il problema storico della “Lettera agli Ebrei” – CCMC 7 – 591.

prima ancora di affrontare il problema della forma, cioè della distribuzione delle diverse Lettere all’interno della raccolta paolina, occorre affrontare un problema preliminare: cioè la vistosa anomalia rappresentata dalla presenza fra loro della cosiddetta Lettera agli Ebrei.

basterà dire, per ora, che il criterio generale che il “raccoglitore” ha seguito anticipa quello del Corano, che distribuisce le sure in base alla lunghezza; vedremo nel prossimo post quale può essere la motivazione di questa scelta, qui applicata a lettere che sono divise in due gruppi: quelle a comunità e quelle a singoli.

in altre parole, prima precedono le lettere alle “Chiese”, in ordine di lunghezza, poi, sempre in ordine di lunghezza, le lettere a destinatari individuali.

* * *

la Lettera agli Ebrei, lettera ad una comunità di credenti o Chiesa locale che dir si voglia, spezza questo schema e conclude attualmente la raccolta delle Lettere attribuite a Paulus, dopo le lettere individuali, come una specie di contraltare alla Lettera ai Romani che la apre.

non è sempre stato così, perchè in alcuni codici antichi vediamo che essa si trovava invece al secondo posto, secondo il criterio generale, perché un poco più breve della Lettera ai Romani, che è la prima, e un poco più lunga della I Lettera ai Corinzi, che attualmente è la seconda.

i motivi di questa oscillazione li potremo ipotizzare in seguito, dopo esserci soffermati su alcune caratteristiche di questa lettera.

* * *

la Lettera agli Ebrei è chiaramente formata da due parti di due mani diverse: la prima parte, dal cap. 1 al 13, non è affatto una lettera, non ha intestazione nè destinatari; è un trattato teologico piuttosto esteso: non ha neppure firma.

la seconda parte, molto breve, ha effettivamente almeno la forma di una lettera ed è inserita nella conclusione della prima, in maniera artificiosa abbastanza evidente.

l’inserimento è reso lampante dal v. 22, che non può essere riferito al testo completo di 13 capitoli:

“Vi raccomando, fratelli, accogliete questa parola di esortazione; proprio per questo molto brevemente vi ho scritto”.

“molto brevemente” non è certo espressione adatta ad un trattatello in 13 capitoli; risulta quindi evidente che questo era il testo di una lettera non si sa bene a quale comunità, scritta in uno stile simile a quello delle altre lettere e poi ricucito forzatamente addosso ad un testo che PRE-ESISTEVA.

(e siccome stiamo cercando indizi ora anche interni ai testi delle lettere del carattere di falsificazione dell’epistolario paolino, direi che questo da solo potrebbe essere considerato risolutivo, almeno per quanto riguarda questa lettera fondamentale, ma con evidenti ricadute indiziarie sul resto del corpus paolino, come si vedrà).

* * *

presento, a dimostrazione, il testo completo del finale (conclusione del capitolo 12 e ultimo capitolo), segnalando in neretto quella che mi pare la conclusione del trattato e in corsivo il testo inserito.

[25] Guardatevi perciò di non rifiutare Colui che parla; perché se quelli non trovarono scampo per aver rifiutato colui che promulgava decreti sulla terra, molto meno lo troveremo noi, se volteremo le spalle a Colui che parla dai cieli. [26] La sua voce infatti un giorno scosse la terra; adesso invece ha fatto questa promessa: Ancora una volta io scuoterò non solo la terra, ma anche il cielo. [27] La parola ancora una volta sta a indicare che le cose che possono essere scosse son destinate a passare, in quanto cose create, perché rimangano quelle che sono incrollabili.

[28] Perciò, poiché noi riceviamo in eredità un regno incrollabile, conserviamo questa grazia e per suo mezzo rendiamo un culto gradito a Dio, con riverenza e timore; [29] perché il nostro Dio è un fuoco divoratore.

13 [1] Perseverate nell’amore fraterno. [2] Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo. [3] Ricordatevi dei carcerati, come se foste loro compagni di carcere, e di quelli che soffrono, essendo anche voi in un corpo mortale. [4] Il matrimonio sia rispettato da tutti e il talamo sia senza macchia. I fornicatori e gli adùlteri saranno giudicati da Dio.

[5] La vostra condotta sia senza avarizia; accontentatevi di quello che avete, perché Dio stesso ha detto: Non ti lascerò e non ti abbandonerò. [6] Così possiamo dire con fiducia:

Il Signore è il mio aiuto, non temerò.

Che mi potrà fare l’uomo?

[7] Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunziato la parola di Dio; considerando attentamente l’esito del loro tenore di vita, imitatene la fede.[8] Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre! [9] Non lasciatevi sviare da dottrine diverse e peregrine, perché è bene che il cuore venga rinsaldato dalla grazia, non da cibi che non hanno mai recato giovamento a coloro che ne usarono.

[10] Noi abbiamo un altare del quale non hanno alcun diritto di mangiare quelli che sono al servizio del Tabernacolo. [11] Infatti i corpi degli animali, il cui sangue vien portato nel santuario dal sommo sacerdote per i peccati, vengono bruciati fuori dell’accampamento. [12] Perciò anche Gesù, per santificare il popolo con il proprio sangue, patì fuori della porta della città. [13] Usciamo dunque anche noi dall’accampamento e andiamo verso di lui, portando il suo obbrobrio, [14] perché non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura. [15] Per mezzo di lui dunque offriamo continuamente un sacrificio di lode a Dio, cioè il frutto di labbra che confessano il suo nome.

[16] Non scordatevi della beneficenza e di far parte dei vostri beni agli altri, perché di tali sacrifici il Signore si compiace.

[17] Obbedite ai vostri capi e state loro sottomessi, perché essi vegliano su di voi, come chi ha da renderne conto; obbedite, perché facciano questo con gioia e non gemendo: ciò non sarebbe vantaggioso per voi.

[18] Pregate per noi, poiché crediamo di avere una buona coscienza, desiderando di comportarci bene in tutto. [19] Con maggiore insistenza poi vi esorto a farlo, perché possa esservi restituito al più presto.

[20] Il Dio della pace che ha tratto dai morti il Pastore grande delle pecore, in virtù del sangue di un’alleanza eterna, il Signore nostro Gesù, [21] vi renda perfetti in ogni bene, perché possiate compiere la sua volontà, operando in voi ciò che a lui è gradito per mezzo di Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.

[22] Vi raccomando, fratelli, accogliete questa parola di esortazione; proprio per questo molto brevemente vi ho scritto. [23] Sappiate che il nostro fratello Timòteo è stato messo in libertà; se arriva presto, vi vedrò insieme con lui. [24] Salutate tutti i vostri capi e tutti i santi. Vi salutano quelli d’Italia. La grazia sia con tutti voi.

l’evidenza dei due testi diversi, scritti da due persone diverse, è assoluta.

non bastasse, si può notare che vi è una connessione tematica attorno alla figura del fuoco tra 12, 29 e 13, 11, che viene interrotta dall’inserimento di precetti morali non pertinenti.

* * *

così il testo della lettera, che appare scritta da Roma con destinatario sconosciuto e che successivamente è stata inserita nella coda del trattatello teologico, può essere ricostruito in questo modo:

[Paulus (…) alla Chiesa dei (…)]

(…) [manca il tipico prologo paolino, che evidentemente non poteva trovare posto qui, oppure ha dovuto essere eliminato]

13 [1] Perseverate nell’amore fraterno. [2] Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo. [3] Ricordatevi dei carcerati, come se foste loro compagni di carcere, e di quelli che soffrono, essendo anche voi in un corpo mortale. [4] Il matrimonio sia rispettato da tutti e il talamo sia senza macchia. I fornicatori e gli adùlteri saranno giudicati da Dio.

[5] La vostra condotta sia senza avarizia; accontentatevi di quello che avete, perché Dio stesso ha detto: Non ti lascerò e non ti abbandonerò. [6] Così possiamo dire con fiducia: Il Signore è il mio aiuto, non temerò. Che mi potrà fare l’uomo?

[7] Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunziato la parola di Dio; considerando attentamente quale fu l’esito della loro vita, imitatene la fede.[8] Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre! [9] Non lasciatevi sviare da dottrine diverse e peregrine, perché è bene che il cuore venga rinsaldato dalla grazia, non da cibi che non hanno mai recato giovamento a coloro che ne usarono.

[16] Non scordatevi della beneficenza e di far parte dei vostri beni agli altri, perché di tali sacrifici il Signore si compiace.

[17] Obbedite ai vostri capi e state loro sottomessi, perché essi vegliano su di voi, come chi ha da renderne conto; obbedite, perché facciano questo con gioia e non gemendo: ciò non sarebbe vantaggioso per voi.

[18] Pregate per noi, poiché crediamo di avere una buona coscienza, desiderando di comportarci bene in tutto. 

[19] Con maggiore insistenza poi vi esorto a farlo, perché possa esservi restituito al più presto.

[22] Vi raccomando, fratelli, accogliete questa parola di esortazione; proprio per questo molto brevemente vi ho scritto. 

[23] Sappiate che il nostro fratello Timòteo è stato messo in libertà; se arriva presto, vi vedrò insieme con lui. 

[24] Salutate tutti i vostri capi e tutti i santi.

Vi salutano quelli d’Italia.

La grazia sia con tutti voi.

risulta evidente la perfetta linearità e consequenzialità del v. 8 col v. 16 e del v. 19 col v. 22; eliminate le parti inserite, in entrambi i casi il discorso scorre in modo molto fluido; rileggendo sopra, risulta, credo, evidente che i vv. 10-15 e 20-21 non c’entrano e sono di un’altra mano, oltre che di un altro testo.

* * *

propongo ora il finale originale del trattatello teologico, perché ne sia chiara la linearità nella struttura, una volta che sia ricostituito nella loro forma originaria:

[25] Guardatevi perciò di non rifiutare Colui che parla; perché se quelli non trovarono scampo per aver rifiutato colui che promulgava decreti sulla terra, molto meno lo troveremo noi, se volteremo le spalle a Colui che parla dai cieli. [26] La sua voce infatti un giorno scosse la terra; adesso invece ha fatto questa promessa: Ancora una volta io scuoterò non solo la terra, ma anche il cielo. [27] La parola ancora una volta sta a indicare che le cose che possono essere scosse son destinate a passare, in quanto cose create, perché rimangano quelle che sono incrollabili.

[28] Perciò, poiché noi riceviamo in eredità un regno incrollabile, conserviamo questa grazia e per suo mezzo rendiamo un culto gradito a Dio, con riverenza e timore; [29] perché il nostro Dio è un fuoco divoratore.

[10] Noi abbiamo un altare del quale non hanno alcun diritto di mangiare quelli che sono al servizio del Tabernacolo. [11] Infatti i corpi degli animali, il cui sangue vien portato nel santuario dal sommo sacerdote per i peccati, vengono bruciati fuori dell’accampamento. [12] Perciò anche Gesù, per santificare il popolo con il proprio sangue, patì fuori della porta della città. [13] Usciamo dunque anche noi dall’accampamento e andiamo verso di lui, portando il suo obbrobrio, [14] perché non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura. [15] Per mezzo di lui dunque offriamo continuamente un sacrificio di lode a Dio, cioè il frutto di labbra che confessano il suo nome.

[20] Il Dio della pace che ha fatto tornare dai morti il Pastore grande delle pecore, in virtù del sangue di un’alleanza eterna, il Signore nostro Gesù, [21] vi renda perfetti in ogni bene, perché possiate compiere la sua volontà, operando in voi ciò che a lui è gradito per mezzo di Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.

anche in questo caso vi è un netto miglioramento della linearità del testo tra 12, 29 e 13, 10, nonché tra 13, 15 e 13, 20, una volta eliminati i due inserimenti dalla lettera ai vv. 13, 1.9 e 13 16-19.

si aggiunga che il v. 21 è palesemente la conclusione del trattatello teologico.

ripeto che la differenza stilistica e concettuale tra le due parti è così marcata che si impone da sola e la ricostruzione che ne esce così convincente, che non mi pare possa essere messa in dubbio.

* * *

non solo: lo stile della Lettera gli Ebrei è invece completamente diverso da quello delle altre Lettere; anche le analisi stilistiche e lessicali più recenti, sostenuti da studi informatizzati delle ricorrenze, hanno confermato l’insanabile divergenza della scrittura: mani diverse: nel trattato teologico introdotto a forza a fare parte delle Lettere si trovano 150 parole greche totalmente assenti dalle altre Lettere attribuite a Paulus.

questa incompatibilità, che oggi possiamo considerare accertata in via definitiva, non solo fra le due parte della Lettera agli Ebrei, ma fra la prima parte di questa e il resto delle Lettere, è stata chiara fin dall’antichità e ha sempre rappresentato un problema, anche se fin dal più antico papiro che ci ha trasmesso le Lettere di Paolo, il P. 46, datato dalla metà del II secolo all’inizio del III, questo testo è presente, e nella posizione più antica, cioè dopo la Lettera ai Romani e seguito dalla Prima Lettera ai Corinzi, come ricordavo sopra, a conferma di una distribuzione di tipo “coranico”, cioè secondo la lunghezza del testo.

* * *

Origene e Tertulliano nel III secolo discussero questa attribuzione; diversi gli autori alternativi proposti, preferibilmente della cerchia di Paulus; qualcuno si arrampica sui vetri parlando di una lettera scritta da qualcuno su stretta ispirazione di Paulus: fra tutti, per quel che vale, trattandosi di figure probabilmente ampiamente leggendarie, il candidato più autorevole è Barnaba, per i motivi che tra poco vedremo meglio.

in effetti, se lo stile è abissalmente diverso dalle altre lettere, qualche contenuto le richiama, ma anche dal punto di vista teologico le differenze sono potenti: siamo in un contesto culturale completamente differente.

e tuttavia voglio mettere subito in evidenza il passaggio che rende totalmente incompatibile la Lettera agli Ebrei col resto del presunto epistolario paolino…

2, 16: Egli infatti non viene per prendersi cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura.

una frase che limita chiaramente al popolo ebraico in senso stretto la missione savifica realizzata da Jeshu.

immagino l’obiezione: si tratta di una metafora.

no, non è possibile giocare con le parole: metafore? e come potevano intenderle come metafore gli interlocutori ebrei ai quali erano rivolte queste parole?

ma vediamo anche oltre:

13 [10] Noi abbiamo un altare del quale non hanno alcun diritto di mangiare quelli che sono al servizio del Tabernacolo. [11] Infatti i corpi degli animali, il cui sangue vien portato nel santuario dal sommo sacerdote per i peccati, vengono bruciati fuori dell’accampamento.

che cosa intende con “noi” l’autore di questa lettera, o per meglio dire di questo trattato? “noi cristiani”?

no, intende “noi ebrei seguaci di Jeshu”.

insomma, quando questo breve trattato viene scritto, il cristianesimo non è ancora una religione nettamente distinta da quella ebraica, come invece nelle (altre?) lettere paoline.

* * *

questo fatto è talmente stupefacente che conviene rileggere l’intero trattatello per cercarne conferma; e, se ci liberiamo del pregiudizio generato dalla interpretazione tradizionale e dal fatto che esso è collocato alla fine della raccolta delle lettere paoline, così che noi lo leggiamo alla luce di quelle, allora la verità ci si farà chiara: il trattato compreso nella pseudo-lettera agli Ebrei di Paulus è stato scritto da un ebreo osservante in una logica rigorosamente ebraica.

e tale appunto, tra l’altro, è la logica che ci aspettiamo da Paulus, secondo la biografia che di lui viene tracciata dalla tradizione; fariseo rigorista prima della conversione, non può avere cancellato del tutto le tracce della sua formazione.

Ebrei 1,1: 1 Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, 2ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio.

Ebrei 2,11: 11Infatti, colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli, 12dicendo (…)13:”Eccomi, io e i figli che Dio mi ha dato”.

14 Poiché dunque i figli hanno in comune una natura fatta di sangue e di carne, anche Cristo allo stesso modo l’ha presa (…).

si sta parlando del popolo ebraico come realtà prima di tutto genealogica, legata alla discendenza di sangue (per non parlare di razza), conformemente a tutto il pensiero ebraico antico almeno da Esdra in poi, che introdusse nell’ebraismo l’ossessione della purezza della razza.

e di Jeshu come di un ebreo puro, che condivide la propria origine razziale con gli altri ebrei.

17 Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo.

il popolo di cui qui si sta parlando è ancora esclusivamente il popolo ebraico.

a questo punto, dal cap. 3 in poi, Jeshu viene identificato con la figura del Sommo Sacerdote ebraico:

Ebrei 3,1: Perciò, fratelli santi, (..) prestate attenzione a Gesù, l’apostolo e il sommo sacerdote in cui noi professiamo di credere, 2il quale è degno di fede per colui che l’ha costituito tale, come lo fu anche Mosè in tutta la sua casa.Ma, in confronto a Mosè, egli è stato giudicato degno di una gloria tanto maggiore quanto l’onore del costruttore della casa supera quello della casa stessa. Ogni casa infatti viene costruita da qualcuno; ma colui che ha costruito tutto è Dio. In verità Mosè fu degno di fede in tutta la sua casa come servitore, per dare testimonianza di ciò che doveva essere annunciato più tardi. Cristo, invece, lo fu come figlio, posto sopra la sua casa. E la sua casa siamo noi, se conserviamo la libertà e la speranza di cui ci vantiamo.

Ebrei 4,14: 14Dunque, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede. 15 Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato.

Ebrei 5,1: 1 Ogni sommo sacerdote, infatti, è scelto fra gli uomini e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati. Egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell’ignoranza e nell’errore, essendo anche lui rivestito di debolezza. A causa di questa egli deve offrire sacrifici per i peccati anche per se stesso, come fa per il popolo.Nessuno attribuisce a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne.Nello stesso modo Cristo non attribuì a se stesso la gloria di sommo sacerdote, ma colui che gli disse: Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato, gliela conferì come è detto in un altro passo:

Tu sei sacerdote per sempre,
secondo l’ordine di Melchìsedek.

Ebrei 6,13: 13 Quando infatti Dio fece la promessa ad Abramo, (…) giurò (..) 14 dicendo: Ti benedirò con ogni benedizione e renderò molto numerosa la tua discendenza. 15 Così Abramo, con la sua costanza, ottenne ciò che gli era stato promesso. (…)17 Perciò Dio, volendo mostrare più chiaramente agli eredi della promessa l’irrevocabilità della sua decisione, intervenne con un giuramento, 1affinché, grazie a due atti irrevocabili, nei quali è impossibile che Dio mentisca, noi (…) abbiamo un forte incoraggiamento ad afferrarci saldamente alla speranza che ci è proposta. 19 (…) Essa entra fino al di là del velo del santuario,20 dove Gesù è entrato come precursore per noi, divenuto sommo sacerdote per sempre secondo l’ordine di Melchìsedek.

“sommo sacerdote per sempre secondo l’ordine di Melchìsedek! anche questo passo è molto significativo: gli “eredi della promessa” fatta ad Abramo sono semplicemente gli ebrei; qui non è mai detto nulla di diverso, che possa far sospettare un cambiamento del significato letterale, che era scontato per gli interlocutori che leggevano questo trattato.

in tutto il resto del testo che appartiene a questa opera si ribadisce continuamente che Jeshu è il nuovo sommo sacerdote “in eterno” dell’ebraismo, che ha rinnovato il patto con Dio (ovviamente del popolo ebraico); si veda ad esempio qui:

Ebrei 8,1: Il punto capitale delle cose che stiamo dicendo è questo: noi abbiamo un sommo sacerdote così grande che si è assiso alla destra del trono della maestà nei cieli, [2] ministro del santuario e della vera tenda che il Signore, e non un uomo, ha costruito. (…) [6] Ora invece egli ha ottenuto un ministero tanto più eccellente quanto migliore è l’alleanza di cui è mediatore, essendo questa fondata su migliori promesse. [7] Se la prima infatti fosse stata perfetta, non sarebbe stato il caso di stabilirne un’altra. [8] Dio infatti, biasimando il suo popolo, dice:

Ecco vengono giorni, dice il Signore,
quando io stipulerò con la casa d’Israele
e con la casa di Giuda
un’alleanza nuova; (…)

[10] E questa è l’alleanza che io stipulerò con la casa
d’Israele

Ebrei 10,28: Quando qualcuno ha violato la legge di Mosè, viene messo a morte senza pietà sulla parola di due o tre testimoni. [29] Di quanto maggior castigo allora pensate che sarà ritenuto degno chi avrà calpestato il Figlio di Dio e ritenuto profano quel sangue dell’alleanza (…)

anche il lungo elenco di esempi di fede del cap. 11 inizia con Abele e si chiude con i profeti, secondo una sequenza prettamente ebraica.

ma veramente chiarificatore è l’epilogo stesso di questa parte (13, 10-15, 20-21, citato sopra), in cui risulta evidente che per l’autore di questo trattato Jeshu ha semplicemente rinnovato l’ebraismo, e non fondato una religione nuova.

* * *

la cosa interessante peraltro è che questa Lettera è l’unica che contiene precisi elementi interni per arrivare ad una datazione:

2.1 Proprio per questo bisogna che ci applichiamo con maggiore impegno a quelle cose che abbiamo udito.

3. Questa – la via della salvezza – infatti, dopo essere stata promulgata all’inizio dal Signore, è stata confermata in mezzo a noi da quelli che l’avevano udita.

dunque si sta parlando di qualcuno che in passato ha potuto ascoltare i testimoni diretti della predicazione di Jeshu, che tuttavia, dall’espressione usata, non sembrano più in vita.

anche l’autore condivide questa condizione di essere un semplice ascoltatore dei seguaci di Jeshu; e non vale sostenere che con ciò ci si riferisce a una condizione particolare di Paulus, perché al contrario il “noi” dimostra che non si tratta di una condizione individuale particolare, ma di una condizione generale della comunità alla quale il testo è rivolto.

* * *

se poi guardiamo alla lettera che è stata inserita alla conclusione, questo stacco temporale diventa ancora più chiaro, anzi si può dire con certezza che la Lettera incorporata in questo testo, poi trasformato a sua volta in lettera, per assimilarlo agli altri, è successiva rispetto alla prima parte:

[7] Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunziato la parola di Dio; considerando attentamente quale fu l’esito della loro vita, imitatene la fede.

insomma, risulta chiaramente che questa vera e propria lettera indirizzata agli Ebrei è stata scritta in un periodo in cui i primi discepoli di Jeshu erano già morti, cosa che non è così chiara nella prima parte del testo, dove tuttavia si esclude che qualche ascoltatore possa essere stato testimone diretto della predicazione di Jeshu.

in altre parole, il trattato teologico entrato a far parte della presunta Lettera agli Ebrei è stato composto quando i testimoni diretti della predicazione di Jeshu non è escluso che fossero ancora vivi; la conclusione in forma di lettera, quando erano certamente già morti, visto che “l’esito della loro vita” adesso risulta noto.

Tutto questo ci rimanda evidentemente verso la fine del I secolo almeno per la seconda parte della Lettera, cioè per la manipolazione in forma di lettera vera e propria.

* * *

nonostante queste osservazioni, si tende quasi universalmente a dare per scontato, a fronte della accertata incompatibilità tra questo testo e il resto delle Lettere, che il testo falsificato o falsamente attribuito a Paulus sia la Lettera agli Ebrei.

in base a quale principio? direi, scherzando, quello della maggioranza.

facendo così si salva la presunta autenticità delle altre lettere e della intera teologia paolina; dovessimo ammettere che il testo effettivamente più vicino al mondo cultura e religioso in cui eventualmente visse Paulus è quello della prima parte della Lettera agli Ebrei, che fine farebbe la teologia paolina?

dovrebbe cercarsi un altro autore, evidentemente geniale e potente nel pensiero come Paulus; cosa mica facile…

* * *

altri indizi confermano ai miei occhi la maggiore antichità ed auteticità del trattato teologico contenuto nella Lettera agli Ebrei rispetto al resto dell’epistolario; ne accenno soltanto, dato che non posso, per esigenze di tempo, affrontare in questa sede la dimostrazione di alcune affermazioni, per le quali rimando ai diversi post scritti in passato su questi argomenti.

in nessuno dei testi originari del cristianesimo, cioè nei primi vangeli che avevano forma di raccolta di detti (Vangelo di Giuda Tommaso, Vangelo di Filippo, Fonte Q poi entrata nei vangeli di Luca e Matteo), si fa riferimento alla “resurrezione di Jeshu”, ma soltanto al fatto che egli non è stato vinto dalla morte: il Vangelo di Tommaso lo definisce “il Vivente”.

questo stesso sfondo riappare qui:

5, 7 Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito.

si parla di generica salvezza dalla morte, o in altri passi di presenza di Jeshu in Cielo accanto al Padre, ma manca completamente il riferimento ad un racconto vero e proprio della sua resurrezione, che non è mai esplicitamente dichiarata, neppure nella conclusione, a ben vedere, che pure è il punto che più vi si avvicina:

20 Il Dio della pace, che ha ricondotto dai morti il Pastore grande delle pecore, in virtù del sangue di un’alleanza eterna.

essere “tratto dai morti” è una cosa diversa che risorgere, è chiaro.

* * *

8, 1 Il punto capitale delle cose che stiamo dicendo è questo: noi abbiamo un sommo sacerdote così grande che si è assiso alla destra del trono della Maestà nei cieli.

10,12 Cristo, invece, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati, si è assiso per sempre alla destra di Dio, 13 aspettando ormai che i suoi nemici vengano posti a sgabello dei suoi piedi.

7, 25 Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio: egli infatti è sempre vivo per intercedere a loro favore.

“la risurrezione dei morti e il giudizio eterno” sono effettivamente citati al cap. 6,2 come punti salienti del nuovo ebraismo fondato da Jeshu, ma si parla della resurrezione futura dei credenti e dei martiri della nuova fede, non della resurrezione passata di Jeshu.

questo porta a pensare che questo testo appartenga davvero ad una fase più antica del cristianesimo.

se poi osserviamo che in esso si fa riferimento al tempio di Gerusalemme come ancora esistente, questo porterebbe a pensare ad una stesura anteriore alla sua distruzione da parte di Tito nel 70 d.C.

9, 6 Disposte in tal modo le cose, nella prima tenda entrano sempre i sacerdoti per celebrare il culto; nella seconda invece entra solamente il sommo sacerdote, una volta all’anno, e non senza portarvi del sangue, che egli offre per se stesso e per quanto commesso dal popolo per ignoranza.

quindi ci troviamo probabilmente di fronte ad uno dei rari ed originari testi del cristianesimo pre-70 d.C., assieme alla Rivelazione (o Apocalipsis).

* * *

la contemporaneità di questo testo col Vangelo di Tommaso risulta evidente da un passaggio che appare anche come una polemica diretta:

13 Ora, chi si nutre ancora di latte non ha l’esperienza della dottrina della giustizia, perché è ancora un bambino. 14 Il nutrimento solido è invece per gli adulti, per quelli che, mediante l’esperienza, hanno le facoltà esercitate a distinguere il bene dal male.

Vangelo di Tommaso, 4:

Gesù disse: “L’uomo di età avanzata non esiterà a chiedere a un bambino di sette giorni dov’è il luogo della vita, e quell’uomo vivrà”.

* * *

molte questioni importanti vengono aperte da queste prime osservazioni sparse, e ad una voglio almeno accennare: che rapporto esiste fra queste teorizzazioni e quelle dei testi essenici sul maestro di giustizia?

in attesa di risposta, vorrei introdurre la riflessione successiva limitata a questo testo come segue: se questo testo è più antico delle altre lettere, e nello stesso tempo presenta una elaborazione teologica incompatibile con quella successiva, possiamo pensare che l’attribuzione a Paulus (ammesso che sia esistito) sia giusta e che sia del tutto posticcia l’attribuzione a Paulus invece delle lettere successive?

* * *

è quello che vorrei discutere nel prossimo post; ma intanto la serendipity mi fa incontrare un vecchio amico, V., docente di religione, uomo di straordinaria finezza intellettuale e cultura, che vive ovviamente totalmente in ombra: gli riferisco sommariamente i risultati di queste analisi e mi aspetto una demolizione immediata.

sulla maggiore antichità delle Lettera degli Ebrei rispetto al resto delle lettere paoline non si scompone più di tanto, invece: solo, no, mi dice, l’autore non può essere Paulus, Barnaba semmai.

perché la Lettera rivela una conoscenza molto dettagliata delle pratiche del tempio che solo Barnaba poteva avere, perché Barnaba era un sacerdote.

come me l’ha venduta lui, così la riferisco; per il momento non posso esprimere valutazioni.

tuttavia mi pare accertato che un trattato teologico, scritto in ambiente ebraico da un seguace di Jeshu che si sentiva ancora pienamente ebreo, fu utilizzato, cambiandone il significato, come parte di una delle più importanti “lettere” di Paulus.

e non era lo stesso autore delle altre: prova evidente del quadro di falsificazione globale nella quale si svolse la raccolta di questi testi…

* * *

questo post fa parte di una serie organica in via di elaborazione, raccolta con la sigla CCMC Contributi alla comprensione della mitologia cristiana; inserendo nel motore di ricerca del blog in alto a destra questa sigla si troveranno anche gli altri.

3 risposte a “il problema storico della “Lettera agli Ebrei” – CCMC 7 – 591.

  1. Pingback: la struttura della raccolta delle Lettere paoline e alcuni problemi connessi -CCMC 8, 675. | Cor-pus·

  2. Pingback: chi scrive agli Ebrei? – CCMC 24 – 357. | Cor-pus·

  3. Pingback: alle origini dei vangeli secondo Matteo Luca: alcune idee sulla Fonte Q – 121 – Cor-pus 2020·

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