il Rampoldi immoralista, la pistola di Repubblica. 173

sabato 19 marzo 2011  15:06

come mi sono stufato di leggere da ogni parte sulla stampa italiana – e la cosa avviene solo da noi – articoli di giornalisti superfurbi che ci spiegano come la giustizia e  l’onestà non esistono, ci credono solo gli stupidi, sottinteso noi siamo fra questi, se non la pensiamo rapidamente come loro.

e questa volta a scriverlo è Guido Rampoldi su Repubblica in un articolo dal titolo “La pistola dell’Occidente”, mentre la pistola di Repubblica è lui…
questa volta gli è stato chiesto di provare a sparare dei colpi a salve pro Gheddafi, dato che l’Italia profonda che conta è tutta pro-ghedaffiana, fa solo un po’ di ammuina perché Berlusconi è becero e vorrebbe sostituirlo con qualcuno di più fine, metti D’Alema, ma per fare le stesse cose, ovviamente; però quando si arriva al dunque si tira indietro e salverebbe anche Berlusconi, se occorresse, pur di difendere Gheddafi.
e Rambo Rampoldi obbedisce, dicendoci anche quanto è bravo, lui, a prendere in giro chi crede a qualcosa.
sbaglierò, ma chi si loda s’imbroda e a forza di lodarsi per la loro abilità di scribacchini opportunisti che scrivono a comando, questi giornalisti si squalificano da soli.
* * *
parto dal fondo dell’articolo di Rampoldi, perché è la più interessante dato che contiene delle  importanti rivelazioni sull’attentato che provocò il 21 dicembre 1988 la caduta di un aereo inglese a Lockerbie e che fu attribuito ai libici.

Tra i giornalisti britannici che seguirono il processo per la strage di Lockerbie, non pochi si convinsero che il condannato, una spia libica, fosse innocente. (…)

Quattro mesi prima (…) nel Golfo Persico una nave da guerra americana aveva abbattuto un aereo di linea della Iran Air, forse impegnato in attività di spionaggio elettronico (ma di questo non avevano colpa i passeggeri).

infatti nel luglio 1988 un aereo iraniano di linea con 290 persone a bordo fu abbattuto “per errore” nel Golfo Persico dalla flotta americana che stazionava lì per appoggiare Saddam Hussein nella guerra contro l’Iran, essendo stato scambiato per un aereo militare.

secondo Rampoldi, quindi, la Libia sarebbe una colpevole di comodo: il vero responsabile, suggerisce Rampoldi, senza dirlo esplicitamente, sarebbe stato, per ritorsione, l’Iran di Khomeini, ma la verità non si sarebbe potuta dire perché “se si fosse accertata una responsabilità iraniana, Londra e Washington non avrebbero potuto esimersi dal considerare l’attentato un atto di guerra, con tutto ciò che ne conseguiva”.

tesi risibile:  invece, attribuendolo alla Libia, no?

e come mai Rampoldi si è dimenticato che il 23 febbraio scorso la responsabilità libica è stata ammessa dal ministro libico della giustizia Al Jaleil, intervistato da un quotidiano svedese? vero che si tratta dello stesso che è passato agli insorti, ma dovrebbe pure darcene qualche spiegazione…

ma questo disinvolto gioco con le tre carte dell’informazione serve a Rampoldi per arrivare a questa conclusione:

Detto altrimenti: la storia è più complicata delle nostre categorie morali (e attribuire a Gheddafi tutto ciò che preferiamo credere – deliri, stragi che forse non ha commesso, vaniloqui da Macbeth del deserto ormai assediato e vinto – a quanto pare non aiuta a togliercelo di torno).

ma il fatto è che Rampoldi poi, o meglio il suo datore di lavoro, non ha neppure nessuna voglia di togliersi Gheddafi di torno, tanto è vero che tutto l’articolo caldeggia invece una “soluzione  politica”, non si sa quale, dato che Gheddafi la rifiuta, quindi diciamo meglio che caldeggia che si perda un po’ di tempo per una fumosa soluzione politica, in modo che Gheddafi possa concludere il suo lavoro  e restare al potere.

gli argomenti sono i seguenti: “la guerra che sembra cominciare non è lontana”, “la Libia appartiene alla nostra geografia” ? “e alle pagine della nostra storia (non le migliori: laggiù la nostra aviazione inventò il bombardamento di popolazioni civili, 1911)”; “è perfino un pezzo non irrilevante della nostra economia”.

e qui forse sta la firma e si trova il committente dell’articolo.

che non risparmia di denunciare “surreale casualità”, “improvvise urgenze morali, calcoli altrui, evanescenze nostre e pochezze europee”, “conflitto non solo assai rischioso, per noi più che per altri, ma soprattutto al momento estraneo a ogni razionalità strategica”.

* * *

ovviamente nessuna persona di buon senso potrebbe essere contraria a una soluzione diplomatica, compromissoria, persino,  e resta solo da dimostrare che sia praticabile con chi non la vuole.

altre considerazioni?

“distruggere l’aviazione libica non cambierebbe sostanzialmente i rapporti di forza tra le truppe di Gheddafi, ben addestrate e ben armate, e la baraonda degli insorti”; “un lungo conflitto interno di fatto consegnerebbe la Libia libertaria al primato delle armi e delle milizie. Milizie tribali, islamiche, panarabe, patriottiche, di ventura”; “il loro mettere radici in Libia non sarebbe un buon auspicio per il futuro del Paese”, penso che si riferisca al nostro e all’Eni, “potrebbe risultare devastante per la regione e fatale all’unità territoriale della Libia”.
già, ma è dell’unità territoriale della Libia che deve preoccuparsi un paese come l’Italia, governato da un partito che vuole la secessione del Nord?

* * *

ma coloro che sono un po’ meravigliati dalla disinvoltura troppo cinica di Rampoldi nel caldeggiare un compromesso che semmai potrà esserci dopo avere ristabilito un equilibrio in campo, sono “prigionieri di una moralità a buon mercato che prescrive di non parlare con Gheddafi perché ha sparato sul Popolo”.

non credo affatto che la vera ragione dell’intervento dell’Occidente in Libia (se mai ci sarà) sia questa, la vera ragione è il petrolio:  nessuno sta pensando di intervenire a Sanaa per l’orrenda strage di ieri di Al Saleh, o nel Bahrein.

ma non è vero che “mimare intransigenza morale è da sempre il modo più efficace per dissimulare il proprio opportunismo”; nel caso di Rampoldi lo stesso risultato è ottenuto invece mimando il proprio cinismo.

Una risposta a “il Rampoldi immoralista, la pistola di Repubblica. 173

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