sabato nel tardo pomeriggio parto per l’Indonesia, influenza ricorrente e mai veramente sradicata permettendo, e tornerò…, già: quando tornerò?
e questa domanda è la cosa sconcertante di cui parla il titolo: non lo so ancora del tutto.
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da un paio di mesi sto preparando sotto traccia (cioè a vostra quasi totale insaputa) questo viaggio, che sarà come al solito solitario e improvvisato.
hai prenotato almeno la prima notte? mi ha chiesto ieri Gabriele, uno dei più grandi trombettisti d’Italia, che abita un paio di piani qui sotto in un appartamento che ho regalato a mio figlio.
e al mio no, ha sorriso scuotendo la testa, come per dire con affetto “il vecchio pazzo“, lui che è, fortunatamente per lui, molto più pazzo di me.
ma non è questo il punto: una bettola a Jakarta quando arriverò dopo 21 ore di volo con sosta intermedia negli Emirati Arabi la trovo di sicuro: è il resto che andrà costruito giorno per giorno, a cominciare da un primo punto fermo, che sarà un viaggio in barca al Krakatoa, all’estremità ovest di Giava, o se preferite a sud della punta sud di Sumatra, per arrivare ad una conclusione a Bali, all’estremità est.
non è questo che mi ha mette in crisi in questo viaggio, dato che questa totale improvvisazione nel quarto paese più popoloso del mondo è invece un dato costante dei miei itinerari esotici.
piuttosto mi accorgo di averlo preparato frettolosamente: il volo di ritorno dovevo farlo da Bali, non costringermi a riattraversare tutta l’isola per 6-800 km per tornare a Jakarta: che stupido.
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ecco invece il segnale di qualcos’altro, che ora proverò a spiegare: la sensazione di avere l’acqua alla gola, di non farcela più a gestire le mie avventure solitarie nel mondo: compirò 65 anni proprio a Giava, non sarebbe giunto il momento di tirare i remi in barca?
insomma, una specie di mugugno interiore, complici anche i tre mesi di influenza mai veramente risolta
per la prima volta ho fatto un’assicurazione sul viaggio e contro le malattie, tanto sono insicuro, invece del solito irresponsabile adrenalinico gusto del rischio.
per la prima volta ho prenotato il biglietto aereo online con E Dreams, agenzia turisitica virtuale, anche, tra molte traversie, perché la carta di credito era scoperta, perché c’erano casini con i voli, perché avevo forse la febbre quando ho fatto il biglietto.
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ed eccoci al punto, infatti: tre giorni fa prendo il biglietto per controllare l’orario di arrivo a Jakarta e vedere se riesco a buttarmi subito, ancora quel pomeriggio, verso Labuan, davanti all’isola del Krakatoa, già la prima notte, e un fulmine mi colpisce.
la prenotazione del volo di ritorno risulta fatta una settimana dopo la fine delle ferie!
chissà dove avevo la testa io che pretendo di organizzarmi tutto da solo, o che diavolo di errore informatico è successo; ero così sicuro del fatto mio, del resto, che neppure avevo controllato il biglietto al momento…
vado nel panico più totale per un giorno intero, mia figlia al mio racconto semidisperato però mi conforta e suggerisce che basterà pagare qualcosa per cambiare il biglietto; rinfrancato, provo a contattare la E Dreams: e secondo le istruzioni c’è un modo solo per farlo: un numero di telefono a pagamento: euro 1,80 al minuto secondo le istruzioni, 2,50 al preannuncio vocale che introduce le inutilissime chiamate.
infatti siamo in Italia, un paese dove il telefono serve esclusivamente a truffare i clienti: la chiamata comporta una messa in attesa davanti a una segreteria elettronica che fischietta allegramente al pensiero che ti sta spennando, ma nessuno risponde.
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un cellulare con scheda ricaricabile non è poi lo strumento migliore per questa operazione: buttati via due tentativi e 30 euro, capisco che rischio di spendere qualche decina di euro solo per collegarmi e sentirmi dire probabilmente che non si può o sentirmi chiedere cifre folli per farlo.
allora provo la scelta alternativa di comperare un nuovo biglietto autonomo di rientro da Bali, che mi risparmierebbe i 700 km in pullman per tornare a Jakarta, ma costa come l’andata e ritorno.
è vero che ho speso relativamente poco, come ha osservato mia figlia, ma il raddoppio della spesa di viaggio esaurirebbe il budget stanziato mentalmente (poi si vedrà).
insomma, sono taccagno, in fondo potrei anche permettermelo, ora che sono nullatenente dopo la donazione di tutte le mie proprietà fatta il mese scorso: in fondo ho una bella liquidazione che mi aspetta chissà come chissà quando…
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e invece no: la vera soluzione si è fatta strada faticosamente, sbloccandomi la mente, cancellandomi ogni ansia pregressa e mettendomi in assoluto e totale buonumore, cioè nello stato d’animo non solo giusto, ma assolutamente indispensabile per un viaggio.
ed è maturata dopo l’ultimo tentativo fatto da un amico che ha un’agenzia di viaggi e che mi vede comparire (come l’anno scorso prima del viaggio in Myanmar) solo quando sto con la m….a alla gola.
“no, noi non abbiamo rapporti con queste agenzie di biglietti online, lavorano malissimo e fregano i clienti”.
e io subito gli racconto, a sua soddisfazione, la storia della musichetta a 5.000 vecchie lire al minuto (per chi volesse l’uscita dall’euro)…
“ecco, vedi? te l0 avevo detto. no, mi spiace, non se ne parla”.
e così ieri ho mandato una mail al capo dei capi della Lombardia, l’unico capo che ho al di sopra di me, e per conoscenza al capo di Brescia, che però non è al di sopra di me, ma di fianco in alto ;), per dirgli che io a Java ci resto una settimana di più.
e spero che non abbia obiezioni, se no…
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il prezzo è naturalmente di rinunciare ad una settimana di ferie ad agosto ed averne solo una di risulta, e sarà dura col caldo che farà andarsene in Germania al freschino solo per 8 giorni, ma insomma.
e adesso mi resta solo da spiegare in qualche modo anche a me stesso perché questo incidente che doveva buttarmi nella demoralizzazione, e dovrebbe essere la prova provata che gli anni mi stanno rendendo troppo distratto per viaggiare per conto mio, mi ha messo invece di buonumore.
il segreto si chiama Terzani.
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chi ha letto Un’indovina mi disse, cioè la cronaca di come Terzani riuscì a sfuggire a un incidente aereo da cui l’indovina in questione lo aveva messo in guardia, sa benissimo come l’Asia in genere e l’Indonesia in particolare sia il regno culturale della superstizione, o meglio del pensiero magico.
quindi, prendetevi questo riepilogo: un mese fa in Indonesia c’è stato un violento terremoto che non ha turbato nessuno, perché – come mi ha detto un indonesiano nel frattempo conosciuto su un social network – qui ogni mese ce n’è uno e poi l’Indonesia è lunga 5.000 km, ha 2.000 isole e quindi occorre capire che cosa vuol dire che c’è stato un terremoto “in Indonesia”….
e il giorno stesso in cui io ho scoperto di avere sbagliato la prenotazione del ritorno e mi sono messo cercare di cambiare il volo e di rientrare da Bali, bene, quel giorno stesso un aereo in fase di atterraggio a Bali ha sbagliato la pista ed è finito in mare, spezzandosi in due ma senza vittime.
ed io ho capito o sentito oppure ho dato i numeri pensando che questa coincidenza era altamente simbolica, e nel mio errore c’era qualcosa di magico, che quindi dovevo rispettarlo come fosse stato la luce vacillante dei miei occhi invecchiati.
alla mia vice, che dovrà sostituirmi una settimana in più, ho quindi spiegato che sono superstizioso, sfuggito troppe volte alla morte per caso, dalle sabbie mobili della Thailandia all’autobus scambiato della Turchia (quello più giusto finito nel burrone e tutti morti…) per non rispettare umilmente il responso del caso.
e dillo che avevi voglia di scappare!, mi ha risposto sorridendo lei, dopo che abbiamo visto che di appuntamenti vitali da qui al 12 maggio non ce n’erano in agenda, salvo uno martedì prossimo, dove avevo comunque dovuto farmi sostituire…
e lei ha detto: fai prima a dire che l’inconscio ti ha risolto il problema.
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ok, sono alla fine convinto anche io che questo sia stato semplicemente uno scherzetto che mi ha giocato l’inconscio.
e adesso: o leggerezza, ho una settimana in più per i miei 2.000 km di percorso, ed eventualmente da Bali a Jakarta ci volo di ritorno, con i soldi risparmiati: parto con l’idea di avere risparmiato 800 euro, quindi ho raddoppiato il budget mentale, e soprattutto potrà bighellonare, fermarmi nei resort lungo la spiaggia, stare ad aspettare con una settimana a disposizione in più il prossimo terremoto, il prossimo tsunami, la prossima eruzione vulcanica su qualche spiaggia da tropici senza nessuna ansia alle spalle.
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la guida mostra Giava come una successione spettacolare di crateri, caldere, coni vulcanici.
poi dicono che la gente che ci vive è superstiziosa.
facile dirlo: fate conto di vivere non in mezzo a un paio di vulcani come Napoli (il primo è il Vesuvio, e questo lo sanno tutti, ma il secondo sono i Campi Flegrei), con una condanna certa sulla testa per la prossima eruzione di tipo pliniano ogni duemila anni circa, ma di stare invece in mezzo a qualche decina di vulcani, alcuni dei quali sputano lava anche adesso, e ditemi voi se non si diventa superstiziosi per forza.
quindi, parto superstizioso anche io, per un appuntamento con non so bene qualcosa, considerando la febbre che mi sento addosso in questo momento, ma con l’idea che qualunque cosa mi attenda laggiù sarà quella giusta per me, perché non l’avrò decisa io.
e ditemi se questo è poco.
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ultima annotazione: potrebbe anche essere che in questo viaggio io mi senta meno propenso del solito a scrivere un diario di bordo; siete avvisati, se seguiranno tre settimane di blog discontinuo o meglio silenzioso, di che cosa si tratta.
voi vi immaginate di essere a Labuan, la patria della famosa “Perla di…” di cui era innamorato Sandokan, e scrivere dei post sulla spiaggia?
io no.
“Labuan, località desolata priva di qualunque attrattiva – leggo sulla guida -: è stata totalmente distrutta dallo tsunami del…”
in bocca al lupo amico mio
sono davvero orgoglioso di te sai?
sul serio
non credo che avrei le tue “palle”.
Ci saranno momenti in cui ti sentirai solo ma altri in cui ti sentirai vicino a Dio.
Se ci riesci lascia un messaggio di tanto in tanto, usando qualche internet cafe per farci sapere che la febbre gialla ancora non ti ha preso.
E mi fai un favore?
uno personale intendo..
fai un giro a Mompracem..
per me
e quando ci sei, ovunque sia, concentrati e fammi arrivare l’energia di Sandokan e Tremal Naik che ne ho tanto bisogno
so long Borto, che i venti spirino a favore…
Mompracem sembra più o meno un nome immaginario, e abbastanza fuori zona…
però mentalmente sì, il giro lo farò, su qualche barca di pescatori e sperando non ci siano petroliere con marò italiani nervosi a bordo…
non esagererei il coraggio, ormai questi viaggi sono un’abitudine.
cercherò di sentirmi vicino a me stesso, nel mio viaggio, e a quell’altro di noi stessi che chiamiamo Dio, ma soprattutto cercherò di sentirmi vicino a una gente che non conosco e a questo islam così particolare…
mentalmente e forse anche virtualmente ti manderò un saluto, indubbiamente…, sentendo che ne hai più bisogno di quel che a volte si direbbe leggendo il tuo bel blog.
grazie!
grazie amico
tienimi informato.
ci tengo davvero sai…
grazie, promesso…
Quindi 2 o 3 settimane ( non ho capito bene) of living dangerously in quella terra continente che e’ l’ Indonesia. Scrivi.
Buon viaggio e buona avventura’ !
tre settimane, e scriverò ogni tanto, promesso.
il grande Oscar Wilde affermava che la piu’ grande forma di ammirazione e’ l’invidia….!!!
credo che avesse decisamente ragione! 🙂
Nessun invidia, da parte mia. Nel secolo scoso ho vissuto tre mesi a Sumatra ed ho passato qualche giorno a Giacarta, un mostro urbano che sprofonda. Della storia indonesiana continua ad interessarmi quel periodo descritto nel romanzo e nel film The year of living dangerously. Titolo preso da una famosa frase di Sukarno. Una tragedia quando vennero massacrate quasi un milione di persone. Sono curioso, quello si, di leggere quello che scriverai su le cose viste da occhi sicuramente non turistici.
molta invidia da parte mia, invece, per i tuoi tre mesi a Sumatra.
tra l’altro una delle cose che mi sono messo in mente è di metterci almeno piede a Sumatra, che ha un suo fascino salgariano almeno nel nome.
sono abbastanza preoccupato di avere un lettore così documentato, piuttosto, e mi sentirò invece il tuo fiato sul collo per il pericolo di dire qualche sciocchezza… 😉
mi aspetto, quindi, commenti molto puntuali, come lo è già questo…
Sono sicuro che quello che scriverai non saranno note banalmente turistiche, ma parole basate sulla tua esperienza di viaggio nel pianeta Indonesia. Ti auguro che siano tre settimane di sensazioni e sentimenti intensi.
pianeta Indonesia, ecco un concetto che incrocia una mia idea di questi giorni, in base alle prime letture.
che l’Indonesia sia o possa essere (vedremo….) una specie di altro pianeta, come già si è rivelato l’Australia, e l’Indonesia mi appare come una specie di pianeta ancora altro, anche da questo, una sorta di transizione, un pianeta incompiuto.
e dev’essere per questo suo carattere un poco inquietante che tendiamo a rimuoverla.
siccome la valigia è già pronta, può darsi che stasera scriva un post un pochino strano sulla questione. 😉