ritorno, forse mancato, da Madrid – 144

mi risveglio, dopo i lunghissimi sonni dei giorni scorsi, credendo di essere tornato da Madrid, ma con un frammento di sogno nella testa di nuovo lucida, si fa per dire, del ritorno alla quotidianità.

da rigido consumatore della mente raziocinante, escludo normalmente i sogni dalla mia coscienza vigile: quindi il ritrovarmi per caso con un gruppo nella parte alta di un altissimo palazzo in cima al quale abita lei, la scrittrice leccese, e pensare che sarebbe carino fare un salto a trovarla, mi fa capire di essere ancora a Madrid, di non essere tornato.

facciamo conto che sia soltanto incidentale che lei mi risponda al cellulare di no, che preferisce non vedermi, quando sente che non sono da solo, dice che è troppo arruffata per farsi vedere, e che a questo punto io preferisca svegliarmi, piuttosto che gestire questa frustrazione con le deboli forze di un io sopraffatto dal sogno.

* * *

naturalmente può sembrare soltanto stupidamente narcisistico che io inizi in questo modo un post che vorrei dedicato ai miei sei giorni madrileni appena finiti (forse), ma che non so esattamente dove andrà a finire, anche se ne ho già scritto una parte ieri all’aeroporto di Saragoza, e ora vado a incollarla qui sotto.

ma nella vita non tutto è come ci si aspetta, neppure Madrid a me è sembrata come me la immaginavo, ad esempio alla fine mi ha colpito per la modestia delle dimensioni del suo nucleo antico, o almeno di quel pochissimo che si riesce a identificarci, e per una dimensione di metropoli sforzata, per non dire mancata del tutto.

figuratevi allora quanto siamo padroni dei post perfino noi che li scriviamo, pensando di inventarli, e invece qualcuno ce li detta; e non è detto che voglia che noi sappiamo quello che vuole dire.

pensate che follia sarebbe, se non fosse così, che un blogger particolarmente presuntuoso si sentisse in dovere di sparare giudizi su questa città, in cui è vero che ha appena trascorso sei giorni, ma in mezzo a incombenze diverse e stravolto da un sostanzioso bisogno di dormire che gli è sempre sembrato inspiegabile,

adesso soltanto crede di capirlo, che è tornato fuori dal cerchio magico madrileno e comincia a a sospettare una cosa che non aveva neppure immaginato fino a che non si è risvegliato dopo il sogno di stamattina.

* * *

Madrid è prima di tutto un bisogno di dormire, forse di sognare.

forse ha Goya dentro di sé, col suo sonno della ragione, col suo sogno della ragione.

con l’ambiguità, con la frattura in due parti inconciliabili, che spicca perfino dalla stessa pronuncia del suo nome: che fa “goia”, come pronunciamo noi italiani, nell’audioguida in italiano del Museo, ma fa Goja, con quella specie di sc strascicata spagnola che noi non abbiamo nella nostra fonetica, quando lo pronuncia il commesso.

insomma, forse è stato Goya, oppure un sorprendente Goja pronunciato alla spagnola, la guida segreta delle mie camminate e dei miei lunghi sonni a Madrid.

* * *

ma ieri, cominciando a preparare il post, non intendevo certo parlarvi di questo, non sapevo che mi aspettava un frammento di sogno per scombussolare quel che avevo cominciato a scrivere, volevo soltanto parlare di una capitale che mi era apparsa ben più modesta di quel che immaginavo e della quale non avevo colto certe dimensioni segrete, se non razionalmente, cioè molto frammentariamente.

e il mio post su Madrid aveva cominciato a germogliare molto naturalmente da uno scambio di battute con marta, la blogger dolce e sentimentale di tramedipensieri (le sue parole in corsivo):

un abbraccio da Madrid, cara marta 

ricambio, carissimo…salutami il palazzo di cristallo… lo adoro!
buona permanenza! :) ciao
marta

parli della “cattedrale di cristallo” al parco del Retiro? ci sono passato stamattina, se sapevo le mandavo un bacio da parte tua…

Sì, esatto!
Chissà che bellezza…vi era qualche esposizione d’arte contemporanea o altro?

ero in gruppo, avevamo un appuntamento e ho potuto vederla solo da lontano, ma ho fatto una rapida deviazione personale, per fotografarla almeno un poco più da vicino: da lì sembrava vuota, ed era come l’apparizione di un sogno in mezzo agli alberi.

E’ incantevole. Sarà è sempre nel mio cuore.

appena a casa penso che dedicherò un post a Madrid. mi piacciono queste suggestioni che mi mandi…

Leggerò volentieri quanto le sensazioni di Madrid sapranno offrirti…

con Madrid nel suo insieme, invece, il rapporto è stato più tormentato.

Sai come fare, no? Estraniati da Madrid nel suo insieme… e rapportati con il particolare. 

grazie di questa risposta: mi pare che sia proprio la chiave per capire questa città… 

* * *

Forse questo suggerimento di Marta è il più adatto, forse bisogna guardare Madrid come un accostamento di tante realtà indipendenti fra loro più casuale del solito, più ancora che in qualunque altra città.

Parco del Retiro, Accademia, Palazzo Reale, Cattedrale, Plaza Mayor, Gran Via, stadio Bernabeu, Plaza de Toros, El Prado.

Tutte queste realtà del mio soggiorno madrileno sono risultate indipendenti fra loro e come accostate disordinatamente: tutto privo di un filo conduttore, se non vogliamo vedere come tale il monumentalismo retorico e barocco, per non dire addirittura isterico, che viene sparso in abbondanza nelle piazze, nei giardini, in cima alle facciate dei ministeri e perfino dei palazzi di un secolo  fa, che stanno per diventare grattacieli, e però tutto questo bronzo è incapace di unificare le diverse anime di Spagna.

* * *

Non basta, però, che la normale frantumazione della città moderna in settori diversi qui sia più percepibile del solito; si ha forte l’impressione che lo stesso meccanismo riguarda al suo interno perfino ciascuna di loro, che a sua volta si disperde in realtà sconnesse e indipendenti fra loro.

Parco del Retiro: e dentro ci sta un laghetto con i pedalò, sulle cui sponde si impone un monumento vacuamente ridondante, e poco distate il Palazzo di Cristallo, appunto, ma poi ci stanno gli scoiattoli, dei rigagnoli artefatti che sembrano cinesi, la Casa della musica, i saltimbanchi e qualche musicista di strada: tutto normale, si direbbe, non sono così tutti i parchi del mondo? Eppure no, qui ogni elemento rimane staccato e non forma un insieme.

La cosa è ancora più evidente nei Musei: prendete il Prado, con le sue opere grandiose sparse disordinatamente nelle sale senza un criterio conduttore: non solo non vi è un ordine né cronologico, né geografico né tematico, perfino opere dello stesso pittore sono sparse in sale diverse anche distanti fra loro.

Non deve essere casuale questo fatto, perché ritorna anche al museo intitolato alla Regina Sofia, dedicato all’arte contemporanea, con poche varianti: si deve salire al secondo piano per iniziare il percorso con l’inizio del Novecento e per l’arte della prima metà del secolo, ma poi, per continuare si deva andare al quarto piano per l’arte 19445-68, e ci si disperde subito: le sale sono infatti disposte con una numerazione a scendere, cioè in ordine inverso a quello cronologico; e alla fine ci si arrende al disordine.

* * *

Madrid o del disordine, dunque: la città appare come la patria originaria di una disorganizzazione che fa apparire tedeschi noi italiani, al confronto; e non si capisce come facciano a funzionare i metrò, allora.

ma nello stesso tempo su questo disordine si innestano delle geometrie immense ed autoritarie: degli Escorial ripetuti che tentano vanamente di dare un’immagine di razionalità su un sottofondo di nevrosi barbariche, di cui parlano la sanguinolenta corrida oppure il museo al tifo sportivo per il Real Madrid, che è ospitato nello stadio Bernabeu.

la ragione e i deliri della mente sono in lotta fra loro non solo nelle incisioni di Goya, ma in tutta Madrid, città neuropatica come un film di Almodovar.

e il suo stesso razionalismo è malato: guardate bene il Palazzo Reale, ad esempio, con le sue geometrie dilatate sul bordo di una specie di inquietante precipizio: vedete che non è simmetrico come sembra? notate che il lato lontano dal precipizio è più denso e ha come una piccola ala secondaria che è come il gancio per non farsi trascinare dal vuoto?

avete visto che la compostissima cattedrale di fronte ha una cripta inquietante di oscurità maltrattenute di sotto, ed è una specie di chiesa parallela dell’inquietudine infernale che nega la luminosità, che vorrebbe farsi credere appagata, di quella di sopra?

* * *

La contraddizione di due modi opposti di sentire la vita riguarda la città nel suo insieme, 

Quartieri ottocenteschi circondano la più antica Plaza Maior, dove però gli affreschi sul palazzo più importante sembrano puro Liberty, e la cosa neppure disturba il ritmo delle solenni arcate classicheggianti che circondano uno spazio dove un paio di artisti di strada producono bolle di sapone mostruosamente grandi, da far inseguire ai bambini e agli obiettivi per le fotografie digitali: metti mai che per un gioco del caso ci uscisse una immagine alla Bosch, di una grande bolla si sapone dove stare rinchiusi dimenticando le sofferenze della vita là fuori.

cliccatori seriali: tutti illusi di riuscire con la macchina a fare quel che riuscì a Velasquez nelle Meninas, cioè a fare di un’immagine da quadro un film, e portare il tempo di una storia dentro una raffigurazione statica.

qualche chiesa o convento emerge casualmente nel tessuto urbano: quasi subito incombe la modernità sempre sopra le righe per questi bronzi debordanti.

le banche sembrano più magniloquenti del solito, ma gruppi di manifestanti rivestiti di verde protestano, mentre dalle edicole grondano come gelida pioggia marzolina i titoli sugli scandali politico-finanziari che affossano anche questo paese: gli indignados, questo pomeriggio pochi e di mezza età, indossano dei cappellacci conici altissimi, colore smeraldo, che per il resto sono identici a quelli neri di qualche confraternita della buona morte che assiste in un quadro di fine Ottocento all’ultimo garrotamento pubblico a Barcellona di un indignado di un secolo fa.

* * *

Madrid che ha il problema di essere meno metropoli di quel che vorrebbe, al centro dei lividi deserti che la separano da Saragoza o Salamanca, e sono vuoti di senso, inquietanti come un silenzio nel buio.

per quale mistero della Storia questo vuoto è stato per un paio di secoli la principale potenza europea e fino a un secolo fa una delle principali potenze mondiali?

Madrid non saprebbe rispondere: dovrebbe riconoscere che il fondamento della sua potenza è stata la ferocia coloniale che la portò a cancellare la storia di un continente per saccheggiarne le ricchezze di metalli preziosi e riempirlo delle sue cattedrali cattoliche.

cattolicesimo e barbarie, teologia figlia di un razionalismo tomistico e malato, inquinato dagli autodafé della modernità che ancora quarant’anni fa facevano garrotare gli anarchici e quarant’anni prima fucilare Garcia Lorca, e crudeltà che continuamente germoglia da quel deserto scandito da qualche Escorial.

ecco Guernica, che ricorda per sempre la Spagna che si massacra da sé grazie all’aiuto dell’aviazione nazista che sperimenta il primo bombardamento a tappeto di civili della Storia nella guerra civile tra le sue due anime mortalmente nemiche e in fondo sorelle, ed è un quadro diviso tra un espressionismo quasi insopportabile emotivamente e la ricerca di un classicismo compositivo che lotta contro la sofferenza per regolarla.

* * *

ecco allora che mi sono risvegliato, angosciato senza saperlo, di ritorno da Madrid, scoprendomi madrileno anche io, e dissestato da questa città, che ha lacerato l’equilibrio apparente dentro di me tra paure e speranza, emozioni e ragione. 

di qui certamente il tanto dormire.

ed ecco perché aveva ragione marta nel dire che a questa angoscia madrilena si sfugge in un modo solo, che è dimenticare il tutto e guardare soltanto al dettaglio.

il dettaglio può essere appunto il fragile Palazzo di cristallo che marta adora di questa città e che così poco ad essa somiglia, se non per essere uno dei suoi tanti cuori segreti e quello che forse assomiglia di più a chi madrileno non è o almeno non vorrebbe essere.

22 risposte a “ritorno, forse mancato, da Madrid – 144

  1. Scuoto la testa…e lascio un commento visto che mi hai “tirato in ballo” 🙂

    Quando vado in una città dove non sono mai stata non ho l’abitudine di informarmi in modo approfondito ma solo qualche indicazione, una piccola traccia.
    Il resto mi piace apprenderlo e conoscerlo sul posto. Come una caccia al tesoro.
    Che di questo tesoro, per me, è l’aria che si respira in quel momento e come io, la respiro.

    E’ una città di rappresentanza. Non vi ho trovato calore, se non nello splendido modo di camminare mano per la mano di tanti ragazzi gay in tutta naturalezza cosa che molte coppie di sesso opposto non fanno.
    Ma questa è una mia opinione…

    In base al mio sentire è stato proprio nel “palazzo di cristallo” (lo chiamo palazzo e non cattedrale..poichè la parola cattedrale l’associo al deserto e mi fa freddo..) che mi sono emozionata. Un’isola di tranquillità, per quanto raffinata…ma con un gioco di luci spettacolare.
    Seduta su una panchina ad osservarla per un ora.
    E solo dopo sono entrata all’interno.
    All’interno ….mi hanno abbracciano fasci di luce, mille rifrazioni.

    Sentirsi protetta ed esposta contemporaneamente…una stranezza simile non l’avevo mai provata.

    Certo è che non ho fatto una analisi come l’hai fatta tu pur avendo visitato più o meno gli stessi luoghi.
    Porto via solo ed unicamente le emozioni che una città ha saputo donarmi.
    E come io l’ho accolta.

    Buona domenica
    .marta

    • ciao, marta, ma perché scuoti la testa?

      chissà se sono stato io a tirare in ballo te o non piuttosto viceversa… 🙂

      mi hai dato lo spunto che ha ricondotto ad unità le osservazioni sparse; neppure io mi sono informato per nulla prima di questo viaggio; ho avuto la fortuna che mi venisse organizzato, per motivi di lavoro, praticamente in tutti i dettagli, e fra l’altro in modo molto efficiente e professionale.

      capisco adesso che posso avere dato l’impressione di esibire in qualche modo la mia cultura: rigirerò il coltello nella mia piaga per dire che, a differenza di quando viaggio in qualche paese che conosco poco (metti il Myanmar, da ultimo, o Giava che mi attende il mese prossimo), questa volta non mi sono preparato affatto (anche volendo non avrei avuto tempo).

      quindi trovo molto appropriato il tuo metodo della caccia al tesoro, e anche quando vado in un paese che non conosco per nulla cerco di attenermici anche io il più possibile, anche se una spolverata iniziale era inevitabile.

      questa era la prima volta che andavo a Madrid, ma non in Spagna: per la Spagna era la quinta volta, per me.

      tu la definisci città di rappresentanza: azzeccatissimo; povera di calore.

      i ragazzi gay che camminano tenendosi per mano io non li ho visti; forse la nostra città appartiene a stagioni diverse; quindi neppure questo tipo di calore c’era; la gente mi è parsa tesa e preoccupata, e capisco anche perché.

      il “palazzo di cristallo” si chiama davvero così. è stato solo uno dei miei accompagnatori che l’ha definito, sbagliandosi evidentemente, “cattedrale di cristallo”: però la definizione potrebbe adattarsi alla forma dell’edifico, che è una grande serra a forma di croce, ma potrebbe anche essere davvero una fragilissima cattedrale nei tempi della modernità.

      beata te che hai potuto osservarla ed entrarci anche…, io ho potuto solo intravvederla di corsa, ma potendo credo che avrei fatto altrettanto…

      grazie ancora, carissima.

      • Leggo: “non accontentarti di leggere e scuotere la testa, lascia un commento, se ti va 🙂 ” e io ho lasciato un commento scuotendo la testa… 😉

        Mai notato una qualche esibizione nei tuoi post.
        Ognuno è quel che è, quel che ha visto, viaggiato, conosciuto, studiato…in una parola vissuto.
        Forse l’ho fatta troppo lunga io, nel mio commento.
        Ho viaggiato pochissimo e, insomma visto che a Madrid c’ero stata ho ricordato questo bellissima “gabbia di vetro”.

        Buona serata
        grazie
        .marta

        • ah, ora ho capito meglio…, ma io dicevo di NON scuotere la testa e di rispondere; tu hai fatto tutte e due le cose e va bene così, dato che hai fatto osservazioni precise, che continui a sottovalutare, e che non ho trovato per nulla prolisse, anzi.

          cara marta, penso di avere più o meno il triplo dei tuoi anni e alla tua età ero stato solo a Jesolo e Lignano, a parte le gite scolastiche al massimo in Umbria… 🙂

          non tirarti indietro ed abbi più fiducia nelle tue capacità, se ti va di accettare un consiglio: i viaggi verranno e la sensibilità per viverli con intelligenza c’è già.

          • Carissimo (se posso permettermi…) io non ho mai detto la mia età per il semplice fatto, forse sbaglio, che non mi piace essere “richiusa” con dei numeri.
            Mi sento definita in questa modo…non saprei spiegarti meglio (come vedi non è che sappia scrivere bene).
            Potrei avere poco meno della tua età…o, come tu hai detto, tre volte meno.
            Che importa..alla fine se si riesce a condividere, colloquiare etc.

            Nel mio piccolo ho viaggiato. Il viaggio più lungo, e unico…oltre oceano è stato in Australia.

            Non mi tiro indietro. Non l’ho mai fatto a me viaggiare piace moltissimo. Tra un gioiello, per dire…ed un viaggio scelgo senza alcun dubbio quest’ultimo.
            E’ la possibilità economica che manca, anche…

            • anche secondo me è particolarmente bello un dialogo che supera le limitazioni della differenza di età, se ci sono, carissima marta, e mi considero fortunato di avere diversi commentatori molto giovani, con cui riesco a dialogare benissimo; nella vita reale questo risulta più difficile.

              fai bene a non dire la tua età, se questo ti pesa o ti limita in qualche modo; del resto sei una signora che ha questo privilegio; io invece preferisco dichiararli i miei anni, mi sembrano una parte decisamente importante di quel che sono, anche se non di quel che mi sento.

              in Australia sono stato anche io una volta, a trovare una giovane figlia che è stata là più di due anni per lavoro ed è stato in assoluto il mio viaggio più lungo…

              vedi che in questo almeno coincidiamo, e non solo per l’amore per viaggiare…

              per il resto forse dovrei fare più post per spiegare come si possa viaggiare spendendo poco o niente.

              nel 2009 sono stato in India 5 settimane, girando per 6.000 km sui mezzi pubblici, visitando monumenti spesso con tariffe di ingresso esose per gli stranieri, ospitato una notte soltanto da un amico conosciuto anni prima, e in tutto ho speso 525 euro, più 600 di aereo.

    • sei sicura che si trattasse di luisa? non hai altre ipotesi? 😉

      inconsueto, sì, ma rimane sempre qualche difficoltà con l’occidente (a meno che non sia almeno a sud del Mediterraneo…)

  2. beh, sei diventato spagnolo (“La vida es sueno”) in un batter di ciglia, invece.
    Inoltre hai indovinato il fatto che se uno mi viene a trovare non mi deve MAI trovare in pigiamone e senza trucco, occorre avvisarmi prima (non moltissimo ) ahahahah ah!
    Frammenti di sogno, sogno lucido, alterazioni dello stato di coscienza se pur minimi…è il mio elemento. d’altronde il continente sudamericano, di cultura spagnola, è la madre delle trances più formidabili, insieme all’africa.
    Ben tornato!!!

    • si parlava poco fa con quell’altra marta che è mia figlia, guardando velocemente le mie molte foto madrilene, della creatività spagnola, e mi piacerebbe che qualcuno riuscisse a spiegare da dove viene la creatività latina e in che cosa quella italiana è diversa da quella spagnola o sudamericana….

      altri frammenti più piccoli di sogno mi hanno inseguito anche stamattina, prima che io riuscissi a buttarli via e a cancellarli dalla coscienza.

      ovviamente non mi è oscuro il significato simbolico della lunga ascesa verso di te, ma mi domando come mai lo stessi facendo in compagnia: forse dei blogger?

      quindi, tu dici che Madrid ha riaperto qualche forma di comunicazione col mio inconscio?

      potrebbe essere con tutti quei quadri del Prado dove l’oscuro si agita in mille modi. 😉

      la Spagna è tragica, quindi scuote l’inconscio…

    • ah scusa, dimenticavo.

      se credere che la vita è sogno significa essere spagnolo, come trascurare il sottotitolo di questo blog, allora: perché vivere la vita se basta sognarla?

      virtuale reale, onirico e storico, fantasmatico e politico da lungo tempo si intrecciano nella mia mente e non so se l’esito è una guerra o un abbraccio.

      ben ritrovata nei commenti e altrove… (ma ti rispondo più tardi)

non accontentarti di leggere e scuotere la testa, lascia un commento, se ti va :-)

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