al mercato del pesce di Surabaya finisco per caso – non è neppure segnalato nella guida, che parla invece del Pasar Pabean, dove si vende di tutto, nel quartiere cinese: ma chiaramente non è questo.
ci arrivo perché davanti ad una delle sue porte di ingresso c’è un addensamento di folla incredibile, un vero ingorgo direi, e, dopo essermi fermato per qualche ripresa all’esterno, mi butto dentro l’enorme capannone brulicante di vita, paradossalmente per stare un poco più tranquillo.
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questo è il terzo mercato indonesiano che visito, dopo quello di Cirebon e quello di quartiere di Surabaya: questo aveva in se stesso una specie di tristezza appartata e segreta; quello di Cirebon invece una cordialità provinciale; questo non concede niente al visitatore troppo curioso, all’inizio prova ad ignorarlo, facendo scorrere lateralmente attono a lui il flusso della sua vitalità dirompente.
qualche sguardo è addirittura ostile: Surabaya ha già la mentalità delle metropoli che non concede nulla all’intruso.
però la vitalità che esprime questo luogo è semplicemente mostruosa, e la ricchezza quasi incredibile del pescato di una sola giornata, che non mi stancherei mai di riprendere, per esaminare ogni possibile configurazione e gioco di colori e di luce attorno a queste nature doppiamente morte, è bilanciata dalla pari molteplicità dei visi e dall’affannarsi ininterrotto dei movimenti, che sembrano non potere far fronte all’immane compito di riuscire a vendere entro sera tutta quella merce.
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e anche la freddezza, poi…
metropoli sì, ma, se metropoli deve essere, l’orientale Surabaya è una specie di Napoli indonesiana – che ha avuto la gloria delle sue quattro giornate, ma ora trabocca di voglia di feste, di balli e di floklore; e hanno un bel cercare di darsi le arie da milanesi di Giava questi eterogenei Surabaya Johnny che popolano le file dei banconi del mercato: alla fine sono piuttosto dei gennarielli indonesiani, che non riescono a reprimere la loro allegria.
ed ecco infatti che alla fine del giro, quando un po’ sono diventato uno di casa lì dentro, le fotografie arrivano, assieme agli scherzi, alle mosse strambe, che purtroppo nella foto si traducono soltanto in forme troppo mosse.
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gli occhi di fuoco di una quarantenne indomita che mi guarda provocante sono il simbolo più forte di questo grande gioco della vita, che con intensità straordinaria ho sentito nel mercato del pesce di Surabaya più che in celebrati monumenti.
il commento via mail (che pubblico in ritardo…:
Senza nessun dubbio il pesce in abbondanza e la varietà di tipo, e di tutte le grandezze è stato il protagonista del video insieme al folclore e la gente.
Sai la cosa originale che mi ha colpito? La bilancia.
Già dall’inizio s’intravede una bilancia con i pesi che mi ha incuriosito 0.52.
Si sono susseguite tante visioni di bilance:
1.34, 1,39, 1.50, 1.56 (sulla destra in basso) 2.26, 2.59 – 2.26 filmato mentre pesano una quantità enorme di pesce – e ancora 3.42, 3.50
Hai notato l’originalità del piatto della bilancia: quel recipiente con il becco.
Nessuno si comprerà un solo pesce o un chilogrammo.
Non hai avuto nostalgia di un certo mercato dove si compra già fritto e si consuma a casa?
ovviamente non mi ero minimamente accorto delle bilance, tutto preso dalla varietà e ricchezza incredibile del pescato e dai tipi umani del mercato: occhio clinico, il tuo.
alcune, come la prima, con i pesi di metallo, hanno ancora il sapore dell’infanzia lontana…
quanto al pesce che compero al mercato del sabato a Brescia, sai come ne vado ghiotto.