dopo l’evasione di stato i marò indagati per spreco di pallottole – 141

occorre proprio avere uno stomaco di ferro per sorbirsi quel che passa il convento sui due marò accusati di omicidio in Kerala che l’Italia ha fatto evadere dagli arresti indiani, rimettendoci in cambio un ambasciatore preso in ostaggio, dato che aveva dato garanzia personale del rientro degli accusati.

oppure bisogna ammettere che oramai gli italiani dopo trent’anni di trattamento decerebrante con le televisioni berlusconiane sono un popolo incapace di intendere e di volere.

e lo so che è tedioso continuare a occuparsi di questa faccenda, ma che ci posso fare se la realtà supera la fantasia?

* * *

intanto, ora che ha riavuto i suoi marò, l’Italia ha deciso di processarli in proprio.

la Procura Militare di Roma indaga per i reati di “violata consegna aggravata” e “dispersione di oggetti di armamento militare”.

Il reato di dispersione di oggetti di armamento militare fa riferimento alla dispersione dei proiettili sparati dai due fucilieri di Marina. (La Repubblica)

insomma, per ora sono indagati per avere a vanvera usato i proiettili loro affidati.

forse verranno addirittura condannati a ricomperarli.

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purtroppo, fa sapere la Procura Militare, l’India non collabora…

“L’accertamento proverà a ricostruire quanto avvenuto, ma al tempo stesso molti dei controlli sono mancanti degli atti che non sono mai stati inviati dall’India. A cominciare dagli esami autoptici eseguiti sui cadaveri dei due pescatori; le perizie balistiche; le prove di sparo sulle armi prese a Latorre e Girone, e i resoconti dei testimoni indiani”.

la Procura Militare non è ancora sicura che si sia trattato di omicidio, forse…

ma la domanda possibile è soltanto questa: l’omicidio è stato volontario?

eppure basta informarsi: e la migliore trattazione della questione l’ho letta in questo sito: 

http://www.china-files.com/it/link/23029/india-il-caso-enrica-lexie

Nel rapporto consegnato in un primo momento dai membri dell’equipaggio dell’Enrica Lexie alle autorità indiane e italiane (entrambi i Paesi hanno aperto un’inchiesta) si specifica che Latorre e Girone hanno sparato tre raffiche in acqua, come da protocollo, man mano che l’imbarcazione sospetta si avvicinava all’Enrica Lexie. Gli indiani sostenevano invece che i colpi fossero stati esplosi con l’intenzione di uccidere, mostrando 16 fori di proiettile sulla St. Antony.

Gli esami balistici hanno confermato che a sparare contro la St. Antony furono due fucili Beretta in dotazione ai marò, fatto supportato anche dalle dichiarazioni degli altri militari italiani e dei membri dell’equipaggio a bordo dell’Enrica Lexie.

Staffan De Mistura, sottosegretario agli Esteri italiano, il 18 maggio 2012 ha dichiarato alla stampa indiana:

“La morte dei due pescatori è stato un incidente fortuito, un omicidio colposo. I nostri marò non hanno mai voluto che ciò accadesse, ma purtroppo è successo”.

* * *

ma, a proposito del mancato rientro in India dei marò, deciso dal governo italiano, sentite come dà la notizia Repubblica:

L’Italia contesta la posizione indiana, ritenendo il ritorno dei due marò in india “in contrasto con le nostre norme costituzionali” che prevedono il rispetto del giudice naturale precostituito per legge e il divieto di estradizione dei propri cittadini in paesi in cui vige la pena capitale per i reati contestati (art. 25, 26 E 111 della costituzione).

l’Italia si appella al divieto di estradizione dei propri cittadini per paesi in cui vige la pena capitale…

ma di che estradizione stiamo parlando? questi sono detenuti nelle carceri indiane in permesso straordinario…

qui l’estradizione non c’entra, c’entra semmai il fatto che l’Italia ha organizzato con un sotterfugio vile una evasione di due suoi cittadini arrestati e detenuti in India.

e se questo divieto di estradizione fosse valido, come mai la prima volta i marò sono stati fatti rientrare in India?

Fonti di governo hanno ribadito che “l’Italia è sicura di avere la giurisdizione sul caso”

abbiamo appena visto che non è così, e ieri anche l’Unione Europea si è sfilata, assumendo, ed è tutto dire, una posizione vagamente equidistante fra un suo membro e l’India: chi ha occhi ed orecchie per vedere ed intendere può farlo.

* * *

Le stesse fonti ricordano che l’incidente è avvenuto in acque internazionali, a 20,5 miglia dalla costa 

la cosa, in base ai Trattati internazionali vigenti, non ha nessuna importanza per negare la giurisdizione dell’India.

il 18 gennaio 2013 la Corte suprema indiana ha pronunciato un primo verdetto sul caso dei due marò, dichiarando che l’incidente del febbraio 2012 non è avvenuto in acque territoriali indiane” e quindi lo Stato del Kerala “non ha la giurisdizione” per processare i due soldati italiani.

il governo italiano sosteneva in base alle dichiarazioni dei marò e a non meglio specificate “rilevazioni satellitari”.che la petroliera Enrica Lexie era a 33 miglia nautiche dalla costa del Kerala, ovvero in acque internazionali, il che avrebbe dato diritto ai due marò ad un processo in Italia. 

secondo l’accusa del Kerala l’incidente si era invece verificato entro il limite delle acque nazionali.

secondo i dati recuperati dal GPS della petroliera italiana e le immagini satellitari, l’Enrica Lexie si trovava a 20,5 miglia nautiche dalla costa del Kerala, nella cosiddetta “zona contigua”, cioè entro il tratto di mare che si estende fino alle 24 miglia nautiche dalla costa, entro le quali, secondo il diritto marittimo internazionale, è diritto di uno Stato far valere la propria giurisdizione.

e con questo il discorso della distanza dalla costa è chiuso.

* * *

l’attenzione si sposta su un altro aspetto del ricorso avanzato dalla difesa italiana: secondo la legge italiana ed i suoi protocolli extraterritoriali, in accordo con le risoluzioni dell’Onu che regolano la lotta alla pirateria internazionale, i marò a bordo della Enrica Lexie devono essere considerati personale militare in servizio su territorio italiano – la petroliera batteva bandiera italiana – e dovrebbero godere quindi dell’immunità giurisdizionale nei confronti di altri Stati.

La legge indiana dice invece che qualsiasi crimine commesso contro un cittadino indiano su una nave indiana – come la St. Antony – deve essere giudicato in territorio indiano, anche qualora gli accusati si fossero trovati in acque internazionali.

A livello internazionale vige la Convention for the Suppression of Unlawful Acts Against the Safety of Maritime Navigation (SUA Convention), adottata dall’International Maritime Organization (Imo) nel 1988, che a seconda delle interpretazioni, indicano gli esperti, potrebbe dare ragione sia all’Italia che all’India.

la Corte Suprema dell’India ha stabilito che i due marò non possono godere dell’immunità sovrana,  dato che non stavano svolgendo una missione propriamente militare statale, eventualità che avrebbe di fatto accordato automaticamente la giurisdizione all’Italia, e ha precisato che il governo federale dell’Unione indiana può esercitare la propria giurisdizione sul caso.

la Corte suprema ha stabilito che il suo capo assieme al governo centrale indiano doveva costituire una Corte speciale che doveva prima di tutto decidere chi avrebbe avuto la giurisdizione, se l’Italia o l’India.

* * *

L’avvocato difensore dei due marò si era dichiarato “molto soddisfatto” della sentenza e il governo aveva emesso un comunicato ufficiale: 

“L’Alta Corte ha riconosciuto che i fatti avvennero in acque internazionali – non è vero! la Corte suprema non ha detto che i fatti avvennero in acque internazionali, bensì che “non avvennero in acque territoriali indiane”.  e che la giurisdizione non era della magistratura locale del Kerala (…).  Il Governo prende atto che la valutazione sulla giurisdizione dovrà essere elaborata da un Tribunale speciale, non ancora costituito. Ed è fiducioso che la magistratura e le istituzioni federali indiane opereranno nel pieno rispetto delle leggi internazionali che riconoscono l’esclusiva giurisdizione dello ‘Stato di Bandiera’ sulle navi operanti in acque internazionali. 

a questo punto qualcuno ci spiega in base a quali considerazioni o a quali esigenze, per non dire in base a quale do ut des e con chi, è stata fatta da Monti questa scelta scellerata?

13 risposte a “dopo l’evasione di stato i marò indagati per spreco di pallottole – 141

  1. Il Paese di Pulcinella:
    E’ notizia di oggi che i due Marò, visto che gli Indiani si sono incazzati così tanto, hanno sequestrato il nostro ambasciatore e minacciano di fare sfracelli, beh, allora, glieli possiamo anche rimandare. Così hanno deciso Monti & C., alla fine.
    Tipico comportamento italico, da banderuole che girano al mutar della brezza…
    —–
    Io direi agli intelligentoni della Farnesina e dei servizi di intelligence militari (sic !):
    Alla buon’ora !
    Non potevate risparmiarvi, e risparmiarci tutta questa pantomima ?
    Il mio senso di orgoglio patrio, già bassissimo, è sceso al di sotto di quota zero, dopo questa misera storia.

    • è evidente ad ogni persona che applica una anche moderata intelligenza la disfatta diplomatica del nostro paese dovuto al solito pressapochismo disonesto e pasticcione.

      mi ritrovo con le tue riflessioni che coincidono con quelle fatte da me nel post scritto ieri sera e che ho potuto pubblicare solo poco fa.

      siccome l’India ha sinora dimostrato in questa vicenda di saper fare dei processi seri, temo quello che potrà ulteriormente venire fuori ora al processo indiano per l’immagine internazionale del nostro paese.

  2. una perfetta continuita’ nella solita italica caotica gestione.

    nella prima guerra mondiale pur essendo assolutamente impreparati sono stati mandati al massacro centinaia di poveretti…..pedine nelle mani di quell’autentico criminale quale era cadorna.

    nella seconda la dice tutta il fatto che i fanti inviati in Russia avessero gli scarponi con le suole di cartone pressato.

    riguardo questi due poveracci,dato che l’india ha fatto bauu bauu…subito le nostre autorita’,con il solito italico “qui lo dico qui lo nego”…li ha rispediti indietro.

    che paese di merda….!!!

  3. @Edoardo
    Beninteso: io non è che sia contrario al rientro in India dei due Marò in soggiorno provvisorio in patria per il voto del 24 febbraio scorso.
    Non doveva nemmeno porsi la questione se farli restare In Italia, questo è il punto.

    Una volta preso l’impegno formale, sottoscritto dal nostro ambascatore, di farli tornare dopo un mese, lo si sarebbe semplicemente dovuto rispettare, non aspettare che gli Indiani sollevassero la crisi diplomatica, sequestrassero l’ambasciatore italiano e minacciassero ritorsioni economiche.

    Non ne faccio questione di “pavidità”, come sembri accennare tu (ma forse fraintendo).

    Ne faccio questione di semplice rispetto delle regole. Di “fair play”, se vuoi.
    Cosa sconosciuta dalle nostre parti.

  4. non sono ferrato riguardo la giurisprudenza sulla “zona contigua”, ma ricordo bene che queste non sono acque territoriali. ed in acque internazionali lo Stato di bandiera della nave può far valere la propria giurisdizione, come previsto dal cp. italiano.
    la zona continua, è di fatto acque internazionali, non territoriali di uno Stato, anche se questo vi può far valere la giurisdizione.
    di qui il conflitto.

    addirittura, se proprio dovessimo essere pignoli nell’interpretazione della Convezione di Montego Bay che le regola (art. 33), mi sentirei di sostenere che la giurisdizione dello Stato non è necessaria (“may exercise”) e comunque limitata solo ad alcuni ambiti (“customs, fiscal, immigration or sanitary laws”).
    http://www.admiraltylawguide.com/conven/unclospart2.html

    fatte queste precisazioni, ovviamente ho già detto che la scelta dell’italia è stata pessima come “tattica” e come tempistica.
    ora viene fuori che era per evitare la pena di morte… un amico indiano mi dice che si sarebbe applicata solo in casi straordinari, chissà.
    certo, se da un lato far rientrare i marò può essere un buon segno, dall’altro dimostra poca coerenza… in ogni caso, non ne usciamo bene.
    soprattutto, grave che l’inchiesta italiana non includa ancora l’omicidio.

    • dalle notizie del mio post di ieri (pubblicato poco fa per problemi di connessione) pare che ci sia una inchiesta militare che indaga per i motivi detti qui sopra, ma anche una inchiesta civile che indaga per omicidio.

      quindi, a fronte di un conflitto fra il Codice Penale italiano che prevede la giurisdizione italiana e quello indiano che prevede quella indiana, saggio sarebbe stato esercitare una tacita diplomazia per assicurare un processo trasparente e lasciarlo fare agli indiani, anziché provare ad applicare una sorta di “civis romanus sum”e rivendicare una sorta di ius sanguinis anche nella valutazione dei delitti..

      perché vorrei tanto sapere se avessimo processato noi i marò e fosse risultato provato l’omicidio volontario, che cosa avremmo potuto fare? dargli comunque la medaglia al valore?

      • credo esista una specie di pregiudiziale, se non un vero e proprio principio diplomatico (una prassi?) secondo la quale i militari sono processati dal paese di appartenenza.
        in fin dei conti, ogni Stato cerca di processare i propri cittadini -anche per reati commessi all’estero e sottraendoli alla giurisdizione dello stesso quanto più possibile.
        c’è una sorta di diffidenza verso i giudici stranieri ed il bisogno inconscio di attenersi a procedure e garanzie “di casa”.
        quindi non mi sembra scandaloso che si voglia portare avanti il procedimento in Italia. tanto più che assicurarsi di un “fair trial” in India non sarebbe stato facile…

        quanto alla tua ipotesi, mi sembra un pò difficile: non credo che un pm nostrano (militare o civile) avrebbe azzardato l’omicidio doloso. certo, se questo dovesse accadere e si dovesse arrivare ad una condanna, sarebbe di grandissimo imbarazzo per la nostra diplomazia e per le forze armate….

        • certo: dove si tratta di spedizione militare in senso proprio, ogni paese giudica i propri militari.

          ma qui non c’è una spedizione militare dell’Italia contro l’India, mi pare…, né contro alcun altro che non sia il buon senso o la legislazione internazionale sul tema.

          siamo al delirio situazionista messo in piedi da Berlusconi, e ad un tipico esempio di conflitto di interessi: l’Italia mette a disposizione dei propri armatori del personale militare, pagato dai contribuenti italiani, per garantire la loro libertà di navigazione.

          poi pretende che gli altri paesi considerino questo personale militare in missione nazionale, cosa evidentemente impossibile.

          peggio: mette i nostri militari in balia degli armatori privati.

          questo (vedi commento precedente) ha deciso di consegnare i marò all’India, fregandosene del parere contrario della Marina.

          probabilmente lo ha fatto per incassare il risarcimento dell’assicurazione per il blocco della nave di tre mesi.

          in sostanza, l’Italia manda i propri marinai in ostaggi degli armatori italiani, prima ancora che dell’India…

          però quel che dici è una esemplificazione da manuale della difficoltà dell’Italia di rapportarsi con la modernità, he pure è un tema che ti è molto caro.

          non lo riconosci qui? vogliamo la giustizia fatta in casa, a umma a umma, perché è l’unica che sappiamo gestire.

    • ho sempre detto che il testo di riferimento su questa situazione è la Convenzione di Roma del 1988.

      Fai clic per accedere a Convenzione_repressione_pirateria.pdf

      CONVENZIONE PER LA REPRESSIONE DEGLI ATTI ILLECITI CONTRO LA SICUREZZA DELLA
      NAVIGAZIONE MARITTIMA (ROMA, 10 MARZO 1988)

      Articolo 3
      1. Commette un’infrazione penale chiunque illecitamente ed intenzionalmente: (…)
      b} compie un atto di violenza nei confronti di una persona che si trova a bordo di una nave, se
      questo atto è idoneo a compromettere la sicurezza della navigazione della nave;

      – uccidere il timoniere di una barca da pesca mi pare rientri nella definizione; rimane da accertare se questo è avvenuto intenzionalmente –

      Articolo 4
      1. La presente Convenzione si applica se la nave naviga o se, secondo il suo piano di rotta, deve navigare in acque, attraverso acque o in provenienza da acque situate al di là dei limiti esterni del mare territoriale di un solo Stato, o nei limiti laterali del suo mare territoriale con gli Stati adiacenti.

      Articolo 6
      1. Ogni Stato parte prende le misure necessarie per affermare la sua giurisdizione ai fini di giudicare delle infrazioni previste all’articolo 3 quando l’infrazione è commessa:
      a) contro o a bordo di una nave che, al momento della commissione dell’infrazione, batte la
      sua bandiera;

      – e qui il discorso è chiuso con l’evidenza del pieno diritto dell’India di giudicare di un atto commesso contro una nave battente una sua bandiera, cioè il peschereccio indiano.

      ma aggiungo ancora qualche ulteriore articolo di contorno.

      Articolo 8
      1. Il comandante di una nave di uno Stato parte (lo “Stato della bandiera”) può consegnare alle
      autorità di ogni altro Stato parte (lo “Stato di destinazione”) ogni persona quando abbia serie ragioni di credere che abbia commesso una delle infrazioni previste all’articolo 3.

      – eccoci al punto cruciale: è proprio quello che ha fatto il capitano della nave italiana, che ha consegnato i marò agli indiani.-

      2. Lo Stato della bandiera fa in modo che il comandante della sua nave sia tenuto, quando ciò sia praticabile e se possibile prima di entrare nel mare territoriale dello Stato di destinazione con a bordo una persona che intende consegnare ai sensi del paragrafo 1, di notificare alle autorità dello Stato di destinazione la sua intenzione di consegnare tale persona e le ragioni che giustificano tale decisione.

      – è quello che il capitano della nave italiana ha fatto, appunto.

      4. Lo Stato della bandiera fa in modo che il comandante sia tenuto a comunicare alle autorità dello Stato di destinazione gli elementi di prova relativi all’infrazione presunta che sono in suo possesso.

      5. Lo Stato di destinazione che ha accettata la consegna di una persona ai sensi del paragrafo 3
      può a sua volta domandare allo Stato della bandiera di accettare la consegna di questa persona.

      – può, ma l’India non lo ha fatto, come era in suo diritto di fare –

      Articolo 7
      1. Se ritiene che le circostanze lo giustifichino e in conformità della sua legislazione, ogni Stato
      parte sul territorio del quale si trova l’autore o l’autore presunto dell’infrazione assicura la detenzione di questa persona o prende tutte le misure necessario per assicurare la sua presenza durante il
      periodo necessario all’avvio di una azione penale o di una procedura di estradizione.
      2. Tale Stato procede immediatamente ad un’indagine preliminare allo scopo di accertare i fatti, ai sensi della propria legislazione.
      3. Ogni persona contro la quale sono state prese le misure previste al paragrafo 1 del presente articolo ha il diritto:
      a) di comunicare senza ritardo con il più vicino rappresentante ufficiale dello Stato del quale è cittadina o che è altrimenti abilitato a intrattenere questa comunicazione, o, se si tratta di un apolide, dello Stato sul cui territorio ha la residenza abituale;
      b) di ricevere la visita di un rappresentante di questo Stato.
      4. I diritti previsti al paragrafo 3 sono esercitati nel quadro delle leggi e dei regolamenti dello Stato sul territorio del quale si trova l’autore o l’autore presunto dell’infrazione, restando inteso tuttavia che queste leggi e regolamenti devono permettere la piena realizzazione dei fini per i quali sono stati accordati i diritti in virtù del paragrafo 3.
      5. Quando uno Stato parte ha assicurato la detenzione di una persona in conformità delle disposizioni del presente articolo, comunica immediatamente la detenzione e le circostanze che la giustificano agli Stati che hanno affermato la loro giurisdizione ai sensi del paragrafo 1 dell’articolo 6 e, se lo ritiene opportuno, a tutti gli altri Stati interessati. Lo Stato che procede all’indagine preliminare, prevista al paragrafo 2 del presente articolo, ne comunica rapidamente le conclusioni a tali Stati e indica loro se intende esercitare la sua giurisdizione.

      • massì, che il problema di fondo fosse la “consegna” dei marò all’India immediatamente dopo i fatti è chiaro.
        ti ho risposto solo sul punto specifico della zona contigua

        • mi pare evidente che il problema della zona contigua è completamente superato da questa convenzione internazionale per la lotta alla pirateria.

          la cosa grottesca è che questa legislazione internazionale si ritorce contro di noi, in questo caso; avevo scritto un anno fa un post per dire che i veri pirati nell’episodio sono stati i marò.

          alla luce delle definizioni date, questa non è una affermazione sarcastica.

          la Convenzione dimostra il fermissimo diritto dell’India di agire come ha fatto.

          e ora incrociamo le dita e aspettiamo quel che uscirà al processo: per ora gli indiani hanno smantellato senza difficoltà tutte le bugie dei due marò.

          (salvo che la stampa italiana nasconde le notizie…)

          ma fino a che punto hanno mentito?

          e soprattutto, come mai non hanno usato le armi di ordinanza, ma altre che non erano autorizzati ad usare?

          negando poi di avere sparato col fatto di non avere usato le armi in normale dotazione?

          la vedo bruttissima, red.

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