i torti di Napolitano in una sentenza già scritta: un Presidente funzionario, cittadino come tutti gli altri. – 415

21 agosto martedì  19:31

.

sul blog di Luigi Li Gotti, citato dal Fatto, è riportata la sentenza n. 154 del 2004 della Corte Costituzionale, presieduta allora, guarda caso, da Zagrebelsky, sui poteri e sulla figura del Presidente della Repubblica, in un post intitolato La Corte Costituzionale ha giá detto che tutti i cittadini sono uguali, anche il capo dello stato. Buona lettura anche al nostro Presidente.

ne riporto i punti essenziali, chi fosse interessato ne trova il testo integrale al link riportato sopra.

* * *

in premessa: la causa era stata sollevata del senatore a vita Francesco Cossiga, nella qualità di ex Presidente della Repubblica, contro due sentenze con cui la Corte di Cassazione aveva annullato due decisioni della Corte d’appello di Roma di assoluzione dalla accusa di ingiurie e diffamazione dei parlamentari Sergio Flamigni e Pierluigi Onorato, da parte del medesimo Cossiga, allora Presidente della Repubblica e condannato in primo grado.

Cossiga aveva sollevato (come oggi Napolitano ha fatto con i giudici di Palermo) conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sostenendo la sua irresponsabilità in quanto Presidente della Repubblica.

la Corte di Cassazione aveva prima ricostruito i fatti, e poi argomentato la sua decisione.

* * *

“a) Ai sensi dell’art. 90, primo comma della Costituzione, l’immunità del Presidente della Repubblica (che attiene sia alla responsabilità penale che civile o amministrativa) copre solo gli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni (nelle quali rientrano, oltre quelle previste dall’art. 89 della Costituzione, anche quelle di cui all’art. 87 della Costituzione, tra le quali la stessa rappresentanza dell’unità nazionale) e non quelli ‘extrafunzionali’; né la continuità del munus comporta che l’immunità riguardi ogni atto compiuto dalla persona che ha la titolarità dell’organo per quanto monocratico. (…)

c) L’autorità giudiziaria ha il potere di accertare se l’atto compiuto sia funzionale o extrafunzionale, salva la facoltà per il Presidente della Repubblica di sollevare il conflitto di attribuzione per menomazione.

d) Pur non essendo il Presidente della Repubblica vincolato ad esprimersi solo con messaggi formali (controfirmati a norma dell’art. 89 della Costituzione), il suo c.d. ‘potere di esternazione’, che non è equiparabile alla libera manifestazione del pensiero di cui all’art. 21 della Costituzione, non integra di per sé una funzione, per cui è necessario che l’esternazione sia strumentale o accessoria ad una funzione presidenziale, perché possa beneficiare dell’immunità.

e) Le ingiurie o le diffamazioni commesse nel corso di un’esternazione presidenziale beneficiano dell’immunità solo se commesse “a causa” della funzione, e cioè come estrinsecazione modale della stessa, non essendo sufficiente la mera contestualità cronologica, che dà luogo solo ad atto arbitrario concomitante.

f) Il legittimo esercizio della critica politica, riconosciuto ad ogni cittadino, pur potendo sopportare toni aspri e di disapprovazione, non può trasmodare nell’attacco personale e nella pura contumelia, con lesione del diritto di altri all’integrità morale”.

* * *

Il ricorrente (… evidenziava) il paradosso di una garanzia del Capo dello Stato di livello inferiore a quella dei parlamentari (…).

Quanto al potere di “esternazione” del Presidente della Repubblica, (…) caratteristica evidente della presidenza del senatore Cossiga sarebbe stata appunto la prassi delle “esternazioni”, attraverso i media e in vista di una comunicazione diretta e non mediata con i cittadini e la pubblica opinione (…)

la Corte d’appello di Roma (…) ha concluso per l’irresponsabilità di esse, in quanto comunque riferibili alla realizzazione dell’indirizzo politico-costituzionale, ai poteri di stimolo e di persuasione, alle forme di “autotutela” della istituzione presidenziale, prescindendosi dunque del tutto dal formalistico collegamento – istituito invece dai giudici di primo grado – tra irresponsabilità e controfirma ministeriale.

Questa conclusione, afferma il ricorrente, deve ora essere ribadita, per “superare l’anacronistica concezione dei poteri e delle prerogative presidenziali dei Costituenti, costantemente smentita nella prassi recente e non più compatibile con la logica del sistema costituzionale” (…).

Infine, il ricorrente affronta l’aspetto del regime dei c.d. atti “extrafunzionali” del Presidente della Repubblica, disciplinando la Costituzione solo quelli “funzionali”, cioè compiuti, come recita l’art. 90 della Costituzione, “nell’esercizio delle sue funzioni”: richiamati i lavori sul punto dell’Assemblea costituente, si sottolinea come alla fine prevalse, per ragioni di opportunità, l’idea di non disporre espressamente alcunché sulla responsabilità del Capo dello Stato per illeciti comuni. (…)

* * *

5.– Il ricorso è in parte non fondato, in parte inammissibile (…)

Non può accogliersi, in primo luogo, la tesi secondo cui l’autorità giudiziaria ordinaria difetterebbe radicalmente di competenza giurisdizionale (… sugli) atti del Presidente della Repubblica, al fine di verificare l’applicabilità o meno della clausola di esclusione della responsabilità di cui all’art. 90 della Costituzione.
Tale clausola non fa che recare, infatti, una eccezione alla regola della responsabilità di ciascuno per gli atti compiuti in violazione di diritti altrui. Questa regola, che (…) per i pubblici funzionari è espressamente ribadita dall’art. 28 della Costituzione (…) fonda la generale competenza delle autorità giudiziarie all’accertamento dei presupposti della responsabilità e alla pronuncia delle eventuali misure (…).

É pertanto alla stessa autorità giudiziaria che spetta, in prima istanza, decidere circa l’applicabilità in concreto, in rapporto alle circostanze del fatto, della clausola eccezionale di esclusione della responsabilità. (…) Non può essere negata la competenza dell’autorità giudiziaria a pronunciarsi, nell’esercizio della sua generale funzione di applicazione delle norme, ivi comprese quelle della Costituzione. (…)

La garanzia del rispetto della norma costituzionale, anche nei confronti di eventuali erronee applicazioni da parte dell’autorità giudiziaria, non sta nell’esclusione a priori della competenza di questa – che verrebbe in pratica a configurare una esenzione senza limiti dalla giurisdizione e un privilegio personale privo di fondamento costituzionale – ma nella possibilità (…) di sollevare conflitto di attribuzioni contro le determinazioni dell’autorità giudiziaria.

* * *

6.– Nemmeno può condividersi, sul piano sostanziale, la tesi secondo cui anche gli atti extrafunzionali (…) del Presidente della Repubblica dovrebbero ritenersi coperti da irresponsabilità, a garanzia della completa indipendenza dell’alto ufficio da interferenze di altri poteri (…): l’art. 90 della Costituzione sancisce la irresponsabilità del Presidente – salve le ipotesi estreme dell’alto tradimento e dell’attentato alla Costituzione – solo per gli “atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni”.
(…) Quando dunque la Corte di cassazione (…) stabilisce i principi di diritto secondo cui l’immunità del Presidente della Repubblica riguarda solo gli atti che costituiscono esercizio delle funzioni presidenziali e le dichiarazioni strumentali o accessorie rispetto a tale esercizio, coglie correttamente la portata dell’art. 90 della Costituzione e non reca lesione alle prerogative del Presidente.

* * *

PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE
a) dichiara che spetta all’autorità giudiziaria, investita di controversie sulla responsabilità del Presidente della Repubblica in relazione a dichiarazioni da lui rese durante il mandato, accertare se le dichiarazioni medesime costituiscano esercizio delle funzioni, o siano strumentali ed accessorie ad una funzione presidenziale, e solo in caso di accertamento positivo ritenerle coperte dalla immunità del Presidente della Repubblica, di cui all’art. 90 della Costituzione (…)

* * *

questa sentenza riguarda dichiarazioni pubbliche rese dall’allora Presidente della Repubblica Cossiga; sono curioso di conoscere come potrà la stessa Corte Costituzionale decidere qualcosa di diverso sulla competenza della magistratura in merito a dichiarazioni private del Presidente della Repubblica casualmente intercettate.

Li Gotti scrive:

La Corte Costituzionale con la sentenza n.154 del 2004, decidendo sul conflitto di attribuzioni sollevato dall’ex Presidente della Repubblica, Cossiga, ha affermato che il capo dello stato, dinanzi alla giustizia, è un cittadino come gli altri: stessi diritti, stessi doveri, stesso trattamento. L’unica eccezione è quella degli specifici e limitati casi previsti dall’art. 90 della Costituzione.

Il Presidente Napolitano, ripercorre ora la stessa strada e tenta di farsi riconoscere come cittadino diverso dagli altri.
I suoi sostenitori, con Eugenio Scalfari in testa, non leggono le sentenze.
Essi non hanno tempo, perché invece devono scrivere per informare i lettori.
In verità essi vogliono trasmettere ai lettori, la loro ignoranza, sperando che gli venga riconosciuto lo status di “guru” ufficiale.
Buona lettura a tutti, ai sinceri democratici, a chi crede nella Costituzione, agli opinionisti in buona e cattiva fede.

ha perfettamente ragione e non c’è altro da dire.

21 risposte a “i torti di Napolitano in una sentenza già scritta: un Presidente funzionario, cittadino come tutti gli altri. – 415

  1. Approfitto del nuovo post per darti qualche interessante link sul tema (fra l`altro, alcuni sono proprio commenti di giuristi- tra i quali trovo anche un tuo lettore)
    http://www.linkedin.com/groups/Inchiesta-Palermo-Statomafia-conflitto-attribuzioni-2963536.S.135003144?view=&srchtype=discussedNews&gid=2963536&item=135003144&type=member&trk=eml-anet_dig-b_pd-ttl-cn&ut=2buvYF4_Yrdlo1
    http://www.linkedin.com/groups/Zagrebelsky-Napolitano-indipendenza-dei-giudici-2963536.S.148384999?view=&gid=2963536&type=member&item=148384999&trk=eml-anet_dig-b_nd-pst_ttle-cn
    http://www.europaquotidiano.it/dettaglio/136630/il_poco_mite_zagrebelsky
    http://www.lettera43.it/politica/colle-maneggiare-con-cura_4367558440.htm (di Valerio Onida)

    Al commento, la ricostruzione della Corte Costituzionale sulle immunità del Presidente è ineccepibile. Di fatto, si applica anche ai parlamentari (i quali, ad esempio, non possono accampare l`immunità per un crimine che non abbia alcun collegamento funzionale). L`art. 90 è, peraltro, chiarissimo in questo.
    Ma non mi pare sia il punto della discussione, perchè -se i fatti non mi ingannano- Napolitano non è indagato.
    Per scrupolo, sono andato a guardare anche la legge 219/89 che ne da attuazione (http://www.giurcost.org/fonti/l219-89.htm), ma di fatto non mi pare applicabile: le intercettazioni di Napolitano sono “occasionali” e non riguardano atti svolti nelle sue funzioni presidenziali. Ergo, ne` l`art.90, ne` la legge 219/89 trovano applicazione.
    Di conseguenza, ma qui mi avventuro nei ragionamenti, dovremmo concludere che al Presidente si applica la stessa disciplina che ad ogni altro cittadino…

    • grazie della interessante rassegna.

      le tue conclusioni coincidono a questo punto con le mie e, per mia fortuna, anche con quelle dell’illustre docente universitario che ha riprodotto qui sopra un commento già pubblicato su un altro blog.

      una sua ulteriore indicazione di altra sentenza della Corte Costituzionale porterà, credo, prossimamente ad un nuovo post sul tema…

    • per me la Sua conclusione è giusta

      si è avvenurato bene nei ragionamenti

      ma il sapere, si sa, è prospettico, ce l’ha insegnato Mannheim

      e mi rendo conto che altre prospettive ermeneutiche sono possibili, compresa quella di Marco Olivetti su Europa del 18 agosto scorso, che pur non condivido

      è vero: in questo blog ho riprodotto un commentino presente in un altro blog, anzi in due, il secondo blog è quello diretto da Liana Milella su Repubblica, al quale mi dedico con una certa assiduità quando ho tempo e forze, quando la mia non buona salute me lo permette

      non credo d’aver commesso alcun errore nel riprodurre quel mio commentino: il copyright rimane pur sempre mio e tra l’altro non ha esiti commerciali

      ma se qualche errore l’avessi commesso, eccco le mie scuse

      a titolo di semplice informazione su Scalfari possibile senatore a vita

      http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08/22/senatore-a-vita-nella-rosa-spunta-nome-di-eugenio-scalfari/330920/

      ringrazio per l’ospitalità

      dchb@libero.it

      • non c’è l’ombra di un problema nel riutilizzo qui da parte Sua di un commento già utilizzato in altro ambito, se il commento era pertinente, e lo era: sarebbe stato anzi sciocco perdere inutilmente tempo a scrivere in altro modo concetti già elaborati.

        l’articolo di Olivetti la prende molto alla larga e comunque, a mio parere, in modo assolutamente inadeguato rispetto alla concretezza proprio del caso che si vuole discutere: di tutto ha bisogno un paese paramafioso come l’Italia, anche in rapporto alle altre democrazie europee, che della riduzione della giurisdizione a trattativa tra le parti: è un parere personale, certo, ma molto netto.

        Lei non è d’accordo con Olivetti, però mi piacerebbe capire che cosa pensa di questo punto specifico, se può.

        a presto.

        • e allora, se non c’è l’ombra di un problema, eccco un altro mio commentino, rinviando a quando mi sento meglio Diotima e Olivetti – ma meglio parlare di Musil che di Olivetti, credo

          vogliamo continuare a scambiarci reciproci complimenti?

          bene

          se Lei è un dilettante del diritto e della filosofia, lo sono anch’io

          nel senso che entrambi, sul diritto e sulla filosofia lavoirando, ci dilettiamo

          Il commentino, sennò lo dimentico

          E ora si viene anche a scoprire che l’Avvocatura generale dello Stato non è mai andata in visita alla procura di Palermo e mai le ha proposto di distruggere le intercettazioni delle telefonate tra Mancino e Napolitano.

          L’ha detto due giorni fa Messineo.
          L’Avvocatura generale dello Stato inviò solo una lettera alla procura di Palermo per sapere se era in possesso di quelle intercettazioni e perché mai, se ne era in possesso, non l’avesse distrutte. E Messineo replicò all’Avvocatura dello Stato con un’altra lettera, spiegando che quelle intercettazioni, ove fossero esistite, non spettava alla procura di Palermo distruggerle o conservarle ma al gip.
          Che Scalfari abbia mentito con intenzione sul punto, stento a crederlo. Più probabile è che nella foga di difendere il suo amico Napolitano, Segni e Leone e Cossiga tutt’altro che amici li considerò ai loro tempi, e l’amico dell’amico Monti, e nella foga di dare dell’ignorante a Zagrebelsky, si sia distratto scambiando fischi per fiaschi. Resta però la menzogna senza intenzione. Per colpa etica. Colpa per non aver controllato bene le fonti.
          Figuriamoci un’Avvocatura generale dello Stato che «propone» a una procura di distruggere intercettazioni effettuate sull’utenza di un indagato. Non sarebbe questa «proposta» un’istigazione a delinquere?
          Qualche fischio dalla platea, Scalfari pare proprio che se lo sia cercato.
          Prenderà pure lui sul serio la balzana dottrina del «populismo giudiziario»?
          L’ha presa sul serio Panebianco nel suo editoriale di ieri sul Corriere della Sera. Con una correzione rispetto a Violante che ne aveva datato la nascita al recente triunvirato Travaglio e Di Pietro e Grillo: «Il populismo giudiziario, se vogliamo chiamarlo così, ci accompagna da più di un ventennio. E la sinistra politica e intellettuale, nelle sue componenti maggioritarie, lo ha sempre giustificato e coperto». A quali componenti maggioritarie della sinistra politica e intellettuale si riferisca Panebianco, non si sa. Mistero. Faccia nomi e cognomi Panebianco. E si vedrà.
          Vero è che le procure, come annota Panebianco, esercitano a volte un potere non bilanciato: ti indagano per un niente, chiedono la custodia cautelare in carcere e per un niente la ottengono. Ma è anche vero che la procura di Palermo, stando alle informazioni che ciascuno di noi è in grado di reperire sulla stampa, non sembra aver esercitato alcun potere sbilanciato.
          Non si sarà sbilanciato troppo Napolitano parlando con Mancino al telefono? D’Ambrosio di sicuro sì.
          Non si sarà sbilanciato troppo Napolitano nell’adire la Corte costituzionale e nel chiederle quello che la ha chiesto? Per me sì.
          Siano benvenute opinioni diverse dalla mia.
          Da George F. Tiltonood, portoghese e in inglese: «O sucesso nunca é definitivo e o fracasso nunca é fatal. É a coragem que conta», «Success is never final and failure never fatal. It’s courage that counts».

          Postilla delle ore 19.20 di ogggi

          Non ci sono errori di stumpa, almeno si spara

          • favoloso il finale, non dovuto del tutto al caso: Non ci sono errori di stUmpa, almeno si spAra.

            ahhah,aahhha, sto ancora ridendo.

            anche il commento lì sopra è acuto e tagliente, e almeno non spara, ma ferisce lo stesso… 🙂

            quanto al populisnmo giudiziario, mi pare che Travaglio, Di Pietro e Grillo rappresentino tre varianti ben diverse fra loro; ma poi occorrerebbe aggiungerci anche Santoro e, perché no?, Violante stesso…

            per il resto ci risentiamo quando andrà meglio, cioè presto.

            • populisnmo
              ah ah qui c’è un errore di stumpa
              e allora, si spara?
              meglio sperare che sparare
              das Prinzip Hoffnung
              buonanotte
              boa noite
              Postilla delle ore 20.59
              ma il giovane politico che ha con ironico garbo citato, lo conosce Breton?
              desidero ergo sum
              desiderium
              da: de-sidus
              non so se a quel giovane politico manchi la stella o il sidereus arcus
              disastro
              dis-astro
              non so si gli manca l’astro o l’estro

              boa noite ainda

              dchb@libero.it

              • è vero! anche qui…, ho l’impressione che il mio inconscio cercasse una sintesi fra populismo e nonnismo…

                per il resto, sorrido.

                quanto al de-siderare, a me piacerebbe anche interpretarlo alla luce dell’assiderare: ad-siderare, avvicinare alle stelle e dunque congelare.

                mentre de-siderare è allontanarsi dalle stelle, scendendo e avvicinandosi a terra, e dunque sciogliersi…. 🙂

    • bortocal, in fondo credo che il nostro dissenso maggiore fosse sull`”eterogenesi dei fini”

      professore, la ringrazio del suo giudizio che sarebbe fin troppo lusinghiero se non mi occorresse qui precisare di a) esser laureato in giurisprudenza e b) aver difeso sino a poco fa una posizione se non opposta, quantomeno divergente.
      Ad ogni modo, neppure io condivido l`analisi di Olivetti (ad esser sincero, la trovo fra le peggiori del caso).

      • a lei grazie

        concordo su Olivetti

        le dedico questo commentino, chapeaux, a lei e non al commentino

        Per gli atti extrafunzionali compiuti dal presidente della Repubblica, oltre alla sentenza della Corte costituzionale 26 maggio 2004 n. 154, da me ricordata e da Li Gotti pure e prima di me e me ne accorgo ora, un’altra, da Li Gotti non ricordata: Corte costituzionale 17 luglio 2007 n. 290, presidente Franco Bile e redattore Sabino Cassese e tra i giudici Giovanni Maria Flick e Ugo De Siervo e Maria Rita Saulle.

        Ancora un conflitto d’attribuzione sollevato da Cossiga, questa volta per un caso accaduto il 15 marzo 1991. Davanti al Comitato parlamentare per i servizi d’informazione e sicurezza e per il segreto di Stato, chiamato a rispondere su «Gladio», Cossiga disse al senatore Pierluigi Onorato, firmatario di una mozione contro la Guerra del Golfo: «Tu hai un’altra veduta perché non sei da questa parte, Onorato, tu sei dall’altra. Tu saresti stato un magnifico inquisitore del Ministro di grazia e giustizia del Governo collaborazionista! […] Tu sei la figura tipica degli inquisitori che interrogavano London. Hai capito? Anche con la scopolamina! Ti credo capace di questo e altro, perché ti conosco come sardo e mi vergogno che tu sia sardo, perché sei una persona di una faziosità tale per cui mi adopererò con gli amici del PDS perché ti candidino e ti eleggano perché 1’idea che domani 1’onore, la vita, la libertà, i beni di un cittadino possano essere messi nelle tue mani di magistrato è cosa che come liberale mi atterrisce».

        Vinse due volte in Appello, Onorato, in un giudizio civile per il risarcimento dei danni da diffamazione. L’ultima volta il 23 settembre 2004. Non sapendo che pesci pigliare, Cossiga ricorse alla Corte costituzionale nella sua qualità di ex presidente della Repubblica con atto notificato il 17 ottobre 2005 e depositato in cancelleria il 31 ottobre 2005 e iscritto nell’apposito registro dei conflitti tra i poteri dello Stato con il n. 38 | 2005.

        La risposta della Corte costituzionale: «Il ricorso è inammissibile. […] A questa Corte spetta risolvere i conflitti di attribuzione ripristinando la corretta osservanza delle norme costituzionali nei casi in cui, a causa di un cattivo esercizio della funzione giurisdizionale, questa abbia dato luogo ad una illegittima menomazione delle attribuzioni costituzionali di un altro potere, ma senza sostituirsi al giudice comune per l’accertamento in concreto dell’applicabilità della clausola di esclusione della responsabilità».

        Si mormora sulla stampa che Napolitano confidi molto in Sabino Cassese. E io confido che Sabino Cassese si ricordi della sentenza di cui fu redattore, se Napolitano non si deciderà a ritirare il suo ricorso che pare fatto per non saper che pesci pigliare sulle due telefonate intercorse tra Mancino e lui.

        Se ho annoiato con l’analisi della sentenza della Corte costituzionale 17 luglio 2007 n. 290, me ne scuso. Ma mi si creda: io non ho altro da aggiungere sulla mossa di Napolitano e sull’editoriale di Scalfari che ha preteso d’impartire una lezione di diritto costituzionale a Zagrebelsky e sulla dottrina del populismo giudiziario sostenuta da Violante.

        Mentre non si capisce bene che pesci intende pigliare Repubblica con il suo silente direttore Ezio Mauro e non vorrei trovarmi nella sua posizione che in effetti è difficile e delicata, sottoscrivo in pieno, valga per quel che vale la mia sottoscrizione, «Le parole incaute del Colle» di Cordero, relegate ieri da Repubblica a p. 27.

        Postilla 1.

        Per opinioni diverse dalla mia sulla sentenza della Corte costituzionale 17 luglio 2007 n. 290, e però oggi non più riprese da altri costituzionalisti, rinvio a Ginevra Cerrina Feroni, «Inammissibile il ricorso o incoerente la decisione? (ovvero i “giochi di parole” della sentenza 290 del 2007 sul “caso Cossiga”)», in «Forum dei Quaderni Costituzionali», 2007, e Daniele Chinni, «La Corte costituzionale scrive un nuovo capitolo del “caso Cossiga” (ma per l’ultimo è necessario attendere ancora)», in «Giurisprudenza Italiana», 2007.

        Postilla 2.

        Solo scialba cronaca redazionale, quella su Repubblica del 21 agosto 2012, «Intercettazioni, il no del Pd | Il Pdl: “Idv e Ingroia bloccano tutto”», con catenaccio «Per il Popolo Delle Libertà il ddl è ormai su “un binario morto”. I democratici: “Non è una riforma da fine legislatura”». Una ragione ci sarà.

        Postilla 3.

        Il collega brasiliano Carlos Ayres Britto, professore di diritto costituzionale, mi ha segnalato la seconda edizione del suo libro «O humanismo como categoria constitucional», Fórum, Belo Horizonte 2012, la prima è del 2010. Sostiene la «democrazia dei tre vertici, la democrazia procedimentalista e la democrazia sostanziale e la democrazia fraterna». E anche sostiene che «in ultima analisi è compito esclusivo del potere giudiziario garantire la piena efficacia dell’umanesimo in quanto categoria giuridica». Gli ho risposto, spiegandogli la situazione italiana con particolare riferimento alle intercettazioni delle due telefonate tra Mancino e Napolitano e al ricorso di Napolitano, che quel compito non è compito esclusivo del potere giudiziario ma di tutti gli operatori del diritto e di tutti i cittadini.

        Postilla 4.

        Si mormora di una possibile nomina di Scalfari a senatore a vita da parte di Napolitano. Auguri a entrambi.

        Postilla 5.

        Se qualcuno mi scriverà una mail all’indirizzo dchb@libero.it ne sarò felice.

      • beh, intanto mi scuso di essermi sventatamente inserito nel dibattito fra te e il professor Broussard: il sistema di notifiche e l’impaginazione non mi hanno lasciato capire al volo che la risposta era a te.

        mi pare che il nostro dibattito sia stato quanto mai opportuno; quanto all’eterogenesi dei fini, ne sono convinto oggi meno che all’inizio della nostra discussione: temo che vi sia qualche carenza di cultura democratica e costituzionale nel nostro Presidente e non voglio farla risalire alla sua storia personale per non sottopormi allo stesso rischio di essere potenzialmente strumentalizzato.

        tuttavia la saggezza di chi ha alte responsabilità consiste proprio nel prevedere più dell’uomo comune le conseguenze delle proprie scelte e di trovare le forme per conciliare le esigenze morali e politiche col bisogno di verità.

        • «Dedicato a bortocal-bortocalrtocal e a redpoz. Una piccola cosa para dois amigos de alma. Ma oggi non mi sento tanto bene. Violante, è un participio presente? Non lo so. E forse perciò non mi sento tanto bene»

          Oggi quel briccone di Travaglio annota che Berruti su Repubblica, nel confronto a distanza di ieri con Zagrebelsky, dà ragione a Napolitano praticamente dandogli torto…

          Una bella soddisfazione per chi l’ha detto dall’inizio…

          E si chiede, malizioso: è prossimo il momento in cui i «corazzieri» del Quirinale sulla vicenda del conflitto di attribuzioni consiglieranno al Presidente di darsi torto da solo?

          È degli uomini sbagliare; e da uomini grandi riconoscere d’aver sbagliato…

          Questi righini non sono miei. Corrono sul web da circa tre ore. E sono di Beatrice Genchi

          Aggiungo altri righini

          quel briccone di Travaglio, che ragione ha, sa bene che non è ancora arrivato il momento

          penso al Tempo del 20 agosto, firma di Francesco Damato

          penso a Libero del 22 agosto, firma di Francesco Borgonovo

          penso a Macaluso intervistato oggi dal Corriere della Sera, firma di Dino Martirano

          quel momento arriverà

          quando?

          molto dipende da noi democratici alla Costituzione fedeli

          arriverà il momento in cui Napolitano riconoscerà d’aver stonato?

          non credo

          la sua voce non mi sembra più all’altezza dell’orchestra costituzionale

          spero di sbagliarmi

          Postilla.

          Giuseppe Maria Berruti, «I meriti del Presidente», Repubblica, 22 agosto 2012: «È difficile applicare direttamente la norma costituzionale dell’art. 90 a un caso non previsto. Vi sono peraltro argomenti anche per escludere la distruzione immediata. E al momento mi pare difficile che il giudice possa disporla».

  2. By bortocal / 21 agosto 2012 / politica, costituzione, Italia
    Per eterogenesi dei fini, l’attacco di Monti alla procura di Palermo è un regalo alla mafia: una procura che indaga sulla mafia, se delegittimata per presunte irregolarità nelle intercettazioni delle telefonate tra Mancino e Napolitano, avrà fatto brindare la mafia a champagne.
    L’attacco di Monti alla procura di Palermo equivale alla denuncia di un reato, come già lo stesso attacco di Scalfari, e delle due l’una in punto di diritto: la magistratura dovrebbe muoversi o per accertare se il reato c’è stato o per accertare se quelle di Monti e Scalfari sono diffamazioni o calunnie.
    Se Monti figlio ha deciso di esternare pro Napolitano padre, non è improbabile che conosca il contenuto delle telefonate tra Mancino e Napolitano e voglia contribuire a nasconderle: la complicità tra un figlio e un padre legati da stima e affetto è un dato antropologico che risale agli uomini delle caverne e anche a prima che gli uomini costruissero caverne.
    Tra le richieste del papello di Riina, la chiusura delle supercarceri di Pianosa e dell’Asinara e l’allentamento del 41 bis: richieste esaudite da governi non sospettabili di centrodestrismo: quasi un mosaico delle trattative tra lo Stato e la mafia.
    Chi decide se un atto del presidente della Repubblica è atto compiuto nell’esercizio delle sue funzioni e pertanto coperto dall’immunità prevista dall’art. 90 della Costituzione o se invece è un atto non compiuto nell’esercizio delle sue funzioni e pertanto assoggettabile alle norme comuni che valgono per i comuni cittadini, così diventando inammissibile l’eventuale ricorso alla Corte costituzionale? Il giudice ordinario in primo e in secondo e in terzo grado: questa è la risposta. E non è la mia risposta. È la risposta della Corte costituzionale 26 maggio 2004. n. 154, per il caso del presidente della Repubblica Cossiga contro i senatori Sergio Flamigni e Pierluigi Onorato. Presidente: Gustavo Zagrebelsky. Redattore: Valerio Onida. Solo che Zagrebelsky se n’è ricordato e Onida no.
    Per la cultura giuridica di Luigi Li Gotti, non una sola volta ho manifestato apprezzamento, parlando alla Zangrando del suo liberatorio «lungo viaggio attraverso il fascismo». Li Gotti non è Di Pietro che sbraita né la Bongiorno che fu al servizio di Berlusconi e parla e non conclude né Alfano che per Berlusconi inventò un lodo promulgato con non calanche da Napolitano.
    Perciò volentieri concludo citando una dichiarazione rilasciata ieri da Li Gotti sulla mossa di Napolitano identica a quella di Cossiga: «Il Presidente Napolitano ripercorre ora la stessa strada e tenta di farsi riconoscere come cittadino diverso dagli altri. I suoi sostenitori, con Eugenio Scalfari in testa, non leggono le sentenze. Essi non hanno tempo, perché invece devono scrivere per informare i lettori. In verità essi vogliono trasmettere ai lettori la loro ignoranza, sperando che gli venga riconosciuto lo status di “guru” ufficiale».
    Una democrazia costituzionale non ha bisogno di un guru, tanto meno di due o di tre.

    Postilla

    Segnalo anche la sentenza n. 290 del 2007, con la quale la Corte costituzionale ha deciso su un altro ricorso di Cossiga, simile al primo.

  3. “Chi decide se un atto del presidente della Repubblica è atto compiuto nell’esercizio delle sue funzioni e pertanto coperto dall’immunità prevista dall’art. 90 della Costituzione o se invece è un atto non compiuto nell’esercizio delle sue funzioni e pertanto assoggettabile alle norme comuni che valgono per i comuni cittadini, così diventando inammissibile l’eventuale ricorso alla Corte costituzionale? Il giudice ordinario in primo e in secondo e in terzo grado: questa è la risposta”.

    è esattamente quel che scrisse la Corte Costituzionale nella sentenza n. 154, citata e riassunta qui sopra; ora andrò a vedere anche quella nuova citata da Lei, la n. 290 del 2007.

    e, ora che l’ho vista, credo che le dedicherò un nuovo post, a rischio di diventare un poco noioso, perché l’interpretazione del ruolo e dei poteri del Capo dello Stato sono convergenti.

    osservo, retrospettivamente, che la promulgazione del lodo Alfano, nonostante la palese incostituzionalità, col senno di poi, appare oggi, più che una mossa prudente di un Napolitano desideroso di non scontrarsi al calor bianco con Berlusconi, una scelta dovuta a condivisione.

    ma il nostro Presidente non ha giurato fedeltà alla Costituzione, che lo considera un funzionario?

    in quanto tale al Presidente della Repubblica non si devono applicare le garanzie poste dalla Costituzione al ruolo si rappresentanza politica della volontà popolare, art. 68, ma la sua figura rientra completamente entro la normazione dell’art. Art. 54 c. 2:
    Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi.
    I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.

    il giuramento di fedeltà alla Costituzione che il Presidente della Repubblica è tenuto a prestare ne conferma il ruolo di supremo funzionario dello Stato:
    Art. 91. Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune.

    si noti che l’art. 93, nel fissare un obbligo simile per il capo del governo e i ministri, si differenzia notevolmente dall’art. 91, in quanto il giuramento richiesto non è esplicitamente previsto come giuramento di fedeltà alla Costituzione:
    Art. 93.
    Il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica.

    ringrazio del commento e della presenza che già mi era parsa particolarmente significativa in altri commenti; su sollecitazione di altro commentatore mi sono informato sulla Sua prestigiosa figura e sono lusingato di averLa come mio ospite qui.

    • condivo le Sue argomentazioni giuridiche, e nel mio piccolo ho avuto modo di argomentare allo stesso modo in alcuni miei saggini a stampa

      con l’aggiunta dell’art. 28 della Costituzione da coordinare con l’art. 90: dei suoi atti extrafunzionali il presidente della Repubblica, proprio in quanto gli sono state affidate funzoni pubbliche ed è quindi un funzionario dello Stato, risponde se li compie in violazione di diritti

      la mia figura prestigiosa: grazie ma La prego, non esageri

      mi considero un operaio del diritto, e tra l’altro la mia inclinazione è più filosofica che giuridica

      se posso: Lei ha pieno diritto a consevare il Suo anomimato, e però mi lasci dire che a me, forse perché ormai sono nella linea declinante della mia vita o in tardanza d’anni come Répaci scrisse di sé, mi viene un po’ difficile dialogare con un anonimo, mea culpa

      a testimonianza della mia stima per Lei, se mi riesce Le mando un altro commentino

      distinti saluti

      • sono un semplice dilettante da blog sia del diritto sia della filosofia, che però almeno ho studiato al liceo e all’università, il che non mi esclude dal rischio di scrivere sciocchezze sia nell’uno sia nell’altro campo – di qui il conforto venuto dal confronto con un vero esperto.

        ho risposto privatamente sulla mia identità, perché la richiesta mi è sembrata giusta e la curiosità non mi pare affatto segno degli anni: semplicemente a me è venuto più facile soddisfarla, visto che Lei si è firmato con nome e cognome.

        grazie della stima, autenticamente ricambiata.

  4. La lezione di diritto costituzionale a Scalfari l’ha data oggi Zagrebelsky su Repubblica, «Il Colle, le procure e la Costituzione»: titolo redazionale, immagino, e mi pare assai scialbo e forse non caso assai scialbo.

    Un solo esempio, a me caro.

    «Le sentenze additive e interpretative […] di per sé non c’entrano: riguardano i giudizi sulle leggi, non i conflitti».

    E anche una lezione, sempre a Scalfari e a me non meno cara della prima, sul ruolo degli intellettuali, a cui spetta ragionare per convinzione e non per opportunismo: «C’è per me un “libro di formazione”. Non sembri una citazione fuori luogo o fuori misura. Scritto nel 1923, in circostanze più drammatiche delle attuali, contiene una lezione indimenticabile. È “Il tradimento dei chierici” di Julien Benda (ripubblicato da Einaudi). Non è una citazione esornativa, “da professore”. È un invito. Tratta degli uomini di pensiero che in quel tempo – e in tutti i tempi – si astennero dal prendere posizione, tacendo o dicendo cose che andavano contro le loro stesse convinzioni, e questo fecero “per opportunità”. La loro colpa non fu di avere detto cose sbagliate, ma di non avere detto le cose ch’essi stessi ritenevano giuste».

    Come dire: Scalfari è un chierico che ha tradito.

    È vero che Zagrebelsky ha cercato di ricucire: «Dunque, affrontiamo gli argomenti, in spirito discorsivo. Qui c’è la forza e la ricchezza del nostro giornale». E però quelle due lezioni restano e sonore sono e fondate.

    Postilla.

    Senza nominarlo, un’altra lezione Zagrebelsky ha dato a Violante. Ben diversa nei toni e nelle argomentazioni da quella che a Violante ha preteso di dare Stefania Craxi pro patre suo sulla Stampa di ieri, dove è riuscita a scrivere senza interruzione «populismo giuridico» anziché «populismo giudiziario». Chissà, forse stava studiando la scuola storica tedesca e Savigny e male li stava studiando.

    • caro Professore,

      come vedrà in altro punto del blog sono rimasto improvvisamente privo di connessione internet casalinga, il che tronca una decisione già presa di collegare fra loro questi Suoi interventi documentati e illuminanti in un vero e proprio post, quello che avevo promesso di scrivere sulla ulteriore sentenza della Corte Costituzionale su Cossiga, e quindi sui poteri del Presidente, e che invece mi sarei permesso di fare scrivere a Lei (anzi l’ha già scritto) e di ospitarlo qui, se non Le fosse dispiaciuto….

      intanto però ringrazio Lei perché mi sta aiutando a capire lo sfondo filosofico del diritto, una dimensione che mi era sempre rimasta piuttosto sconosciuta…

  5. «Dedicato a Franzina Bilardo, minha amiga de alma».

    Ho l’impressione che il dibattito giuridico e non quello politico sull’affaire Napolitano si stia spegnendo sulla stampa e anche tra i commentatori di molti blog. Non un solo magistrato è intervenuto, peccato, per non parlare dei professori universitari di diritto, staranno compulsando i libri della biblioteca d’Alessandria, qualcuno di loro ogni tanto mi telefona o mi scrive mail, farfuglia sillabe sulla Corte costituzionale e sulla procura di Palermo e sulle due telefonate di Mancino all’Intoccabile e all’Inconoscibile, e niente più.

    Colpa delle vacanze estive, questo silenzio? Forse.

    Eppure c’è di mezzo una storia ventennale di trattative tra lo Stato e la mafia, con ministri distratti o compiacenti sul 41 bis da allentare o reticenti. Eppure c’è di mezzo un possibile sconquasso istituzionale dopo il ricorso di Napolitano che in maniera preterintenzionale ha inteso mettere in ginocchio la procura di Palermo.

    Davanti alla Corte costituzionale, chi è più debole? Se l’è chiesto Maurizio Viroli sul Fatto Quotidiano di ieri, «Il Presidente e quei pm soli». E ha risposto che davanti alla Corte costituzionale quei pm sono più deboli della mafia che combattono. Come dire: quando mancano l’armonia e la leale collaborazione tra i poteri dello Stato, la mafia si rafforza e beneficio ne trae e l’ultimo gallo mafioso si ringalluzzisce e alza la cresta e nobilita il suo lavoro di manovale del crimine.

    Lasciamo stare il «Wiki Violante» pubblicato ieri da Grillo nel suo blog: è un attacco troppo personale che mi pare non meriti attenzione. In questo attacco, a Grillo è sfuggita una battuta per completare la sua comicità: «Ma Violante è un participio presente e sennò che d’è?».

    Rimane l’amarezza per un uomo stimato come un galantuomo che adesso, improbabili sue prerogative invocando, non vuol parlare delle telefonate con Mancino e una cosa peggiore del segreto di Stato vuole, vuole che le intercettazioni di quelle telefonate siano distrutte, cancellate dalla storia, tamquam non fuissent.

    Desolante quadro. Almeno ci confortasse la Fornero con le sue lacrime, e invece non lacrima da tempo la Fornero, ha smesso, come smise a un certo punto di lacrimare la Madonna di Siracusa nel 1953 nell’umile casa dei coniugi Iannuso in via degli Orti.

    Angelo di Carlo, povero e disoccupato, 160 euro per il figlio erede, si era dato fuoco l’11 agosto in piazza Montecitorio, aveva tentato di entrare nella Camera dei deputati, lui torcia incendiaria, è morto all’alba del 19 agosto, otto giorni d’agonia. Le lacrime della Fornero non l’hanno accompagnato al camposanto.

    Desolante quadro. Presidente Napolitano, quanto durerà l’agonia della nostra Repubblica fondata sul lavoro e sulla solidarietà che è anche etica della verità?

    Postilla.

    Da Giovanni Falcone: «Si muore quando si è lasciati soli».

    • bene, con questo possiamo considerare avviata una collaborazione stabile; ringrazio!
      non condivido il chliché un pochino antifemminile sulle lacrime della Fornero (anche a Napolitano capita di piangere in pubblico, ma non sarebbe carino farci delle battute su), ma collaborazione non significa identificazione assoluta… 😉

Scrivi una risposta a bortocal Cancella risposta