19 settembre 2012 mercoledì 07:03
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il caso paradossale della città in cui vivo e che proprio l’anno scorso è stata dichiarata patrimonio culturale dell’umanità dall’UNESCO per i suoi resti longobardi si chiama non ILVA, ma Caffaro.
ma è della stessa natura, tranne che per dimensioni.
risulterà sorprendente leggerlo, e neppure molti bresciani lo sanno: la differenza fra Brescia e Taranto sta nel fatto che a Brescia si trovano le stesse sostanza inquinanti che attorno all’ILVA, ma in quantità mille volte più alte e che la fabbrica inquinante si trova a meno di due km dal centro storico e in un quartiere densamente abitato, vicino ad un campo sportivo tuttora utilizzato dalle scuole per le gare; in quel campo direttamente contiguo alla fabbrica, del resto, io facevo educazione fisica da ragazzo.
e non fa niente nessuno, tranne il meritevole Marino Ruzzenenti, uno dei vecchi leader del Sessantotto bresciano, che da anni predica nella totale indifferenza, riuscendo ad ottenere qualche volta un articolo dalla stampa locale, come quello di Federica Pacella sull’inserto dedicato a Brescia del Corriere della Sera dal quale ricavo queste ulteriori informazioni.
Ruzzenenti si è preso la briga di confrontare i dati Arpa sulle concentrazioni di diossine e Pcb (Policlorobifenili) nell’acciaieria pugliese con quelle della Caffaro.
I risultati, pubblicati sul sito www.ambientebrescia.it, fanno sobbalzare.
Il picco massimo di diossine nell’Ilva arriva a 351 nanogrammi per chilo.
A Brescia, nel terreno sotto la Caffaro, a 325.000 nanogrammi.
Ma il limite consentito è di 100.
Il Pcb nell’Ilva è inferiore al limite di 5mg/kg; sotto la Caffaro c’è una concentrazione di 69.000 mg/kg.
Ancora, attorno all’Ilva le diossine (limite, 10 ngTEQ/kg) toccano i 10,3 nanogrammi; 3.332 i nanogrammi rilevati attorno alla Caffaro.
Stessa storia per il Pcb (limite, 60 micgrogrammi/kg): intorno all’Ilva si rilevano 458,41 microgrammi, intorno alla Caffaro 6.300.
Impietosi anche i numeri su polveri sottili e sulla concentrazione di diossine nel latte materno.
dunque dire che “Brescia è messa peggio di Taranto” è ancora poco.
In quanto a diossine, Brescia è messa peggio di Seveso, che nel 1976 fu investita da una nube tossica causata dallo scoppio di un reattore della ditta Icmesa.
Ma a Seveso allora ci fu un piano di evacuazione.
A Brescia, dopo 10 anni, non c’è neanche un piano di bonifica.
un piano di evacuazione per Brescia: vogliamo scherzare? per decine di migliaia di persone, anche solo a considerare un’area di due km di raggio attorno alla fabbrica e mezzo centro storico? (la parte dove abito io…)
e la bonifica? ricordo, un poco confusamente, che prima che partissi per la Germania si era parlato nel 2002-03 delle necessità di asportare il terreno per una profondità di 25 metri in un’area di diversi km quadrati, compresa appunto una parte del centro storico.
una impresa irrealizzabile, di fronte alla quale si è preferito mettere la testa sotto la sabbia, per non dire sottoterra, considerando quanto potrebbe essere pericoloso farlo.
si è deciso di fare di necessità virtù, in questa caso la virtù certosina del silenzio, e di accontentarsi di qualche misura di contenimento o di modeste precauzioni, come quella ad esempio di chiudere il campo sportivo per le scuole; ma poi gradualmente la memoria viene meno e il campo Morosini ha ricominciato ad essere usato senza particolari precauzioni.
Si doveva evitare – almeno – che l’acqua intercettasse l’enorme quantità di inquinanti presenti nel sottosuolo, con conseguente contaminazione della falda cittadina.
l’allarme ora scatta perché, da quando si scoprì questa situazione nel 2001, la Caffaro è stata obbligata a estrarre con i pozzi circa 10 milioni di metri cubi di acqua all’anno dalla falda che passa sotto il terreno inquinato: si tratta di mantenerla bassa, perché se risalisse entrerebbe in contatto con le sostanze tossiche che la avvelenerebbero totalmente.
ma la società chiude, è in liquidazione.
chi provvederà ad evitare la catastrofe quando la società smetterà di estrarre l’acqua dai pozzi per mancanza di soldi?
qualcuno ci sta pensando?
Taranto si muove, Brescia no, è indifferente.
c’è una bomba ad orologeria sotto Brescia, scrive il Corriere; e non è quella di piazza Loggia che provocò soltanto 8 morti e 100 feriti; quante sono state le vittime della Caffaro in questi anni?
non si sa: c’è un giudice a Taranto, ma evidentemente non a Brescia, Padania maschia, operosa e produttiva che non bada troppo a queste inezie e le considera fissazioni ecologiste.
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