6 luglio 2012 venerdì 17:52
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avevo scritto l’indomani (1 marzo 2012):
L’oretta di navigazione ci avvicina gradualmente all’immagine di cartolina di un borgo racchiuso fra due diverse pagode bianche e raccolto sotto il profilo di un’alta collina tondeggiante, che però non è naturale, ma è il risultato del tentativo di un sovrano locale di costruire qui il più grande stupa del mondo, che avrebbe dovuto raggiungere i 150 metri di altezza,
come la più grande piramide egizia, quella di Cheope, ma fu lasciato a metà strada, quando venne meno la fiducia di farcela: meno organizzati degli egizi, i birmani cominciarono a rendersi conto che più un edificio cresce, più diventa difficile farlo crescere ancora perché il nuovo materiale deve superare fisicamente, cioè di fatto scavalcare, quello già depositato, e non pare ci avessero pensato prima.
e in effetti questa specie di oscura collina qualcuno l’avrà pure notata nel video dedicato alla traversata da Mandalay a Mingun, vedendola gradualmente emergere sull’altro lato del fiume… 317. la traversata dell’Irrawaddy da Mandalay a Mingun.
Non troppo distante è lo stupa incompiuto; ci accedo dapprima dal suo lato meridionale, paurosamente spaccato dalle fenditure di un tremendo terremoto, tra molte sterpaglie, che sembrano terra di serpenti: davanti a me una quarantenne fotografa nevrotica e inquieta, che d’ora in poi mi ritroverò davanti ad ogni momento, strana fotografa che forse cerca soggetti da fotografare, ma più che altro sembra che cerchi di essere notata e fotografata lei: dal desiderio.
La salita sulla schiena del mostro non può rinunciare al solito presunto studente semitrentenne che si offre di fare la guida, raccontando del suo bisogno di soldi per continuare gli studi (repertorio classico, arrivato oramai fino al Myanmar), ma la sua presenza si rivela preziosa per un paio di passaggi scabrosi, che non avrei potuto fare da solo; rivela al primo arrampicarsi la sorpresa di due enormi culoni in mattone di animali mitologici, semiavvolti dalla vegetazione, ed ora non più identificabili, dato che il terremoto ne ha fatto crollare la parte anteriore, che infatti giace loro davanti spezzata in confusi ammassi, ma erano leoni, mi dice la guida.
Qui la salita è breve, ma ancora una volta la soffro tantissimo; la guida mi conforta: sono le undici, a quest’ora ci saranno 35 gradi, dice, però verso l’una la temperatura sarà tra i 40 e i 45 gradi; davvero? Manco ci avevo fatto caso, avevo solo sentito che effettivamente faceva abbastanza caldo da una certa ora in poi; ma forse l’informazione è compresa nella mancia e fa parte del repertorio dei clienti anzianotti che sputano tutto il loro fiato su quei gradini dissestati dal terremoto; e già che ci siamo: è su questi gradini che gli operai dovevano trasportare i mattoni per i successivi cento metri di stupa da innalzare?
ho dovuto sostituire con questa la versione originaria del video, alla quale mancavano alcune fotografie, questa:
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c’è poco da aggiungere a questo racconto.
forse il dubbio che lo stupa di Mingun non fosse affatto il più grande del mondo (neppure nelle intenzioni): qualcuno ha presente quello di Anuradapura, Sri Lanka?
nel dubbio che no… ;), ecco un link ad un altro mio video del 2004 che rende l’idea e permette, con la calma di un pomeriggio semipiovoso, un mentale confronto (Sri Lanka e Myanmar condividono a distanza il buddismo del Piccolo Veicolo, cioè la lettura più rigorosa e integralista del messaggio del Buddha).
solo che quello stupa, altrettanto smisurato, fu concluso, e non ci si può salire sopra, ma soltanto girarvi intorno…, come fanno fedeli, uccelletti, e scimmie.
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L’ha ripubblicato su cor-pus-zero.