1 febbraio 2013 venerdì 22:20
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non facciamoci distrarre troppo da questa campagna elettorale piuttosto insulsa, che vede tutte le variegate forze di ogni tipo di conservazione possibile, coalizzate per impedire a Bersani di avere la maggioranza nei due rami del parlamento, e dunque mantenere il paese ingovernabile, e dall’altra parte Bersani proporsi con un discorso di rassicurante buonsenso, che dobbiamo scegliere, visto che è questo che passa il convento, ma non è all’altezza della situazione.
e allora apparirà subito l’enormità di quello che ha dichiarato oggi Brusca in tribunale sotto giuramento sui rapporti stato – mafia del 1992.
e cioè che il famoso papello con le richieste della mafia sulla base del quale venne imbastita una trattativa era indirizzato a Nicola Mancino, come destinatario finale.
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indipendentemente da tutte le considerazioni che farò dopo, questo semplice fatto dimostra l’enormità delle telefonate intercorse fra il Presidente della Repubblica e l’indagato Mancino per fatti di tale gravità.
in un paese normale la semplice conoscenza dell’esistenza di contatti di questo tipo porterebbe a chiedere le dimissioni del presidente della Repubblica.
il Presidente della Repubblica è anche il capo supremo della magistratura, il primo magistrato d’Italia, e un magistrato che si comporta in questo modo palesemente fazioso e partigiano non dovrebbe essere lasciato al suo posto.
non è che perché uno si chiama Napolitano e non Berlusconi, gli dobbiamo lasciar passare delle azioni degne di Berlusconi…
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detto, dolorosamente, questo sul piano dei princìpi, ora dirò anche che non mi pare che le accuse a Mancino siano credibili, ed ora spiegherò perché (anche se la mia opinione è aria fritta, naturalmente).
questi fu ministro dell’interno dal 1992 al 1994, e fra le altre cose che fece, ci fu la modifica dell’art. 41 bis “che stabilì condizioni di carcere duro per i boss mafiosi, furono sciolte decine di consigli comunali per infiltrazione mafiose e le forze dell’ordine assicurarono alla giustizia alcuni tra i più pericolosi capi di Cosa Nostra come Riina e Santapaola”: quindi Mancino non sembra uno che si sia risparmiato nella lotta alla mafia.
aggiungo l’osservazione fondamentale: che il comandante dei carabinieri Mori incontrò Vito Ciancimino tra giugno e ottobre 1991 ed è qui che Riina scrisse il famoso papello che fu posto a base della trattativa, quando ministro dell’interno era Scotti, non Mancino.
a quale titolo Mancino poteva essere considerato, 18 mesi prima di diventare ministro dell’interno, un interlocutore privilegiato della mafia?
Mancino è di Avellino, non della Sicilia, e apparteneva alla sinistra democristiana; dopo lo scioglimento della Democrazia Cristiana seguì Martinazzoli e si oppose all’alleanza dei post-democristiani con Berlusconi, voluta da Casini e Buttiglione, ad esempio; è difficile riconoscergli un qualche ruolo credibile in quel contesto.
è invece chiaro che proprio con lui si pone definitivamente un sigillo, negativo, alla trattativa con la mafia.
ed ecco la mia ricostruzione dei fatti.
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Mancino era accusato finora dal figlio di Vito Ciancimino di essere stato contattato dal padre: ha sempre negato il fatto, ed è stato incriminato per falsa testimonianza dal Pubblico Ministero Ingroia.
alla testimonianza di Massimo Ciancimino, del pentito Mutolo per un presunto incontro con Mancino il giorno del suo insediamento al Viminale, come ministro dell’Interno, l’1 luglio 1992, si aggiunge ora quella di Brusca, che lo indica come terminale ultimo della trattativa.
Mancino, 81 anni, che fu anche Presidente del Senato e vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura fino a due anni fa, replica oggi con una nota:
«Non ho mai ricevuto alcuna richiesta» per un «alleggerimento del contrasto dello Stato nella lotta alla mafia.
Confermo quanto ho sempre sostenuto, e cioè che nel periodo in cui ho rivestito la carica di ministro dell’Interno non ho mai ricevuto alcuna richiesta da parte di chicchessia in ordine a un’eventuale alleggerimento del contrasto dello Stato, che fu senza quartiere, nella lotta alla mafia e ad ogni altra forma di criminalità organizzata».
e allora chi mente?
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la trattativa, come abbiamo visto, fu avviata nel gennaio del 1991: per pensare che Mancino potesse avervi avuto un qualunque ruolo fino all’insediamento come ministro dell’interno occorrerebbe pensare all’ipotesi davvero diabolica che fosse diventato già prima un referente per la mafia e che fosse stato insediato da Amato, il suo presidente del Consiglio, al Ministero proprio per questo.
l’ipotesi non ha proprio nessuna verosimiglianza.
fra l’altro nel governo precedente, Martelli era stato ministro della giustizia e la sua collaborazione con Giovanni Falcone, dice abbastanza chiaramente che in quel ministero non c’erano state debolezze nella lotta alla mafia; la conferma di Martelli al ministero della giustizia anche col nuovo governo Amato dice che vi era intenzione di una continuità nel contrasto alla mafia.
d’altra parte, secondo Brusca, Riina gli disse che le condizioni della mafia non erano state accettate, e che era necessario dare un altro colpetto, dopo la strage in cui fu ucciso il giudice Falcone il 23 maggio 1992 e prima dell’uccisione del giudice Borsellino il 19 luglio.
e aggiunge: “In questo contesto, Riina fece il nome di Mancino”.
frase piuttosto vaga, mi pare.
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dunque Mancino si insediò come ministro dell’interno l’1 luglio 1992; prima di lui il ministro dell’interno era stato Scotti, dal 16 ottobre 1990.
l’art. 41 bis, già introdotto da una legge del 1986, fu reso più duro da Scotti e Martelli con un Decreto legge dell’ 8 giugno 1992, convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356, cioè quando era già ministro Mancino: introduceva un secondo comma al 41-bis, che consentiva al Ministro della Giustizia di sospendere per gravi motivi di ordine e sicurezza pubblica le regole di trattamento e gli istituti dell’ordinamento penitenziario nei confronti dei detenuti facenti parti dell’organizzazione criminale mafiosa.
le modifiche introdotte dal parlamento nel frattempo non sono particolarmente significative e non danno adito al minimo sentore dell’ammorbidimento richiesto dalla mafia: LEGGE 7 agosto 1992, n. 356.
di nuovo la cronologia non si combina con la ricostruzione fatta da Ingroia.
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Brusca ha raccontato che il deputato democristiano andreottiano Lima fu ucciso poche settimane prima delle elezioni del 1992, in marzo, per indebolire politicamente Andreotti e che la trattativa con la mafia venne avviata per impulso di un altro onorevole democristiano, Mannino, che temeva di fare la stessa fine.
Riina aveva dato a Brusca, in effetti, l’incarico di assassinare anche Mannino, ma poi gli fu revocato perché proprio Mannino si era proposto come mediatore, e non poteva quindi essere liquidato più.
la cattura di Riina nel gennaio del 1993 in questo contesto sarebbe un risultato indiretto della trattativa, che avrebbe acuito dentro la mafia il conflitto tra l’ala più intransigente, guidata da lui, e quella più possibilista e trattativista capeggiata da Provenzano, che avrebbe fatto in modo di liberarsi di Riina.
ora mi domando: è possibile che tutta la trattativa fra la mafia e lo stato, avviata da Riina con Ciancimino nel gennaio 1991, sia rimasta dormiente fino alla nomina di Mancino e che poi si sia sviluppata tra l’1 luglio, data dell’insediamento di Mancino, e il 19 luglio, data dell’uccisione di Borsellino?
ma poi, anche se così fosse, non è forse evidente che, proprio con Mancino ci fu il rigetto della trattativa, visto che venne indurito il 41-bis, mentre la prima richiesta nel papello era quella di un suo ammorbidimento?
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ps 4 febbraio 2013
e quale fu invece in questa vicenda il ruolo del nuovo ministro della Giustizia, Conso, subentrato a Martelli dopo le sue dimissioni, il 12 febbraio 1993? quel Conso che era stato l’anno prima candidato dal PDS alla presidenza della repubblica e che oggi al processo contro l’on. Cosentino del PdL, un pentito indica, sia pure indirettamente, come referente di una parallela trattativa che in quei mesi provò a intavolare con lo stato anche la camorra?
Tutti erano d’accordo in questo senso: che noi dovevamo far trovare armi, pistole, eccetera, ci dovevamo arrendere insomma, ma in cambio cadevano gli ergastoli, o il carcere duro e i sequestri così continuavano le nostre cose insomma.
E mi fu riferito che a Roma il ministro Conso era il nostro referente ed era d’accordo.
dalla voce di wikipedia dedicata a Conso:
Nel marzo 1993 non rinnova il 41 bis a 140 mafiosi sottoposti a carcere duro (che infatti decade nel novembre 1993).
In seguito, davanti alla commissione parlamentareantimafia e alla procura di Palermo dirà che lo ha fatto per indurre Cosa nostra a smettere con le stragi, aggiungendo che si è trattato di una sua iniziativa personale non concordata con nessuno.
ma, stranamente, Conso, che ha effettivamente dato corso alla richiesta del papello mafioso consegnato da Ciancimino non sappiamo a chi, non è indagato, forse perché sparito da tempo dalle scene politiche, mentre le indagini si concentrano su Mancino, che ancora poco tempo fa era il vice di Napolitano al Consiglio Superiore della Magistratura.
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la mia conclusione è che il coinvolgimento di Mancino in questa storia è una pessima sceneggiatura giudiziaria messa in piedi da Ingroia per farsi pubblicità e per passare da nuovo eroe della lotta antimafia.
ma che sotto non ci sta proprio niente di serio.
e Brusca? non sbaglia nel dire che Riina gli fece il nome di Mancino “in quel contesto”: ma il contesto è appunto quello del rigetto delle richieste dei mafiosi, per cui si rende necessario “dare un altro colpettino” ammazzando anche il giudice Borsellino.
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oh, io ho detto la mia, rischi non ne corro, tanto questo post è lungo e non lo leggerà nessuno.
e comunque, ribadisco: proprio se questa ricostruzione è giusta, Napolitano non doveva parlare con Mancino e, appena saputo di essere intercettato, avrebbe dovuto rendere pubbliche le sue telefonate.
se devo essere sincero, l’unica cosa che mi fa dubitare di questa mia ricostruzione è proprio questa: che cosa aveva da temere Napolitano, se è così certo, come oggi lo sono io, che Mancino è innocente?
non è che mi sbaglio proprio io?
dico solo una cosa: per quanto poco, questa ricostruzione mi consola/ rassicura.
l’idea che Mancino, come figura istituzionale e -per quel poco che sento- come persona, fosse coinvolto non mi piaceva affatto.
certo, pure questa ha lo svantaggio di far sorgere molti dubbi su Ingroia…. peccato.
se hai seguito l’evolversi del mio pensiero su Ingroia, avrai visto che mi sono gradualmente convinto che è un perfetto imbecille.
e in questo caso non sono solo indizi: ci sono prove a decine, prove schiaccianti!
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