il senso del Natale (secondo Scalfari e secondo me). 402

24 dicembre 2011 sabato 17:51

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su Repubblica di oggi Eugenio Scalfari affronta col declinante cardinale Martini, devastato dallo stesso male di Wojtyla, il Parkinson, un dialogo sulla figura del fondatore (suo malgrado) del cristianesimo, cioè del maestro ebraico identificato col discendente del re Davide in linea di primogenitura e dunque pretendente al trono di Israele in opposizione a Erode e alla sua dinastia e ai Romani che la sostenevano: quello che oggi conosciamo col nome di Gesù e di cui domani si festeggia l’anniversario leggendario della nascita.

difficile trovare un esempio di discussione altrettanto grossolana e disinformata dei recenti risultati della ricerca storica su questa figura, ancorché ben poco noti in Italia e vigorosamente contraddetti dalla chiesa cattolica, che – dopo avere tentato per un secolo di bloccare la ricerca degli storici e dei filosofi, accusandoli di “modernismo” – ora è costretta a scendere a patti con essa e tenta una rivincita storiografica attraverso l’opera, ben poco fondata criticamente, di Ratzinger.

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Scalfari Vorrei cominciare il nostro dialogo da un nome e dalla persona che lo portava: Gesù.

Jeshu, in aramaico, cioè “Dio salva” (non “Salvatore”, come pure si dice), nome comune, ma che però non pare attribuito a caso.

Per me quella persona è un uomo nato a Betlemme, dove i suoi genitori Giuseppe e Maria che vivevano a Nazareth si trovavano occasionalmente il giorno e la notte del parto.

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Giuseppe non era il vero genitore di Jeshu; quando nel Vangelo secondo Matteo si scrive, ancora nella prima metà del II secolo, “figlio, come si credeva, di Giuseppe”, questo inciso non allude ad una presunta filiazione biologica divina (concetto inammissibile nella cultura ebraica e in qualunque cultura fondata sul buon senso, del resto), ma ad una paternità biologica segreta: il vero padre di Jeshu era infatti molto probabilmente Judas di Galilea, capo spirituale e leader politico della rivolta antiromana a lungo preparata e infine esplosa al momento del censimento del 6 d. C.,  nella quale trovò la morte.

è vero che Jeshu nacque a Betlemme, ma la sua nascita lì non fu affatto occasionale, dato che Jeshu era stato individuato come il messia ancor prima della nascita e, quanto alla nascita del futuro re di Israele, avvenne a Betlemme, perché così era stata interpretata la profezia: fu fatto nascere in quel luogo deliberatamente.

la giustificazione ufficiale data nei vangeli della presenza a Betlemme dei genitori per il censimento è risibile, dato che il censimento si svolse 12 anni dopo la nascita di Jeshu, incidentalmente avvenuta nel 6 a.C. – la data fu mal calcolata nei primi secoli cristiani.

e certamente la nascita non avvenne il 25 dicembre, che era semplicemente la data della ri-nascita dal solstizio d’inverno del dio solare Mitra; i vangeli stessi dicono che i pastori dormivano nei campi al momento della nascita e, per quanto la Palestina abbia un clima mite, non è consigliabile dormirvi all’aperto d’inverno, considerando che a volte perfino vi nevica.

il dettaglio fa pensare ad una nascita primaverile, come del resto dicevano alcune tradizioni antecedenti alla fissazione ufficiale al 25 dicembre, per motivi di concorrenza religiosa.

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per inciso, allora, chi si lamenta dunque del carattere poco religioso e pagano della festa del Natale si lamenta a torto, perché questa era davvero fin dalle origini una festa pagana, che riassorbì anche in se stessa i Saturnali pagani con cui si rievocava l’antica età dell’oro sotto il regno di Saturno, quando vigeva ancora l’eguaglianza originaria tra gli uomini, tanto che in quei giorni i servi diventavano padroni.

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la famiglia di Jeshu non viveva a Nazaret, di cui ancora si discute se esistesse al tempo di Jeshu: Jeshu nazareno allude al voto religioso del nazireato ebraico, non alla località d’origine.

poi, quando un Jeshu così tipicamente ebreo cominciò a risultare imbarazzante, si creò la falsa spiegazione del nome.

nei vangeli, quando si descrive la città natale di Jeshu la si colloca su una altura, mentre Nazaret è al fondo della pianura; probabilmente era la città di Sefforis, altamente rivelatrice, perchè fu uno dei centri della rivolta antiromana ebraica e avrebbe svelato da sola la connessione di Jeshu col movimento politico e religioso integralista degli zeloti.

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Per lei, eminenza, quel bambino è il figlio di Dio.

da tempo mi chiedo come si possa pensare a qualcosa di simile senza bestemmiare quel Dio in cui si crede; anche se è vero che Mohammed, il fondatore dell’islam, che ridicolizza l’idea che Dio possa avere un figlio, poi gli attribuisce una cammella, talmente preziosa che chi la lede merita la morte…

Sembrerebbe che la differenza tra noi su questo punto sia dunque incolmabile. Eppure è proprio quel nome che ci unisce.

certamente è facile unirsi tra laici e credenti sul nome di Jeshu se il laico accetta come verità storica il racconto mitologico della sua nascita e della sua vita.

ora, nella mitologia non vi è nulla di negativo in sè; ciò che è inaccettabile (e tipicamente cristiano) è il tentativo di far passare la mitologia per verità storica, ed un laico non dovrebbe prestarvisi.

Lei lo chiama Gesù Cristo, io lo chiamo Gesù di Nazareth; per lei è Dio che si è incarnato nel Figlio, per me è un uomo che è creduto essere il Figlio e in quella convinzione ha vissuto gli ultimi tre anni della sua vita, gli anni della predicazione e poi della “passione” e del sacrificio.

Cristo è semplicemente la traduzione greca della parola ebraica mashiah (messia), che significa unto in quanto re: Jesus Christus significa Jeshu il Re, e questo spiega bene le persecuzioni romane che colpivano esclusivamente l’aspetto politico di questa affermazione e non il culto in se stesso.

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Jeshu era convinto di essere figlio di Dio?

il laico non sfugge a questa domanda, perché, se risponde di sì, deve conseguentemente dedurre che Jeshu era un esaltato oppure un consapevole mistificatore; ma “figlio di Dio” nella cultura ebraica non aveva affatto il significato teologico che venne attribuito all’espressione secoli dopo alla luce di una teologia elucubrata e bizzarra, costruita sulla base di concetti filosofici greci del tutto sconosciuti alla Galilea in cui Jeshu svolse la maggior parte della sua azione.

e dunque Jeshu visse davvero (senza essere pazzo) in quella convinzione soggettiva e sociale di essere il re predestinato di Israele tutti gli anni della sua vita, anche quelli della clandestinità, trascorsa in Egitto, e da quella clandestinità uscì quando venne il tempo fissato dalla profezia di Daniele (le 70 settimane di anni) per l’avvento del regno di Dio guidato dal discendente legittimo di Davide, nato a Betlemme.

possiamo ammettere che la convinzione che Jeshu fosse il messia si fosse creata soltanto al momento dell’inizio della sua missione solo pensando che lui e i suoi seguaci fossero dei mistificatori improvvisati: il che non era; erano degli illusi ben preparati dalla cultura della loro terra.

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quanto alla durata del tentativo di Jeshu di impadronirsi del potere e di abbattere la dinastia filoromana esso durò solo qualche mese; la durata triennale si ricava da una cattiva lettura del Vangelo secondo Giovanni, che in realtà concorda con i sinottici, se ci si accorge che esso era in origine una raccolta disordinata di diverse testimonianze di Jeshu, accostate con un ordine cronologico solo di massima.

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Ma la predicazione è appunto quel tratto della sua vita che ci unisce.

Ho pensato molto all’incontro di due persone già avanti negli anni che vengono da educazioni, culture e percorsi di vita così diversi che sono desiderosi di conoscersi sempre più e sempre meglio.

Ha un senso tutto questo?

Qualche volta penso che lei speri di convertirmi, di farmi trovare la fede.

Questo rientrerebbe nei suoi compiti di padre di anime.

È questo che lei si propone?

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lasciamo Scalfari, così disarmato criticamente e storicamente, alla speranza di essere convertito dal purtroppo semimorente cardinale Martini.

noi non cercheremo di convertire Scalfari al laicismo più rigoroso e ferrato in base alla critica storia.

lo lasciamo in quella terra di nessuno nella quale si è collocato da solo, né seriamente laica nè autenticamente credente, e gli auguriamo comunque Buon Natale del Dio Mitra, cioè, più o meno, buon solstizio d’inverno.

2 risposte a “il senso del Natale (secondo Scalfari e secondo me). 402

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