l’in-cultura del sospetto.

Paul Ricoeur ha indicato i tre maestri della cultura del sospetto:

Marx, che col materialismo storico ci ha insegnato a riconoscere nelle ideologie delle costruzioni mentali per difendere gli interessi di classe

Nietsche, che col metodo genealogico insegna a sospettare dei valori della morale, dimostrando che hanno come fine non la realizzazione dell’individuo, ma la sua sottomissione

Freud, che con la psicoanalisi ci ha insegnato a sospettare delle costruzioni mentali con cui l’Io cosciente si barcamena tra senso morale o Super-Io e l’Es, il mondo oscuro e inconsapevole degli istinti negati, senza riconoscersi semplice parte della mente.

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l’Italia di oggi ci regala una cosa mai vista prima: l’in-cultura del sospetto.

una applicazione sistematica del machiavellismo gesuitico tipico della sua tradizione cattolica per la demolizione acritica di chi la pensa diversamente.

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Quello che Banfield nella sua classica ricerca sul Mezzogiorno chiamava individualismo a-morale delle popolazioni meridionali (v. E.C. Banfield, Una comunità del Mezzogiorno, Bologna, Il Mulino, 1960 e C. Mongardini, Tradizione e innovazione nel Sud, Roma, Bulzoni, 1972) si ripresenta nella nostra cultura come un tratto caratteristico delle relazioni inter-individuali.

Nei rapporti fra gli individui prevale sempre un atteggiamento di diffidenza nei confronti di chi non è del proprio gruppo o del proprio clan. Qualunque contatto per prendere un’ iniziativa o coinvolgerli in un progetto suscita diffidenza. Non si analizza la concretezza e la fattibilità della proposta. Ci si chiede soltanto quali vantaggi cerca di ottenere l’altro.

Così tutto si ferma per un atteggiamento culturale. La proposta non è considerata come una opportunità ma come una minaccia. Prevale la cultura del sospetto e questo è uno dei più sensibili freni della nostra vita sociale e culturale.

Carlo Mongardini, Elementi di sociologia. Temi e idee per il XXI secolo, The McGraw-Hill Companies srl, Copyright © 2011

18 risposte a “l’in-cultura del sospetto.

  1. un pò come lo scontro generazionale o padre-figli o padre\madre-figli mi fai pensare con questo post forse + radicato ancora in Italia come nei paese più sottosviluppati “forse”…E io nella mia realtà la tocco con mano questa realtà e me ne sto in silenzio (o almeno questo faccio da un pò di tempo) cosciente di questo fatto. Incomprensione allo stato puro che vede e sente la critica come polemica. E viene da ridere anche per se stessi che di questa coscienza, anche se scarna non sa che farsene semmai nutrirla un pò, in silenzio, leggendo su internet che spesso è umorale ma nel tuo caso come in altri rari blog trova l’ecosistema giusto per vivere e fornire linfa a menti un pò imprigionate…

    • certamente, carissimo, se il sistema sociale è di tipo più familistico che altrove, allora i conflitti inter-familiari sono più acuti che altrove.

      e questa potrebbe essere anche una chiave per il cosiddetto “femminicidio” che sarebbe allora soltanto il sintomo di una regressione sociale molto pesante verso modelli interpersonali di tipo puramente tribale.

      delle lodi ti ringrazio: il nostro scambio di opinioni dura da parecchio tempo, anche se attraverso nick mutevoli, e sempre le tue considerazioni mi conducono un poco “fuori rotta”, ma nel modo più giusto, che aiuta anche me a pensare.

non accontentarti di leggere e scuotere la testa, lascia un commento, se ti va :-)