24 giugno 2012 domenica 07:32
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sono arrivati in bicicletta, immagino, non so esattamente quando: Nave è solo a una ventina di km da qui, avevano in saccoccia pane e salame e una bottiglia di vino.
si sono sparpagliati lungo la stretta riva erbosa del ruscello, gli uccelli cantavano con la stessa freschezza, il cielo era altrettanto limpido, il sole già dietro il monte altissimo da poco passato il mezzogiorno.
cantare non costa nulla, al desiderio non si può rinunciare, però l’arte di controllare il desiderio è un modo di essere padroni della propria vita, e beato chi sa come la mente può insegnare al corpo la strada di una virtù che è forza e consapevolezza.
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un sabato in cui le previsioni del tempo (temporali) sono smentite da qualche semplice goccetta di pioggia in un pomeriggio più fresco e respirabile degli ultimi, ma altrettanto luminoso, eccomi in una valletta alpina che sfocia a Inzino, una frazione di Gardone, dopo l’incontro con una amica ritrovata, che si prolunga la sera nella vista al suo sito: www.florazanetti.it
è una gita da nonno, però, che si svolge con tutta la famiglia di mio figlio.
Ettore, già un habitué del torrente, comincia a strapparsi i sandali per la voglia di andarci a sguazzare dentro: prenderà una bronchitina anche questa volta? Martin, cinque mesi, invece si agita freneticamente, e solo il sonoro giocattolino variopinto birmano che gli ho portato a marzo ha la capacità di rimetterlo tranquillo.
io potrei essere felice del fatto che i dolori al braccio che mi tormentano da 40 giorni sembrano finalmente in fase di attenuazione e risalgo pochi metri la valle chiusa tra le pareti a picco del Monte Guglielmo, fino a che lo sguardo non va a finire su un piccolo discreto manifesto, di un gruppo di Nave, appunto, che annuncia il picnic del titolo di questo post.
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la decrescita felice: e di colpo non mi sento più mentalmente solo, mi pare quasi che questo stesso blog predicatorio stia diventando inutile.
dunque esiste, ben nascosta nella vita reale, una piccola comunità alternativa che condivide con me la percezione esatta della follia consumistica e si ricorda che critica del capitalismo, cioè dell’egoismo economico, e critica del consumismo sono una cosa sola.
non capisco più coloro che pensano che l’opposizione del capitalismo consista in un modo più aggressivo ed ottuso di rivendicare il diritto di tutti a consumare.
mi viene in mente una conversazione di due sere fa, nel vecchio ristorante alpino dove ho trascorso qualche giornata, e il mio ritrovarmi d’accordo con l’albergatrice che ricordava con naturalezza le nostre infanzie fatte di case mal riscaldate, di consumi limitati, di risparmi forzati: la nostra generazione non fa fatica a pensare ad un futuro dove si possa essere felici anche senza possedere un SUV, è una immaginazione che si confonde con la dolce nostalgia dell’infanzia.
e anticipo mentalmente un commento aspro e pessimista che scriverò la sera al rientro, pensando al modo in cui i vertici politici europei ingannano i loro popoli con promesse che non potranno rispettare:
la cosa più angosciante è che siamo all’inizio di una crisi che è la prima manifestazione dl collasso globale che ci attende, e anziché cogliere la straordinaria occasione offerta per proporre un progetto di riduzione intelligente e non traumatica dei consumi, uomini politici ottusi e incapaci, oppure opportunisti e unicamente attaccati al potere, rilanciano la propaganda sullo sviluppo e sulla crescita.
se lo sviluppo è l’unico modo possibile di affrontare la crisi in Europa (e potrebbe essere vero, all’interno della logica che ha plasmato questo mondo), allora siamo del tutto già fottuti.
dovremmo sapere criticare Monti, la Merkel, Hollande perché non intraprendono con chiarezza la strada della decrescita felice, penso, non perché riducono un poco consumi, che del resto non si possono più autoalimentare al livello del passato recente.
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qui sono venuto a cercare la possibilità di una vita futura per quel bambinello che ora zampetta nel torrente e per il suo fratellino che non sa ancora farlo: un luogo che possa alimentarsi ancora anche se tutto attorno dovesse venire meno, secondo la mia vecchia fissazione che mi ha fatto sognare una casa simile in Nepal qualche ano fa.
cerco di leggere il futuro, vedo un stalla dove le mucche alitano il un tiepido vapore che sale scaldando la stanza di sopra, separata da un semplice assito, nell’orto i cavoli sopravvivono alla brina, uno scricciolo canta le rigide virtù della parsimonia, il cielo di cristallo promette meraviglie lo stesso.
e io non so se questo è un sogno del passato oppure un ricordo del futuro, oppure semplicemente l’eterno presente che riprenderà il suo posto quando l’ubriacatura sarà passata.
so che gli uomini liberi, i costruttori del futuro, i dispensatori di speranza devono ritirarsi da una civiltà artificiosa che sta crollando su se stessa e ritrovare se stessi in una vita diversa, che è la più radicale delle forme di protesta.
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L’ha ripubblicato su cor-pus-zero.