per cominciare la salita al largo cono del vulcano Bromo, al centro della caldera, che non sembrava neppure troppo alta né impegnativa vista da lontano, ho scelto una valletta laterale, scavata dall’acqua nella sabbia vulcanica, dato che il percorso ordinario assomiglia già pur se alle sette di mattina, al corso della mia città all’ora di punta del sabato.
in effetti il videoclip falsifica un poco la realtà di questa che è una delle principali mete del turismo indonesiano e finisce per darne un’immagine surrealmente autentica (se mi passa il gioco di parole).
insomma, è il turismo si massa che stravolge la realtà e dunque per chi fotografa è forse un dovere restituire la realtà non deformata dai turisti: realtà che non esiste, che è solo mentale, oramai: appunto, surreale.
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tuttavia qualche immagine, anche abbastanza impressionante, l’ho inserita anche io delle decine di persone che risalgono il vulcano, preferibilmente a cavallo, dato che la salita si rivela poi più impegnativa del previsto – e in una ripresa mi sente in effetti ansimare notevolmente, sarà forse per via dell’aria più rarefatta dei 2.300.
in ogni caso, anche i cavalli devono arrendersi, arrivati ai piedi della grande scalinata che fa fare forse gli ultimi 50 metri di dislivello, e che porta al bordo del cratere.
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ma prima di salire acquisto un mazzo di fiori di montagna (l’ho inquadrato sul passamani ai piedi della scala) e lo si vedrà poi con un rapido gesto, finire nel ventre del vulcano, come atto rituale per placarne le furie.
infatti poco dopo e fino al giorno successivo il pennacchio di fumo che, guardando nel vuoto del cratere, si vede scaturire dal suo fondo, si è effettivamente messo in pace: non so se mi saranno stati grati i turisti ritardatari.
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la vista dell’abisso di un vulcano è sempre fiabesca, anche quando ci si affaccia dal bordo di una balaustra e in mezzo a centinaia di persone.
ma qui, al Bromo, si arriva senza fatica in punti in cui non ci sono più parapetti di protezione di massa, e il senso di vertigine si fa accentuato; volendo, ci si potrebbe arrampicare anche in punti ancora più prominenti e un po’ pericolosi, ma si vede che sto invecchiando perché la saggezza prevale.
e mi accontento delle vedute che il videoclip testimonia, senza rischiare la pelle per qualche inquadratura più audace.
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mi dispongo così, semplicemente, alla discesa: in basso in fondo ecco la vista dall’alto del recinto rettangolare del tempio indù, dal quale è cominciata la salita, forse un’ora fa.
ma anche qui, poco dopo, abbandono la via battuta, per gettarmi sulla destra in una zona completamente selvaggia.
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ma come? così? senza mappa e senza segni di sentieri?
la vista è tutta aperta, le pendici del vulcano sono abbastanza regolari, e basta piegare di questi 30 gradi per ritrovarsi di colpo in una solitudine misteriosa da pieno deserto.
ma è quel che si vedrà appunto al prossimo videoclip, che sarà pronto per domani.
Paesaggi lunari, da far paura.
Nicola
hai ragione, nicola.
ma quel che mi colpisce di questo tuo commento è che noi tutti, uomini comuni nati nel Novecento, abbiamo fatto esperienza dei paesaggi della Luna.