221. in pensione con i soldi degli altri.

Marionette alla riscossa è il blog di argomento politico sicuramente più interessante che ho letto da molto tempo a questa parte: una lettura che dovrebbe essere praticamente obbligatoria per tutti i lettori di questo blog interessati a queste tematica, che non devono  essere pochi: in senso relativo, si intende!

i due ultimi post di questo blog, Lavoratori schiacciati dalle pensioni (altrui)prima e seconda puntata, sono una analisi esemplare della vera struttura del potere in Italia, a partire da alcuni dati sul sistema pensionistico.

qui mi limito a fare il divulgatore di osservazioni davvero illuminanti, fondate sul Rapporto sul sistema pensionistico obbligatorio del Nucleo di Valutazione della Spesa Previdenziale, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

* * *

si analizza in questo Rapporto “l’andamento in Italia delle pensioni di invalidità, vecchiaia e superstiti (IVS) dal 1989 al 2010”.

come vengono coperte le pensioni? prima di tutto dai contributi dei lavoratori attivi.

poi dalla GIAS “Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali”, che, evitando tecnicismi, sono ulteriori tipi di contributi previdenziali.

ma, come noto, i lavoratori attivi versano contributi pensionistici per le loro pensioni di domani; ma questi fondi non vengono effettivamente accantonati per le loro pensioni (tranne eventuali forme di previdenza privata integrativa), vengono spesi per il pagamento oggi delle pensioni in essere, cioè pagano effettivamente le pensioni a coloro che hanno smesso di lavorare.

il presupposto è naturalmente che anche in futuro andrà sempre così, cioè che ci saranno sempre dei lavoratori che verseranno contributi pensionistici per chi si pensiona via via.

in altre parole, tutto il sistema pensionistico è a credito: dovesse interrompersi il circolo virtuoso, ci fosse una crisi produttiva gravissima e una disoccupazione di massa, chi sta per andare in pensione dopo avere versato contributi come me (sono un caso raro!) per 49 anni, scoprirebbe con raccapriccio di avere pagato le pensioni altrui per 49 anni (io ad esempio l’ho pagata e la sto pagando anche, fra tutti, alla mia ex-moglie, che si babypensionò verso i quarant’anni e la riscuote da circa 25 anni), ma che per la sua pensione i soldi non ci sono più. 

Fino al 1995 si poteva andare in pensione con 35 anni di contributi (ma fino al 1992 ne bastavano 20 per i dipendenti pubblici uomini e addirittura 15 per le donne!).

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i contributi privati non hanno però mai coperto interamente l’ammontare complessivo delle pensioni; i cospicui fondi che mancavano sono sempre venuti dalla fiscalità generale.

in altre parole noi continuiamo a pagare le tasse per coprire il valore delle pensioni che non è coperto dai contributi pensionistici che si riscuotono annualmente.

Nel 2010 13 miliardi di euro sono andati a questo scopo.

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apro un inciso personale: coloro che si lamentano del peso della casta politica in Italia, che credo ammonti a 4 o 5 miliardi, hanno le loro ragioni, ma si dimenticano che la vera casta di privilegiati che pesa sul bilancio dello stato è rappresentata piuttosto dai pensionati che riscuotono pensioni superiori ai contributi che lo stato riscuote.

ad esempio i ferrovieri:  “nel 2010 hanno ricevuto, tramite  GIAS ricordata sopra (Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali) 4 miliardi di integrazione per le loro pensioni”: in altre parole la differenza fra contributi pensionistici e  pensioni dei ferrovieri costa alla comunità come l’intera casta dei politici nazionali e locali.

mi fermo sapendo benissimo di avere detto una cosa grossolana, ma è per buttare un sasso nello stagno.

occorrerebbe, prima di tutto, distinguere fra le pensioni sociali pagate dopo una certa età a coloro che non hanno reddito, anche se non hanno mai lavorato, dato che queste giustamente vanno attribuite alla fiscalità generale.

quanto pesano queste pensioni?

lo studio che stiamo seguendo non ha questa impostazione e non sono in grado di dirlo.

* * *

ma torniamo al blog di Emilio L.

Nel 2010 la spesa pensionistica non coperta dai contributi e posta a carico della fiscalità generale è stata di almeno 40 miliardi (13 di deficit “conclamato” e oltre 26,5 miliardi di trasferimenti statali GIAS di natura non assistenziale).

Nell’intero periodo 1989 – 2010 coperto dal Rapporto il deficit cumulato delle gestioni previdenziali è ammontato a 260 miliardi, mentre la quota di trasferimenti GIAS utilizzata per tappare il buco della previdenza è ammontata a 400 miliardi.

Complessivamete nel periodo 1989-2010 il finanziamento della previdenza ha assorbito entrate fiscali per un ammontare complessivo di 660 miliardi (capitalizzando tali somme in base al tasso di interesse medio sul debito pubblico, si otterrebbe un valore attualizzato superiore ai 1.000 miliardi, pari a oltre la metà del nostro debito pubblico).

ecco un bell’esempio di “neokeynesismo bastardo” che abbiamo alle spalle: lo stato si è progressivamente indebitato per decenni per mantenere alto il livello di reddito e di consumo dei pensionati, cioè per una spesa assolutamente fine a se stessa e senza alcuna utilità sociale diretta.

Nel periodo 1989-1995 i contributi versati annualmente sono stati l’8-9% del Pil ed hanno coperto in media il 75% della spesa pensionistica di natura non assistenziale.

Successivamente la percentuale di copertura si è gradualmente innalzata: nel periodo 1996-2000 i contributi versati sono risultati intorno al 10% del Pil e la copertura delle pensioni è stata mediamente del 79%; mentre nel decennio 2001-2010 i contributi sono arrivati quasi a toccare il 12% del Pil con una copertura della spesa dell’ 84% (nel 2008 si è raggiunta il livello massimo dell’ 89% per poi arretrare in anni più recenti).

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a questo punto occorre introdurre due considerazioni, ed Emilio L. lo fa:

1. Nel corso del tempo i lavoratori hanno pagato contributi sempre più elevati per andare in pensione sempre più tardi. I lavoratori di ieri – oggi pensionati risultano dunque favoriti rispetto ai lavoratori di oggi.

2. Il deficit previdenziale è stato sospinto in particolare dagli squilibri strutturali di alcune categorie: dipendenti pubblici, coltivatori diretti, artigiani…

fermi tutti: dunque ci sono alcune categorie per le quali in particolare le pensioni risultano più alte dei contributi storicamente versate, categorie che hanno usufruito di pensioni con i contributi degli altri.

dipendenti pubblici, coltivatori diretti, artigiani sono il blocco sociale e politico che ha esercitato il potere sugli altri, che si sono trovati oscuramente sottoposti a balzelli feudali a favore dei veri signori dello stato e del territorio.

* * *

e qui mi fermo: voglio procedere per puntate anche io, ma credo che sia ben chiaro dove andare a parare, e se non lo fosse lo preciso apertamente: stiamo per identificare il vero blocco sociale che esercita il potere in Italia, per interposto potere politico, Berlusconi e Partito Democratico.

eh già: ed io, ingenuo, che ho continuato a pretendere per decenni che la sinistra italiana facesse una vera opposizione a Berlusconi!

come è possibile se si tratta di due varianti interne allo stesso blocco sociale?

pubblico impiego, cioè Partito Democratico, e coltivatori diretti ed artigiani, cioè Lega e Berlusconi, si scontrano per la suddivisione interna dei privilegi, ma sono poi compatti nel difendere l’assetto del potere socioeconomico per il quale questi ceti si fanno pagare una quota importante delle loro pensioni dagli altri.

sono cioè i veri signori feudali, i sostanziali Ghino di Tacco, dell’equilibrio sociale italiano.

continua…

8 risposte a “221. in pensione con i soldi degli altri.

    • certamente ci sono pubblici dipendenti che non votano Democratico, così come ci sono piccoli imprenditori non leghisti nel nord: cercavo solo di definire una tendenza di fondo.

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