19 maggio 2012 sabato 06:42
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tre mesi dopo: scadono i termini per la carcerazione preventiva in India e vengono formalizzate dalla polizia del Kerala, con un dossier da 196 pagine e allegata perizia balistica, le accuse contro i marò detenuti a Kollam, secondo il Codice Penale indiano: e sono da paura, secondo il quotidiano The Indian Express.
non c’è solo l’art. 302, omicidio, intenzionale, dei due pescatori indiani ammazzati a fucilate, c’è anche l’art. 307, il tentato omicidio degli altri, presi a fucilate lo stesso, ma non raggiunti dai colpi; c’è l’art. 427, azioni che hanno comportato danni, che sembra perfino esornativo; ma soprattutto c’e l’art. 34: associazione per delinquere: li riporto tutti in fondo…
impressionante soprattutto questa ultima imputazione, che definisce il modo della polizia indiana di vedere il nostro modo di svolgere le missioni militari all’estero volute dal governo Berlusconi e, ahimé, fatto proprio acriticamente dal governo Monti, dalla grande stampa e dai media, e anche da una opinione pubblica parte narcotizzata, parte fascistoide di suo.
lo dico in modo volutamente shockante: secondo gli indiani i pirati siamo noi.
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(non so bene chi me lo faccia fare a scrivere queste cose in un silenzio praticamente tombale di chiuque altro; perfino sull’Internazionale di De Mauro questa settimana non ho letto nulla sul tema, e a passare per antitaliano si fa presto; questo disagio è stato del resto una delle riflessioi che mi ha indotto a due settimane di silenzio, nella convinzione della inutilità assoluta e perfino stupidamente rischiosa di rendere in qualche modo pubblico quel che pensavo; comunque, una volta deciso di riprendere stancamente a scrivere, altro non posso fare che espormi a critiche e dileggi, con qualche rischio anche personale).
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chiedo scusa della divagazione personale e ritorno al punto cruciale, che in questo caso è la localizzazione dell’episodio, che era stata al centro della caotica difesa italiana dell’indifendibile, cioè la localizzazione dell’episodio, ultima trincea per chiedere che i marò venissero processati in Italia, dato che secondo noi l’episodio sarebbe evvenuto “oltre le 22 miglia nautiche dalla costa”, e cioè in acque internazionali, e secondo gli indiani invece “a 20,5 miglia dalla costa”.
e chissà se i nostri marò se ne erano accorti di essere entrati in acque territoriali e di essere quindi sottoposti alla giurisdizioe indiana, chissà se qualcuno si era preoccupato di fornirgli queste indicazioni a bordo.
ma certo dovevano saperlo, dato che, secondo il giornale indiano e Repubblica che riporta la notizia, l’India ci ha accusato (a questo punto questa accusa non riguarda infatti più soltanto i due marò che hanno sparato a vanvera, ma l’intero stato italiano) di avere violato la Convenzione internazionale per la repressione di atti illeciti contro la sicurezza della navigazione marittima del 1988, che stabilisce – è scritto – la giurisdizione territoriale di uno Stato fino a 200 miglia nautiche dalla costa.
200 miglia, avete letto bene, mica 22, se non si tratta di un errore di stampa.
e qui mi fermo, essendo quel che ho letto semplicemente enorme; devo andare al lavoro, rinvio gli approfondimenti necessari a stasera e do appuntamento per i commenti a dopocena, a post completato.
una cosa però si può dire subito, con amaro sarcasmo: che in Germania cresce il partito dei Piraten, visione comunitaria e libertaria del grottesco grillismo parafascista italiano; ma in Italia non c’è bisogno di un partito simile, dato che – almeno da un punto di vista indiano – siamo un intero stato di pirati.
guardando dalle coste del Kerala, la bandiera col teschio sventola almeno virtuale sulle petroliere armate da noi, che arrivano addosso a pescatori innocenti e li pigliano a fucilate in nome della difesa da attacchi (oltretutto inesistenti) al petrolio che serve al nostro consumismo malato.
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in effetti la CONVENZIONE PER LA REPRESSIONE DEGLI ATTI ILLECITI CONTRO LA SICUREZZA DELLA NAVIGAZIONE MARITTIMA , firmata oltretuttoproprio a Roma il 10 marzo 1988, prevede quanto segue:
Articolo 3:
1. Commette un’infrazione penale chiunque illecitamente ed intenzionalmente:
b} compie un atto di violenza nei confronti di una persona che si trova a bordo di una nave, se questo atto è idoneo a compromettere la sicurezza della navigazione della navee all’Articolo 4:
1. La presente Convenzione si applica se la nave naviga o se, secondo il suo piano di rotta, deve navigare in acque, attraverso acque o in provenienza da acque situate al di là dei limiti esterni del mare territoriale di un solo Stato, o nei limiti laterali del suo mare territoriale con gli Stati adiacenti.Articolo 5
Ogni Stato parte punisce le infrazioni previste all’articolo 3 con pene appropriate, che prendano in considerazione la natura grave di queste infrazioni.Articolo 6:
La presente Convenzione non esclude in alcun modo la giurisdizione penale esercitata ai sensi della legislazione nazionale.
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quanto al limite delle acque territoriali, esso è fissato in 12 miglia nautiche dalla Convenzione di Montego attualmente in vigore, non a 22 e neppure a 200, come scrivono gli approssimativi quotidiani italiani, ma poi alcuni paesi lo estendono a 200 miglia nautiche (fra loro, probabilmente, anche l’India).
ma la questione è irrilevante se il delitto è stato compiuto all’interno del limite di 12 miglia nautiche, cioè sotto l’indiscutibile giurisdizione indiana.
poi, chissà perché i giornali italiani continuano a scrivere di limite internazionale delle acque territoriali fissato a 22 miglia: credo che confondano le miglia con i chilometri…
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nel frattempo il nostro sottosegretario agli Esteri italo-svedese de Mistura è andato a litigare con raro senso di opportunità diplomatica col primo ministro del Kerala sulle condizioni detentive dei marò rinviati a giudizio.
Ho mostrato il mio totale disappunto. Mi sono congedato ribadendogli che mi aspetto fatti e non parole.
bravo, se conosco gli indiani, tanto affettuosi nei rapporti interpersonali, quanto rigorosi nell’applicazione delle regole, li avrà senza dubbio, anche se i militari italiani non rischiano la pena di morte, che rimane eccezionale in India, l’ergastolo sì.
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intanto il familiare di uno dei due incriminati per omicidio, con l’arroganza che distingue gli italiani messi sotto accusa e senza rendersi conto di quanto questi atteggiamenti siano fuori dal mondo, ha dichiarato (e speriamo che gli indiani non legganoi giornali italiani, ma all’Ambasciata certamente sì):
“Quello che chiediamo al governo è di cominciare a battere i pugni sul tavolo”.
esattamente come fa Berlusconi con i giudici, no?
il tipo si chiama Christian D’Addario, chissà se è parente…
hai lo zio incriminato per omicidio e ti permetti anche, “a nome della famiglia”, di alzare la voce…
“facendo trasparire tutta l’insofferenza per una situazione fatta solo di continui rinvii”.
figurati…, stai sicuro che la sentenza sull’omicidio arriverà in tempi ben diversi da quelli dei tribunali italiani.
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l’ultimo commento lo dedico all’arcivescovo cattolico di Trivandrum (nel Kerala il 40% della popolazione è cattolico), che è naturalmente indiano e ha incontrato De Mistura.
mai nome più azzeccato, per provare a riprodurre anche in India la tipica mistura italiana Chiesa Cattolica – Stato: arcivescovo e sottosegretario agli Esteri italiano hanno infatti “discusso della vicenda e dei suoi riflessi su entrambi i versanti”.
L’arcivescovo ha auspicato che da essa si traggano lezioni utili per il futuro, sottolineando che “in ogni tragedia si deve cercare di trovare qualche opportunità per chi è rimasto, che poi sono le migliaia e migliaia di pescatori che ogni giorno rischiano la vita in mare”
auspicando, un colpo al cerchio, uno alla botte, anche qualcosa che va a sostegno della pretesa indiana di allargare le acque territoriali, e cioè che
a livello mondiale si stabiliscano nuove regole per quello che riguarda la navigazione delle grandi navi nelle zone limitrofe alle acque internazionali dove operano piccole barche di pescatori che si spingono sempre più al largo alla disperata ricerca di pesce sempre più scarso”.
l’arcivescovo non ha rinunciato ad attaccare implicitamente i valori dell’induismo (e mi immagino come lo avranno letto nell’integralistico stato dell’Orissa), dato che la famiglia di uno dei pescatori uccisi che ha accettato il risarcimento è cattolica, esprimendo
apprezzamento per “il gesto umanitario” compiuto dall’Italia nell’aiutare le famiglie delle vittime.
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De Mistura ha promesso all’arcivescovo, come se fosse stato in confessione, “non lo faremo più”, quindi si aspetta l’assoluzione, lasciatecela fare franca questa volta:
ha risposto di “avere preso nota dell’appello assicurando che l’Italia opererà, a crisi risolta, affinché simili incidenti non si ripetano più.
e poi si è lasciato andare a spericolate considerazioni giuridiche:
Nella peggiore delle ipotesi in questa vicenda i nostri militari sono incorsi in uno sfortunato, non voluto, incidente, che quindi esclude totalmente la possibilità di omicidio volontario.
sparare ad uno per ucciderlo secondo questa tesi non è mica omicidio se ti sei sbagliato di persona e l’ammazzato è un altro.
Nel peggiore dei casi si tratterebbe di una sospetta uccisione involontaria di persone che essi avevano per errore temuto fossero pirati.
eh già, dei pirati con l’uniforme hanno sparato a dei pescatori credendo che fossero pirati, e ne hanno ammazzato due…, dov’è il problema?
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ed ecco gli articoli del Codice Penale Indiano che entrano in ballo nella vicenda:
34. Acts done by several persons in furtherance of common intention.- When a criminal act is done by several persons in furtherance of the common intention of all, each of such persons is liable for that act in the same manner as if it were done by him alone.
302. Whoever commits murder shall be punished with death, or 1[imprisonment for life] and shall also be liable to fine.
304. Whoever commits culpable homicide not amounting to murder shall be punished with 1[imprisonment for life], or imprisonment of either description for a term which may extend to ten years, and shall also be liable to fine, if the act by which the death is caused is done with the intention of causing death, or of causing such bodily injury as is likely to cause death, or with imprisonment of either description for a term which may extend to ten years, or with fine, or with both, if the act is done with the knowledge that it is likely to cause death, but without any intention to cause death, or to cause such bodily injury as is likely to cause death.
307. Whoever does any act with such intention or knowledge, and under such circumstances that, if he by that act caused death, he would be guilty of murder, shall be punished with imprisonment of either description for a term which may extend to ten years, and shall also be liable to fine; and if hurt is caused to any person by such act, the offender shall be liable either to 1[imprisonment for life], or to such punishment as is hereinbefore mentioned.
Attempts by life convicts.—2[When any person offending under this section is under sentence of 1[imprisonment for life], he may, if hurt is caused, be punished with death.]
427. Whoever commits mischief and thereby causes loss or damage to the amount of fifty rupees or upwards, shall be punished with imprisonment of either description for a term which may extend to two years, or with fine, or with both.
Reblogged this on i cittadini prima di tutto.
mio padre ha servito come sottotenente di artiglieria someggiata della divisione ravenna in russia.e’ tornato nel 45,a 27 anni, con una gamba gravemente menomata,la scabbia,la malaria e l’ulcera……..!
una cosa sola ripeteva…”eravamo tutti orfani di uno stato che dopo averci mandati al macello se ne e’ completamente fregato.
togliatti sui prigionieri non restituiti dalla russia affermava che se la erano cercata loro…!!terribilis dictu in historia humanae gentis….!!
allora come oggi nulla e’ cambiato
ora capisco il filo segrto che ci unisce.
mio padre fece la guerra come capitano d’artigilieria di complemento in Africa Orientale Italiana; anche se tornò fiaccato e malato anche lui, non volle mai guardare in faccia la realtà di un Impero costruito sulla sabbia e di un esercito isolato fra Eritrea, Etiopia e Somalia, buttato in guerra senza possibilità di rifornimenti, e dunque condannato sin dal primo momento…
del resto il cinico disprezzo di Mussolini per i soldati italiani è storia, quando dichiarò nel 1941, attaccando la Francia, che gli serviva un paio di migliaia di morti per sedrsi al tavolo di pace…
i morti furono poi più di 400.000 e fra questi, fortunatamente, ci fu anche lui.
sono assolutamente d’accordo con te del resto siamo talmente abituati alla mancanza di giustizia che ci stupisce quando ciò accade, in più, e questa è la parte più schifosa, la morte di due pescatori indiani non fa effetto a nessuno, sono sottoprodotti umani, come si fa a credere che una imbarcazione con due pescatori possa assaltare la nave? maledetti cretini.
ti ringrazio molto di questa condivisione, neppure facile mettendoci nome e cognome come hai fatto tu.
piuttosto, colgo l’occasione per una domanda: come mai non si sa più niente sul processo?
intendo diresull’andamento prpriamente legale, dato che qualche notizia è uscita proprio oggi, ma solo per le dichiarazioni del ministro degli esteri Terzi che si attende una notizia della Suprema Corte indiana, ma non si comprende bene che cosa questa riguardi.
L’ha ripubblicato su cor-pus-zero.