al referendum svizzero per proporre un rapporto massimo 1:12 negli stipendi all’interno della stessa azienda si è recato a votare circa il 36% degli elettori, e un maggioranza di circa il 64% lo ha respinto.
praticamente possiamo considerare favorevoli all’idea circa il 14% della popolazione, contrari il 26%, e indifferenti oppure privi di idea propria il restante 60%.
dato che sono favorevole a questa proposta, che è stata fatta in Svizzera dai Giovani Socialisti, ma in Italia non la fa nessuno, mi interrogo su questa evidente sconfitta.
eppure era affascinante, anche sul piano simbolico che nessuno potesse guadagnare in un mese di più di quanto un suo collega di lavoro può guadagnare in un anno.
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ma il sottosegretario nazionale dei Giovani Socialisti svizzeri, Filippo Rivola, non è d’accordo con una visione del tutto negativa del risultato, e vale la pena di ascoltarlo:
Oggi abbiamo perso la battaglia, ma, in termini generali, abbiamo vinto perché siamo riusciti a imporre il tema nell’agenda politica svizzera e a rompere il tabù degli stipendi dei manager.
In Ticino siamo arrivati al 49%, proprio dove la campagna per il no è stata meno forte.
Il risultato complessivo è comunque incoraggiante. Solo con la forza delle nostre idee e un budget prossimo allo zero siamo riusciti a convincere oltre un terzo degli svizzeri.
La lotta del nostro piccolo movimento continua. Lavoreremo ancora di più per aumentare la giustizia sociale.
È stata fatta una campagna da 12 milioni contro il nostro referendum. Una campagna che ha pesato molto, basata sulla paura, con toni apocalittici. Ma noi non molliamo.
Tra qualche mese inizieremo a raccogliere le firme per un’iniziativa popolare contro la speculazione finanziaria sui beni alimentari. Circa un terzo della speculazione finanziaria mondiale avviene in Svizzera e con questa pratica si affamano interi popoli facendo oscillare pericolosamente i prezzi dei prodotti alimentari.
Poi l’anno prossimo ci sarà il referendum sul salario minimo, un tema che abbiamo già parzialmente lanciato con l’iniziativa 1:12”.
auguri ai Giovani Socialisti svizzeri, mi sento al loro fianco, distogliendo per un momento lo sguardo da questo paese incupito dove il dibattito politico – sociale su temi di questo genere è totalmente dimenticato, anche grazie alle continue discussione sui bunga bunga vari e sulla corruzione endemica della classe politica, che assorbe tutte le – ben poche – energie disponibili.
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ma forse, per evitare o almeno ridurre questa scinfitta, la forbice dei redditi ammessi doveva essere più larga?
forse la forbice stessa non è realistica, in quanto non tiene conto delle variazioni di produttività individuale?
se il mercato stabilisce che effettivamente, guardando alla capacità di creare guadagno sulla base delle competenze specialistiche acquisite individualmente, la forbice dei rendimenti si allarga ben oltre un rapporto 1:12, il mercato ha torto?
eppure, considerando l’ampiezza della forbice, si ha una evidenza intuitiva contraria: la nostra mente si rifiuta di accettare che le differenze di capacità individuali possano giungere fino a questo punto.
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eppure la storia umana ha documentato anche nel passato l’esistenza di forme di disuguaglianza addirittura molto maggiori di quelle attuali.
basta la visita ad una tomba celtica del quinto secolo a.C. in Germania per farci rendere conto che le diseguaglianze di ricchezza e di prestigio che si realizzavano allora erano in proporzione molto maggiori di quelle del periodo attuale, dove pure lo sviluppo tecnologico ha enormemente potenziato le diseguaglianze possibili.
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e le diseguaglianze stesse sono vissute positiviamente da una parte di coloro che le subiscono: la loro richiesta non è infatti che il lusso dei potenti diminuisca, ma soltanto che sia loro garantito il necessario, secondo gli standard di vita del momento.
il lusso dei super-ricchi comincia a dare fastidio soltanto quando appare ottenuto a scapito della linea del benessere delle classi inferiori: e in questo caso, in questi casi storici, si scatena l’odio di classe, che normalmente non è molto avvertito.
in un mondo dove necessariamente non tutti possono godere di lussi esagerati, piuttosto che la mediocre eguaglianza al ribasso, non disturba il lusso riconosciuto socialmente di qualche punta emergente.
esso appare anzi momento di svago e attrattiva per coloro che non lo raggiungeranno mai.
il divismo, che riconosce ruolo e ricchezza eccezionale ai protagonisti dello spettacolo, facendo rientrare in questo anche lo sport, e a volte anche la politica, con i compensi favolosi al calciatore, al cantante, all’attore, al leader, che vanno anzi esibiti a divertimento del pubblico e per aiutarne le fantasticherie, ha appunto questa funzione di ristabilire quietamente l’assunto antropologico che le differenze esistono e fanno bene.
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ma il mercato o il potere distribuiscono questi privilegi in maniera apparentemente capricciosa e a volte incomprensibile; esiste un modo più obiettivo di commisurare le differenze sociali?
potrebbero, ad esempio, queste essere collegabili al QI (quoziente di intelligenza)?
sapendo di risultare altamente provocatorio, provo ad approfondire questo punto, se non altro dal punto di vista problematico: immaginiamo che il livello salariale che una persona acquisisce sul suo posto di lavoro possa essere collegato al suo QI; quali sarebbero le conseguenze?
faccio un esempio estremo, partendo dal fatto che il diagramma dei punteggi del QI è logaritmico, e dunque il valore raddoppia ogni 3 punti: se si stabilisse una connessione di questo tipo, la scala salariale avrebbe questi valori:
100 = 1:1
103 = 1:2, cioè a potenza di 2 elevato alla prima
106 = 1:4, cioè a potenza di 2 elevato alla seconda
109 = 1:16, cioè a potenza di 2 elevato alla terza
evidentemente il rapporto non funziona, dato che si dovrebbe anche tenere conto dei valori negativi:
97 = 1/2
94 = 1/4
91 = 1/16
a questo punto la semplice variazione di 9 punti al di sopra o al di sotto della media, porterebbe ad una variazione di salario da 1:256.
se pensassimo al QI di Einstein, che era 170, arriveremmo ad un rapporto salariale addirittura inconcepibile: 1 : più di 8.000 (anche se pur sempre inferiore probabilmente alle punte estreme di dislivello di reddito reali).
non oso neppure pensare poi a quale potrebbe essere il livello di compenso adeguato per la donna attualmente vivente che ha un un QI di 210, e che ha dichiarato, ad esempio, che la teoria della relatività einsteiniana è completamente sbagliata, ma che non è in grado di comunicarcelo.
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no, questa idea è demenziale; oltretutto nulla dimostra che la produttività sia in collegamento col QI…
e spesso il QI rimane allo stato potenziale: conosco una persona che ha un QI piuttosto alto, ma ha sempre rifiutato la scuola e oggi non è neppure in grado di scrivere 2.000 in cifre…
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però l’idea di collegare i livelli salariali, in un modo da stabilire, a qualche indice abbastanza obiettivo è così balzana?
oppure bisogna lasciare davvero fare tutto al mercato?
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prendiamo atto definitivamente che l’essere umano medio è una creatura abbastanza quieta, disposta a starsene in pace se gli viene garantito il necessario.
ma allora, forse, con buona pace dei simpatici giovani socialisti svizzeri e mia, il problema va impostato in modo radicalmente diverso…
occorre preoccuparsi di come garantire a tutti un reddito minimo di sopravvivenza sociale adeguata; il problema dell’eguaglianza, viene dopo.
che i super-capaci e i potenti si distribuiscano come vogliono quel che resta: dopotutto potrebbe essere più un problema più loro che nostro…
sono comasco di nascita e milanese d’adozione, per cui gli svizzeri ticinesi, anche se culturalmente leggermente diversi dai confederati, li conosco bene data la lunga frequentazione.
sono una specie di brianzoli, simili nel linguaggio e nella chiusura verso il “diverso”, ma con meno spirito imprenditoriale.
non c’e’ da stupirsi per l’esito del referendum…. essendo di cultura calvinista, anche se ufficialmente cattolici, il ricco o colui che, lecitamente, si arricchisce e’ un “benedetto da dio”. inoltre vivere accanto ai ricchi porta benessere e danaro.
la svizzera fino a cento anni fa era un paese montagnoso, isolato e desolato la cui estrema poverta’ obbligava molti a migrare in tutto il mondo.
molti cittadini milanesi e lombardi hanno un cognome tedesco ereditato da un bisnonno o trisavolo svizzero sopracenerino.
il cantone di s. gallo, per esempio, era uno dei piu’ poveri della confederazione:colline abbastanza sterili e vallate inospitali. adesso e’ uno dei piu’ ricchi grazie all’insediamento di ricchissimi da tutto il mondo cui gli indigeni offrono servizi di prima classe assoluta che costano parecchio.
quando anni fa il sindaco di Venezia si era opposto all’invasione dei sacchi a pelo i cui possessori mangiavano e dormivano nelle calli…. subito i nostri “liberal” lo attaccarono tacciandolo, tanto per cambiare, di fascismo, nazismo, leghismo e via con minchiate del genere.
ciao, edoardo: ghai reso più concreto il discorso: eppure guarda che il Canton Ticino è proprio l’unico nel quale il referendum ha rischiato quasi di passare, avendo raggiunto il 49% dei voti.
non ho capito bene, però, il tuo riferimento ai saccopelisti di Venezia: secondo me è stato molto miope limitarsi a cacciarli: ci sono estese e bellissime zone di Venezia, totalmente ignorate dal turisimo di massa (ad esempio a nord della Stazione): secondo me sarebbe stato molto più intelligente creare delle aree dedicate ai saccopelisti nelle zone più adatte della città e limitare il diritto di pernottamento a questi luoghi, attrezzandoli anche per svolgere dignitosamente il loro ruolo.
se si vede una città come Barcellona, oggi capitale del turismo giovanile europeo, questo segnale veneziano di chiusura mentale e di mummificazione museale lanciato da un paese per vecchi, come è oramai diventato il nostro, è stato a mio parere uno dei tanti autogol di un paese in declino mentale, prima di ogni altra cosa…
intendevo dire che i montanari elvetici hanno selezionato un turismo d’elite che rende parecchio.
i saccopelisti non incidono economicamente,sporcano,consumano ma NON SPENDONO.
eppure una larga parte del turismo di Barcellona, ad esempio, ma anche di Parigi o Berlino, è legato ad un turismo giovane e povero di disponibilità economiche; senza considerare tutta la ricaduta positiva secondaria.
no, secondo me il problema non è questo, dato che anche i saccopelisti consumano, ma consumano “poco” secondo i nostri parametri palancai ed arroganti.
il vero problema è che l’Italia è un paese di vecchi e ha scelto un turismo per vecchi.
considerando la crisi generale, una scelta particolarmente miope – a mio parere.
e infatti il nostro turismo è in caduta libera.