i morti egiziani di ieri, venerdì di manifestazioni contro il governo sorto dalle grandiose proteste delle settimane passate contro Morsi e il suo tentativo di instaurare una repubblica islamica contando sulla leggera maggioranza conseguita alle elezioni di un anno fa, portano acqua alla prospettiva di una rinnovata dittatura militare in Egitto attorno al nuovo uomo forte, il generale al-Sissi, che sta spregiudicatamente giocando la carta della drammatizzazione della situazione in nome della lotta al terrorismo, come conviene a lui, ma anche agli stessi Fratelli Musulmani, le due forze egualmente nemiche della democrazia.
del resto una manifestazione di protesta al Cairo sia contro i militari sia contro gli integralisti islamici ha raccolto non più di due dozzine di persone.
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gli islamisti egiziani non sono diversi da quelli che in Tunisia e in Libia stanno uccidendo ad uno ad uno gli esponenti politici laici.
però non nego che l’evoluzione della situazione mi sta mettendo in crisi e che trovo sciocco alimentare la rappresentazione del martirio che è la forma che assume nel mondo islamico la pulsione di morte tipica dei movimenti fascisti, che in quel contesto assumono la forma dell’islamismo fanatico.
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mi ricompongo, rifletto: la situazione egiziana mostra ancora una netta prevalenza di coloro che rifiutano il tentativo di imporre una dittatura teocratica realizzato da Morsi (alcuni milioni di persone in piazza anche ieri) contro coloro che reclamano il suo ritorno al potere (alcune decine di migliaia di persone) nella sterminata metropoli del Cairo con i suoi 20 milioni di abitanti.
tuttavia il fatto che gli oppositori di questa seconda dittatura si stiano trasformando in sostenitori dell’uomo forte al-Sissi mi dispiace, anche se tra una dittatura teocratica ed una militare scelgo pur sempre la seconda.
un commentatore sullo Spiegel scrive:
Anche noi qui in Germania abbiamo avuto pure nel 1932 un Führer eletto democraticamente, ma purtroppo nessun Sissi!!
un altro:
gli islamisti devono essere isolati in tutto il mondo; nessuna tolleranza sbagliata con ideologie totalitarie o forme di teocrazia religiosa.
è anche la mia convinzione:
ma è dura quando la nostra scelta si trova limitata all’appoggio di un dittatore piuttosto che un altro.
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comunque la democrazia non è perfetta e non è un regime politico valido per tutte le situazioni: esige una maturità politica che indubbiamente in Egitto non esiste.
ma del resto, neppure in Italia c’è.
nel momento in cui ci si trova a dover scegliere fra due dittature, si ha già perso.
ed il commento del lettore sullo Spiegel non conforta affatto.
non esprimo altri abusati giudizi, ma rifletterei su una cosa: per mantenere il potere, serve la forza….
sono d’accordo sul primo punto e l’ho scritto anche io; del resto la storia non siamo noi a farla ed è QUASI SEMPRE una storia di sconfitte.
in realtà non vi è identità tra il movimento democratico di opposizione a Morsi e i militari che vi si sono insinuati per scopi loro, approfittando del vuoto di potere per provare a recuperare un ruolo politico, col quale stanno di fatto esautorando il governo.
se questo processo si concluderà in questo modo, ALLORA E SOLO ALLORA potremo parlare di un colpo di stato dei militari che hanno tradito il mandato popolare del ripristino della democrazia.
saranno le elezioni e la data in cui verranno fissate (se…) che ci diranno chi ha veramente vinto.
per ora prendo atto che anche la posizione dell’amministrazione di Obama, era ora!, espressa da Kelly, è che in Egitto non è avvenuto un colpo di stato militare.