Dario Del Corno, un maestro. 402

25 settembre 2011 domenica   16:27

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“chi si potrebbe far venire per un incontro con i ragazzi che li aiuti a scoprire il senso profondo di quello che stanno studiando?”

la mente corre al mio docente di Letteratura Greca dell’Università Statale di Milano, da anni scrive di cultura classica sul Corriere, sul Sole 24 Ore…

“che ne dite di Dario Del Corno?”

sarà verso gli ottanta, adesso, penso e corro su wikipedia a controllare.

è così che sono venuto a sapere con quasi 20 mesi di ritardo della sua morte, nel gennaio dell’anno scorso, quando ero ancora in Germania e la notizia non mi arrivò.

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Dario Del Corno (Milano3 marzo 1933 – Milano28 gennaio 2010) è stato un grecista italiano.

Fu allievo di Raffaele Cantarella a cui subentrò nella cattedra di Letteratura greca all’Università degli Studi di Milano nel 1972.

Si interessò soprattutto del teatro greco: oltre ad aver ricoperto, nella stessa università, anche la cattedra di Letteratura teatrale della Grecia antica, fece numerosissime traduzioni di opere teatrali dell’Antica Grecia; fu direttore della rivista di studi teatrali “Dioniso”, edita dall’Istituto Nazionale del Dramma Antico.

Fu autore di manuali scolastici.

Svolse una intensa opera di divulgazione per il supplemento domenicale del Sole-24 oree in un’opera di viaggi alla ricerca delle tracce dell’antica Grecia, scritto in collaborazione con la moglie.

Scrisse anche opere per il teatro musicale: Outis, un libretto messo in musica da Luciano Berio, Racconto di Natale, un libretto per Carlo Galante, e Sulla corda più alta, un’azione musicale per attore, danzatore, violoncellista e gruppo di fiati messa in musica da Filippo Del Corno.

* * *

un uomo così ricco culturalmente scompare nelle poche righe dell’enciclopedia virtuale: che razza di vita bisogna avere avuto in dono per ottenere qualcosa di più?

oggi, domenica, giro per internet alla ricerca  di altre notizie, ma anche altri commenti, ad esempio quello di Eva Cantarella, la figlia del suo maestro, di cui fu l’assistente quando io studiavo Lettere Classiche alla Statale di Milano – che inizia “Non è facile per me parlare di Dario Del Corno”-, oppure di Giuseppe Zanetto, un allievo che lo incrociò solo pochi anni dopo di me e, a differenza di me, lo seguì anche nell’attività universitaria:  hanno alla fine questa specie di tono burocratico che cancella la personalità.

qualcosa di più di lui dice il sito PeaceReporter, al quale aveva rilasciato un’intervista:

“È stato un punto di riferimento internazionale, come grecista, di entusiasmo e passione per intere generazioni di studenti”

io non posso parlarne molto a fondo: fu il relatore della mia tesi e mi seguì per alcuni mesi, tra il 1970 e il 1971: e cercò di coinvolgermi nella vita universitaria – senza riuscirci per un mio rigetto di alcuni riti interni.

fu lui a propormi, leggendomi nel cuore come uno sciamano, quell’intrigante papiro cinico dove si parlava di un dialogo fra Alessandro Magno e alcuni fakiri indiani, i greci li chiamavano gimnosofisti, sofisti nudi.

con poche righe di osservazioni fu in pratica l’autore della mia tesi di laurea, che lui deviò dai sovrabbondanti terreni dell’ideologia, dove io intendevo svilupparla, per indirizzarla agli stringenti sentieri della filologia e delle osservazioni di dettaglio che rivelano l’insieme.

ricordo come, un anno dopo la definizione comune dell’argomento, dopo mesi di ricerche e valanghe di appunti miei sull’intero scibile cinico, mi restituì le 17 pagine secondo me di introduzione, senza nessun segno, ma con queste parole: “la sua tesi è già fatta: sviluppi i punti che ha toccato qui”.

due mesi dopo infatti la tesi era finita, con le sue 700 pagine, indirizzata da due o tre altre sue osservazioni essenziali e fondanti lungo la strada: lasciando sullo sfondo remoto tutte quelle letture, finite in una cassa di appunti in cantina, e concentrandomi sulla musica segreta delle parole, sui nessi invisibili, sulle lacune del papiro da riempire grazie agli imitatori, ai falsari, ai traduttori, ai copisti distratti che nei secoli avevano giocato il loro tempo attorno a quel testo e alle sue derivazioni, seminando il mondo delle biblioteche antiche, dal Sinai al Tibet, di indizi lasciati in  giro senza saperlo.

doveva uscirne una pubblicazione con i microfilm del papiro da Ginevra, che – se arrivarono – io non guardai mai.

un incontro casuale a Brescia, credo vent’anni dopo, mi permise di ritrovarlo immutato e di vedere che si ricordava ancora di me e non aveva rancore per quel mio abbandono.

* * *

Del Corno si imponeva a quei tempi tra i professori dell’Università di Milano, Facoltà di Lettere Classiche, per diversi fattori: prima di tutto la sua straordinaria giovinezza, mi rendo conto oggi che aveva nel 1967 solo 34 anni, e questo dato generazionale lo distaccava da tutto il resto del baronaggio universitario, dove l’età media si aggirava attorno ai settant’anni.

questo significa che i cattedratici erano cresciuti durante il fascismo, e conservavano l’impronta di una società e di una università autoritarie, autoreferenziali, rinchiuse ancora nei riti che mi fecero fuggire da quell’ambiente di lavoro, scegliendo piuttosto di andare coi ragazzetti di terza media di un paesotto contadino della bassa a scavare i resti di un cimitero di appestati scoperchiati da una ruspa o a mettere in scena nel cortile delle scuole “L’isola del tesoro”.

Del Corno quindi era un docente decisamente postfascista, e viveva questa sua condizione culturale che ne faceva un unicum nel panorama della Università Statale di MIlano di quegli anni, con assoluta naturalezza.

nessuna indulgenza sua verso il Sessantotto; direi che culturalmente era già oltre, direi che era già un post-sessantottino e un post-moderno, che nel Sessantotto vedeva ancora i residui ideologici di quel primo Novecento che aveva generato i totalitarismi.

anche io, senza saperlo ancora bene, lo stavo diventando con lui, anzi senza di lui, per via di quel distacco precoce; e se lavorando con lui avevo scoperto la struttura a rete nella trasmissione dei codici dei testi popolari, in alternativa all’albero genealogico lachmanniano, pochi anni mi separavano dallo scrivere nel 1976 quella trentina di “Aforismi scettici del viaggiatore disincantato”, rimasti nella mia scrivania, che furono il segnale del distacco dalla politica militante dell’ultrasinistra e la premessa di una visione oramai post marxista della società.

* * *

il secondo dato che imponeva la figura di Dario Del Corno come una anomalia nel contesto era la sua discrezione, la semplicità e la mancanza di arroganza, la disponibilità umana.

impossibile vederlo adirarsi, inimmaginabile che il suo tono di voce non fosse sempre gentile e piano; e questa dote del carattere personale era poi una qualità che trasmigrava nei suoi scritti, e diventava capacità divulgativa, che poi altro non è, al fondo, che disponibilità ad accettare il punto di vista di chi sa meno di te.

a volte vedevo in lui una specie di abbandono eccessivo alle cose, di scetticismo sotto traccia, mi pareva mancasse di personalità; avrei impiegato decenni a scoprire che la vera forza è non mostrare di averne, ed è una lezione di cui continuo a considerarmi alunno eternamente ripetente.

non sapevo allora, come so ora, che col tempo avrei riscoperto proprio in questo la grandezza vera di un maestro, che non insegnava solo i segreti tecnici di una disciplina, ma finiva con l’essere, proprio non volendolo, un maestro segreto di vita.

* * *

la passione di Dario Del Corno era il teatro: il corso che ci fece era su Menandro, il principale autore della commedia nuova della Grecia ellenistica, di cui stava curando l’edizione critica sulla base di nuove massicce scoperte papiracee.

credo che il segreto di Dario Del Corno e la chiave interpretativa della sua personalità così duttile e capace di adattarsi all’interlocutore fosse una segreta predisposizione per la recitazione.

concepire se stessi come gli attori di una parte non è piccolo segreto per vivere bene con se stessi e acquisire un buon successo sociale.

mica lo capivo io da giovane, quando pensavo che il successo sociale non mi interessasse e sceglievo di essere il ruvido me stesso che la sorte mi aveva dato di essere, ma forse solamente perché non sapevo come conquistarmelo.

* * *

ora che so che Dario Del Corno è morto, è come se una intera parte, molto importante, della mia giovinezza, che poi ha plasmato me stesso, fosse morta con lui.

come filologo mancato, come studioso di testi antichi – hobby che poi negli anni ho applicato in particolare ai testi cristiani delle origini -, come editore mancato dei frammenti di Diogene il cinico, come studioso e divulgatore della filosofia del cinismo come anticipazione delle filosofie di opposizione dell’età imperiale moderna, avrei bisogno di un universo parallelo, dove le cose, magari sono davvero andate così e io tutte queste promesse mancate le ho davvero realizzate.

in questo universo io ero tale solo per me stesso e per Dario Del Corno, oltre che la professoressa Decleva Caizzi che mi seguiva in quegli anni, accanto a ui, sul versante più propriamente filosofico.

venuto a mancare il testimone principale di quegli anni della mia vita così lontani, essi stanno per estinguersi completamente, e si sono ridotti al livello di una possibile fantasticheria o poco più.

manca poco a che spariscano del tutto.

ed è sconcertante accorgersi di essere morti senza saperlo, quel giorno di gennaio dell’annos corso in cui Dario Del Corno è morto a 76 anni.

perché noi muoriamo un poco ogni volta che muore qualcuno che è stato parte importante della nostra vita intellettuale e che ha condiviso con noi percorsi di vita mentale che si sono fondati su uno scambio profondo di idee e di valori.

* * *

la morte del maestro anticipa quella dell’allievo, e la vera meraviglia è che la saggezza e il sapere trovano pur sempre una strada per scamparla e per passare altrove.

4 risposte a “Dario Del Corno, un maestro. 402

  1. Grazie per queste parole che condivido, purtroppo anch’ io ho scoperto in ridardo e per caso della morte di Dario Del Corno. Vivevo in Germania e una sera a Basilea mi diedero questa notizia. Fu una sensazione strana e di dolore . Un punto di riferimento fin da quando la mia insegnante del Liceo Classico scelse di adottare la letteratura greca di Dario del Corno. La mia insegnante, ex studentessa bravissima di Dario del Corno e quel libro, segnarono certamente la mia vita. Conobbi , di persona Dario del Corno, la prima volta, alle bellissime lezioni spettacolo sulla tragedia greca con l’ attrice Giovanna Bozzolo presso il Teatro Carcano. Capii che dovevo iscrivermi a lettere classiche ..Il mio sogno era laurearmi con lui.. ed è ancora emozione, se ripenso a quel giorno..al suo vocione, alle sue domande , alle sue parole indelebili nella mia mente e nel mio cuore.. se ripenso a quella autentica discussione che si creò il giorno della mia laurea. Fui ripagata di tutte le fatiche e quel sogno, che anni prima sarebbe parso impossibile.. si concretizzò straordinariamente.

    • è bello ritrovarsi a distanza e senza conoscersi a condividere esperienze positive come quelle che il professor Del Corno ha lasciato a generazioni di studenti: uomo saggio e mite, oltre che filologo con una vena di artista.

      grazie del commento, che almeno non ha lasciato questo post del tutto isolato.

  2. Non ho altro da aggiungere alle tue parole profonde chiare importanti. Tre professori resteranno per sempre nel mio cuore e nella mia mente . Giuseppe pedagogia è morto, Piera ,lettere è viva e Giovanna ,filosofia non so perché si trasferì da Ancona. Grazie

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