233. la primavera turca e la distruzione di Istanbul.

il parco Gezi, sulla piazza Taksim, me lo ricordo bene: è l’unico polmone verde della Istanbul che sta aldilà del Corno d’Oro, ad est, e si trova alla fine del vecchio quartiere dominato dalla torre dei Genovesi, in alto: da lì, volendo si discende al Bosforo, andando verso l’Asia da quest’ultima propaggine dell’Europa.

vedete i vantaggi dell’essere un giramondo? indigna anche me, in modo emotivamente molto forte e diretto, l’idea che quel parco così sereno, dove trascorsi un paio d’ore per riposarmi di qualche scarpinata partciolarmente lunga e per osservare la vita che dolcemente vi si svolgeva, venga distrutto per costruire un centro commerciale e una nuova moschea islamista.

sono appena reduce dalla penosa invasione di moschee del tutto anonime e simili a loro volta a centri commerciali che avanza con la forza tranquilla dei bulldozer lungo tutta l’Indonesia che ho visto, per non sentirmi indignato e preoccupato.

ma la notizia che trovo particolarmente atroce è il quadro generale della “modernizzazione” di Istanbul, una delle meraviglie assolute del mondo, in cui questa prima distruzione si inserisce:

Nel giro di pochi anni un terzo delle vecchie abitazioni della città saranno rase al suolo per fare spazio, tra l’altro, ad un aeroporto, a una nuova moschea, e a un nuovo canale che sdoppierà il Bosforo.

l’ultima volta che sono stato a Istanbul, alla fine del 2006, questa distruzione era già in atto e procedeva veloce attraverso lo smantellamento degli antichi quartieri di case di legno, che erano l’immagine stessa della metropoli euroasiatica, sostituiti dagli anonimi e orrendi condominietti della postmodernità che tutto appiattisce e distrugge.

mi immagino che cosa possa essere successo in questi altri sette anni, e che cosa succederà ancora: la vecchia meravigliosa Istanbul verrà cancellata dalla carta geografica dalla cupidigia affaristica e da Erdogan, l’islamista moderato; ma il problema non è solo lui.

* * *

Erdogan è, sul piano psicologico, un caso ricorrente di dittatore megalomane, anche se il suo regime è poi sostenuto da una maggioranza elettorale chiara, ed ha dichiarato sprezzante ai pacifici manifestanti massacrati dalla sua polizia che non si fermerà, «qualunque cosa facciate».

Erdogan è l’esponente in Turchia di quel generale movimento integralista che si sta diffondendo nel mondo islamico nel suo complesso, ben finanziato economicamente, evidentemente dalle monarchie dei petrodollari arabi, e ben appoggiato politicamente, dato che Obama e l’occidente hanno scelto di interloquire con l’islamismo cosiddetto moderato allo scopo di provare ad isolare quello estremistico.

le forze laiche e democratiche delle cosiddette primavere arabe sono servite come strumento per abbattere i regimi autoritari e militari filooccidentali, ma insostenibili, nel tentativo di costruire una sacra alleanza tra occidente ed islam, più solida politicamente, perché fondata su un sostegno abbastanza largo e non sulla semplice repressione.

* * *

il paradosso di questa alleanza è però svelato fino in fondo dai drammatici scontri di Istanbul, dove la popolazione difende la sua città dallo stravolgimento e dalla distruzione. 

il neointegralismo islamico moderato che l’Occidente sta aiutando ad andare al potere è nemico dell’islamismo autentico, non solo della democrazia e dello spirito laico.

mi è difficile forse spiegare fino in fondo quello che intendo, collegato alla mia sensibilità estrema per la storia visiva del paesaggio urbano, o per dirla in modo appena più semplice, per le trasformazioni architettoniche delle città.

però ci provo ancora: che razza di islamismo moderato è quello che distrugge gli antichi quartieri islamici della principale metropoli del mondo islamico per sostituirli con ottuse moschee fatte in serie come supermercati, e che diffonde assieme moschee e centri commerciali?

è una islamizzazione bastarda, dove l’ideologia religiosa dell’islam è messa al servizio di un consumismo becero, spersonalizzante ed ottuso, come quello occidentale, e dove le differenze culturali vere e profonde vengono cancellate o nascoste come sotto il velo imposto alle donne per obbligo di legge.

* * *

a volte l’islam, visto in quest’ottica, nella sua rigidità rituale e teologica, nel semplicismo del suo messaggio, almeno nella forma corrente, che è appunto quella che si va diffondendo e che sta cancellando le stesse tradizioni islamiche profonde, mi sembra, tra le grandi fedi del mondo, la religione perfetta del neocapitalismo presente, che del resto lo finanzia massicciamente.

e forse prefigura un futuro in cui saremo tutti neoislamisti e saremo governati da dittature molto democratiche come quella di Erdogan.

* * *

sono col cuore da parte dei dimostranti turchi: ma non so quanta speranza abbiamo di riuscire davvero ad invertire in tutto il mondo il feroce meccanismo che unisce propaganda becera, arroganza politica, e violenza poliziesca con religioni ridotte a ritualismi dottrinari e a teologie da supermercato, per imporci un destino autodistruttivo di consumatori contenti, anche dove la ricchezza declina e i consumi anche, per conto loro…

ma il fatto che la vittoria sia così improbabile non ci autorizza a rinunciare ad opporci in tutti i modi possibili.

solidarietà, ammirazione e rispetto allora per i manifestanti di tutta la Turchia in lotta contro la Sacra Alleanza tra l’islamismo da supermercato e il potere neocapitalistico.

8 risposte a “233. la primavera turca e la distruzione di Istanbul.

  1. aggiungici uno sviluppo immobiliare (che ricorda curiosamente quello spagnolo!) alla periferia di Istanbul, veramente spropositato.
    aggiungici che di quasi nulla di ciò la città ha veramente bisogno: forse, solo del nuovo canale.
    aggiungici che quando vi sono stato io, i turchi stavano per votare -come poi fecero, approvando a larga maggioranza- la riforma costituzionale che attribuì ad Erdogan ancora più poteri.
    aggiungici che per l’occidente, non ci sono molti altri interlocutori possibili nella regione.

    ecco allora che la strategia dell’occidente nelle primavere arabe si dimostra terribilmente sbagliata.

    • anche se non ho capito il riferimento all’utilità del nuovo canale, il commento nel suo insieme dà diversi spunti interessanti.

      purtroppo però la conclusione è troppo sintetica e credo di non averla capita pienamente.

      l’Occidnte ha scelto in Medio Oriente di abbandonare le dittature filo-occidentali come quella di Mubarak o quella tunisina, e allo stesso tempo di colpire alcuni regimi tradizionalmente ostili, come quelli di Gheddafi o di Assad, per delineare un nuovo quadro medio-orientale dominato in maniera omogenea da un islamismo moderato col quale colloquiare.

      punto debole di questa strategia, sofferta, è che l’Arabia Saudita, che dovrebbe essere parte di questo schieramento, al momento offre prospettive di islamismo ideologicamente per niente moderato.

      secondo punto debole è che la politica occidentale antiislamica dei decenni passati ha innescato un revival islamista nella ex-laica Turchia, che oggi non si propone più come fedele alleato americano, accomunato da una visione del mondo con forti punti di contatto.

      il tutto rilancio un possibile ruolo internazionale “neo-ottomano” della Turchia, che farebbe dell’islamismo un suo strumento di egemonia poltica nella regione…

      tutte queste evidnti difficoltà non bastano tuttavia a definire sbagliata la nuova strategia di Obama, perché bisognerebbe contestualmente proporre una diversa strategia più efficace: quale?

      • il nuovo canale è forse l’unica infrastruttura di cui Instabul ha veramente bisogno: ha già immensi quartieri nuovissimi, ha già due aeroporti… ma il traffico marittimo è in aumento ed il canale potrebbe non reggerlo più, anche considerando la vicinanza alla città.

        la critica alla strategia occidentale riguarda la “solita” confusione che i vari Stati hanno avuto con i loro interventi: ci si è soffermati sull’obiettivo immediato (far cadere le dittature), senza programmare i passi successivi. e questo vuoto è stato facilmente riempito dalla Turchia e da altri Stati mussulmani.

        condivido quanto dici sui sauditi, il che non è per me affatto un punto debole: il radicalismo dei sauditi è a monte della loro partecipazione a questa “democratizzazione”, quindi preferisco rinunciare alla loro partecipazione tout court.

        così, io non giudico sbagliata la stregia di Obama, ma l’approccio complessivamente miope dei vari Stati occidentali. questo non è un problema di Obama, ma comune a tutti.

        giustamente, su Repubblica di oggi appariva un’analisi delle proteste di Instabul che le legava soprattutto a ragioni economico-sociali, piuttosto che religiose: il fanatismo religioso e politico di Erdogan era visibile da tempo (ripeto: almeno dal referendum del 2010), eppure sino ad allora andava bene….

        • credo anche io che la ragione ultima delle proteste, anche un Turchia, stia nel fatto che mentre la gente comune soffre, vede che i grandi capitali continuano ad espandersi anche nella vita quotidiana dei cittadini…

          a te pare che il Bosforo non sia in grado di reggere il traffico commerciale che lo attraversa?

  2. Le proteste in Turchia hanno ragioni primariamente politiche e culturali, non economiche. Da più parti le si paragona, mutatis mutandis, al nostro ’68 (nostro = di noi occidentali).
    In sintesi, c’è convergenza tra diversi settori sociali contrari alle tendenze autocratiche e islamiste del presidente Erdogan: si tratta di alcuni settori laici e nazionalistici vicini all’esercito e alla burocrazia statale, di gran parte della classe media in ascesa, tendenzialmente filo-liberale e laica, ai moltissimi giovani filo-occidentali. Riguardo a questi ultimi: ricordate il mito dei blue jeans nell’Est Europa, a fine anni ’60 e negli anni ’70 ? Questi ragazzi inseguono gli stessi miti: non più esattamente e solamente i blue jeans ma anche la musica “disco” e pure il “rap”, ma soprattutto la libertà di vestirsi (hijab inclusa), divertirsi, amarsi e anche bere come gli pare. Alla faccia dei sottanoni in palandrana nera che predicano dalle moschee di non baciarsi per strada e al governo filoislamista che di rimando approva una disposizione “attuativa” , con cui si vieta a tutti di bere birra e di baciarsi per strada..
    In più in Turchia la crisi siriana ha giocato da detonatore di una situazione socialmente tesa da diversi anni, provocando un enorme afflusso di profughi dalla guerra civile, come pure l’acuirsi della questione curda.

    Oggi l’ AKP (Partito della Giustizia e dello Sviluppo – il nome è tutto un programmma) è diventato il partito-Stato, con a capo il superpresidente accentratore Erdogan, forte del gran consenso che raccoglie specie in provicia, nelle aree rurali (ricorda molto la nostra DC anni ’50 e primi anni ’60, dei tempi di Tambroni e di Scelba, tanto per capirsi…)
    .
    —-

    Breve digressione, a proposito delle denominazioni partitiche in Turchia: l’AKP è stato fondato nel 2001, a seguito dello scioglimento e della scissione del Partito della Virtù di Necmettin Erbakan, che ha poi dato vita al Partito della Felicità.

    Giustizia e Sviluppo.
    Virtù.
    Felicità…

    Sono concetti ideali “da maneggiare con cura”, come tutto ciò che si richiama all’etica in politica. Scivolare nello stato etico è un passo…

    L’hegelismo di fine ‘800 – inizio ‘900 (nazionalismo tedesco) e l’involuzione della Germania negli anni Trenta dovrebbero servirci da lezione…

    Sono concetti ideali che rischiano di restare astratti, assoluti, dunque vacui.

    Sono concetti ideali che, applicati in senso assoluto alla politica, portano, esattamente, all’assolutismo.

    Mai nessuno che pensi di fondare, specie quando le libertà individuali vacillano, un partito della tolleranza. Con la “t” iniziale minuscola. Secondo lo spirito di Voltaire.

    Chissà mai perché.

    Forse perché, come sosteneva Hitler:

    “Le masse sono femminee e stupide.
    Solo l’emozione e l’odio possono tenerle sotto controllo.”

    A volte mi viene quasi di dargi ragione…

    • questo, più che un commento, è un post, che ospito volentieri e che meriterebbe rilievo, tanto appari ben documentato.

      mi pare che la definizione del partito di Erodgan ricordi molto da vicino quella del partito di Suharto in Indonesia: dovrei controllare; e non so perché, la sua figura mi fa venire in mente quella di Putin, anche se forse i nomi dei rispettivi partiti forse non si assomigliano così strettamente.

      ma certamente in queste figure si prospetta un nuovo autoritaritarismo a base religiosa che si va diffondendo nel mondo e credo che anche l’elezione del nuovo papa, nonostante la molta paccottiglia propagandistica in giro sulla sua figura, possa rientrare in questo movimento storico.

      quanto alla Turchia, ti chiedo conferma di qualche informazione che ho memorizzato senza registrarne la fonte: è in atto uno sviluppo economico piuttosto forte, che è poi la vera base del consenso di Erogan, ma vi sarebbero anche segnali preoccupanti di crisi finanziaria: che cosa mi sai dire?

      questo per rispondere anche alla tua obiezione che riconduce al piano strettamente politico la protesta; credo che questa tua precisazione sia giusta appunto sul piano politico, ma poi anche le primavere arabe, il Sessantotto e perfino il Quarantotto nell’Ottocento avevano alle spalle momenti di crisi economica e sociale che aiutano a comprenderli dal punto di vista sociale.

      le tre volte che sono stato in Turchia fra il 2003 e il 2007 ho sempre colto questa forte spinta nei giovani verso i modelli di vita occidentali e nello stesso tempo la forza di una tradizione che inibiva e soffocava il loro bisogno di libertà.

  3. Bortocal, non mi sopravvalutare, non sono un “turcologo”.
    Ma neanche “tuttologo”, però, vorrei essere considerato.
    Per cui una risposta un minimo documentata mi tocca dartela.

    E’ vero, la crisi economica ha toccato di recente anche la Turchia, anche a seguito della diminuizione dell’export verso la UE (dovuta alla nostra crisi economica) e alla crescida del Paese guidata non tanto dall’high-tech ma dall’edilizia e dall’industria a basso valore aggiunto (e qui tornano le analogie con altri Paesi mediterranei, Spagna e Italia in primis…).

    Comunque il Paese ha avuto tassi di crescita del 10% circa negli ultimi 10 anni
    (cfr.: http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/05/scontri-turchia-leconomia-non-cresce-piu-e-governo-illiberale-scatena-proteste/616456/)
    , tanto che un intero nuovo ceto sociale si è potuto affacciare al mondo dei consumi di massa, di internet, ecc., con tutte le istanze di maggiore democrazia e diritti civili, di liberazione sessuale, ecc, che questo può comportare.

    Analogamente a quanto accadde in USA e poi in Europa occidentale negli anni ’60.
    In Cina sarebbe dovuto avvenire la stessa cosa nella primavera dell’ ’89, ma lì hanno avuto in risposta dalllo Stato-Partito (o Partito-Stato, che è lo stesso) la strage degli studenti di Tien-An-Men , il cui numero si aggira tra 2500 sulla piazza stessa e 4000 se si considerano anche quelli uccisi nella successiva repressione comunista (cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Protesta_di_piazza_Tienanmen).
    Ma il cambio di regime in Cina, allora, è stato solo rimandato di qualche decennio e la crisi politica prima o poi ci sarà anche da loro.

    Riguardo alla Turchia, oggi la gran parte degli analisti fa risalire l’attuale protesta alle smanie accentratrici di Erdogan e alla sua politica sempre più smaccatamente ispirata all’Islam tradizionalista, rendendo “nervosi” per questo anche gran parte dei kemalisti di destra e delle gerarchie militari laiche.

    E poi c’è da ricordare la “regola dei 10 anni”, vale a dire che al giorno d’oggi, statisticamente, in sistemi democratici, nessun leader politico riesce a durare più di 10 anni, in quanto il sistema massmediale “logora” l’immagine e il messaggio veicolati dal leader medesimo. Berlusconi è un’eccezione Ma perché l’Italia è un’eccezione (l’anomalia italiana, etc. etc. …)

    In sostanza, questa degli studenti turchi è più una protesta popolare dovuta alla crescita economica degli ultimi 10 anni piuttosto che alla crisi economica di questi ultimi mesi. Tant’è vero che la protesta resta comunque minoritaria nel Paese, in quanto coinvolge i ceti abbienti ed emergenti delle città, più che la grande provincia turca.

    Proprio come da noi nel ’68. La provincia era e rimase della DC. Per poi passare, una volta scomparsa la DC, negli anni ’90, alla Lega e a Forza Italia. Oggi la DC invece eccocela qua di nuovo, al governo
    PD+PDL = DC di sx + DC di dx
    Mi piace concludere con un’equazione. Anzi, con una uguaglianza, per essere esatti.
    Saluti.

    • a maggior ragione dovrò sopravvalutarti se non sei un turcologo eppure sei così informato su questo paese. 😉

      interessanti considerazioni: segni di crisi aperta non sono ancora segnalati dai giornali, ma per quest’anno è atteso un brusco rallentamento della crescita a circa il 2%; forse, come in Cina, queste economie che hanno tassi di sviluppo così alti sono poi ostrette a mantenerli, e basta anche solo una modesta flessione a mettere in crisi il sistema tutto intero.

      la tua analisi sulle radici borghesi della rivolta turca potrebbe non essere incompatibile con l’ipotesi che un primo rallentamento della cresita colpisca in particolare questo ceto sociale, togliendogli di fatto quelle prospettive legate al benessere e alla occidentalizzazione.

      vedremo meglio in futuro.

      sulla tua equazione finale, non riesco ad identificare il PDL con la DC di destra: a mio parere la perfetta riedizione della DC è il PD.

      che è un partito altrettanto ameba, che ha al suo interno ogni linea politica ed anche il suo contrario.

      proprio come la DC del passato.

      mentre nessun dubbio ho sul fatto che la destra italiana è il neofascismo.

      in sostanza l’Italia è passata negli ultimi vent’anni da una dc condizionata da una forte opposizione di sinistra ad una dc condizionata dalla destra neofascista ed illegalitaria.

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