si è scoperto attraverso i post precedenti che nello pseudo-epistolario paolino la parte più antica e quella che semmai potrebbe essere considerata autentica è proprio il trattato teologico poi inserito nel corpo di una falsa Lettera agli Ebrei, della quale si nega comunemente la attribuibilità a Paulus per la sua evidente incompatibilità stilistica con le altre.
ma allora anche il rapporto fra questo testo e il resto dell’epistolario diventa improvvisamente di una chiarezza cristallina.
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proviamo ad ipotizzare, per un momento, che il trattato teologico, anteriore alla distruzione del tempio di Gerusalemme del 70 d.C., circolasse sotto il nome di Paulus.
e che giganteggiasse fra i testi cristiani fino a quel momento esistenti, come manifesto del messianismo ebraico, quale era effettivamente stato il cristianesimo fino a quel momento.
dopo la fine della guerra ebraica, la distruzione di Gerusalemme, la diaspora degli ebrei sopravvissuti – nel periodo nel quale, cioè, il cristianesimo cominciò a separarsi dall’ebraismo e a definirsi come religione autonoma – quel testo diventava tremendamente imbarazzante: un ostacolo sulla strada della trasformazione del cristianesimo da religione del futuro regno teocratico di Israele (oramai irrealizzabile per sempre dopo la tremenda e rovinosa sconfitta della guerra ebraica) a religione NELL’impero romano esistente e vittorioso, anche se (non ancora) religione DELL’impero romano, come diventerà tre secoli dopo.
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cancellare quel testo non si sarebbe potuto: era troppo diffuso e famoso.
assumerlo come obiettivo polemico ancor meno.
vi era soltanto un modo ragionevole per uscire dall’impasse: contrapporgliene un altro, o più d’uno, per correggere il tiro nella nuova direzione storicamente necessaria, e farlo per bocca, apparentemente, dello stesso autore.
è come se qualcuno avesse detto: ecco qui altri testi, finora non noti, di Paulus, che è una figura più ricca e complessa di quanto appariva sinora: non è quell’integralista ebreo che pareva, anche se proponeva una radicale revisione delle basi teologiche della religione ebraica: questo era stato in lui soltanto un momento, accanto ad altri egualmente importanti.
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obiettivo raggiunto in due modi paralleli: affiancandogli questo nuovo testo, col preciso compito di correggere il tiro, e facendo diventare il primo parte di una presunta Lettera agli Ebrei.
col che si suggeriva una distanza dell’autore da quel mondo e si poteva far dubitare di una sua identificazione con i valori del mondo ebraico.
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e la Lettera ri-assemblata era inserita, a sua volta, in una raccolta più vasta, in una posizione subalterna: prima solo in seconda posizione, poi addirittura nell’ultima, in modo che il testo fosse letto e re-interpretato alla luce della nuova visione proposta nelle nuove Lettere.
l’averla introdotta nella raccolta delle Lettere paoline alla conclusione (o in seconda posizione) porta infatti a leggerla e a interpretarla alla luce di quanto precede e dunque in un contesto che fa cambiare di significato al suo significato oggettivo.
insomma, i secoli di falsificazioni testuali che avevano condotto alla costruzione della Bibbia ebraica avevano reso gli esperti di questa cultura particolarmente attenti e versati nella manipolazione sottile dei significati attraverso il contesto.
e le Lettere di Paulus sono il trionfo della sottigliezza esegetica ebraica…
ma è proprio da questo condizionamento che occorre liberarsi per ritrovare il significato autentico del testo.
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il testo che doveva correggere il tiro del trattato teologico inserito ora nella Lettera agli Ebrei doveva avere un respiro altrettanto ampio e potente.
fu una Lettera ai Romani che, fin dal titolo, si contrappone come secondo lato della medaglia.
Paulus è presentato, per prima cosa, come uno che scrive, simbolicamente, tanto agli Ebrei quanto ai Romani.
ma l’analisi dei due testi rivela questo parallelismo preciso, puntiglioso, perfino sconcertante.
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la Lettera agli Ebrei (o meglio il trattato in essa contenuto e trasformato in lettera) inizia così:
1, 1 Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, 2ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e mediante il quale ha fatto anche il mondo.
la Lettera ai Romani inizia ricalcando concetti simili:
1, 1 Paolo, servo del messia Jeshu, (…) scelto per annunciare il vangelo di Dio – 2che egli aveva promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sacre Scritture 3e che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne, 4costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità, in virtù della risurrezione dei morti, Gesù Cristo nostro Signore.
c’è in più la resurrezione personale dai morti di Jeshu, concetto ignoto all’autore del trattato nella Lettera agli Ebrei, ma subito dopo continua:
14 Sono in debito verso i Greci come verso i barbari, verso i sapienti come verso gli ignoranti: 15 sono quindi pronto, per quanto sta in me, ad annunciare il Vangelo anche a voi che siete a Roma.
16 Io infatti non mi vergogno del Vangelo, perché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo, prima, come del Greco.
17 (…) Come sta scritto: Il giusto per fede vivrà.
questo concetto del vangelo predicato per la salvezza anche del mondo greco-romano non è affatto presente nel testo contenuto nella Lettera agli Ebrei, se lo consideriamo in se stesso e quasi a parte.
se ci stacchiamo dai condizionamenti che ci vengono dalla lettura in un contesto che è venuto soltanto dopo, necessariamente ci colpisce il fatto che nel primo testo Jeshu è visto come lo sbocco naturale della tradizione profetica ebraica (e soltanto di questa), mentre nella Lettera ai Romani il suo messaggio è universale.
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la Lettera ai Romani prosegue con una tremenda invettiva (1,18 – 2,11) contro la religione pagana:
22 (…) Si sono perduti nei loro vani ragionamenti e la loro mente ottusa si è ottenebrata. 22 Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti 23 e hanno scambiato la gloria del Dio incorruttibile con un’immagine e una figura di uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili.
e contro la libertà sessuale del mondo greco-romano, della quale diventa simbolo richiamato con orrore l’omosessualità:
24 Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, tanto da disonorare fra loro i propri corpi, 25 perché hanno scambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno adorato e servito le creature anziché il Creatore, che è benedetto nei secoli. Amen.
26 Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; infatti, le loro femmine hanno cambiato i rapporti naturali in quelli contro natura. 27 Similmente anche i maschi, lasciando il rapporto naturale con la femmina, si sono accesi di desiderio gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi maschi con maschi, ricevendo così in se stessi la retribuzione dovuta al loro traviamento.
la conclusione è un rigetto globale della civiltà contemporanea all’autore, in nome principalmente della sessuofobia, con un appello fanatico alla punizione mediante la morte di tali comportamenti:
28 E poiché non ritennero di dover conoscere Dio adeguatamente, Dio li ha abbandonati alla loro intelligenza depravata ed essi hanno commesso azioni indegne: 29 sono colmi di ogni ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d’invidia, di omicidio, di lite, di frode, di malignità; diffamatori, 30 maldicenti, nemici di Dio, arroganti, superbi, presuntuosi, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, 31 insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia. 32 E, pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo le commettono, ma anche approvano chi le fa.
questa maledizione globale si conclude con la convinzione ribadita che queste norme morali riguardano alla stessa maniera chi è ebreo e chi no (problema che non interessava affatto all’autore del testo compreso nella Lettera agli Ebrei):
9 Tribolazione e angoscia su ogni uomo che opera il male, sul Giudeo, prima, come sul Greco; 10 gloria invece, onore e pace per chi opera il bene, per il Giudeo, prima, come per il Greco: 11 Dio infatti non fa preferenza di persone.
l’affermazione che “Dio non fa preferenza di persone”, anche se innocentemente violata nel momento stesso mel quale viene detta (“per il Giudeo, prima, come per il Greco”), non deve passare inosservata: essa scardina con assoluta semplicità e naturalezza l’intera tradizione ebraica del popolo eletto.
14 Quando i pagani, che non hanno la Legge, per natura agiscono secondo la Legge, essi, pur non avendo Legge, sono legge a se stessi. 15 Essi dimostrano che quanto la Legge esige è scritto nei loro cuori (…)
nel trattato teologico della Lettera agli Ebrei stava scritto, invece:
2, 14 (…) i figli hanno in comune il sangue e la carne (…)
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non rientra nei fini di questa riflessione approfondire ulteriormente questa parte del discorso; è tuttavia curioso che in un passaggio di questa parte della Lettera ai Romani sembra intervenuta, con un commento un poco indignato, la mano di un copista critico; oppure l’autore stesso mette in scena una specie di dialogo immaginario con un ascoltatore critico:
1 “Chiunque tu sia, o uomo che giudichi, non hai alcun motivo di scusa perché, mentre giudichi l’altro, condanni te stesso; tu che giudichi, infatti, fai le medesime cose.”
2 Eppure noi sappiamo che il giudizio di Dio contro quelli che commettono tali cose è secondo verità.
3 “Tu che giudichi quelli che commettono tali azioni e intanto le fai tu stesso, pensi forse di sfuggire al giudizio di Dio?”
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insomma non vi è una polemica diretta contro il testo nella Lettera agli Ebrei, ma – senza nominarlo – un radicale rovesciamento di prospettiva: si è persa, nella Lettera ai Romani, la consapevolezza stessa della continuità di stirpe e della circoncisione come segno distintivo della purezza della razza.
la circoncisione che, delimitando gli autentici figli di Abramo, definiva anche l’area della salvezza “cristiana” secondo l’autore del trattatello agli Ebrei, nella Lettera ai Romani viene sentita esclusivamente come un rituale, inutile se non accompagnato dalla fede:
2, 25 Certo, la circoncisione è utile se osservi la Legge; ma, se trasgredisci la Legge, con la tua circoncisione sei un non circonciso. 26 Se dunque chi non è circonciso osserva le prescrizioni della Legge, la sua incirconcisione non sarà forse considerata come circoncisione? 27 E così, chi non è circonciso fisicamente, ma osserva la Legge, giudicherà te che, nonostante la lettera della Legge e la circoncisione, sei trasgressore della Legge. 28 Giudeo, infatti, non è chi appare tale all’esterno, e la circoncisione non è quella visibile nella carne; 29 ma Giudeo è colui che lo è interiormente e la circoncisione è quella del cuore, nello spirito, non nella lettera (…).
la circoncisione fisica è abbandonata senza rimpianti come rito inutile e con lei la delimitazione genealogica della comunità; ma vi è una incredibile potenza simbolica nel paragonare il rispetto della Legge cristiana, principalmente presentata come astensione sessuale, al sacrificio del prepuzio nel maschio.
il patto con Dio passa in entrambi i casi attraverso la rinuncia: fisica, nel caso della circoncisione fisica, ma psicologica e mentale nel caso del puro rispetto della legge; il vero cristiano è simbolicamente un circonciso, un mutilato nella sfera sessuale.
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sul tema si susseguono affermazioni incoerenti, che fanno dubitare della presenza di mani diverse, in lotta fra loro, sullo stesso testo.
3, 1 Che cosa dunque ha in più il Giudeo? E qual è l’utilità della circoncisione? 2 Grande, sotto ogni aspetto. Anzitutto perché a loro sono state affidate le parole di Dio.
9 Che dunque? Siamo forse noi superiori? No! Infatti abbiamo già formulato l’accusa che, Giudei e Greci, tutti sono sotto il dominio del peccato (…)
19 (…) Quanto la Legge dice, lo dice per quelli che sono sotto la Legge, di modo che ogni bocca sia chiusa e il mondo intero sia riconosciuto colpevole di fronte a Dio. 20 Infatti in base alle opere della Legge nessun vivente sarà giustificato davanti a Dio, perché per mezzo della Legge si ha conoscenza del peccato.
insomma, l’autore della Lettera ai Romani arriva anche a questo terribile paradosso: la Legge ebraica rende gli Ebrei stessi più colpevoli degli altri, perché, essendo schiavi del peccato alla maniera di tutti gli altri uomini, lo sono con piena conoscenza di causa.
è la fede e soltanto la fede che salva gli uomini, ma la possibilità della fede è data a tutti.
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al cap. 6 del testo compreso nella Lettera agli Ebrei viene introdotta la figura di Abramo:
6, 13: Quando infatti Dio fece la promessa ad Abramo, non potendo giurare per uno superiore a sé, giurò per se stesso 14 dicendo: Ti benedirò con ogni benedizione e renderò molto numerosa la tua discendenza. 15 Così Abramo, con la sua costanza, ottenne ciò che gli era stato promesso.
la figura di Abramo compare anche nel cap. 4 della Lettera ai Romani con un radicale cambiamento di prospettiva, pur nell’esplicito riferimento iniziale al concetto stesso espresso nel quadro della Lettera agli Ebrei, che qui appare quasi citata addirittura:
4, 1 Che diremo dunque di Abramo, nostro progenitore secondo la carne? Che cosa ha ottenuto? 2 Se infatti Abramo è stato giustificato per le opere, ha di che gloriarsi, ma non davanti a Dio. 3 Ora, che cosa dice la Scrittura? Abramo credette a Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia.
anche qui Abramo è definito progenitore secondo la carne, ma l’elemento che lo giustifica è la fede.
8 Beato l’uomo al quale il Signore non mette in conto il peccato!
9 Ora, questa beatitudine riguarda chi è circonciso o anche chi non è circonciso?
Noi diciamo infatti che la fede fu accreditata ad Abramo come giustizia. 10
Come dunque gli fu accreditata? Quando era circonciso o quando non lo era?
Non dopo la circoncisione, ma prima. 11 Infatti egli ricevette il segno della circoncisione come sigillo della giustizia, derivante dalla fede, già ottenuta quando non era ancora circonciso.
In tal modo egli divenne padre di tutti i non circoncisi che credono, cosicché anche a loro venisse accreditata la giustizia 12 ed egli fosse padre anche dei circoncisi, di quelli che non solo provengono dalla circoncisione ma camminano anche sulle orme della fede del nostro padre Abramo prima della sua circoncisione.
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ma passiamo ora al tema del sacrificio di Jeshu, introdotto nella Lettera agli Ebrei:
9, 11 Cristo, invece, è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano d’uomo, cioè non appartenente a questa creazione. 12 Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna. 13 Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano purificandoli nella carne, 14 quanto più il sangue di Cristo – il quale, mosso dallo Spirito eterno, offrì se stesso senza macchia a Dio – purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte, perché serviamo al Dio vivente?
e vediamo come lo stesso tema, affrontato qui sopra con precisi riferimenti ai riti del sacrificio ebraico, sia invece introdotto nella Lettera ai Romani:
5, 6 (…) Nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi.
7 Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. 8 Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. 9
A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. 10 Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita.
8, 1 Ora, dunque, non c’è nessuna condanna per quelli che sono in Jeshu il Messia. 2 Perché la legge dello Spirito, che dà vita in Jeshu il Messia, ti ha liberato dalla legge del peccato e della morte.
3 Infatti ciò che era impossibile alla Legge, resa impotente a causa della carne, Dio lo ha reso possibile: mandando il proprio Figlio in una carne simile a quella del peccato e a motivo del peccato, egli ha condannato il peccato nella carne, 4 perché la giustizia della Legge fosse compiuta in noi, che camminiamo non secondo la carne ma secondo lo Spirito.
9, 19 L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la glorificazione dei figli di Dio.
la correzione dell’ottica del primo testo ad opera del secondo mi sembra evidente: la nuova prospettiva è quella di un Dio che fa riferimento all’essere umano universale; nel primo testo il “noi” di cui si parla è sempre e soltanto il “noi Ebrei”.
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ma nella Lettera ai Romani la riprovazione degli Ebrei diventa addirittura esplicita:
9, 2 Ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. 3 Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. 4 Essi sono Israeliti e hanno l’adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse; 5 a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.
6Tuttavia (…) non tutti i discendenti d’Israele sono Israele, 7 né per il fatto di essere discendenza di Abramo sono tutti suoi figli, ma (…) 8 (…) non i figli della carne sono figli di Dio, ma i figli della promessa sono considerati come discendenza.
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e a questo punto un breve riesame della tradizione profetica ebraica, che richiama quello molto più vasto compiuto nel testo contenuto nella Lettera agli Ebrei, porta a concludere:
9, 27 E quanto a Israele, Isaia esclama:
Se anche il numero dei figli d’Israele
fosse come la sabbia del mare,
solo il resto sarà salvato.
10, 1 Fratelli, il desiderio del mio cuore e la mia preghiera salgono a Dio per la loro salvezza. (…)
16 Ma non tutti hanno obbedito al Vangelo.
11, 1 Io domando dunque: Dio ha forse ripudiato il suo popolo? Impossibile! Anch’io infatti sono Israelita, della discendenza di Abramo, della tribù di Beniamino.
13 A voi, genti, ecco che cosa dico: come apostolo delle genti, io faccio onore al mio ministero, 14 nella speranza di suscitare la gelosia di quelli del mio sangue e di salvarne alcuni.
25 (…) L’ostinazione di una parte d’Israele è in atto fino a quando non saranno entrate tutte quante le genti. 26Allora tutto Israele sarà salvato (…).
* * *
un ulteriore punto di contatto è di confronto è il tema teologico del valore della Legge.
ecco come viene affrontato nel trattato nella Lettera agli Ebrei:
10, 1 La Legge infatti, poiché possiede soltanto un’ombra dei beni futuri e non la realtà stessa delle cose, non ha mai il potere di condurre alla perfezione per mezzo di sacrifici – sempre uguali, che si continuano a offrire di anno in anno – coloro che si accostano a Dio.2 Altrimenti, non si sarebbe forse cessato di offrirli, dal momento che gli offerenti, purificati una volta per tutte, non avrebbero più alcuna coscienza dei peccati? 3 Invece in quei sacrifici si rinnova di anno in anno il ricordo dei peccati. 4 È impossibile infatti che il sangue di tori e di capri elimini i peccati.
sembra abbastanza evidente che la Lettera ai Romani muove da questa affermazione per allargarla notevolmente (ipotizzare il contrario non riesce ragionevole):
7, 7 Che diremo dunque? Che la Legge è peccato? No, certamente! Però io non ho conosciuto il peccato se non mediante la Legge. Infatti non avrei conosciuto la concupiscenza, se la Legge non avesse detto: Non desiderare.
8 Ma, presa l’occasione, il peccato scatenò in me, mediante il comandamento, ogni sorta di desideri. Senza la Legge infatti il peccato è morto.9 E un tempo io vivevo senza la Legge ma, sopraggiunto il precetto, il peccato ha ripreso vita 10 e io sono morto. Il comandamento, che doveva servire per la vita, è divenuto per me motivo di morte. 11 Il peccato infatti, presa l’occasione, mediante il comandamento mi ha sedotto e per mezzo di esso mi ha dato la morte.
12 Così la Legge è santa, e santo, giusto e buono è il comandamento.
13 Ciò che è bene allora è diventato morte per me? No davvero! Ma il peccato, per rivelarsi peccato, mi ha dato la morte servendosi di ciò che è bene, perché il peccato risultasse oltre misura peccaminoso per mezzo del comandamento.
* * *
su questi concetti si innesta l’ultima parte della Lettera ai Romani (12,1 – 15,13) che comprende dei precetti morali, come la conclusione della Lettera agli Ebrei; siccome il confronto, in questo caso, è con la parte interpolata di quest’ultima, non stupisce che qui ogni dissonanza cada e al contrario ci si trovi di fronte ad un tessuto comune e a risonanze a volte quasi letterali.
ma questa parte dell’analisi può essere tralasciata, almeno qui e in questo momento, come di scarso rilievo per il problema che stiamo affrontando.
non senza osservare, però, che l’importanza di questi precetti, che a noi paiono scipiti e convenzionali, non può essere sottovalutata: la prima fase del messianismo cristiano – come testimoniata anche da certi duri passaggi dell’Apocalypsis (Rivelazione) strettamente legati alla guerra anti-romana in corso quando venne composta – non prevedeva ancora i valori che poi divennero qualificanti della morale cristiana.
noi leggiamo il trattato contenuto nella Lettera agli Ebrei riempiendolo mentalmente di valori di amore, perdono, capacità di sopportazione, che non erano ancora entrati a caratterizzare il cristianesimo facendone quel che ne conosciamo noi oggi.
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mi pare importante quel che abbiamo verificato sinora passando dall’ipotesi di lavoro iniziale al riscontro sui testi: la Lettera ai Romani riprende a grandi linee l’impianto della Lettera agli Ebrei per correggerla senza parere e modificarne radicalmente la prospettiva: è la premessa culturale e anche la base concettuale della prima.
ma, sulla base della cronologia presunta sulla base della attribuzione di entrambe a Paulus, la Lettera agli Ebrei dovrebbe essere stata scritta nel 64-65, dopo la Lettera ai Romani, che sarebbe dell’anno 56; questo, alla fine della nostra analisi, non appare assolutamente possibile: l’evidenza è al contrario quella della posteriorità dottrinale della Lettera ai Romani rispetto alla prima.
e questo conferma che l’autore della Lettera ai Romani non è Paulus.
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ma mettiamo alla prova anche l’ipotesi che la Lettera agli Ebrei sia stata introdotta artificiosamente nell’epistolario paolino e che non sia di Paulus, ma di un qualche suo contemporaneo che la pensava in modo molto diverso da lui.
che motivo ci sarebbe stato, allora, di attribuire questa lettera, introdotta tardivamente, proprio a Paulus, creando inestricabili problemi dottrinali?
del resto questa ipotesi non dà nessuna garanzia in più della autenticità delle altre lettere: infatti la mano del falsario che aggiunse al testo originario di quella Lettera gli insegnamenti morali prettamente cristiani che attualmente la concludono, sembra lo stesso che ha composto quelli che concludono la Lettera ai Romani.
e un’operazione simile poteva essere compiuta soltanto dopo la morte dell’autore del trattato della Lettera agli Ebrei.
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in conclusione: il trattato teologico contenuto nella Lettera agli Ebrei fu composto poco prima della distruzione del tempio di Gerusalemme, avvenuta nel 70 d.C; il falsario che lo manipolò con le aggiunte successive visse dopo questo periodo (cioè dopo la data che la tradizione attribuisce alla morte di Paulus), e siccome la mano che compì questa manipolazione è la stessa che compose le lettere attribuite a Paulus, ecco un ulteriore forte indizio che per la maggior parte l’epistolario paolino è un falso.
per non dire che questa è una prova, ma potete pensarlo soltanto se considerate queste affermazioni provate.
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questo post fa parte di una serie organica in via di elaborazione, raccolta con la sigla CCMC Contributi alla comprensione della mitologia cristiana; inserendo nel motore di ricerca del blog in alto a destra questa sigla si troveranno anche gli altri.
Se non ho capito male sostieni che le lettere o una di esse sia stata falsificata a causa degli approcci diversi riguardo alla legge di Dio.
Paolo di Tarso era ebreo e romano, in quanto ebreo conosceva molto bene la legge e si atteneva ad essa in modo scrupoloso quindi acerrimo nemico dei seguaci di Gesù che aveva insegnato loro il sacrificio di sé per amore non per legge.
I sacerdoti e scriba in quanto possessori della funzione della legge non accettavano che Gesù li ammonisse proprio in base alla legge che si erano dati, infatti avevano aggiunto ai dieci comandamenti una marea di precetti pesanti per il popolo , che gli stessi sacerdoti non rispettavano. Il popolo ha accolto Gesù come il messia liberatore attraverso il Suo sacrificio.
I romani non erano sotto la legge ebraica, quindi ai romani si rivolgeva in modo diverso, conoscevano la legge ma non erano sottomessi ad essa.
Io che non sono sposata davanti a Dio e non entravo in chiesa da decenni, non fatico a credere che Paolo capì ogni cosa sulla via di Damasco mediante lo Spirito Santo, per molti anni ho “consumato” la bibbia e il vangelo senza mai capire nulla di ciò che leggevo;ma accadono cose che non ci aspettiamo, e ci si ritrova immersi in qualcosa che ci sconvolge, in quel preciso momento si capiscono cose piccole ed immense al tempo stesso.
Si vive lo sconvolgimento come qualcosa che spaventa e si fa fatica ad accettare, ti toglie tutte le certezze ma la felicità che si vive nel cuore pian piano lenisce il dolore e si fa pace con sé stessi e il mondo intero, l’amore sgorga come fonte d’acqua viva.
Ciò che ho provato è stato immenso. Credo sia mio dovere testimoniare ciò che mi è piovuto addosso, è stato come assaggiare un pezzo di paradiso.
I cristiani cattolici a cui ho raccontato cosa mi è successo non si sono per nulla stupiti e sono rimasta ancor più esterrefatta.
Non è con la testa che si arriva a conoscere Dio, a Lui si arriva con l’umiltà quando riconosciamo la nostra incapacità umana, pregando.
sostengo che l’unica delle lettere attribuite a Paulus che ha qualche possibilità di essere autentica non è una lettera, ma un piccolo trattato teologico contenuto nella Lettera agli Ebrei, che rappresenta la figura di Jeshu dal punto di vista di un ebreo osservante, e che tutte le altre, e questa stessa lettera agli Ebrei nel suo insieme con le parti che vi sono state inserite, sono frutto di una falsificazione successiva.
è evidente che, se ho ragione, ma questo si vedrà meglio nei post successivi, tutta la figura di Paulus come tramandata è assolutamente leggendaria e non corrisponde alla verità, ma solo alla fantasia del falsario.
per questo motivo, scusami se non prendo in considerazione il resto del tuo commento, che è estraneo alla mia forma mentis.
trovo però un pochino ridicolo, come dire?, venire a raccontare la biografia di Paulus della tradizione cristiana e fondare su questa chissà quali convinzioni di fede, proprio alla fine di un post che, assieme ad altri, sta cercando di dimostrare, con tutta la serietà di cui è capace l’autore, che si tratta di invenzioni successive.
Sicuramente abbiamo idee diverse ma mai ridicole.
. Non sempre ciò che ci appare logico è la verità, non mi permetterei comunque di usare il termine “ridicolo”. Può essere un pensiero a cui siamo “affezionati” e che usiamo per mettere ordine nel nostro mondo.
Succede spessissimo di eliminare dalla mente fatti o nozioni che smentiscono le idee preconcette perché non si hanno esperienze dirette con cui confrontarle, si tende in questo modo a riaffermare le proprie ragioni.
Siamo liberissimi di non prendere in considerazione fatti che succedono intorno a noi, per timore, noncuranza, disinteresse o mille altri motivi, non per questo non esistono. 😉
Sostieni che la lettera agli ebrei di Paolo potrebbe essere stata falsificata?
Può essere ,non è affatto nuova questa tesi, molti studiosi sono concordi al riguardo.
Potrebbero essere un collage di discorsi di Paolo che altri discepoli, oratori meno abili di lui, usavano per portare il vangelo agli ebrei , mentre lui era prigioniero a Roma.
Anche tu trovassi prove certissime della falsità di tale lettera sarebbe sintomo della falsità di tutte le altre?
non ho sostenuto che le tue idee sono ridicole; ho solo detto che trovo un po’ ridicolo che tu le esponga qui in questo modo.
così, in tutta franchezza (da me non puoi aspettarti altro), trovo ridicolo che tu commenti un post senza averlo letto.
leggilo e poi sappimi dire: non credo che tu possa pretendere che io ri-scriva o riassuma il post nel commento a te solo perché tu lo commenti senza averlo letto… 😦
ad ogni modo, te lo ripeto, nonostante l’evidenza che sto parlando “al sordo” che non vuole sentire: sostengo che il nucleo della Lettera agli Ebrei è proprio l’unica parte che potrebbe essere autentica delle Lettere di Paolo; sopra e nel post precedente ho spiegato in lungo e in largo perché, a parere mio naturalmente.
a quanto mi risulta questa tesi è abbastanza nuova, peraltro.
ovviamente leggendo che scrivi “Succede spessissimo di eliminare dalla mente fatti o nozioni che smentiscono le idee preconcette perché non si hanno esperienze dirette con cui confrontarle, si tende in questo modo a riaffermare le proprie ragioni”, mi scappa molto da ridere (e me ne devo scusare, suppongo).
No no perché scusarti con me di qualcosa?
Quindi stai cercando di ribaltare gli studi precedentemente accertati ed accettati dagli studiosi riguardo Paolo di Tarso….
. Auguri, non sarà cosa facile.
Rimane per me oscuro capire motivi per cui a te interessa così tanto la questione.
Se è la religiosità e la fede in Dio in generale, se fossi in te, inizierei a studiare anche il Corano e disquisire sulle fonti.
per fortuna ho incrociato proprio pochi giorni fa una persona assolutamente competente (un docente di religione abbastanza fuori del comune e appassionato di questi problemi) che mi ha confermato che le mie tesi sono abbastanza ragionevoli per un osservatore indipendente e senza pregiudizi.
con tutto il rispetto tu non appartieni certamente alla categoria.
il fatto che tu ripeta a macchinetta che non capisci come mai esista la ricerca storica è abbastanza deprimente, del resto.
ma forse ritieni che delle leggende cristiane debbano occuparsi solo coloro che ci credono: bella idea della ricerca storica che hai.
del Corano mi sono occupato a più riprese: il problema della tradizione coranica è completamente diverso da quello della tradizione cristiana; direi che Mohammed e i suoi primi seguaci fecero tesoro degli errori cristiani e cercarono di evitarli.
ciononostante anche lì si trovano dei passaggi che negano un aspetto essenziale dell’islamismo, cioè la fede nella assoluta non modificabilità del testo sacro: un recente codice antico scoperto nello Yemen è stato secretato proprio perché mostra delle piccole varianti testuali, per noi ben poco importanti (dato che siamo abituati a ben altro), ma esiziali per il dogma islamista, perchè mostrano che il Corano è stato modificato, sia pure di poco, nella trasmissione.
non ti segnalo questi miei studi, dato che non sei islamica, naturalmente… 😉
Molto probabilmente ognuno ha ciò che si merita e sono tra coloro che si meritano poco, ma non mi dispero per questo. Non so definire cosa sia “abbastanza ragionevole”, ci sono stati momenti storici in cui conoscenze assolutamente irragionevoli erano la realtà.
Per esempio nella Bibbia, in Genesi era già scritto che la terra un globo, ma gli uomini come sappiamo bene sono testardi.
Metti davanti ad ogni argomento il tuo maggior sapere, vuoi forse dire, che tu, senza la tua istruzione avresti meno valore come persona? Sei il sapere che possiedi?
dove sta scritto, di grazia, nella Genesi che la Terra è un globo?
io leggo qualcosa di ben diverso: “1, 2 La terra era senza forma”. (concetto molto strampalato, fra l’altro)
del resto l’intera cosmologia della Genesi è quella babilonese da cui è ripresa, come è ovvio.
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mi sembra evidente che se qualcuno scrive di un argomento lo fa perché ritiene di avere qualcosa di originale da comunicare, e questo indubbiamente gli proviene anche dai suoi studi.
nel mio caso all’università mi sono specializzato appunto nello studio critico dei testi antichi, ho imparato quali erano le tecniche di trasmissione dei medesimi e a riconoscere interpolazioni e falsificazioni: era la mia specializzazione.
e ora la uso, sapendo di saperlo fare, no?
dovrei vergognarmene, secondo te? e perchè mai?
perché disturbo i pregiudizi delle menti piccole e perfidamente arroganti che pretendono di dire la loro su ciò su cui non sono informate?
le conoscenze mica si acquistano al super-mercato, derivano da allenamento e impegno, da una grande fatica, che indubbiamente altri non hanno fatto, o hanno fatto in altri settori.
tanto di cappello a ciascuno e tutto il rispetto a chi sa qualcosa in campi nei quali io non so nulla…, magari altrettanto rispetto per me che so qualcosa in più in questo settore.
ma occorrerebbe vera umiltà, capisco…
per il resto, non è il sapere in qualche campo specifico che fa il valore della persona, questo è chiaro; però questo sapere fa la differenza quando si parla di qualche argomento specifico.
Ti salta la mosca al naso facilmente, se non sbaglio, non ho mai sostenuto che lo studio e il sapere siano inutili. Certo è che pare strano che uno che non ha fede si occupi delle lettere Paoline.
Per spiegarmi meglio è come se un cercatore di funghi non trovando i tartufi di cui molti parlano si metta a studiare foto di tartufi, cercando tracce di mistificazione , per provarne l’inesistenza.
Ma posso sempre sbagliarmi….
Comunque ho fatto domande diverse:Metti davanti ad ogni argomento il tuo maggior sapere, vuoi forse dire, che tu, senza la tua istruzione avresti meno valore come persona? Sei il sapere che possiedi?
non mi pare che tu sia ancora riuscita a farmi arrabbiare, nonostante tutto l’impegno che ci metti… 😉
mi piace anche che tu citi i tartufi, in uno slancio probabilmente nascostamente autobiografico…
in effetti ieri ero tentato di scrivere un post sulle presunte piramidi bosniache: come mai, secondo te?
alle altre domande non rispondo perché sono fondate su uno dei più gravi errori che si possano fare girellando in internet tra i blog: quello di confondere l’autore vivo e reale, con l’immagine che il blogger dà di se stesso sul suo blog.
tu poni delle domande sulla mia persona reale che non hai ragione né modo ragionevole di porre fino a che conoscerai soltanto l’autore virtuale che scrive su questo spazio.
e l’autore virtuale si lascia giudicare come meglio crede il lettore, per quel che scrive e null’altro; quindi alle domande che poni su di me come autore sei in grado di rispondere da sola, secondo quello che è il tuo modo comune di giudicare.
La mia memoria è fallace, il brano citato si trova in Isaia e non in Genesi, scusa.
Isaia 40:22
22 Egli è colui che sta assiso sul globo della terra, i cui abitanti sono come cavallette; egli distende i cieli come un velo e li dispiega come una tenda in cui abitarvi.
ahimé, peccato: è soltanto una cattiva traduzione: sarebbe stato molto interessante se Isaia, vissuto nell’VIII, avesse saputo anticipare scoperte della scienza greca successiva: in ogni caso col c. 40 siamo già nella parte considerata apocrifa della sua opera, anzi questo è proprio il capitolo col quale inizia la seconda parte, presumibilmente di un ignoto autore del V secolo.
il testo non dice affatto quel che gli fai dire tu; ti rimando alla traduzione ufficiale cattolica, che trovi anche on line:
22 Egli siede sopra la volta del mondo,
da dove gli abitanti sembrano cavallette.
Egli stende il cielo come un velo,
lo dispiega come una tenda dove abitare.
la vecchia traduzione delle Edizioni Paoline, della quale mi servo per le mie consultazioni di carta, scrive:
22 Egli sta seduto sopra la volta della terra,
i suoi abitanti sembrano cavallette,
stende i cieli come un velo leggero,
li spiega come una tenda ove si cerca rifugio.
siamo semplicemente all’idea molto diffusa, nelle visioni astronomiche del tempo, di una “volta celeste”, ovviamente tondeggiante, vista dal suo interno.
tralascio la demenzialità assoluta di sostenere che qui l’autore potesse pensare ad una Terra pianeta tondeggiante nel vuoto: lascerei queste fantasie ai testimoni di Geova.
Credo finirò qui i miei interventi, sono abituata ad immergermi nelle persone, non mi limito a sfiorarle,
do tutto ciò che ho e che sono, anche se ritenuto poco o non abbastanza.
Non ho paura degli altri o dei loro giudizi, non ho paura di cose nuove e sono curiosa della vita ma non riesco a rapportarmi con chi tira su muri, io non ti capisco…… sicuramente dipende da me, tu sei troppo bravo e quindi non dipende da te. Ti auguro buona vita e pace nel cuore.
credo che tu faccia bene a immergerti nelle persone.
però i blog non sono persone: sono, come dire?, più circoscritti e più mono-tematici, a volte semplicemente più monotoni.
se ti pare che io stia tirando su dei muri, mi dispiace: ma QUI io sto soltanto discutendo della autenticità delle lettere paoline: mi sembra un approccio sbagliato quello di partire di qui per volermi conoscere come persona.
se si ha questa curiosità non mancano le possibilità di farlo attraverso altri strumenti e in contesti meno fuorvianti. 🙂
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