diversi. – borforismi [29]

2 febbraio 2013 sabato 16:57

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poche cose risultano contemporaneamente così facili e di soddisfazione per gli umani come la disapprovazione dei gusti sessuali altrui, se diversi dai propri.

* * *

e che dire se la disapprovazione diventa addirittura orrore e può addirittura scatenare un orgasmo omicida, con lapidazioni, impiccagioni o antichi sventramenti e uomini bruciati vivi?

quanti ricordano che la parola finocchio nasce dai semi di finocchio lanciati sulle carne che abbrustolivano vive in piazza per mitigare l’odore?

25 risposte a “diversi. – borforismi [29]

  1. Se così è, il primo che parla dice delle stupidaggini 🙂 E sono io a parlare per prima 🙂
    Ma voglio salvarmi subito e perciò dico che la vera innocenza è “impudica”. Dico anche che il “pudore” inventò
    il diverso per meglio godere della propria stupidità :-). Parlo di pudore perchè da piccola mi dicevano che è contrario al pudore avere gusti insoliti . E veniva ricordato dopo tre parole in latino, recitate in abito scuro.

    • quando dici che il “pudore” inventò il diverso per meglio godere della propria stupidità mi pare che siamo proprio nell’area problematica accennata qui sopra; solo che è detto meglio, con più poesia, e meno malanimo… 😉

      le tre “parole” (suppongo) latine quali erano?

      mi stupisce che nel tuo modello educativo si parlasse di gusti insoliti, anche soltanto per dirli contrari al pudore; in quello ricevuto da me non se ne parlava proprio; si parlava solo di un mondo educativo in cui essi non esistevano.

      solo che poi questi affioravano a sorpresa a scombussolare il bambino nei contesti più impensati, che per parte loro godevano poi di una incomprensibile leggerezza narrativa, del tutto incompatibile col silenzio censorio che ne aveva colpito la stessa possibilità di esistenza: ed era il menage a trois di un giovane ufficiale che abitava al piano di sopra con la sua sposina e un caro amico, le cavalcate ambigue della moglie del maresciallo col colonnello, l’emorragia rettale che aveva colpito un certo signore dopo che si era intrattenuto col suo segretario – stupore mio nell’apprendere che certi rendiconti potevano portare anche ad un ricovero d’urgenza in ospedale-, oppure la stupefacente ammirazione con cui un lontano parente parlava davanti a me bambino di maschioni negri ad un pranzo di nozze.

      lungo e periglioso fu il percorso che portò a scoprire che il mondo era pieno di gusti strani, e non mancò, neppure soggettivamente, l’orrore di cui si accenna qui sopra.

  2. Hai ragione, lui era ottimo prima di vestirsi di nero, una volta corrotto dall’abito, è diventato pessimo 🙂
    A pensarci bene ci doveva essere qualcosa di autobiografico, e così il pessimo era il prossimo, non lui.

    • l’equivalente del vecchio slogan “non fate la guerra, fate l’amore?” 🙂

      che, poi, a pensarci bene tanto pacifista non era.

      non mi piace molto considerare il sesso una valvola di sfogo: il sesso siamo noi.

      mi sembra come dire che noi siamo una valvola di sfogo di noi stessi. 😉

      • bhè, ma sarebbe vero: noi sfoghiamo noi stessi!
        (cioè, con quello che facciamo, sfoghiamo quello che abbiamo dentro).
        guarda che bel borforisma servito…

        comunque, potremmo essere più precisi parlando delle “reazioni al” sesso come valvola di sfogo.
        che poi, quel “fate l’amore non fate la guerra” nel nostro caso si rivelerebbe una “guerra all’amore” ben più violenta

        • continuo a pensare che il concetto di “sfogarsi” sia diverso da quello di “esprimersi”.

          forse se ci esprimiamo non abbiamo bisogno di sfogarci: mi pare che l’idea di sfogo nasca da una limitazione dell’idea di espressione.

          sul non fate la guerra, fate l’amore, oggi mi colpisce soprattutto la stupefacente identificazione per contrapposizione dei due concetti: ma sono passati quasi cinquant’anni, e non a caso.

          mi pare, lo accennavo nell’altra risposta, che lo slogan sessantottino contenga dentro di sé la stessa valenza che ritrovo in questa tua considerazione: cioè l’dea che il sesso, anziché una dimensione naturale della esperienza umana, sia una forza che erompe da un quadro di repressione, sino a diventare quasi un altro tipo di manifestazione di aggressività – naturalmente in tutta questa riflessione c’è un taglio decisamente al maschlle dell’idea di sessualità.

          se oggi dovessi tradurre lo slogan sessantottino, io direi: non siate scimpanzé, siate bonobo.

          ma è un po’ troppo elitario, vero?

          è chiaro che stiamo entrambi girando attorno alle basi di un futuro possibile borforisma, che forse emergerà a poco a poco, ma ancora non lo vedo maturo….

          • senza dubbio è differente.
            ma “sfogarsi” non è scelto a caso: da esattamente un senso quasi liberatorio di qualcosa che altrimenti sarebbe constretto dentro di noi.
            ovviamente sarebbe anche un mezzo per esprimerci.
            e probabilmente, come tu scrivi, se ci esprimessimo meglio e di più avremmo meno bisogno di sfogarci.

            parlo indirettamente, ma l’idea sessantottina probabilmente dipendeva da un contesto nel quale la repressione sessuale era la regola…

            • infatti, questo era proprio il quadro storico in cui si è sviluppato il Sessantotto, con un livello di repressione sessuale, ma dico “sessuale”? erotica, che oggi non è più neppure lontanamente immaginabile.

              negli anni Cinquanta vivevamo in Italia in una specie di repubblica sessualmente talebana, e come in tutte queste situazioni questo significava una ipocrisia sociale condivisa, dietro la quale pullulava una libertà di comportamenti forse più profonda dell’attuale.

              • oddio, non che la repubblica talebo-cristiana italiana sia migliorata di molto in materia sessuale da allora.
                solo, certi “vizi privati” sono diventati ancor più “pubbliche virtù” nel teatrino dell’osceno.
                schizofrenia interessante

                • interessante questa osservazione finale.

                  dalla società che nascondeva i vizi privati per esaltare le pubbliche virtù, alla società, nel giro di un secolo, che esalta i vizi privati trasformandoli in pubbliche virtù.

                  e dimmi se questo non è un borforisma ben riuscito! 🙂

                  • sul “Venerdì” di Repubblica c’era un interessantissimo articolo sul concetto di osceno in Giappone, la relativa censura e la diffusione di pratiche “estreme” e del sesso a pagamento.
                    se lo trovo, te lo copio.
                    però le similitudini con l’Italia sono davvero interessanti

                    • wow, mi piace molto questa apertura interculturale. 🙂

                      mi viene in mente L’impero dei sensi di Oshima, che è morto da poco.

                      aspetto…

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