216. aeroporti e altro: primo videoclip sul viaggio in Indonesia.

con mia stessa sorpresa il primo videoclip sul viaggio in Indonesia finito lunedì scorso è già pronto: questo significa che tutte le foto e le riprese video di queste tre settimane,  50 giga di files, sono state scaricate dalle memory card e archiviate ordinatamente, ma soprattutto che sono riuscito a risolvere con un programma apposito, che peraltro esige tempi estenuanti di travaso, il problema del cambio di formato dei video, dato che la nuova camera digitale li produce in un formato che il Videomaker di Windows non riesce a gestire; inoltre che sono riuscito a trovare una musica vagamente adatta su You Tube, avendo dovuto rinunciare all’idea di usare le registrazioni dei concerti di Johan (o Johannes, l’albergatore di Burobudur) per la pessima qualità delle registrazioni.

mica male, vero? ma mettete nel conto che sto scontando gli strapazzi giovanilistici delle ultime tre settimane con la peggiore bronchite della mia vita e che comunque, anche se costretto in casa, non sono capace di restare inattivo; del resto il tempo è così grigio e piovoso che quasi si dovrebbe riaccendere il riscaldamento, e io guardo la mia abbronzatura selvaggia allo specchio con un senso di irrealtà.

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il video, come tutti i clip introduttivi delle mie serie dedicate a un paese, è sul viaggio in aereo, solo che unisce in un solo ideo le poche immagini sia del viaggio di andata sia di ritorno; questa volta infatti li ho trascorsi entrambi lontano dai finestrini, tranne il tratto del rientro da Lombok a Giava, ma anche lì il finestrino era appannato e le poche foto fatte pessime e sfuocate, ma almeno rendono l’idea del profilo dei vulcani visti dall’alto, alcuni col loro pennacchio di fumo…, e qui si aggiungono anche quelle del successivo trasbordo in bus da Giacarta a Merak all’andata.

rispetto al solito, dunque più attenzione agli aeroporti che ai paesaggi dall’alto: da quello grigio di Malpensa dal quale si parte con cielo appannato che si ritroverà uguale anche a Giacarta sia all’andata sia al ritorno, a quello intermedio di Doha dove scorre una lunga teoria di pellegrini indonesiani, tutti vestiti uguali, che evidentemente vanno in pellegrinaggio alla Mecca, a quello di Giacarta che funziona da vetrina del paese, da suo biglietto di presentazione.

i dettagli sul viaggio aereo e successivo in bus si possono comunque leggere qui: 197. Malpensa Doha – My Indonesia 2. , 198. fuga da Giacarta. My Indonesia 3.

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ed allora leggiamolo questo biglietto: in testa a tutto ci sta la musica, in questo paese islamico che limita fortemente la spinta all’espressione nelle arti figurative; e nello stesso tempo l’islam è abbastanza recente, così da non essersi inventato a sua volta una tradizione architettonica o calligrafica. 

la musica all’aeroporto è rappresentata soltanto dall’esposizione muta di alcuni strumenti tradizionali, ma avremo modo di renderci conto presto di quanto essa sia strettamente collegata alla vita quotidiana, più che in altri paesi; per ora accontentiamoci dei motivi, anche piuttosto melensi, che trasmette l’autobus che lascia l’aeroporto verso il traghetto per Sumatra o che ho messo come sottofondo del video.

il secondo dato che si può già cogliere è la presenza del batik, questo tessuto colorato che è la vera arte figurativa di massa del paese e che è presente nell’abbigliamento quotidiano con i suoi  motivi decorativi e le sue tinte vivaci.

il terzo elemento sta nella flora esotica, già tipicamente equatoriale, che circonda, ben regolata, l’aeroporto, ma suggerisce presenze di mondi selvaggi lì fuori.

il quarto elemento è più inquietante, e consiste nelle grandi statue che circondano la stazione arrivi e partenze dell’aeroporto: sono mostri che vorrebbero collegarsi a qualche tradizione tribale o a qualche altro antico culto preislamico, ma la loro struttura postmoderna li rende più credibili come allegorie angoscianti del potere contemporaneo; quando poi compare il monumento un poco più tradizionale, ai due padri della patria a cui è intestato l’aeroporto stesso, Sukarno e Hatta, sembra quasi di respirare per il ritorno ad un mondo un poco più umano, anche se si tratta di statue enormi, alte forse 10 metri.

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ecco comunque il videoclip, senza farla di tanto più lunga…

alla fine, che dirvi?, è venuto meglio di quanto non mi aspettassi e a me non dispiace neppure:

non accontentarti di leggere e scuotere la testa, lascia un commento, se ti va :-)

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