i sovrumani corridoi del tempio della dea Sri Menashki a Madurai – 171

alla fine del primo lungo corridoio percorso entrando nel tempio della dea Sri Menashki dall’ingresso orientale, oppure quasi direttamente se si entra invece  dall’ingresso meridionale, sovrastato dal gopuram più alto, la luce fa irruzione sullo sguardo.

che si allarga piacevolmente sorpreso nella vista d’insieme più grandiosa dall’interno: un lunghissimo porticato corre sui quattro lati della grande vasca rituale al centro, circondata da gradini colorati per l’accesso alle abluzioni sacre, che al giorno d’oggi però sono interdette: sullo sfondo alcuni dei gopuram variamente collocati dentro il recinto del tempio che brillano dei lor colori accesi, come a risposta all’incredibile clamore dei pellegrini.

una vista decisamente emozionante, che ha qualcosa di sovrumano, persino.

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il tempio induista tende a svilupparsi non in altezza, come in Europa, ma in larghezza, e vi dev’essere in questo un valore simbolico, sul quale però non voglio improvvisare interpretazioni avventate.

per lungo tempo è mancata in India l’idea di templi che fossero propriamente costruiti, ma le strutture sacre più antiche hanno avuto come un rapporto diretto con la preistoria, ed erano scavate in grotte molto approfondite, come le grotte di Elefanta, presso Mumbai, le grotte di Ajanta o quelle incredibilmente elaborate di  Ellora

quindi il tempio induista ha conservato nel suo DNA culturale sia l’idea del prolungamento in orizzontale, più che in verticale, da un lato, e il rapporto con l’oscurità, sentita come il luogo privilegiato del sacro.

anche quando si sono cominciati a costruire degli edifici veri e propri, lo slancio verso l’alto è rimasto riservato ai gopuram con le loro centinaia di figure di divinità, che danno quasi l’idea di uno slancio ascensionale condiviso, ma non alla struttura del tempio vero e proprio, rimasto legato ad edifici non troppo alti, su un livello solo, ma tanto più estesi in lunghezza quanto più il tempio era importante.

ho detto India, e intendo l’India propriamente indiana, naturalmente, cioè l’India nel sud, compreso anche il Kerala occidentale, che però non conosce i gopuram, perché nel nord la conquista islamica ha profondamente cambiato anche la concezione stessa dell’architettura.

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ma qui c’è un elemento obbligato, nei templi della penisola indiana orientale e in particolare del Tamil Nadu, che contrasta fortemente con questo dilungarsi di corridoi oscuri, anzi quasi lo completa con un felice contrasto.

ed è la presenza di una vasca sacra, anche questa assente mi pare nel Kerala, che sta di solito nel cuore dei templi più grandi, completando il riferimento alla sacralità dei quattro elementi centrali della vita: la terra, cioè la solidità del mondo, raffigurata dall’estensione piana del tempio; l’aria, verso la quale si slanciano i gopuram verticali, che però non la feriscono, date le loro forma arrotondate;  il fuoco che vedremo venerato nel cuore più oscuro del tempio ed è la consumazione della vita e il tempo che distrugge: e qui si aggiunge l’acqua, tanto più sacra, perché rara e preziosa, da queste parti, ed è la generazione della vita e il tempo che la crea.

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questo squarcio di cielo, di acqua, di vita che è il cuore segreto di un edificio qui compreso a sua volta in un nuovo recinto più piccolo, tempio nel tempio, è l’anima pulsante che più o meno consapevolmente ti attraversa mentre, compreso del senso del sacro, percorri a piedi nudi i corridoi colorati, sotto volte dipinte di figure vivacissime che sono le mille manifestazioni possibili del divino, mentre attorno a te la somma di banali commenti o semplici preghiere crea un frastuono smisurato.

e i corridoi si susseguono ai corridoi, in percorsi che si fa fatica a credere possano essere, assommati assieme, lunghi chilometri.

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è una specie di esperienza mistica passare alcune ore in questi percorsi.

e neppure vale cercare distrazione nei visi fotografati dei pellegrini: guardateli, sono essi stessi trasfigurati da una specie di oscura deformità comunque ispirata, che alla fine distoglie dalla realtà e trasmette l’emozione di un mondo totalmente alieno.  

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