231. il teorema di Stiglitz: super-ricchi arricchitevi ancora, bloccherete lo sviluppo.

dice Joseph Stigliz: la concentrazione della ricchezza riduce globalmente i consumi, limita lo sviluppo e dunque è la vera causa della crisi economica mondiale.

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chi è Joseph Stiglitz?

un breve ripasso da wikipedia in questo post di copia e incolla.

70 anni, americano, studente del MIT da ragazzo, e poi dell’università di Cambridge, docente universitario di economia, ma anche capo dei consiglieri economici di Clinton dal 1995 al 1997, e poi vicepresidente della Banca mondiale fino al 2000, quando fu costretto alle dimissioni per le sue tesi eterodosse; in compenso nel 2001 ha ricevuto il premio Nobel per l’economia.

fino a che Stiglitz ha analizzato il fallimento del sistema economico socialista sovietico, il consenso non gli è mancato, ma poi si è messo su una china pericolosa dal punto di vista dei sostenitori del sistema economico ultraliberista: ha evidenziato le asimmetrie informative nel controllo dei mercati presunti liberi (il Nobel lo ha preso per questi studi), ha quindi cominciato a contestare che il mercato capitalista sia veramente libero, appunto; nel 2002 ha pubblicato il libro La globalizzazione e i suoi oppositori, di dura critica alle politiche di gestione delle crisi finanziarie del Fondo Monetario Internazionale, sostenendo che esse avvantaggiavano gli Stati Uniti che hanno (o forse meglio avevano) il controllo di questa istituzione.

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in sostanza ecco che si è venuto a creare un  corto circuito pericoloso fra il pensiero di Stiglitz e le proteste dei movimenti antiglobalizzazione di Seattle e di Genova 2001; potrei dire, forzando l’analogia, che tra Stiglitz e i movimenti mondiali di contestazione del nuovo millennio ci sta lo stesso rapporto che vi fu nel movimento che chiamiamo del Sessantotto fra Marcuse e “i contestatori”; solo, il ruolo di Stiglitz è stato più diretto, perché ad esempio due anni fa ha anche personalmente partecipato alle manifestazioni di Occupy Wall Street, sostenendo la vecchia tesi di Andrew  Jackson, il settimo presidente USA, protagonista allo stesso tempo di una lotta contro il potere bancario e del massacro degli indiani d’America: “la Borsa socializza le perdite e privatizza i guadagni”.

bene, ieri un interessante articolo di ROBERTO PETRINI su Repubblica ci informa della formulazione da parte di Stiglitz di un vero e proprio teorema economico, presentato in questi giorni ad un convegno organizzato a Roma dalla Sieds, Società italiana di economia, demografia e statistica, ed elaborato assieme al suo collaboratore italiano, il docente universitario Mauro Gallegati.

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prima di analizzarlo dal punto di vista economico, esaminiamo questo grafico che mostra il grado di concentrazione della ricchezza credo mondiale nell’1% della popolazione e dà una evidenza intuitiva alla sua tesi.

reddito

Stiglitz osserva che vi è una relazione diretta ed evidente tra la concentrazione della ricchezza e le fasi di crisi economica: vediamo una prima punta nella concentrazione della ricchezza attorno all’inizio della prima guerra mondiale, una seconda punta molto maggiore in coincidenza impressionante con la crisi del 1929, una terza punta meno marcata precede di poco l’inizio della seconda guerra mondiale.

la quale dà l’avvio ad un lungo periodo quarantennale di sviluppo democratico e di crescita economica, solo lievemente in controtendenza nel 1968-69, che venne appunto a coincidere con un breve periodo di crisi economica.

alla fine degli anni Settanta risale la colossale involuzione democratica che dura da quarant’anni e vede in atto una concentrazione di potere economico in una élite particolarmente ristretta quale non si vedeva dalla crisi del 1929.

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secondo Stiglitz la concentrazione della ricchezza è la premessa della crisi.

E’ la diseguaglianza il vero killer del Pil.

Nei paesi dove i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri il Prodotto interno lordo segna il passo e, a volte precipita.

Nelle nazioni dove si estende una grande middle class si affaccia invece la prosperità.

Stiglitz rovescia la vulgata liberista  sulla “propensione al consumo”: non è vero che i ricchi hanno una tendenza a consumare maggiore del ceto medio, ce l’hanno al contrario più bassa, se la consideriamo globalmente.

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mi è capitato recentemente in un post di fare la stessa osservazione, che può apparire controintuitiva, e dunque difficile da far capire a livello di massa.

se ci si limita a guardare il singolo infatti è chiaro che chi è più ricco spende di più, ed individualmente è vero, quindi l’argomento propagandistico funziona.

ma, se si guarda invece da un punto di vista sociale, è altrettanto evidente che chi è particolarmente ricco, pure se vive nel lusso e dunque spende individualmente tanto di più, ha la tendenza a sottrarre al consumo una parte del suo reddito debordante e a dedicarlo alla speculazione finanziaria: in questo modo il meccanismo della concentrazione della ricchezza, se non contrastato da adeguate politiche economiche dello stato, si alimenta da sé, dato che la speculazione finanziaria è lo strumento principale oggi per l’arricchimento capitalistico.

al contrario una distribuzione del reddito tra una ampia fascia di percettori tende ad aumentare i consumi. 

dice Stiglitz:

E’ il ceto medio a consumare quasi tutto quello che ha in tasca e a spingere Pil ed economia, quando la distribuzione del reddito lo favorisce.

Gli apologeti della diseguaglianza sostengono che dare più soldi ai più ricchi sarà un vantaggio per tutti, perché porterebbe ad una maggiore crescita.

Si tratta di una idea chiamata “trickle-down economics” (economia dell’effetto a cascata).

Essa ha un lungo pedigree e da tempo è stata screditata.

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è il contrario, invece, e questa tendenza ha la forza di una legge scientifica, dimostrata attraverso un vero e proprio teorema.

cito dall’articolo di Petrini:

Il premio Nobel Joseph Stiglitz formalizza in un vero e proprio teorema, come egli stesso lo definisce, la sintesi degli studi che conduce da anni. (…)

Il teorema è chiaro e lucido come una formula chimica o una relazione fisica: se l’indice di Gini (ovvero l’indicatore di diseguaglianza inventato da un economista italiano, appunto Corrado Gini) aumenta, dunque aumenta la diseguaglianza, il “moltiplicatore” degli investimenti diminuisce e dunque il Pil frena.

inoltre il sistema economico diventa “inefficiente” se prevalgono rendite e monopoli, che regolarmente accompagnano la concentrazione della ricchezza.

Spesso la ricerca della rendita comporta un vero spreco di risorse che riduce la produttività e il benessere del paese.

* * *

metterei questa analisi economica di Stiglitz nella categoria del keynesismo sociale che da tempo sto contrapponendo al keynesismo che chiamo monetarista e che occulta le contrapposizioni sociali che stanno alla base della crisi.

questo diffonde la macabra illusione che sia possibile contrastare la crisi semplicemente aumentando il debito attraverso l’incremento della massa monetaria in circolazione e dunque attraverso l’inflazione.

Stiglitz dimostra che una lotta alla recessione non può andare separata da una vera e propria lotta di classe contro la concentrazione abonorme della ricchezza e dalla redistribuzione del reddito tra le classi sociali.

* * *

l’articolo di Repubblica neutralizza però alquanto l’impostazione di Stiglitz, cercando di riportarla nel ristretto ambito del keynesismo monetarista: la collega infatti ad altri due recenti momenti importanti della discussione sui modi per affrontare la crisi:

1:  l’Fmi ha infatti calcolato che il taglio del deficit dell’1% può ridurre il Pil del 2% e non solo  –  come si credeva fino ad oggi  –  di mezzo punto.

2. la teoria del debito di Rogoff e Reinhard secondo la quale oltre il 90 per cento nel rapporto con il Pil porta inevitabilmente alla recessione pare sia stata costruita con un foglio di calcolo Excel erroneo.

Ma il nuovo assalto di Stiglitz rischia di essere ancora più pericoloso rispetto alle tesi dello status quo economico.

diciamo meglio piuttosto che quello di Stiglitz è un vero e proprio appello alla rinascita di un movimento sociale democratico che lotti per l’eguaglianza e ristabilisca una distribuzione della riccchezza più sana.
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naturalmente chi cerca, come me, di collocare la riflessione economica nel quadro concettuale dei limiti intrinseci dello sviluppo post-moderno si trova a sua volta di fronte ad un paradosso che non eviterò di dichiarare ed evidenziare pubblicamente, anche se in modo decisamente un po’ autolesionista… ;), variante colta per non dire “tirandomi la zappa sui piedi”.
se l’umanità, per salvarsi globalmente, deve liberarsi dal demone dello sviluppo e cercare di raggiungere un’economia dell’equilibrio sostenibile (che si configura, per alcuni, come economia della decrescita felice), allora forse proprio l’ingiusta distribuzione della ricchezza è il segreto nascosto della dinamica sociale degli ultimi quarant’anni?
in altri termini, il teorema di Stiglitz può essere rovesciato? può diventare lo slogan che ho accennato nel titolo e che ora do nella sua forma completa?

super-ricchi arricchitevi ancora, bloccherete lo sviluppo e ridurrete l’umanità ad una virtuosa fame.

è proprio perché il mondo non può crescere ulteriormente che la mano nascosta della storia sta concentrando la ricchezza per costringerci al declino?
* * *
ma questo post è già stato abbastanza lungo e mi riservo di rispondere in futuro su questo punto, dopo maggiore riflessione.

15 risposte a “231. il teorema di Stiglitz: super-ricchi arricchitevi ancora, bloccherete lo sviluppo.

  1. C’è un limite “fisico” che il pianeta non può sopportare: il limite che potrebbe raggiungere se tutti i suoi miliardi di abitanti cominciassero a “consumare” con un tenore di vita simile a quello del cittadino medio di alcuni Stati Occidentali industrializzati. La terra non reggerebbe, non ci sarebbero risorse ed energia per tutti. Ecco dunque che qualcuno potrebbe avere tutto l’interesse a frenare lo sviluppo e a mantenere alcuni miliardi di uomini sotto la soglia della povertà: non per odio verso queste persone ma per egoismo per se stessi. E’ questa la “virtuosa fame” di cui si parla qui?
    Molto interessante questo post: anche se lungo l’ho letto interamente con grande curiosità.

    • meno male che questo post un commento, almeno, lo ha auto, caro Miki: lo sai anche tu, vero, che i post più impegnativi sono quelli meno commentati…

      la virtuosa fame è quella imposta dai super-ricchi agli altri: quella con cui salvare il pianeta dall’implosione nei suoi stessi bisogni.

      la fame virtuosa, come sai, è sempre quella degli altri.

      • “meno male che questo post un commento, almeno, lo ha auto, caro Miki: lo sai anche tu, vero, che i post più impegnativi sono quelli meno commentati…”
        a volte quando si scrive molto bene ed esaustivamente, non resta nulla di più da dire. al massimo una variante di “sono d’accordo, bel post” 🙂

        sto commentando tra l’atro senza nemmeno aver letto il topic, che più volte mi ero ripromesso di leggere gustandomelo in tranquillo relax, quindi procrastinando – come molti altri post – ma rimedierò, sicuro! 🙂

        • il topic in questo caso è il post?

          non conosco bene questa terminologia e anche la voce di wikipedia non mi ha chiarito affatto le idee… 😦

          lì sembrerebbe che il topic sia invece il tema che viene trattato nel post (in questo caso da topic dovrebbe funzionare il titolo…)

          quanto alle tue considerazioni sui post fatti bene (ma questo non lo hai ancora letto! :)), vedi però che questo ha raccolto anche un solo “I like”… 😉

  2. ecco, non mi ero mica accorto che c’era l’iconcina del “like” anche qui, come su facebook 😀

    alla fine ieri sera avevo letto il tuo articolo e che dire, non fa una piega. non ero informato sulle ricerche di Stiglitz, direi che colpiscono il bersaglio con una precisione disarmante.
    in merito alla tua considerazione finale, credo che in uno status quo fondato sul disequilibrio (come ad esempio la ricchezza concentrata nelle mani di pochi) qualsiasi fattore che vada ad aumentare tale disequilibrio ci avvicina al contempo all’inevitabile punto di rottura.
    è lo stesso concetto che mi porta a pensare che, per innescare una qualsivoglia rivoluzione, sia meglio lasciare dar sfogo agli ingordi, nel modo più evidente e lapalissiano possibile, anzi mettendoli in bella mostra, piuttosto che perseguire una lenta guarigione con riforme scialbe e poco incisive (che a mio avviso, in molti casi concreti, sono evidentemente fallimentari fin dal principio e procrastinano soltanto il problema di fondo, che è un po’ come diluire scarichi tossiche con l’acqua).
    è il motivo per cui poco tempo fa tifavo per i grillini, e per cui adesso spero che torni al più presto lo psiconano al potere assoluto, per dare uno strappo definitivo al disastro nella speranza che l’imbecillità italica veda una fine, per dunque ricominciare da zero (cosa che si sarebbe potuta abbastanza agevolmente fare dopo le ultime elezioni).

    ps: per il mio modo di scrivere, che poi è abbastanza genericamente il gergo dei “forumers” (non so se nel mondo dei blog possa essere diverso) con “post” indico genericamente un qualsiasi intervento scritto sul sito, con “topic” il post originario – in questo caso i tuoi articoli – e con “reply” le risposte date a seguito del topic iniziale. infine generalmente chiamo “thread” l’insieme di tutti i post di una discussione (quindi topic iniziale + tutti i reply successivi)

    • grazie di avermi letto, anche se poi questo post è semplicemente di terza mano e riassume, solo pensandoci su, tesi altrui.

      mi colpisce la somiglianza dei nostri modi di pensare e di affrontare le questioni.

      non credo che potrò mai votare per Grillo, ma sto arrivando anche io alla conclusione che occorre votare Berlusconi per togliere di mezzo i suoi finti nemici.

      grazie poi dell’istruzione informatica che dai alla mia ignoranza specifica… 😉

      • il bello della follia italica – tra le altre cose – è che adesso che pure gli antiberlusconiani più convinti [per le considerazioni fatte prima] quasi quasi tifano per lui, adesso che il PD è teoricamente e concretamente morto, adesso che la storia ha dimostrato l’inutilità del grillismo (almeno per ora), che ti succede alle ultime amministrative? il PDL crolla ed il PD stravince!
        non c’è speranza di salvezza, altro che spirito dionisiaco: qui deve esserci parecchio spirito lisergico 😀

        • veramente credo che il successo del Partito Democratico alle amministrative, ottenuto più che altro per un forte atsensionismo e per la resistenza dello zoccolo duro di quel partito, non sia per nulla un segnale di vitalità politica di quel partito e non possa essere trasferito sul piano politico.

          un sindaco bisogna pure votarlo, la legge elettorale è accettabile, e il sindaco berlusco-leghista uscente, col suo razzismo strisicante, è impresentabile e va sostituito; poi si vedrà.

          anche io dunque ho votato l’altra domenica e voterò la prossima al ballottaggio per il candidato sindaco Democratico a Brescia, ma certamente non voterò mai più per quel partito a elezioni politiche, giudicandolo totalmente inaffidabile.

          manca a livello nazionale un nuovo soggetto politico credibile, e neppure pare ci siano le condizioni politiche per le quali possa affermarsi.

          a questo punto, vinca pure il peggiore, che almeno è coerente e mantiene quel che promette.

          senza i miei voti, naturalmente, ma riprenderò volentieri l’astensionismo attivo che avevo abbandonato solo perché mi sono fatto fregare… 😉

  3. Pingback: il ribelle: inflazione e svalutazione. | bortocommentando·

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