la vittoria di Obama e la sconfitta del coefficiente di Gini. – 543

7 novembre 2012 mercoledì    07:31

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stamattina non abbiamo in apparenza forse molti motivi per esultare per la vittoria di Obama, ma ne abbiamo parecchi per tirare un sospiro di sollievo per la sconfitta di Romney.

lo stato d’animo è quello di chi ha almeno evitato una catastrofe di un Berlusconi americano, liberista, guerrafondaio, antiislamico e filoisraeliano, antiambientalista, contrario ai diritti umani delle minoranze, demagogo e populista quel tanto che occorre per continuare a rappresentare gli interessi della grande finanza cui appartiene e che, investendo su di lui somme enormi, buttate al vento, ha tentato il colpaccio di andare direttamente al governo, e quasi ci era riuscita.

insomma, l’America e quindi il mondo, non saranno governati nei prossimi quattro anni direttamente da un esponente dell’elite miliardaria che lo sta affossando e Obama potrà continuare la sua grigia battaglia di resistenza, senza peraltro avere una maggioranza alla Camera.

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detta così, la vittoria di Obama risulta dimezzata, non è proprio quella di cui avrebbero bisogno il mondo e l’America, ma Obama stesso rappresenta bene l’incertezza globale che pervade ovunque sul pianeta l’elettorato democratico e non appare quel leader forte, capace di unificarlo e di guidarlo in una battaglia globale per la giustizia sociale e una politica economica radicalmente nuova.

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tornare a commentare la batosta che ha preso Romney, allora, abbastanza netta peraltro, in barba a tutte le incerte previsioni della vigilia, ma anche interrogarsi su come ha potuto un simile personaggio raccogliere un numero di voti così alto.

il grafico qui sotto, dedotto dal blog di Giuseppe Ferrari, che a sua volta l’ha preso dall’Economist, indica l’andamento del coefficiente di Gini (dal nome di uno statistico italiano di inizio Novecento che lo inventò), che serve ad indicare la consistenza delle disuguaglianze all’interno di uno stato.

occorre guardare in particolare il grafico di destra, che indica l’andamento storico della disuguaglianza in 5 paesi occidentali: USA, Regno Unito, Germania, Francia, Svezia, e in particolare la quota di reddito posseduta dall’1% più ricco della popolazione.

si coglie molto bene la dinamica democratica prevalente nell’economia occidentale dalla grande crisi degli anni Trenta alla fine degli anni Settanta, e il significato della svolta liberista degli anni Ottanta, che ha dato il via ad un impetuoso sviluppo delle disuguaglianze sociali in Occidente.

significativa soprattutto la linea verde scura riferita agli USA ed impressionante la corrispondenza fra la presidenza Reagan (1981-88) e un primo impetuoso sviluppo del potere economico dell’1% della popolazione americana dal 10 al 15% della ricchezza del paese, grazie alla politica fiscale di sgravi per i redditi più alti principalmente.

la tendenza, continuata sotto Bush padre (1989-92), Clinton (1993-2000) e soprattutto Bush figlio (2001-2008), fino a vedere concentrato quasi un quarto della ricchezza americana nelle mani dei 3 milioni di americani più ricchi, ha subito una chiara inversione di tendenza con la presidenza Obama, soprattutto nei primi due anni, nei quali Obama ha avuto anche la maggioranza parlamentare, scendendo al 20% circa.

notare però anche come l’andamento risulta diverso nel cuore dell’Unione Europea, zona euro, dove Francia e soprattutto Germania non hanno affatto accompagnato questa impetuosa cresciuta dell’ingiustizia sociale.

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sul piano storico globale dobbiamo probabilmente correlare questo andamento ineguale nella distribuzione delle risorse nelle società occidentali alla crisi storica dell’Unione Sovietica e della sinistra mondiale, con la quale coincide la ripresa della diseguaglianza economica.

la sconfitta di Romney probabilmente impedirà che l’indice in America si porti senza difficoltà nei prossimi anni verso il 30%, ma non riuscirà ad impedire da sola la prosecuzione nella concentrazione della ricchezza.

quanto alla battaglia per il ridimensionamento dei super-ricchi rimane tutta da combattere, e non credo che sarà Obama a guidarla, la sua è una semplice azione di contenimento, e il futuro di questa battaglia rimane molto incerto.

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ehi, oggi è il 7 novembre, 95esimo anniversario della rivoluzione russa, chissà se si vede…

buon modo di commemorarlo; del resto, qualcuno dice che sono un paleocomunista… 😉

16 risposte a “la vittoria di Obama e la sconfitta del coefficiente di Gini. – 543

  1. “abbiamo evitato un antislamico e filoisraeliano”……mi chiedo se non sia meglio una maggiore equidistanza negli apprezzamenti.

    • veramente, caro edoardo, l’elezione di Romney sarebbe stato il via libera alla guerra israeliana contro l’Iran.

      qualunque persona di buon senso non può che rallegrarsi che gli sia andata buca, anche se il pericolo non è cessato del tutto.

  2. Mi piace moltissimo questo tuo post equilibrato e di approfondimento. Mi piacerebbe parlare della questione governo Obama a lungo. Ho visto un documentario sull’inadeguatezza del suo staff dei primi anni (e della inadeguatezza, di conseguenza, di lui nel gestirlo su certi temi). che mi ha chiarito un pò alcuni passaggi oscuri del suo operato. Inoltre credo non fosse/non sia ferrato su tutto, e infatti sulla riforma sanitaria, che gli apparteneva di più come background, è stato più strategico e tenace rispetto a temi militari o finanziari, ad esempio.
    Credo che gli errori e la pratica anche dolorosa per lui dei primi quattro anni lo rendano più esperto e concreto per i prossimi. Credo anch’io che sia difficile per lui o per chiunque arginare lo strapotere dei grandi poteri economici. ecc. ecc.
    notte

    • interessante, cara patrizia, quel che dici del documentario su Obama.

      tu sei l’unica che può ricordare,come nel mio vecchio blog io posi l’accento su questa figura, quando ancora non se ne era accorto in Italia nessuno: http://bertolauro.blogs.it/2007/02/11/53_osa~1719070/

      le osservazioni che fai sono molto precise: la cosa più bella di Obama è proprio questo suo essere un uomo normale, esposto ad errori e capace di crescere.

    • la catastrofe mica è debellata del tutto.

      ascoltando il discorso di Chicago (dopo avere scritto il post) mi scoprivo un privilegio che solo l’età mi attribuisce: di scoprirvi qualcosa che aveva la stessa grandezza, lo stesso spessore, lo stesso tono, dei discorsi di Kennedy, solo come tradotti in un lessico più familiare e discreto.

      e mi sono scoperto a temere, con un brivido, che adesso Obama possa fare la stessa fine: i grandi poteri lo hanno risparmiato perché sembrava fragile, erano convinti di riuscire a buttarlo giù facilmente col miliardario imbecille e pompato.

      e adesso che hanno perso? saranno disposti a dovere aspettare per altri 4 lunghi anni un nuovo tentativo?

  3. secondo me vale ancora l’equilibrio del terrore.
    il deterrente nucleare e troppo spaventoso perche’ qualcuno possa dare il via ad un avventura senza vincitori.
    la vittoria di un ultraconservatore quale presidente americano non mi spaventa perche’,in quell’ordinamento democratico,l’ultima parola e’ del parlamento.

    mi spaventano al contrario i soliti dittatori che in nome di dio sono capaci di tutto.

    • se tu credi all’equilibrio del terrore, dovresti essere favorevole all’atomica iraniana, dato che Israele l’atomica ce l’ha e lotta contro l’equilibrio del terrore, per impedire ad altri di ristabilirlo.

      io non lo sono, naturalmente: solo qualche imbecille potrebbe pensare che una bomba atomica di una delle parti contro l’altra in Medio Oriente non possa creare danni immensi al paese stesso che l’ha scagliata, per cui questa è una stupida gara di muscoli ed esibizionismo nazionalistico.

      io non ho paura dell’Iran, forse anche per esserci stato e avere scoperto un paese così diverso da come ce lo rappresenta la propaganda: l’Iran è un grande paese di 80 milioni di persone, ha una capitale di 15 milioni di abitanti, una forte opposizione interna e, nella capitale almeno, modi di vita estremamente spregiudicati, le donne iraniane sono straordinariamente emancipate e hanno un ruolo molto importante.

      non vedo il pericolo di un autentico militarismo iraniano, ma la tensione di un popolo che vuole farsi ascoltare dal mondo.

      del resto il governo di Ama….nejad. (non saprò mai scrivere giusto il suo nome,,, :)) è agli sgoccioli, sarebbe saggio aspettare il sostituto.

  4. capisco che per molti europei Obama non sia così esaltante, ma se penso al contesto americano credo che sia tuttosommato una buona scelta: l’unico che può provare ad invertire certe tendenze (GINI ed altre) e certe concezioni radicate negli States.
    concezioni che spiegano bene anche i voti ottenuti da Romney: sai bene quanto me che la visione dello Stato e delle libertà fondamentali è radicalmente diversa in USA rispetto all’Europa.
    anche per questo la vittoria (rielezione soprattutto) di Obama ha qualcosa di sorprendente.
    già la riforma sanitaria è stata un passo verso la giusta direzione, ora speriamo nella tassazione e nella riforma scolastica….
    -sempre brave Francia e Germania nel loro lavoro-

    buon 95 anniversario della rivoluzione d’ottobre!

    • hai indubbiamente ragione tu.

      mi sono visto il discorso di Obama e sono rimasto colpito dalla generosità e dalla capacità tutta kennediana di trasmettere valori positivi.

      tralascio di ripetere anche la reazione di paura che questo ha creato in me, come ho scritto sopra a patrizia.

      dico solo che i prossimi 4 anni ci daranno certamente un Obama più determinato ed esperto, la reazione dei mercati finanziari alla sua rielezione (che speravano di poter facilmente cancellare, ci hanno fatto credere come hanno voluto ad una elezione in bilico fino all’ultimo momento…) è una specie di dichiarazione di guerra.

      mi preoccupa che Obama non abbia dalla sua la Camera dei Rappresentanti: sarà una lotta durissima, in cui ci toccherà vederlo combattere con una mano legata dietro la schiena….

    • cara leila,

      mi sono convinto di essere stato troppo critico in questo post verso l’uomo Obama; nel commenti a patrizia e redpoz ci sta una certa correzione di tiro; se vuoi, dagli un’occhiata e se non sei d’accordo fammelo sapere, eh?

  5. La decadenza economica degli anni 2000 si è cominciata a manifestare a partire dall’incremento dei prezzi delle materie prime, alimentari e industriali, che ha seguito una riduzione dei costi delle stesse nel precedente periodo 1980 -2000. Nel 2000 il costo del greggio (che esercita un ulteriore impatto influenzando i prezzi di altre fonti energetiche, soprattutto il gas naturale e il carbone ) subì un aumento del 45% circa, con una oscillazione da 26 dollari a 34 dollari nel corso dell’anno, mentre dal 2001 (anno dell’ attentato alle Torri Gemelle ) al 2003 il prezzo si conservò pressoché invariato, oscillando intorno ai 20 dollari. Nel 2004 , a fine anno si ebbe un forte innalzamento pari al 100%, con il raggiungimento dei 40 dollari al barile.

  6. perchè non dovrei essere d’accordo?
    è giusto quello che dici tu ed è giusto anche quel che dicono redpoz e patrizia.tra romney e obama c’è un’abisso.

    mi fa impazzire però che ovunque ci si debba accontentare del “meno peggio” che ci si presenta sempre davanti.
    certo che stare su una sponda piuttosto che sull’altra qualcosa la cambia nella vita di tutti,ma il fiume impetuoso che ci scorre nel mezzo rischia di travolgere tutto.sia la sponda destra che quella sinistra.
    mi chiedo se sia sufficiente questo modo di decidere,
    è il meglio che si possa avere?
    abbiamo capito tutti che il capitalismo sfrenato ha dei limiti oggettivi.
    mi chiedo se il comunismo abbia delle risposte vere.in cina e in russia le cose non sono andate esattamente come si sperava.
    o è necessario uscire dagli schemi per cercare risposte nuove?

    NB. se sto dicendo castronerie per favore ,vi chiedo di spiegarmi in maniera semplice dove sbaglio.

    • mi sembrava evidente che tu definissi Obama “il meno peggio” rispetto a Romney; in qualche modo nel post avevo scritto qualcosa di simile anche io, pur se in modo un poco più sfumato.

      il discorso di Chicago mi ha dato l’impressione di un Obama diverso.

      aggiungo anche oggi che da qualche parte ci deve essere anche un problema psicologico Obama: mica è normale che un presidente degli Stati Uniti pianga due volte in pubblico nel giro di una settimana, che neanche la Fornero.

      la cosa contrasta talmente col modello machista che Obama dovrebbe impersonare che i media sono perfino imabarazzati e non danno rilievo alla cosa, mentre nel caso della Fornero il pianto della donna ministro alimenta gli stereotipi antifemminili e ci inzuppano il pane…

      per il resto, partirei dalla premessa che indubbiamente nella vita ci dobbiamo accontentare del meno peggio vedendolo come il meglio.

      e poi indubbiamente siano di fronte alla crisi dei modelli sociali che hanno caratterizzato gli ultimi due secoli: comunismo e capitalismo: mi pare perfino ovvio e quasi banale dire che dobbiamo inventarci qulcosa di nuovo.

      però il segreto potrebbe essere nel non costruire alcun modello globale di società da applicare con la forza, ma una idea di società flessibile DENTRO la quale ci stiano gli spazzi misurati per la lotta alla diseguaglianza.

non accontentarti di leggere e scuotere la testa, lascia un commento, se ti va :-)