprio questa che ci pernmette di dire che nella dura competizione mondiale all’avanguardia stanno appunto i paesi che riescono a coinvolgere le maestranze attorno al tema della produttività della fabbrica, o con forme di cogestione (Germania?), o attraverso il controllo politico dell’economia (Cina).
le forme di controllo autoritario dei lavoratori, la gestione militare della produzione, generano conflitti e disaffezione e sono fattori di indebolimento dello stesso tessuto produttivo.
lo stesso Marchionne dovrà trovare forme di collegamento fra questi due fattori: disciplina di fabbrica e motivazione dei lavoratori a rispettarla.
Marchionne rappresenta la linea gestionale più arretrata e coerente con la tradizione occidentale, ma questo può essere visto anche in termini di pesante ritardo culturale, secondo me.
un Occidente che dovesse affrontare la competizione mondiale in questi termini, la ritengo già perdente.
ma dimentichiamoci che l’Occidente sia ancora, come nel secolo scorso, il quadro mondiale tout court, ed adeguiamoci alla nuova realtà globalizzata dove l’Occidente è solo una variante locale: che questa prevalga oggi come scelta occidentale di sopravvivenza non indica affatto che sia la scelta prevalente per definizione a livello mondiale.
può darci she la mia sia una visione ingenua, utopica e disinformata, ma un Occidente che si stringe a destra (sì, questa è la destra) per una gestione autoritaria della produzione, della collaborazione in fabbrica e per una riduzione dello stato sociale è semplicemente la versione nel nuovo secolo dello spengleriano “Tramonto dell’Occidente”.
insomma, ci sono tutti i motivi per recuperare una sana e coerente proposta politica di sinistra, che non saranno proprio i consigli di fabbrica gramsciani di quasi un secolo fa, ma dovrebbero trarre ispirazione da quelli.
il contrario, dequalificando la dignità e la consapevolezza della forza lavoro, dequalifica inevitabilmente la produzione stessa.
* * *
quel che poi dici su quel che sono oggi i sindacati, e anche le ideologie arretrate che loro diffondono (oppure non contrastano) fra i lavoratori mi vedono di nuovo concorde: con riferimento a TUTTI i sindacati, con modeste differenze interne.
Sì, tu ti concentri sull’operatività (art 39) io cercavo di fare un passo indietro all’art 1 per riaffermare la centralità del lavoro nel ns patto istituzionale. Se così non ha più da essere, se non è più il primo diritto sancito, devono avere la faccia tosta di dirlo. Unica speranza per un risveglio dall’assopimento generale. Perchè qualcuno lo dovrà spiegare che sostituendogli il diritto al profitto per i lavoratori non ci sarà mai più pace, vista la tendenza aziendale a vagare per il pianeta via via che un paese è sufficientemente alle corde da accettare condizioni da fame, perchè no di morte, se ricordi qualcosa dei giganti delle banane. (Arrivano in un posto, distruggono l’agricoltura, fanno piantagioni e baracche per i dipendenti, che a quel punto devono pagare gli affitti dal misero stipendio, farsi irrorare dall’alto di pesticidi, accettare il cancro e non potersi nemmeno licenziare per non finire anche homeless. Si sente eh che i diritti del lavoro sono il mio nervo scoperto?)
Prima di passare alla sinistra, ribadisco che Marchionne non è “arretrato” se intendi che applica ricette vecchie di sfruttamento. Secondo me è un battipista di una distruzione del lavoro retribuito come punto intorno al quale ruota l’esistenza dell’individuo. E’ più grave, molto più grave.
Sì vero: per Marchionne ” trovare forme di collegamento fra questi due fattori: disciplina di fabbrica e motivazione dei lavoratori a rispettarla.” Te lo dimostro 😉 sono di nuovo alle prese con le bizze del mio pc, non ti descrivo le acrobazie che devo fare per rispondere, se dovessi farle in un posto di lavoro sai che frustrazione, invece lo faccio perchè lo voglio, per portare avanti la discussione, riflettere e dare spunti e la fatica è secondaria al piacere di realizzare un desiderio.
Portato a livello generale ciò equivale a dire che se c’è interesse personale non c’è alienazione, equivale anche a (ri)scoprire che i lavoratori francesi avevano ragione nel puntare allla dignità del know how professionale prima che a tutto il resto!
Non penso nemmeno io che abbia senso dare per morto il destra/sinistra, troverei perfino utile che questa separazione a colpo d’accetta fosse frastagliata, dentro gli schieramenti e saltuariamente fra i due schieramenti. Scopertamente non con inciuci! Sapere dove si punta, e perseguire lo scopo con tattiche lucide, ma non sono queste italiane, come rilevi perfettamente. Chi non conosce il ns paese non può capire chi sta programmaticamente dalla parte delle masse. Peggio, cosa dovrebbe credere sentendo uno che promette “vi darò un milione di posti di lavoro” ?
Tanto per rompere un pò le scatole, mi chiedo se davvero questa destra è destra. Appoggiare operazioni alla Marchionne non è mica portare ordine nella società, è creare caos e prepararne altro bello grosso. E se mai dovesse proporselo , l’ordine, una vera sinistra dovrebbe esser Argo dai 100 occhi, partendo dalla difesa dei contratti collettivi, deve smettere di guardare solo al tavolo dell’economia e occuparsi dei valori più ampi della vita, la libertà d’espressione che si ottiene con la varietà delle fonti, e affrontare il conflitto d’interessi berlusconiano, vedere i problemi in dimensione mondiale non solo locale, agganciarsi alle forze di sinistra di altri paesi, insomma: sapere di cosa parla quando va in tv. Stamattina su Peace Reporter ho letto l’intervista a un docente di macroeconomia a Pavia, a un certo punto sulla perdita di potere d’acquisto dei salari :
-Perché la parte sindacale se ne disinteressa?
-Per mancanza di informazione. Non sempre i sindacalisti hanno una coscienza sul contenuto e sulle modalità di formulazione degli accordi.
Capito? se i sindacalisti non sanno ciò che dovrebbe essere centrale, cosa aspettarsi dalla sinistra visto che la politica dovrebbe avere una visione più ampia e più lungimirante?
Che combinazione: tu citi Spengler e io ho in ordine dal mio libraio il suo tesgto sul tramonto dell’occidente, sperando che riesca a trovarlo.
e adesso i BGees dalla radio cantano Staying alive… sembra un monito al mondo!!!!!
ho scritto il mio commento prima di leggere il fondo di Scalfari di oggi, che ho letto poco fa.
stranamente le conclusioni di Scalfari sono in parallelo con le considerazioni che confusamente stavo proponendo io:
“Chi è il padrone di Marchionne? O meglio: chi è il padrone del gruppo Chrysler-Fiat di cui Marchionne è il manager?
Il padrone, cioè il proprietario, è il sindacato dei lavoratori Chrysler, che possiede la quota di controllo del capitale attraverso il suo fondo-pensione. Hanno ridotto a metà i loro stipendi, i lavoratori Chrysler, ma l’azienda è loro. Se torneranno al profitto saranno loro a disporne.
Il proprietario Fiat, specie dopo lo “spin” del gruppo, è un proprietario simbolico sulla via del disimpegno.
In Germania la Volkswagen è una “public company” e le banche che la finanziano sono controllate dai “lander”. In Francia la Renault è dello Stato francese.
I lavoratori italiani non hanno fondi-pensione, le loro pensioni sono nelle mani dell’Inps. Volendo, l’Inps potrebbe controllare la Fiat investendo nel capitale una parte del fondo pensione dei lavoratori. Allora la Fiat avrebbe un nuovo padrone, con Marchionne alla guida imprenditoriale.
Ma ci sono anche altre forme possibili di compenso. Per esempio la creazione d’un organo di vigilanza composto da rappresentanti dei lavoratori e da membri indipendenti, che controlli i recuperi di produttività derivanti dal rispetto dei nuovi contratti e quelli derivanti dalle innovazioni di prodotto da parte dell’azienda. E decida la destinazione delle risorse e degli investimenti.
Infine: il Parlamento decida sul tema della rappresentanza sindacale in fabbrica perché non è pensabile che ci siano lavoratori privi di rappresentanza sui luoghi di lavoro”.
la tua riflessione sulla centralità del lavoro, secondo me, è interessante, ma non è… centrale.
ridurre da 10 minuti a 3 il tempo per i bisogni fisiologici, eliminare la pausa mensa e non pagare il primo gionro di malattia non ha niente direttamente a che fare con la qualità del lavoro.
il problema centrale è invece chi lavora per chi: sacrifici di questo tipo diventano anche accettabili se i lavoratori li fanno per se stessi o ne ricavano comunque profitto, sono intollerabili se fatti per un padrone esterno.
la proprietà o almeno almeno il controllo della fabbrica diventa centrale nel rapporto di lavoro ben più che il tipo di organizzazione del lavoro (anche se poi è chiaro che in una fabbrica condivisa diventa più facile sostituire alla CATENA di montaggio l’isola autocontrollata.
forse non siamo così lontani nel nocciolo, salvo che per il tipo di argomentazione che ciascuno di noi due svolte, ma l’approdo sta proprio in quel che dici tu: “se c’è interesse personale non c’è alienazione”.
ma questo significa anche intervenire sugli assetti proprietari e di controllo della fabbrica (appunto come diceva Gransci! ai suoi tempi…): non esaurisce il problema, ma è il cuore del problema.
mi sono concentrato sulle differenze, perché per ciascuno dei due credo meno interessante ribadire l’accordo sul restante 20%.
Sono d’accordo su tutto tranne una delle tue proposte: l’organo di vigilanza. Continuo a pensarla come la pensava il sindacato decenni fa, quando ci si interrogava sulla cogestione. I rappresentanti dei lavoratori non avrebbero mai la certezza di discutere i dati passati e i forecast veramente autentici. Stiamo parlando dell’Italia… 😉
(adesso che so fare l’occhietto, infesterò i commenti …)
Ma questa è una divergenza del tutto secondaria, c’è piuttosto una precisazione importante. Non mi sembra (ricorda che scrivo sull’Asus 😉 ) che tu abbia colto che cosa intendo con l’espressione centralità del lavoro nella vita.
Intendo che allo stato attuale tutto è finalizzato al lavoro. Per esempio, non si dice sempre che la scuola deve preparare a questo (invece che a dare stumenti per pensare, mamma mia…)? E chi non ha mai chiesto a un bambino: cosa vuoi fare da grande?
E’ stato sempre così? No, è stata una conseguenza dell’industrializzazione che ha ribaltato il sistema precedente (possidenti, mezzadri, giornalieri, banchieri, artigiani di centinaia di settori, ecc) Per carità è quello che ha elevato le condizioni di vita, ma cosa succede oggi che l’automazione ha quasi svuotato le fabbriche rispetto a 50 anni fa? Risolvere la disoccupazione perchè la gente abbia di nuovo il salario ! Benissimo ma come? Call center o tv 😉 mica possono assumerli tutti.
O si pensa a come organizzare una società dove la mano d’opera è esorbitante rispetto ai posti disponibili o…. O Cosa? Non oso pensarlo. Ci saranno persone che vivranno senza vendere la loro forza lavoro, quindi non potranno nemmeno definirsi proletari perchè, appunto, non ci sarnno acquirenti per il loro lavoro.
Come allora?
Non ne so quasi niente, ma ci sono teorie sul “reddito di cittadinanza”, questa discussione mi mette la voglia di aggiornarmi.
😉 😉 😉
ops! Diffida: non tirare in ballo qui la riduzione delle nascite.
😆 😆 😆 😆
no, no: l’organo di vigilanza è nel virgolettato di Scalfari, non è una proposta mia; io ho parlato di assetti proprietari e di “controllo” della fabbrica, non di “vigilanza” su quanto guadagna il padrone.
quindi siamo d’accordo su tutto?
forse no, perché secondo me davvero una soluzione potrebbe essere la cogestione (che non è vigilanza, ma condivisione vera della gestione – possibilmente attraverso una variazione degli assetti proprietari, se non che cogestione è?).
sulla centralità del lavoro, devo averti capita male; hai sostenuto che al momento attuale vi è un attacco alla centralità del lavoro nella vita e io ho caüpito che si dovesse contrastarlo.
la centralità del lavoro nella vita (valore costituzionale) è invece riproposta nella visione Marchionne; se è potuto sembrare, diciamo vent’anni fa per semplificare, che il lavoro tramontasse come valore di riferimento nella vita delle persone, dato che il reddito si produceva altrove (nelle banche e nella speculazione finanziaria, per semplificare ancora), la crisi e la globalizzazione stanno riportando il lavoro al centro, e parallelamente stanno ridando alla produzione il posto che la finanza folle dagli anni Ottanta in poi ha cercato di toglierle.
non si può che esserne contenti; in questo senso Marchionne è comunque parte di un processo positivo, da favorire e non da contrastare come tendenza (il paradosso della linea FIOM è che può apparire come una lotta contro la centralità del lavoro e della produzione; e temo che anche la tua riflessione subisca il condizionamento di una posizione simile, nel suo complesso).
ma che fine fa la centralità del lavoro in una società come quella italiana dove un terzo dei giovani ne è escluso?
questo non ha molto a che fare col controllo delle nascite (visto che mi provochi sul punto), dato che – con tutti i suoi difetti – l’Italia, paese senescente demograficamente, è uno dei pochi esempi mondiali di controllo delle nascite pacificamente realizzato; tutta la nuova forza lavoro, infatti, proviene dall’immigrazione.
questo ha piuttosto a che fare con la perdita passata della centralità del lavoro, sopratutto di quello manuale, come modello sociale; e dunque con le scelte nel campo della formazione; col fatto che molti preferiscono essere un laureato incapace che un bravo e ben aggiornato meccanico.
quindi il problema della scuola non è quello che dici tu: che sarebbe centrata sul lavoro; ma, all’opposto, che non se ne occupa abbastanza, oppure dove lo fa, negli istituti tecnici e professionali, che si occupa di un lavoro che non esiste più; la licealizzazione continua anche quando le sue premesse socio-economiche sono venute meno.
la centralità del lavoro è stata una conseguenza dell’industrializzazione? discorso troppo complesso, forse; è stata prima di tutto una conseguenza della rivoluzione agricola; prima vi era la centralità della caccia e della raccolta :).
il lavoro è diventato centrale con la rivoluzione industriale in modo di verso, dato che questa ha portato con sè una mobilità sociale che prima era sconosciuta; e in questo senso il lavoro dell’età industriale è diventato centrale come strumento per il singolo di scegliere una vita coerente con le proprie attitudini e vocazioni.
questo ha ingigantito la centralità del lavoro e l’ha resa visibile; ma il lavoro era centrale anche quando il mestiere di contadino veniva rigidamente trasmesso di padre in figlio attraverso il sistema delle castem della schiavitù o della servitù della gleba; solo che in questo tipo di organizzazione sociale quasi non si vede, dato che è un ovvio elemento del paesaggio sociale ed esistenziale individuale.
l’ultima sollecitazione non la raccolgo, non sono Nostradamus: come si organizza una società dove la manodopera è esorbitante rispetto alle possibilità di lavoro?
non credo comunque che la mia mancata risposta faccia danno, dato che non è il nostro caso; la società italiana non soffre in assoluto e nell’insieme (a parte zone determinate) di mancanza di possibilità di lavoro, ma al contrario di una disponibilità di posti di lavoro manuali, poveramente pagati e privi di prospettiva, che non corrispondono alle attese culturali dei suoi membri autoctoni, e vengono occupati dagli immigrati.
ovviamente in questo caso il problema si dovrebbe risolvere attraverso un cambiamento delle attese, e i disoccupati che attendono un posto impiegatizio (spesso essendo anche privi delle capacità per occuparli) dovrebbe riconvertirsi ad operai malpagati.
a questo punto il problema cambia natura, e diventa quello del livello dei salari; cioè il problema torna a mio parere alla fonte: alle strutture proprietarie e alla distribuzione del reddito operata dalle imprese.
da qualche parte scrissi un post sui “salami” italiani, i più bassi d’Europa; se hai voglia, prova a rileggerlo; il nucleo del problema del lavoro in Italia sta nel livello salariale, cioè in ultima analisi sulla sua arretratezza tecnologica.
temo che il reddito di cittadinanza (che peraltro in germania ha funzuionato benissimo fino a pochi abnni fa, nella forma di “reddito minimo di cittadinanza) ci porterebbe del tutto fuori strada.
tra le difficoltà di computer e la giornata impegnatissima, non posso rapidamente rispondere al tuo commento.
All’impronta direi:non teniamo abbastanza separato Caso Italia/Mondo globale, Emergenza presente/Prospettive future e questo rende difficile identificare concordanze e dissonanze, ma soprattutto fa rampollare (?) sempre nuovi filoni di discorso.
Devo identificare un ordine mentale per continuare il discorso. Dammi tempo 😉
– Già avevo visto male, se è Scalfari che parla di organi di vigilanza non mi stupisco, di fabbrica non sa niente, purtroppo come Bonanni (vedere biografia per credere!)
– la vera cogestione era stata una via percorsa da Tito:gli operai non mi sembravano scontenti, purtroppo lì bollivano altri problemi e anche quel sistema socio-produttivo è stato stravolto. Non resta che studiare un pò meglio la partecipazione degli operai secondo il (i?) modello tedesco e capire su quale “sentiment” operaio si fonda. Credo sarebbe l’unica possibilità per risolvere i problemi di breve e medio periodo.
– Il punto dove fatichiamo a comprenderci è quello che ho chiamato centralità del lavoro nella vita individuale, con il che intendo che ogni persona, dopo aver dichiarato il nome, qualifica se stesso con la professione, oppure dice disoccupato o pensionato. Oggi essere lavoratori è un attributo della dignità personale e si è verificato con l’industrializzaione, sostengo io e qui tu confuti, ricordando la rivoluzione agricola.
Non sono certa di quello che sto per scrivere, ma per ora lo credo: la rivoluzione agricola viene dopo, come conseguenza di quella industriale, per esempio lo spostamento dei capitali dalla proprietà della terra a quella delle fabbrica, almeno come azionariato.
Dobbiamo stare attenti a non dare agli antenati la nostra mentalità; non credo vi fosse l’orgoglio di essere “lavoratori”, ma eventualmente di possedere una maestria artigiana, e qui torniamo ai bravi francesi che questo lo hanno introdotto nel rapporto con le aziende.
Non solo: procacciarsi di che vivere non era, al tempo, una necessità sentita come parte della dignità, visto che farsi mantenere da un mecenate non dava scandalo, anzi, e che non era scandalosa nemmeno la mendicità. E tornando all’agricoltura, non credo che la maggioranza fossero “contadini” come li abbiamo conosciuti nella ns infanzia, in possesso di un appezzamento e con la possibilità di trasmettere il mestiere; più verosimilmente c’era un fattore, cioè un amministratore, che rispondeva a un proprietario, il più delle volte in città e nullafacente, a capo di mezzadri o affittuari che subivano le annate, dovendo sempre pagare la quota al padrone pur se il raccolto mancava .
Mi dilungo così tanto per farmi capire, perchè la società sempre più tecnologica eliminerà posti di lavoro che ora consideriamo indispensabili (es.non sapevo che esistono già metropolitane senza guidatore) e pensare di vivere del proprio lavoro non sarà possibile.
Davvero non sei Nostradamus? 🙂 Pazienza, tanto non cercavo fumose quartine buone per tutti gli eventi. 😆 Solo mi piacerebbe che anche tu ti concentrassi su questo orizzonte non così lontano. So che di questo problema della fine del lavoro si occupa Jeremy Rifkin, ma non credo gli diano retta …. là dove si puote . Si è sempre troppo concentrati sul presente, senza pensare che il domani di lungo periodo diverrà il presente, per lo meno dei ns discendenti.
la mia conoscenza del sistema tedesco, nonostante i sette anni in Germania, è praticamente nulla: ero troppo impegnato, per sopravvivere lavorativamente, a darmi le competenze necessarie nel mio settore, e non fu affatto semplice capirci qualcosa; non mi rimase tempo per occuparmi d’altro (forse, non avessi avuto i blog, avrei anche potuto: però occorre ammettere che erano più divertenti).
sulla centralità del lavoro incappiamo in una serie di equivoci.
io ho accennato prima di tutto al periodo della comparsa del lavoro, come modo di vita (anche un po’ scherzosamente, se riguardi), e ho provato a collocarlo contestualmente con la rivoluzione agricola, comparsa in Medio Oriente (Gerico) attorno all’8.000 a.C. e di lì diffusasi gradualmente (molto gradualmente) nel resto del mondo (in qualche caso è nata in maniera autoctona anche da altre parti).
la precedente fase dell’allevamento l’ho forse ingiustamente trascurata come fase di passaggio dalla caccia; sta di fatto che il primo delitto biblico è quello di Caino l’allevatore contro Abele, il coltivatore: simbolo dello scontro che opponeva due tipi di “lavoratori” differenti alle origini della storia.
concordo con te che per quasi 10.000 anni il lavoro, pur essenziale nell’organizzazione della vita umana e per la sopravvivenza, non è diventato elemento psicologico di identificazione attiva, e che questo è avvenuto pienamente solo con la rivoluzione industriale.
sono appena stato un po’ rozzo, e ho trascurato l’artigianato medievale, altra forma storica del lavoro, che portava ad una identificazione sociale così stretta (e anche ad un conseguente orgoglio) che la società era organizzata per Arti, cioè per corporazioni identificate dal tipo di lavoro, che esercitavano un ruolo centrale nella vita politica del tempo.
questo fenomeno mi pare invece totalmente assente nella polis greca o nella prima Roma repubblicana.
comunque, il lavoro come momento di identificazione psicologica di massa (e non di elites, come erano gli artigiani delle gilde medievali) nasce come dici tu con la rivoluzione industriale: il contenuto di conoscenze necessario ad esercitare una attività produttiva viene fortemente semplificato, e dunque il proprio lavoro diventa elemento di identificazione per gruppi umani più estesi che in ogni altra epoca precedente.
questa lunga chiacchierata tuttavia non ci aiuta per niente attorno al punto centrale su cui si è incaponito il nostro dibattito; Marchionne combatte o ripristina la centralità del lavoro?
secondo me (aldilà dei giudizi sullo specifico di quello che fa) la ripristina, in coincidenza con una fase di crisi economica che tende a ridurre di molto la centralità della finanza che aveva ingiustamente soppiantato quella del lavoro.
tanto che l’elemento identificativo personale delle nuove generazioni non era pi`il “che tipo di” lavoro fai, ma il “quanto” guadagni o comunque hai.
e dunque, inconsapevole demiurgo, Marchionne sta riportando al centro del dibattito la “lotta di classe”.
non vorrei quindi occuparmi di “fine del lavoro”, perché non credo affatto che il lavoro stia finendo; credo che si stia trasformando.
l’idea che gli automi avrebbero lavorato per noi e a noi non sarebbe rimasto che guardarli lavorare come un Faust senescente gridando “il lavoro (degli altri) è bello!” a mio giudizio è legata ad una moda già al tramonto.
qui si tratta quindi di lavorare e di riuscire a farlo meglio, o almeno altrettanto bene di altri.
tengo fermo questo punto della mia visione.
il punto centrale secondo me non è affatto oggi come liberarsi dal lavoro, ma come liberarsi dall’incremento della produzione.
non dobbiamo creare una società che si libera del lavoro, ma una società che si libera dell’eccesso di merci.
(chissà quanto sono stato fumoso qui alle conclusioni…)
ah… Gerico 8000 anni fa! Se non lo scrivevi era difficile immaginare che risalivi così lontano, infatti mi suonava strana la caccia .
Guardo con stupore il grande interesse per la preistoria a fronte di un disinteresse per la prossima a venire, l’unica sulla quale il presente può decidere anzichè constatare, ma tu sei un dotto attratto dai testi….
Ma adesso possiamo tirare le somme su Mr Marchionne:
combatte o ripristina la centralità del lavoro?
La tua posizione l’ho letta bene qui, centralità del lavoro e perfino rilancio della lotta di classe
La mia era già nel post d’esordio: distrugge il lavoro come valore appiattendo la contrattazione su un salario di pura sopravvivenza, ciò parte di una strategia generale constatabile negli altri paesi, che prepara il mondo senza lavoro di cui sono certi gli analisti di macroeconomia, dotti pure loro, ma io mi accontendo del ragionamento e casualmente mi trovo d’accordo.
********************************************
Visto che è nel titolo, Marchionne, lo gratifico ancora di un pò di attenzione anche io di tipo storico. Non è arretrato, non è nemmeno a rigore un industriale dal momento che sappiamo che la Fiat è una finanziaria. Mai in Fiat si era avuto il coraggio di eliminare una intera componente sindacale, mai si è ricattato a muso duro un intero stabilimento:o così o non investo i capitali, magari si istigavano i quadri per metterli contro gli operai: lavoro contro lavoro. La Fiat di Valletta adottava una strategia mirante al profitto industriale quindi bisognosa di stabilità: indagini preventive al momento dell’assunzione, spionaggio interno, coinvolgimento dall’adolescenza attraverso le “scuole Allievi Fiat” che formavano operai specializzati, destinati a diventare capisquadra, lavorare 40 anni nel reparto e accogliere commossi la medaglia d’oro di Anziano Fiat, riconoscimento di fedeltà prima del pensionamento. E effettuava ricerca sul prodotto, come sappiamo dalla fortuna della Topolino, della 600 e 500, mentre da anni e anni la Fiat non lo fa più.
Una differenza abissale: dalla fabbrica “pesante” alle unità leggere oggi qui domani in … Togo se la Polonia alza la cresta. Un’altra era.
Evviva la ns discussione.
ti sembra che io sia “disinteressato” alla storia a venire? strano; non faccio quasi altro che occuparmene, direttamente o indirettamente.
solamente, ritengo che le prospettive si colgano meglio da lontano e sono certo che concentrarsi sui dettagli è un modo per perdere di vista l’insieme.
il lavoro è diventato centrale con la rivoluzione industriale fra fine Settecento e inizio Ottocento, quando era pagato in misure che lo assimilavano piuttosto allo schiavismo; la diffusione del fordismo a inizio Novecento, e cioè l’assoluto impoverimento del suo contenuto professionale, non tolse nulla alla sua efficacia come fattore identificativo di massa: le masse della coscienza di classe.
detto in parole povere, l’uomo tende ad identificarsi con l’attività che gli garantisce la sopravvivenza e che, proprio per questo, gli procura anche delle gratificazioni, e, se questa è il lavoro (anziché la caccia o la speculazione finanziaria), si identifica col lavoro comunque esso sia.
non importa se il lavoro sia pagato tanto o poco; se mi dà da mangiare, io sono un lavoratore.
ciò che è centrale e che si abbozza nel post crisi (e qui per vedere mi devo mettere molto di lato) è che ridiventa importante quanto devono essere pagati gli operai: poco, secondo Marchionne – e abbiamo visto che questo, per la struttura proprietaria che la FIAT ha in Italia, è un bel problema per loro.
solo tre anni fa una battaglia di questo tipo però avrebbe fatto ridere e Marchionne avrebbe cercato altrove i margini di guadagnoc he alla FIAT servono.
ma questo scontro indica che la produzione, come fattore di profitto, tendenzialmente riacquista il suo ruolo centrale.
chi dice che il lavoro sta per sparire, dovrebbe anche dirci di grazia che cosa lo sostituirà; l’invito riguarda anche te… 😉
– non replico ai restanti punti, che condivido ampiamente.
urca… ma stiamo giocando a tennis ripassandoci le domande? No no, un momento: prima la domanda era: come comperarsi il pane se non si potrà più vendere la propria forza lavoro per mancanza di acquirenti. Magari, si comincia, già dicevamo, con il reddito di cittadinanza e poi si vedràe ecc.
Ora tu la metti in questo modo
“chi dice che il lavoro sta per sparire, dovrebbe anche dirci di grazia che cosa lo sostituirà; l’invito riguarda anche te”
e questo m’attizza assai, perchè non è più il discorso bruto della moneta da mettersi in tasca. Qui la domanda l’hai fatta diventare inzigante assai, è stringente
“Come dare un senso alla giornata, e via via alla vita quando il lavoro non ci sarà più?”
ho capito bene?
“Come dare un senso alla giornata, e via via alla vita, quando il lavoro non ci sarà più?” è la mia domanda nella TUA versione; la mia era “ammesso e non concesso che il lavoro stia per sparire, che cosa ne prenderebbe il posto?”
non tanto dal punto di vista della psicologia, quanto dal punto di vista della sopravvivenza.
e a questo punto mi accorgo che era meno occasionale di quanto pensassi la mia battuta sulla rivoluzione agricola come vero luogo di nascita del lavoro (biblica maledizione: “guadagnerai il pane col sudore della fronte” – infatti l’uomo dell’era glaciale mica doveva lavorare per vivere, bastava il divertimento della caccia).
perché per la maggior parte dell’umanità il lavoro è ancora quello, insostitituibile, della zappa: ho in mente le centinaia di milioni di contadini miserabili dell’India e quelli cinesi, il cui lavoro nelle risaie o nelle piantagioni di thé non potrebbe mai essere sostituito da alcuna macchina, e che spesso lavorano ai limiti della resistenza fisica per la sola sopravvivenza.
il lavoro industriale potrebbe essere eliminato anche domattina, volendo, e lo stato distribuire un assegno alimentare a tutti i lavoratori non agricoli in cambio di niente, tanto il cibo per la sopravvivenza è assicurato.
se non ci fosse da dare ai contadini che lavorano non solo per se stessi, ma per il mercato e rivendono i prodotti dei loro campi, qualche ragionevole motivo per farlo, che non siano le spade sguainate dei soldati che portano via loro il raccolto per consegnarlo all’imperatore.
gli acquirenti di questi prodotti non mancheranno mai (fino a che la razza umana sopravvive): quindi almeno questo lavoro agricolo non potrà venire meno.
ovvio che una crisi economica o meglio ancora demografica potrebbe rendere i prodotti agricoli così preziosi da rendere poco interessante lo scambio con altri tipi di prodotti.
in questo caso il lavoro industriale effettivamente finirebbe, assieme alla morte per fame dei lavoratori, o alla loro trasformazione in predoni dediti al saccheggio dei contadini, come nelle belle versioni della storia del passato.
vedi, per me il problema del futuro non è affatto come dare senso alla giornata quando il lavoro non ci sarà, ma come sopravvivere quando le merci dei paesi avanzati non avranno più compratori, perché tutto il cibo prodotto servirà ai produttori.
certo che oramai ci siamo staccati molto da Marchionne e questo è oramai un altro argomento…
credo di avere deviato di nuovo molto il discorso dalle tue aspettative…
credi proprio bene! Già stavo dispiegando le ali dello spirito e invece di nuovo: procedura di atterragio sulla pista della busta paga. 😆
Comunque, parole tue copia e incolla ( 😆 !)
“”il lavoro stia per sparire, che cosa ne prenderebbe il posto?”
non tanto dal punto di vista della psicologia, quanto dal punto di vista della sopravvivenza. “”
Perchè dici così? Non tanto uno quanto l’altro, i problemi ci sono entrambi: concomitanti.
Sul reddito una pezzetta la metteranno altrimenti sai che giungla e che assalti alle varie villecertosa del mondo- ma al valore umano perduto: l’impegno di sè, tempo, energie creatività – a quello bisogna cominciare a pensare. Si profila una svolta epocale, una rivoluzione di cui non sappiamo ancora l’aggettivo qualificante.
+++++++++++++++++++++++++++++
Sull’agricoltura; quanto ci mettono a sostituire la massa contadina anche in India o non so dove? Pochissimo: cominciando con la drastica diminuzione delle varietà del coltivato e aspettando un’automazione sufficientemente funzionale e a buon mercato. Prodotti alimentari per sempre indispensabili? Verissimo oggi, ma quando saranno ridotti di numero, geneticamente modif. per raccolti più abbondanti, di forma e grossezza uguale per cascare – plop- nei contenitori sotto le macchine senza autista, con un braccino meccanico che le sigilla e le impila mentre un nastro trasportatore le infila nella bocca di un container su un autobus “droni” programmato per il porto più vicino, a quel punto anche l’agricoltura non coprirà più il fabbisogno di posti di lavoro. )
++++++++++++++++++++++++++++++
Svolta epocale, perchè se non si sostituirà il lavoro- che oggi e gran parte dell’identità con qualcosa che abbia altrettanta importanza (ma che non sarà accompagnato da un salario che non ci sarà più) anche il sistema dello Stato moderno scricchiolerà, la società sarà in bradisismo e le prospettive che ognuno oggi dà per scontate (studio, lavoro, mi sposo, vado a Rimini a Ferragosto, cambio la macchina, allevo i figli e li porto allo stadio, vado in pensione e…me la danno la pensione!) implodono.
Accipicchia Bortocal è proprio cominciando a precoccuparci della psiche fin da oggi che si può assicurare la SOPRAVVIVENZA domani. 😉
ps: tu hai dovuto allontanarti da Marchionne, io da lui son partita ma già nel post ero approdata … in Tunisia!!
beh, allora son contento di averti evitato un disastro aereo: difficile andare avanti volando con ali immateriali…
ahimé, quando domando che cosa prenderebbe il posto del lavoro nella produzione, ammettendo che debba sparire, non pongo un problema psicologico, ma economico e produttivo.
posto che alla fin fine gli uomini devono mangiare per sopravvivere, si può ben pensare che la vita economica si riduca al settore primario, cioè alla produzione di cibo, ciò non eliminerebbe il lavoro.
ma si può anche pensare che la produzione di cibo venga totalmente meccanizzata e automatizzata, come fai tu, fino alla completa eliminazione non del lavoro, come concetto fisico, ma del lavoro umano.
mi pare una pura astrazione: la maggior parte dell’umanità nella maggior parte dei continenti vive e produce cibo là dove nessuna macchina arriverebbe: e non occorre neppure andar troppo lontano, basta una vacanza in Südtirol, a vedere i contadini dei masi che falciano il foraggio per le loro mucche su pendici montagnose quasi inaccessibili.
dunque la promessa di eliminare il lavoro (ma dovrei dire piuttosto la minaccia?) non riguarda l’umanità intera, ma solo una sua parte privilegiata: si promette che non dovrà più lavorare a qualcuno che non si capisce che cosa dovrà produrre in cambio, per ripagare i contadini che continueranno in larga parte a farlo.
visto che oramai siamo passati alla fantascienza, gli scenari di un mondo futuro spaccato fra una elite inoperosa e una umanità abbruttita non mancano (Wells oppure Huxley).
immaginiamo che una quota ristretta di umani si appropri delle pianure coltivabili a macchina, e ricavi da questo cuore del mondo agricolo produttivo il necessario al proprio benessere e a quello degli schiavi che producono per loro gli oggetti del loro divertimento.
questa sarebbe l’eliminazione del lavoro solo per loro: intendo l’eliminazione del lavoro produttivo, anche se poi – più che altro per esigenze psicologiche – non viene meno per loro la necessità di occuparsi di qualcosa, e questo qualcosa, anche se improduttivo, viene chiamato “lavoro”, nel senso psicologico del termine.
siamo molto lontani dal presente? non direi.
eppure questa non sarebbe ancora l’eliminazione del lavoro…
ma immaginiamo che le macchine possano completamente sosstituire i lavoratori umani non solo nella coltivazione, ma anche nella produzioni di merci intese come oggetti di divertimento per i privilegiati, e immaginiamo che possa essere eliminato del tutto, almeno per questa elite, il lavoro umano.
in questo caso i lavoratori umani verrebbero respinti ai margini delle zone più produttive, costretti a sopravvivere nelle zone di utilità marginale, in un processo di autoproduzione agricola, di autarchia finalizzata alla sopravvivenza.
ecco di nuovo il lavoro che si affaccia.
certo, in linea teorica delle efficienti campagne di genocidio potrebbero eliminare anche gli inutili umani che sopravvivono lavorando per conto loro fuori del mercato, giusto per ridurre l’effetto serra, combattere le emissioni di metano ed anidride carbonica e garantire un pianeta ecologicamente a posto.
conclusione bizzarra: sinceramente dei problemi psicologici dell’elite che rimane senza lavoro e che deve solo consumare non mi può interessare di meno; sono matematicamente certo che sarebbero profondamente infelici (basta guardarne i prototipi), ma alla fine non sono problemi loro?
– mi spiace di averti trascinata in questa discussione piuttosto delirante; Marchionne se avesse tempo da perdere a leggerci, riderebbe sotto i baffi.
ah, ma ora capisco meglio: tu pensi che i leader del mondo, se dovesse davvero crearsi questo scenario da incubo, si preoccuperebbero di garantire agli ex-lavoratori un salario di sussistenza…
scusami, ma mi scappa da ridere… (santo cielo, mica alle tue spalle, alle mie: per queste fantasie, che spero servano almeno a ridurre al nocciolo duro il problema e avederlo chiaramente).
no, il problema della sparizione del lavoro per gli attuali operai proprio non esiste a mio modo di vedere, e se esistesse nion li riguarderebbe certamente: ciò che loro devono combattere è la riduzione al ruolo di macchine umane, di moderni schiavi, nient’altro.
Ah ah, sono le ali degli aeroplani e quelle di Icaro le soggette ai disastri. Non le immateriali, mio caro bipede 🙂
Sto sintetica adesso perchè questo è il commento n. 16, certo niente a confronto di più di 70, ma non c’è paragone possibile fra una Donna angelo e un uomo Marchionne, entrambi intesi come post….
“ahimé” dico, e riecheggio il tuo cocente rammarico, nel constatare che non riesco a farmi capire che:
la perdita progessiva di posti di lavoro nelle società industrializzate e l’automazione che si infila anche nelle attività non manuali sminuisce altrettanto progressivamente l’importanza del lavoro come pilastro della vita singola e collettiva, creando SIA il problema del reddito SIA quello delle energie piscofisiche da impiegare. Ovviamente ciò accadrà in modi e tempi diversi in varie zone del mondo, alcune delle quali potrebbero passare direttamente da una condizione arretrata a una di decadenza senza aver mai conosciuto lo sviluppo economico.
Sia, Sia, non O, O ….
Era implicito già nel post di origine, e l’ho spiegato varie volte poi, che dal contratto Fiat partivo per una riflessione generale su come si organizzerà la società del futuro.
Se classifichi i miei esempi, che io avevo inteso d’essere stata sollecitata a fare, come fantascienza direi che…. sì c’è stato un pò di delirio. E’ entrato un duende dispettoso ? 😉
Comunque sono contenta di quel che ho scritto, e interessata da quel che ho letto.
Si può forse volere di più? E’ un dialogo a due in un blog, perdinci, mica un simposio all’Onu
🙂
cara mc, dire che le ali dello spirito non fanno disastri è come dire che se si cade nei sogni non ci si rompe niente…, certo che non fanno male, è solo immaginazione!
e poi, vedi, rieccoci: scrivo qualcosa per prendermi in giro da solo (“visto che oramai siamo passati alla fantascienza,” e mi riferisco proprio al tipo di esempi che ho appena fatto io) e tu la prendi come una critica a te!
sai che forse mi hai fatto capire perché ho avuto tanti scontri nel blog? perché è tipicamente mio fare delle ironie su me stesso, ma la cosa è talmente inusuale in questi tempi spavaldi e acritici che forse anche altri, quando io sorrido di me, si sentono derisi e feriti in prima persona; ci penserò.
non dovrebbe esserci grande problema nella “automazione che si infila anche nelle attività non manuali”, ma comunque ripetitive, e non avrebbe dovuto affatto portare ad una “perdita progessiva di posti di lavoro nelle società industrializzate”.
sarebbe stato logico aspettarsi che essa si trasformasse in una graduale riduzione del tempo di lavoro operaio; e invece le condizioni lavorative degli operai sono ancora quelle delle 8 ore di inizio Novecento, e il tempo di lavoro non sottratto a loro è diventato un insieme di attività strane, ancora beneficiate della definizione di lavoro, ma che, dai call center alle rappresentanze varie o alle troniste, in realtà appartengono a quel mondo “post-lavorativo” di cui parlavi tu.
la concorrenza internazionale riporta al centro il problema della produttività in fabbrica: per ora la soluzione è quella di spremere il limone operaio, ma potrà andare sempre così?
forse su questa mia o sulla tua prossima definizione potremmo anche chiudere questo dibattito, che forse non ci ha portato ancora a nessuna sintesi, ma che non mi sembra sia mai diventato ripetitivo, e di cui sono piuttosto soddisfatto anche io.
occasione per un grazie non rituale.
risposta dal mio lato angelico 😉 per le prime due proposizioni del tuo commento:
Veramente, Bort, posso chiamarti così?, nonostante quello che ho scritto prima, le ali dello spirito possono andare in panne e le cadute essere talmente da gravi da cambiare il senso del passato, mentre le cadute materiali al peggio cambiano il presente e il futuro.
E’ vero, l’ho interpretata per me, fantascienza, ma non mi sono offesa sia chiaro, solo che è una parola che tapp… no; che blocca le dita sui tasti.
Siccome tutti e due scriviamo da molti anni, sappiamo bene che non è facile passare il senso che ha per noi una frase, certe volte resta non scritta quella parola, quell’aggettivo possessivo o perfino quella virgola, senza la quale il ns pensiero non è chiaro. Pensarci su non fa male alla salute 😆 e può far bene al futuro dei tuoi blog
Adesso archivio il lato angelico e proseguo la lettura
cave mcc43 🙂
beh, se qualcuno trovasse un modo efficace e permanente per cambiare il senso al passato io più che una maledizione la considereri una bella conquista! 😉
sulla attenzione a virgole (e faccine) hai più che ragione, ma siamo sicuri che serva se ciascuno si è abituato a leggere in internet come un treno?
.. salgo in cima ma non mi dò arie, è solo per non finire in uno spazio minimo-
Mi aggancio subito a “call center”. Infatti, certi lavori non sono più “lavori” cioè un’azione che crea, o cambia, o ordina ecc. sono un passare cose/info senza metterci nulla + di quel che ti hanno imposto di dire o il computer ti permette di fare- così vediamo che qui lavoro equivale solo a “retribuzione del tempo”. Questo è già uno scivolamento indietro (gli operai che ho conosciuto io nelle riunioni sindacali e lottavano contro l’automazione, se si rompeva un pezzo di una macchina spesso si mettevano al tornio e se lo facevano!)
Sembra che venga toccato solo il lavoro ripetitivo, ma è così? Purtroppo lo credo, lo vedo, che anche in lavori non manuali o ripetitivi qualità e posti calano – faccio l’esempio della scuola solo perchè ogni tanto mi viene in mente il sistema americano dei quiz- Sai meglio di me quanto impoverisce apprendimento e valutazione del docente non produrre un testo ma una crocetta. Allora, con questa tendenza, non è poi così strano pensare a un insegnamento fatto di video, di clic sullo schermo per aprire una serie di domande e trovare il proprio quesito, avere la risposta, alla fine cliccare sulle risposte da dare a un test che il sarà il software a tradurre in un giudizio. Standardizzazione: gli studenti che si devono adeguare alle macchine, avere solo i dubbi previsti dal programma ecc. Non sto a farla lunga, ma alla stessa stregua si possono organizzare gli esami medici da farsi da soli, imputare i dati, avere la ricetta.
Se sono qui a tippettare su un pc (e tu sai che tasti ha l’Asus..) significa che considero la tecnologia un bene per me, perchè io sono cresciuta in un mondo che non l’aveva e scelgo. Ma tra 30 anni gli adulti questi ricordi non li avranno più, non sapranno difendersi dall’invadenza tecnologica (non si faranno i ns dubbi su cose come FB!) accetteranno e basta, mentre questa divorerà il lavoro degli operai e del terziario.
Le otto ore che potrebbero essere di meno, eh quante cose, vero, si potrebbero dire… ma noi due parliamo da sinistrorsi impenitenti, gente che ritiene sacrosanto perfino ovvio che il profitto venga distribuito. Invece per i siur parun degli anni 50 e ai manager del presente non è ovvio, sembra che le retribuzioni siano un fastidio di cui liberarsi… La fanno lunga sul costo del lavoro, ma sentivo alla radio qualcuno argomentare che è poi in definitiva oggi in Fiat un 7 % dei costi.
Fino a oggi e ancora per un pò con il residuo di classe lavoratrice minimamente consapevole si potrebbe far cambiare qualcosa, ma fino a che nel sindacato ci sono burocrati alla Bonanni, o gente che come diceva quell’esperto del link: non ha conoscenza di ciò che vien discusso… come si fa? Come per il governo, dobbiamo tornare a dire che abbiamo quel che ci siamo preparati?
Continuano a spremere tanto che ormai siamo proprio alla buccia – per le maestranze di basso o medio livello- non certo per i dirigenti, che sono conniventi. Quando non ce n’è più cambiano paese. Non so quale azienda sia, ma produce macchine per cucire, chiude qui e va in Serbia dove pagherà salari enormemente più bassi,
Secondo me avranno fiato fin che c’è mondo affamato, ma a chi venderanno? Perchè lì è il punto cieco: meno paghi, meno puoi vendere perchè non hai più acquirenti.
Una volta Bortocal ha scritto che siamo la generazione fortunata. Accipicchia se è vero.
Mai rituale il mio grazie 🙂
il “lavoro” come retribuzione del tempo non è un concetto tipicamente marxiano?
se il costo della forza lavoro incide in FIAT solo per il 7%, allora dobbiamo buttare a mare (soprattutto io) tutta questa discussione e ricominciare da capo.
è vero che la concorrenzialità può essere legata anche solo a millesimi di punto, ma se fosse così, allora Marchionne non è altro che un comune Cagliostro italiano che sta cercando di deviare l’attenzione dalla incapacità di progettare della FIAT.
“meno paghi, meno puoi vendere perchè non hai più acquirenti”; vero, verissimo.
ma poi c’èr anche il lato non marxiano del problema: che sta nel fatto che la prduzione non può continuare a crescere sempre e quindi occorre necessariamente generare una società post-capitalistica.
certo che siamo fortunati! abbiamo perfino i blog a disposizione! 😉 😉
(mi aspettavo cose tremende… dov’è finito il lato cattivo?)
quel lato cattivo si è spostato, lo troverai, e pure insolitamente sintetico!
Creare una società post capitalista! Oh Bort, poichè non lo avevo espresso con codesti vocaboli non lo hai riconosciuto?
Era il motore della discussione: “Dipenderà da come si ridefiniranno le società e le Istituzioni degli stati sotto questo sconquasso generale”
—————–
occhiello: Italia, la notizia è il diciassettenne morto mentre tentava di rapinare una tabaccheria.
Tunisia, la notizia è un giovane ambulante morto per essersi cosparso di liquido infiammabile e dato fuoco davanti alla polizia. Gli avevano sequestrato la merce perchè non aveva i permessi!
Ancora non è arrivato lo sviluppo là, e già si abbatte l’iniziativa personale.
——————————–
semplice osservazione, non esca per riaprire la il dialogo. 😉
non so se è il caso di riaprire il dialogo; io comunque devo riaprire la mia analisi.
sono andato dietro ai proclami di Marchionne…
ti rimando al post che sto per scrivere…
quando ho parlato di società post-capitalista non intendevo il socialismo, cercavo di aprirmi delle ipotesi anche non classiche sul futuro che ci aspetta.
so che ti avrei trovato al mio fianco (posso dire così?) in questa ricerca.
comunque, devo davvero fermarmi e riflettere da principio; mica mi va troppo di essere uno di quelli che si mette a progettare società future fin dal primo momento…
il tuo occhiello è un piccolo “post”, ma non insisto…
see you in post number 9 😉
Scusa se mi permetto di mettere questi link come la chiosa ai ns discorsi sulla futura società ( che stanno prendendo nuovo vigore nel post 9 —
Algeria, Tunisia, Egitto … sommosse e vittime ovunque. Ovunque leader che bloccano il paese da più di venti anni e sono trattati da capi di stato democratici…
Non chiedo un tuo commento, ti prego solo di dedicare tre minuti alla loro visione, con in mente questa frase che riecheggia i tuoi commenti:
“””Ah! La faim ! La faim ! Ce mot-là , ou plutot cette chose-là , a fait des révolutions; elle en fera bien d’autres!”””
Gustav Flaubert
http://www.facebook.com/#!/photo.php?fbid=103289133028161&set=a.100531953303879.1000.100000412244569
http://algerie-focus.com/2011/01/06/gardez-votre-baguette-messieurs-je-veux-ma-liberte/
per leggere il prinmo link dovrei riattivare il mio profilo Facebook, ma come sai sono un obiettore di coscienza. 🙂
il secondo è straordinario; se potessi accedere ancora al mio vecchio blog bortologia (che mi sarebbe piaciuto portare almeno a 300 post), mi sarei precipitato a pubblicarlo tradotto (tradurre è un buon modo per evocare il duende).
non potendo farlo, ci provo qui.
Hadjar B, non di solo pane.
Tenetevi il vostro pezzo di pane, signori, io per me voglio la mia libertà.
Voi capi al potere, sappiate che non sono uno stomaco ambulante, io sono una rivolta in movimento.
Tenetevi il vostro pane della pietà, io voglio la mia libertà di algerino.
i miei nonni, i miei genitori, i miei fratelli e sorelle sono morti per questo paese e io mi ritrovo oggi privato del diritto di godere della mia terra.
Le promesse non hanno mai fatto una Nazione; né le onorificenze hanno fatto dei grandi uomini.
Ora, questo è tutto quel che sapete fare, Signori: promesse e nomine.
Quando io protesto, mi faccio picchiare; quando gli altri collaborano, si vedono promossi, scelti e ricompensati col denaro del popolo.
La mia fame è simile a quella dei vecchi patrioti di un tempo: mi spinge a ribellarmi contro l’oppressore, non mi fa piegare la schiena per ricevere l’elemosina.
Tenetevi il vostro pane, allora, signori: è la vostra fuga che io voglio.
e perchè allora non fai un post qui, fa lasciare così come lo hai tradotto, no comment?
Il link Fb te lo descrivo:
— foto di una donna, somiglia un pò a Pivano ma sorride con tanta dolcezza, è in sedia a rotelle, ha 85 anni, ebrea sopravvissuta al campo di sterminio, cittadina egiziana , in manifestazione contro il governo che blocca il convoglio di aiuti umanitari a Gaza. Al collo un cartello
” HEDI EPSTEIN, IN SCIOPERO DELLA FAME per Gaza””
Tra questa donna che niente ha domato e te che hai voluto tradurre la lettera quel ragazzo algerino…. non so chi mi ha commosso di più.
Grazie a tutti e due 🙂
ottima idea; tra l’altro (me la sentivo) sarà proprio il 300esimo post!
lo metto qui.
(ma non è proprio il caso di commuoversi!)
a proposito, ho appena letto sul Die Welt che la Corte Suprema israeliana ha confermato la divisione fra maschi e femmine sugli autobus, adottata da alcuni anni in molte città israeliane per volontà degli ultraortodossi, purchè sia “volontaria” (il danno e la beffa, mi verrebbe da dire!).
ci sono parecchie notizie interessanti sulla stampa tedesca che restano sconosciute in Italia: ad esempio che la Cina sta comperando sei miliardi di titoli pubblici spagnoli per impedire la crisi dell’euro.
sarebbe interessante una rubrichetta sull’argomento; certo, a leggere i giornali tedeschi pare di vivere su un altro pianeta.
al volo:
— e poi ci stressano con l’Hjab!!
— l’ottima idea, posso dirlo? doverosa idea, è quella di una categoria del blog, direi perfino, dalla Germania. Una sezione giornalistica, cominciando col dire quel che qui non dicono.
— capisco Fb, ma Twitter perchè? anche lì si raccoglie molto.
ci penso: ho solo limiti di tempo, ecco tutto.
il che spiega anche Twitter, che mi sta simpatico e non ho mai chiuso, ma mi costringerebbe a raddoppiare il lavoro strettamente pratico…
Accogli il consiglio di Twitter come qualcosa da “fare” (dare…) intendo invece “ricevere”, prendere.
E’ un attimo diventare follower di qualcuno che dà notizie controtendenza, poi ti basta aprire la pagina, vedi i titoli e leggi quello che interessa.
Un risparmio di tempo, non un aggravio.
ps nessuno mi paga, nè P. nè Twitter…
hai ragione, e colto anche sul vivo; il fatto è che io lavoro mentre faccio il blog, e quindi in questo periodo devo contenere le mie letture.
se mi dedico a twitter non posso dedicarmi al blog e a You Tube, perfino panoramio è già una cosa un pochino complessa per i miei tempi.
dovendo selezionare, ho selezionato questi due strumenti, e più in direzione comunicativa esterna che recettiva.
sarà anche una deformazione professionale? (auto-sarcasmo)
ho due o tre blog memorizzati, tra cui uno sul Nepal; ma riesco a leggerli raramente, loro stessi del resto, per fortuna, sono molto parchi di post…
però se tu hai già dei link, trasmettimili, magari direttamente sulla mia pagina twitter, così la riapro.
ho tentato più volte di attivare il collegamento automatico di questo bloog con twitter, ma per motivi imperscrutabili o chiaro messaggio del destino rimane sempre bloccato…
un chiaro e scandito grazie, comunque – e non è che ti ritengo un’agente segreta di Panoramio o Twitter (semmai di Facebook, eh eh ;))
Con zelo, ti ho fatto il retweet di due notizie, da Internazionale e da Gazahistory (questa promettente, devo leggerla subito) – Apri il tuo Twitter, le trovi, puoi leggerle se il titolo attrae; o andare alla loro pagina, cliccare su Follow- da quel momento ti arrivano i loro tweet e anche senza aprirli hai la panoramica delle news-
Collegare Cor-pus a Twitter ? E’ sempre “dare” ma non hai abbastanza seguaci, non servirebbe a niente.
L’utilità che intravedo per te è “prendere”, e avrebbe positiva ricaduta sugli argomenti in Cor-pus.
Vedi, entrare nella propria pag di Twitter è come infilare la chiave nella cassetta della posta e dare un’occhiata ai mittenti sulle buste, al volo sai se interessa o . Ed è l’inedito, che non avresti cercato, a venire da te, Un pò come il nome di Bauman, inatteso e gradito.
In quanto a FB, la lettera del ragazzo algerino la dobbiamo proprio a questo s.n. sputtanato. E’ sempre l’utente che conta, però ha un meccanismo che richiede più tempo e nevrotizza. Per non farsi coinvolgere o irritare occorre una robusta introversione 😉
ehi, ma mi hai addirittura citato, o come diavolo si dice su Twitter?
grazie!
io pensavo di collegare il blog a twitter, perché mi sembra un poco gratuito prendere contatto con qualcuno senza presentarsi contestualnete e dire chi sei.
ho bisogno di tempo per familiarizzare, ed è ovvio che, se prendo questa strada, poi fatalmente scriverò molto di meno.
il che non è detto che sia un danno per gli altri, ma ha qualcosa a che fare con introversione/estroversione evidentemente.
su Facebook ho appena visto proprio da te cento serissimi argomenti per stare alla larga: questo fondatore è un nazista, e prinma o poi farà qualcosa di tremendo per smania di successo.
FB è un blob, meglio il blog!
In Twitter NON si famigliarizza: si passano notizie e l’unico criterio è che siano buone, se no; Unfollow senza tanti salamelecchi.
Quindi questa seguente frase o non la capisco o non sono riuscta a farmi capire da te:
“ed è ovvio che, se prendo questa strada, poi fatalmente scriverò molto di meno.”
Twitter non è una strada da prendere è…. elettrodomestico!
o, oserei dire nel tuo caso…. l’esaltante avventura di NON essere in primo piano, bensì defilato , uno come tanti, uno che dice ” non badate a me che mi fate arrossire” 😉
———————–
Ora non scherzo più e sono interessata e un pò preoccupata sui poteri della rete
“su Facebook ho appena visto proprio da te ”
Sembra che mi hai trovato in FB e non dovrebbe succedere perchè là ho un altro nick. Vorrei capire se ti sei espresso male o se per qualche a me ignoto maledetto meccanismo si è creato un collegamento fra queste due diverse identità.
“su Facebook ho appena visto proprio da te”.
“suL TEMA Facebook ho appena visto proprio da te SU TWITTER”:
non so se mi sono espresso male, qui la lingua italiana è ambigua di suo; comunque se avessi scritto cosí sarei stato più chiaro.
per vedere te su Facebook dovrei entrarci, cosa che mi sono pressoché interdetto, e poi avere interesse a curiosare alle tue spalle; se e quando mi vorrai far sapere qualcosa di più di te, me lo dirai: non amo i pettegolezzi.
Twitter sarà anche un elettrodomestico, ma che cosa ti fa pensare che mi piaccia mettere in funzione l’aspirapolvere tanto spesso?
scegliere Twitter mi specializzerebbe fatalmente; non dico che sia negativo, ma quando farò questa scelta mi chiuderò in una biblioteca a scrivere un libro…
🙂
che Twitter non serva a socializzare, cone una specie di surrogato di facebook intermedio fra il sociale e il blog, l’ho già capito da me, e per questo anche praticamente lasciato perdere.
so per terze vie, senza essere andato io a cercarlo, che chi – amante dei pettegolezzi – ha cercato di risalire alla tua identità reale a partire dal tuo avatar ci è riuscita.
la stessa cosa è capitata a me, perché una amica commentandomi in un post mi chiamò una volta con nome e cognome; non ci fu più rimedio, perché non puoi cancellare da internet quel che vi è pubblicato; comunque non avendo nulla da nascondere o dui cui vergognarmi nella ia vita reale, ho alzato le spalle e via.
sappi comunque (se non lo sai già) che la maggior parte delle persone che gira per internet non lo fa per sete di conoscenza sui grandi problemi, che non capisce neppure, e per i quali ha già deciso, a piena ragione, che è meglio essere limitati ed affidarsi a qualcun altro senza provare neppure a pensarci (d’altra parte, con la testa che si ritrova, meglio così), ma per sete di pettegolezzo.
altrimenti come ti spiegheresti che il post in assoluto più letto, settimana dopo settimana, sul mio blog è quello dedicato a Claudia Schiffer, che non ho mai visto né conosciuto?
Bene aver appurato che non esistono diabolici collegamenti a me ignoti dell’invasivo Fb.
-Ovvio essere trovata in Twitter perchè il nick è lo stesso. I visitatori sono i benvenuti, leggeranno tweet su notizie interessanti, e preciso che spesso si tratta di Palestina, e tutto finirà lì . Eventuali perditempo non hanno terreno per attecchire–
FB invece richiede prudenza, quindi la mia pagina ha un’identità irreale che scambia info sull’attualità e la cultura con gente di tutto il mondo (la lettera-proclama dell’algerino per esempio).
Non fa dialoghi personali, non dà esca a pettegolezzi e non ne fa. E’ la ragione per la quale non ho avuto esperienze negative.
Da qui, il tuo specificare nel commento “non amo i pettegolezzi” è completamente estraneo all’uso mio di Fb. Probabilmente una considerazione spiacevolmente caduta nel posto sbagliato, forse detta in generale o riferita a casi tua conoscenza.
Restiamo al borforisma “ogni osservatore è il creatore dell’universo in cui vive” e consideriamo chiuso l’argomento social network, anche per tuoi futuri post sull’argomento.
mi spiace doverti confermare che c’è stato chi, fuori dal blog, è riuscito a risalire da questa sigla alla tua identità personale nella realtà e si è anche presa briga di comunicarmela, incontrando il mio più totale disinteresse – il mio riferimento all’amore per i pettegolezzi che non ho è riferito a questo episodio.
ti informo di questo solo perché ti sento preoccupata di queste connessioni e mi sembra doveroso da parte mia, pur se personalmente per me lasciano il tempo che trovano.
niente di riferito a te personalmente, quindi; se hai capito così, è stato un equivoco. 🙂
Chiedo venia, sarà un commento lunghissimo a un post che davamo per concluso.
Vuole essere un contributo duplice:argomento lavoro e funzione del tuo blog che definirei: “Considerazioni di unn cittadino che non se ne frega”.
——————————————–
Stamattina ho seguito un dibattito a Radiopop di Milano sull’accordo Fiat .
***Parla Ichino, giuslavorista e politico PD, ha chiarito che sulla base dell’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori, modificato con referendum promosso da Rifondazione comunista e altre correnti di sinistra , escludere la Fiom che non ha firmato l’accordo non viola la legge. Al tempo Ichino lo denunciò come un errore la modifica che in sostanza metteva in disparte il principio della “maggiore rappresentatività sul piano nazionale” per far prevalere quelle aziendali. Modifica che Ichino al tempo avversava, ma ora resta alla Fiom il diritto di dissentire dall’accordo, ma anche il dovere di rispettare la regola democratica di quell’articolo secondo la quale la maggioranza dei lavoratori di un’azienda ha diritto di decidere.
*** Parlano gli ascoltatori. La Fiom non sta solo difendendo dei diritti dei metalmeccanici ma quelli dell’intero mondo del lavoro, in prospettiva futura minacciato dallo stesso tipo di politica aziendale- Si sostiene che il mercato dell’auto è saturo, la Fiat promette un grosso investimento ma non ha presentato un piano industriale che vada nella direzione di allargare il suo mercato. Togliere da Mirafiori la Punto (miglior venduto) e portarvi i Suv, il cui motore dovrà girare per altri paesi, significa adottare criteri Chrysler e che gli stabilimenti italiani dell’auto andranno a un mercato ristretto. Le marche tedesche e francesi si tengono in casa la produsione dei modelli di punta. Cosa intende costruire la Fiat?
*** Considerazioni mie — In questo paese si va da troppo tempo per slogan invece che entrare nel merito. In Germania i sindacati hanno accettato cose che possono sì far rabbrividire, ma sulla base di un piano industriale certo che ha consentito di fare i conti con precisione, di rischiare a ragion veduta. Non si sono fidati ma non sono andati sull’Aventino!
Marchionne procede a muso duro col ricatto, e Valletta e l’avvocato non lo avrebbero permesso, ma io non ho sentito che i sindacati, tutti grandi e piccoli, abbiano già da qualche anno indetto loro convegni unitari, portando esperti di vari orientamenti, chiamato alla sbarra politici di sinistra, convocato sindacalisti stranieri. Non è con politiche di bottega sindacale che si difende il lavoro, è con un dibattito precedente alla contrattazione per arrivare a linee comuni da contrapporre a muso altrettanto duro ai Marchionne “ok potremmo anche fimare domani e garantirti la pace in azienda, ma tu stasera mi dai un vero piano industriale che mi spieghi dov’è che porti la Fiat e dove vorresti portare noi.”
*** Scrive Bortocal nell’agosto 2010 in 276 Marchionne in concessionaria
“visto che parliamo di auto, possiamo dire che in questo settore, ad esempio, ci sono tre strade, che anche il concessionario potrebbe capire: produrre auto uguali a quelle coreane e domani indiane o cinesi, riducendo i salari al livello di quesi paesi; oppure produrre Mercedes e Porsche che siano status simbol anche per i nuovi ricchi coreani, cinesi e indiani; oppure essere i primi a produrre auto elettriche al mondo e battere la concorrenza su questo terreno.se non si pongono queste alternative, il resto del discorso è artificiosamente limitato ad una ipotesi sola, la prima.”
E in 298 a proposito del metodo “mene frego” e di Marchionne
“Perfino quando Berlusconi o Marchionne saranno stati dimenticati, resterà in Italia il metodo Marchionne, che il genio delinquente che ci governò prima dell’attuale aveva sintetizzato nella frase lapidaria “Me ne frego!”
E’ chiaro? C’era già tutto. La parte migliore del paese, operai consapevoli e osservatori informati, vedono più lucido e lontano dei sindacalisti.
Il tuo blog testimonia che ragionando si comprendono per tempo le tendenze e si potrebbe non arrivare sempre sul bordo del precipizio, posizione che obbliga a gesti scomposti e isterici.
Aggiungo a te bloggerista e a noi commentatori l’invito ad avere maggiore memoria di ciò che scriviamo per non essere contagiati dal continuo senso di allarme in cui viene tenuta la società (… Bauman): mille notizie tutti i giorni, ma non tutto è vero, non tutto è nuovo (… la modista di Maria Antonietta) , non tutto ha importanza.
Delenda Cartago ripeteva al Senato uno che vedeva lontano, lascio a te ricordare chi era, e imitandolo continuo a ripetere : ok il presente, soldi e diritti, ma “anche” quale società si va formando in questa era post industriale.
😉
ottimo commento, mi sa che stai facendo come Tremonti ;( e ti candidi alla poltrona di direttore di questo blog, altro che rubrica fissa!
comunque mi frego le mani e rispondo, anzi ti rispondo in due commenti diversi, cominciando da quello meno impegnativo e importante, la parte che mi riguarda.
inserendo come voce di ricerca nel mio blog “Marchionne” escono diversi post.
il primo, il n. 249, luglio 2010, non ti saprei dire perché sia stato selezionato, io il nome di Marchionne lì dentro non ce lo vedo, però ci trovo le idee di Marchionne, la piattaforma ha dei buoni motori di ricerca, si vede; e in ogni caso quella è la premessa logica dei discorsi che vengono dopo: un quadro della globalizzazione che comporta il necessario impoverimento dell’Europa e dell’Italia.
il secondo post, che citi anche tu, è il 276 del 13 agosto: qui Marchionne viene criticato (attraverso la critica ad un suo seguace) per avere una visione strettamente aziendalista dei problemi economici mondiali (posso dire così per sintetizzare?).
il terzo post (di nuovo citato da te) è il 298. del 25 agosto: strettamente concentrato sul rifiuto di Marchionne di applicare una sentenza del Tribunale del lavoro che lo aveva condannato; in un certo senso marginale rispetto alla discussione svolta qui.
saltiano il 463. del 28 dicembre, dove Marchionne è solo un inciso, giusto per dire che sta ponendo l’accento sul cuore del problema sociale dell’Italia e del mondo occidentale di oggi.
e arriviamo agli ultimi, il 470. del 31 dicembre e quello “in condominio”, o meglio tuo, del 2 gennaio, sui quali non mi dilingo perchße sono uno qui sopra e l’altro nei pressi.
per finire col n. 9 del 2011, quello dove scopro un Marchionne che si smentisce da solo nel 2006, riaprendo per me le basi stesse di tutte queste riflessioni.
piccolo inciso: ho letto ieri che Marchionne deve restituire un grosos prestito agli americani entro quest’anno: giusto l’ipotesi che facevo pochi giorni fa.
c’è un accenno critico nel tuo commento, a cui mi riferisco ora (dopo i complimenti, dei quali mi occuperò a parte, perché la critica mi serve di più):
“Aggiungo a te bloggerista e a noi commentatori l’invito ad avere maggiore memoria di ciò che scriviamo”.
difficile come sai, se siamo travolti dalla “smemorizzazione incancellabile” della rete…
però rileggendo il tutto non vedo incoerenze nè perdite di memoria, vedo solo la fatica di un percorso che si districa lentamente per arrivare ad un punto di approdo.
e che per parte mia è ancora ben lontano dall’essere raggiunto!
nessuna impazienza, cara mcc: la strada della più piccola verità è lastricata delle stesse difficoltà ed esige la stessa fatica della strada della Verità suprema; per non dire che a volte ne esige addirittura molta di più!
Il mio invito alla memoria non era per niente una critica alla coerenza. Non c’è, rileggi pure, mettevo solo in fila delle info, anzi le tue affermazioni precedenti che oggi ascoltavo dagli operai.
L’invito che ho fatto viene solo dalla constatazione che i problemi vengono presentati dai media sempre come “nuovi”, emergenze che sembrano nascere dal nulla, mentre i tuoi post confermano che le cose hanno una storia e che si può sempre capire, e intervenire chi può o deve, per tempo,
Perchè tu mi creda che era diretto anche a me, dico che avendo rivisto il post Vincenzo Cottinelli ho trovato che avevamo già trattato Wikileaks, ma io me n’ero completamente dimenticata quando abbiamo ripreso il discorso, stavolta accapigliandoci selvaggiamente.
Tutto qui. 🙂
non preoccuparti, mc: gli inviti alla coerenza non fanno mai male, soprattutto quando offrono lo spunto per un riesame delle proprie posizioni, comunque utile…
quanto alla memoria da internet essa ha struttura molto diversa da quella spontanea e si basa su una catalogazione selvaggia di tutto, ma siccome i commenti sfuggono ai motori di ricerca (stupidamente, perché quasi sempre sono meglio dei post…), allora la mia vecchia tecnica di raccogliere periodicamente e salvare le discussioni migliori almeno si rivela informaticamente efficace, anche se alla fine uccide il pubblico, e la cosa migliore sarebbe farla, come allora, su un blog a parte (chi vuole intendere intenda).
su Assange però, prima del Libano, solo accenni volanti tra noi due: niente che potesse impedire la bella e vivace discussione successiva!
Hai assunto un tono da predicatore? Ho inteso, ho inteso, ma leggerai che mi sono sfilata di corsa!!! Io voglio continuare a leggere e magari talvolta a poltrire, casomai ozi-freddi 😆
referendum 1995 sull’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori.
che era in origine
19. Costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali.
Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva, nell’ambito:
a) delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale;
b) delle associazioni sindacali, non affiliate alle predette confederazioni, che siano firmatarie di contratti collettivi nazionali o provinciali di lavoro applicati nell’unità produttiva. (…)
ed è diventato
Art. 19 – Costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali
Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva, nell’ambito: […]; delle associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell’unità produttiva. (…)
sarebbe interessante ora ricordare perché l’estrema sinistra ha voluto allora espellere dalle fabbriche le rappresentanze dei sindacati più importanti a livello nazionale…
ma serve a qualcosa? solo a dirci che Marchionne ha ragione, grazie a Rifondazione Comunista, quando applica questa legge che ora qualcuno (anche io), senza memoria storia, ha giudicato anticostituzionale.
come tutto si complica…
a giudicare dal resto della tua relazione delle tre opzioni che indicavo nel mio vecchio post, si direbbe che la FIAT abbia scelto una produzione di nicchia di auto per iper-ricchi.
ma questo non viene presentato nella forma del piano industriale; tutte le tue considerazioni sulla mancanza di preparazione di chi ha gestito le relazioni sindacali italiane degli ultimi anni sono più che condivisibili.
la stessa miopia perdura oggi nella FIOM, che affronta la questione sulla base di rigidità e vecchi pregiudizi e senza la minuma riflessione sulla società europea di domani.
come sarà questa società nessuno di noi è in grado davvero di prevederlo, non più di quanto possiamo prevedere gli esiti del famoso battito d’ali della farfalla amazzonica; ma questo mica ci esime dal cercare con tanta fatica!
però capisco il pubblico che non sa e non può e preferisce guardarsi la tv; il vero problema italiano è però la mancanza di etica pubblica di coloro che potrebbero e anzi dovrebbero sforzarsi di capire, visto che sono mantenuti dal popolo per questo.
che dici, continuiamo noi due??? 😉
questa legge stessa sembra, nella nuova Italia, archeologia industriale…
E’ davvero incredibile la cecità della sinistra tutta e dei sindacati stessi per quel referendum, Ma non è stato così con le tv private… mi ricordo i sogni: avremo la tv di quartiere, la gggente discuterà, crescerà la coscienza sociale. Guarda come è finita arriva uno compra le piccole, le collega ee ti fa Mediaset. Non è che B. sia un genio, è la sinistra che non sapeva vedere oltre il suo naso. E adesso il naso non l’ha nemmeno più, se lo è tagliato per fafsi dispetto alla faccia.
Capire Bauman, e anche Marc Augè, che da tempo analizza le tendenze alla standardizzazione, non è che ci porterà, lo so bene, a capire dove andremo a finire, anzi non lo vedremo forse mai, ma abbiamo un compito come gen4razione fortunata che ha commesso tanti sbagli, verso i più giovani. Mi ricordo ns vecchi commenti 🙂
strano, io ho un ricordo completamente diverso di questo dibattito e so di essere sempre stato schierato contro le televisioni private…
su tutto il resto, alla fine dico con cinismo soltanto che io a discutere mi diverto: se qualcuno lo trova utile, meglio. 😉
ozi-freddi, fantastico!!!
e che ne dici di modi-freddi? 🙂
Geniale! Sistemano le teste calde 🙂
ops, mi sento in pericolo! 🙂
ops ops ops … un salvataggio scambiato per un pericolo 🙂
deformazione antica…
ma questo è un anno nuovo. Cambia il calendario! 🙂
quello già fatto, la testa, più difficile…
Pingback: 31. la dignità di Marchionne. « Cor-pus·
L’ha ripubblicato su cor-pus-zero.