201. Krakatau Krakatau e il mio 65esimo compleanno. My Indonesia 6, ma solo in riassunto.

La giornata di oggi 23 aprile è così banalmente turistica da farmi seriamente dubitare se abbia un senso parlane. A maggior ragione se vi dico che lo sto facendo sotto una tenda, sentendo il rumore delle onde e nient’altro, in mezzo a un mare di farfalline attirate dalla luce del monitor sotto la parete verticale di ciò che resta del vulcano Krakatau dopo l’esplosione di quasi due secoli fa.

* * *

C’era il sole stamattina, ed è durato tutta la giornata, nonostante un po’ di foschia e qualche nuvola sulle cime dei monti, che poi però dove questi monti erano il Krakatau grande e quello piccolo nato nel Novecento, non nuvole erano, ma pennacchi di fumo, da far pensare ad un racconto per bambini: Dove nascono le nuvole.

ma siccome mi pare che qualcuno abbia gia’ scritto, se non proprio questo racconto, un film molto simile, io a vedere il cielo terso e al momento totalmente senza nuvole, mi sono buttato fuori, tanto l’appuntamento all’hotel per la partenza per il Krakatau era alle 10 e io ho avuto due ore di tempo per esplorazioni e fotografie, dopo la colazione allietata dai sorrisi amichevoli del mio driver di ieri quasi bambino: intanto sono arrivati due francesi in coppia regolamentare, e io li ho intravvisti da lontano col criminogeno ragazzetto che li portava negli stessi posti, ma questa volta credo a piedi, visto che in due sul suo motorino mica ci possono stare.

considerando la fretta e la iella che ha colpito a morte questi resoconti, che d’ora in poi potranno essere solo veloci e occasionali, dopo la morte del netbook per i motivi che si spiegheranno a suo tempo, rinvio al momento del montaggio dei video i commenti a queste immagini, che mi sono care, di vita quotidiana  del posto.

e vengo veloce al momento in cui, ritornando, con tempi ben calcolati per essere puntuale, verso l’hotel, incrocio a un paio di km l’addetto, che e’ palesemente venuto a prendermi in moto.

infatti, il tempo di svuotare la camera del valigione e di prendermi lo zaino (ahime’ col netbook, perche’ spero di scrivere qualcosa stanotte) e si riparte a bordo di un odioso fuoristrada guidato da un tipo dall’aria di film di Bolliwood ridicolmente vestito con una tuta mimetica militare, manco fosse un maro’.

si rifa’ per la terza volta la stessa strada fino ad uno spiazzo sotto le palme al quale si arriva attraverso un vicoletto tra capanne, in riva al mare: ma… ma… ma…, non credo ai miei occhi: quello sarebbe il battello della mia immaginazione col quale faremo 50 km di mare e di isole fino ai due Krakatau, padre e figlio?

un’esile barchetta azzurra, ma neppure una barchetta, una canoa del tutto artigianale, con due specie di bilancieri ai lati…, bene, adesso si’ che la cosa si fa interessante, del resto l’odioso simil-attore e’ gia’ scomparso e io resto affidato nell’ordine al factotum dell’hotel, nel ruolo di guida, ad un quarantenne logorato che ne dimostra cinquanta ed e’ asciutto come un chiodo, nella veste del pilota, e a un ragazzetto dal viso piatto e brufoloso, che sarebbe il mozzo.

mi appunto qui un paio di considerazioni da sviluppare sulla generale bruttezza degli – e poco meno delle indonesiane, e sulla spiegazione estrosa che credo di avere trovato che stabilisce una connessione a contrario tra politeismo indiano, dove e’ difficilissimo trovare una persona brutta, perche’ ognuna ha la sua bellezza, monoteismo e canone greco estetico che lo ha antricipato: dove vi e’ un solo dio, una sola morale, un solo modello di uomo, gli uomini e le donne tendono a diventare brutti, perche’ chiunque non si adatta a QUEL modello e’ escluso dalla bellezza.

un turista e tre uomini al suo servizio: eccomi nel pieno della dialettica hegelo-marxiana servo padrone, perche’ io ho comperato la loro vita per 24 ore…, e ad un prezzo che a questo punto mi pare tutt’altro che esosso, ma di pura svendita, mai avrei immaginato che era questo che avevo comperato, a prezzi di saldo.

ma la dialettica hegeliana ancora una volta non funziona: ecco la prova, appena si arriva ad un tratto di mare dove compaiono delle strane bolle.

io sono eccitato dal fatto che poco prima ho visto nettamente una pinna di pescecane sporgere dalle acque, con annesse fantasie mie alla Hemingway: e poi non si pensi che il mare sia un deserto: e’ un luogo di incontri, il mare, non bastasse il pescecane, ecco una testa mostruosa, bianca, grossa, alla deriva, che potrebbe essere di un serpente di mare o di qualche altro mostro marino e ci viene incontro mollemente: al ritorno sara’ invece un’intera carogna di vitello, gonfia e quadrata, che galleggia spargendo il suo odore nauseabondo.

oppure un pesce di plastica gonfiabile, che viene issato accanto alla lacera bandiera della barca, che – o sarcasmo – e’ del PARTAI DEMOCRAT: non scherzo, vedrete le foto.

insomma la dialettica servo-padrone si spezza subito, perche’ quelle bolle indicano grandi sciami di pesci li’ sotto e allora la mia crociera casareccia si trasforma, senza la mia autorizzazione di padrone mancato, che non si saprebbe in che lingua chiedermi, ma con mia somma gioia, in una battuta di pesca: i pesci sono facili da raccogliere come i funghi, solo che i funghi non vengono praticamente a buttarsi nel cestino li’ sotto, e non si dibattono tanto una volta raccolti.

inoltre si pesca alla cieca, anche se quasi mai a vuoto.

sara’ tra poco il nostro pranzo, quella quindicina di pesci che verranno abbrustoliti su legno verde tagliata alla foresta in una sosta sulla prima isola che fiancheggiamo da vicino.

poi la salita al Krakatoa piccolo, nella lava nera e sotto un sole che ustiona: io che quasi non ce la faccio, che quasi mi sento male, e mi fermo a respirare come uno di quei pesci agonizzanti, ma poi arrivo sul bordo di una piccola valle del Bove quasi etnea, che poi discendiamo su un crinale fino ad uno spntone pittoresco sul quale mi butto per fotografare, mentre la guida sta a guardare, e subito mi accorgo che il terreno e’ molle per il calore e anzi dei fumi escono lenti anche qui, il vulcano e’ attivo, ha il suo pennacchio.

quasi del tutto spento invece il vecchio Krakatau al quale si arriva vedendolo spaccato da una infossatura verticale che potrebbe essere il resto dell’antico camino vulcanico, il che significherebbe che l’esplosione polverizzo’ meta’ dell’antico vulcano quasi facendone una sezione.

li’ sotto, nella sera che scende veloce – e che sarà giusto quella che introduce il mio 65esimo compleanno, scelta epica, no? quella di trascorrerlo così – facciamo il nostro piccolo accampamento, prima di mangiare altro pesce alla luce del fuoco e di lasciare che i rumori della giungla ristretta sopra di noi si facciano sentire.

* * *

e poi il risveglio, la ripartenza in un cielo di pioggia, una specie di tornado che compare all’orizzonte, e non troppo lontano, e i miei tre marinai ribelli che decidono di rimettersi a pescare lo stesso, e questa volta soltanto in proprio, dato che io non potro’ goderne: e il mezzo uragano che si vede mentre si avvicina e alla fine ci prende.

salta la barca, mentre io mi ci diverto come un matto senza pensare mai per un momento che possa succedere qualcosa, alla faccia della guida che metteva in guardia: solo che le onde a volte ci ricoprono coi loro spruzzi e inoltre diluvia, e insomma il netbook si bagna e si fonde.

io sono di nuovo a Mekar: ho conosciuto sul traghetto una ragazza che studia il tedesco e mi ha dato l’idea sulla tappa di domani, togliendomi ad una crisi creativa senza precedenti sull’organizzazione del viaggio, a considerare quanto dispersivo sia questo paese.

ma qui mi devo proprio fermare e chiedo scusa per i commenti trascurati…

8 risposte a “201. Krakatau Krakatau e il mio 65esimo compleanno. My Indonesia 6, ma solo in riassunto.

  1. ma che magnifico compleanno!!!!!!!!!!!!!!! che meraviglia…..
    che meraviglia…vicino al fuoco e a rumori primordiali, presso la giungla, accanto ai resti di un vulcano.
    Scrivi libri vivendo 🙂

    • non puoi ricordare, ma una volta ho proprio spiegato che a me piace scrivere, ma mi manca totalmente la capacità di inventare delle storie.

      per questo sono COSTRETTO a vivere delle storie, se voglio raccontare qualcosa; e questo spiega perché la mia scrittura diventa libera quando sono in viaggio e basta che parli di quel mi sta succedendo… 🙂

      preciso solo una cosettina: non “accanto ai resti di un vulcano”, ma proprio sopra quel vulcano, anzi quel mezzo vulcano rimasto, che però fuma ancora…

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