questo articolo mi è piaciuto e mi accontento di re-bloggarlo.
i problemi che solleva sono tanti; se ci fossero dei commenti, si potrebbero discutere lì.
uno però lo accenno: dove fisseremo esattamente il confine tra la genialità e l’handicap?
se fossi un genitore di quel bambino, io sarei un po’ preoccupato.
* * *
«Signora, suo figlio è un plusdotato»; la pediatra mi guardava negli occhi.
Andrea aveva due anni, se ne stava disteso sul lettino e mentre la dottoressa lo visitava, leggeva i nomi di tutti i campioni di medicina esposti sul mobile ad alta voce. «Ta-chi-pi-ri-na» e poi: «Nu-ro-fen».
A differenza del mio bimbo che capisce tutto all’istante io ci ho messo qualche secondo a realizzare che la pediatra parlava della sua testa.
Andrea è il mio primo bimbo, ora ha sette anni. Per tutti è un “piccolo genio”, per me è una meravigliosa creatura che si diverte con i numeri come un giocoliere con i birilli, con due occhi grandi così, che si spalancano sulla conoscenza come finestre in una giornata di sole.
Avrei dovuto capirlo da subito che Andrea non era normale, avrei dovuto capirlo quando a un anno, lo portavo in giro in passeggino e gli dicevo: «Andre, guarda il tram», e lui mi rispondeva con il numero del mezzo: «È il 27», oppure: «È il 9».
Avrei dovuto capirlo quando batteva i piedini davanti ai numeri civici dei palazzi che gli scorrevano sotto gli occhi, quando quel giorno si girò verso di me e chiese: «Mamma ma perché mancano dei numeretti?».
Gli spiegai la differenza tra i pari e i dispari.
A un anno e mezzo Andrea conosceva tutti i numeri e le lettere.
E, meno di un anno dopo, sommando una lettera all’altra come si fa con le cifre ha imparato a leggere.
Gli si è aperto il mondo dei libri e della conoscenza che lui insegue come un bulimico cerca il cibo.
Non gli basta mai.
Un giorno, ecco che arriva la prima domanda impegnativa: «Mamma, ma qual è l’ultimo numero? Lo cerco ma non lo trovo mai…».
E io: «I numeretti non finiscono mai, sono infiniti».
Lui ci pensa un microsecondo e replica: «Ma se sono infiniti sopra lo zero, lo sono anche sotto».
Aveva appena capito il concetto di infinito e un attimo dopo faceva le operazioni algebriche.
Un giorno una mia amica gli regala un mappamondo gonfiabile. «Così gli torna utile tra qualche anno…», mi dice pensando che Andrea lo avrebbe istintivamente preso a calci.
Invece comincia a studiarlo. La sera stessa conosceva le capitali dei Paesi del mondo e riusciva a trovare sul mappamondo tutti i Paesi.
Per alcuni mesi, quando qualcosa non gli andava si lamentava dicendo parole inventate e poi ridendo: «Questo pianto viene dalla Corea del Nord o dal Turkmenistan!»
A tre anni e mezzo è arrivata l’ora della scuola materna.
Ricordo il primo colloquio. Lui con me e il suo papà seduti dietro la scrivania della direttrice. Lei gli dice: «Sai che qui giocherai, conoscerai tanti bimbi» e lui fissando il calendario: «Qua dentro il tempo è fermo ad aprile».
Era il mese di giugno.
La direttrice ci guarda sbigottita: «Signora, non so se questa scuola è adatta a lui…».
Lo stesso sguardo me lo sono ritrovato addosso in autobus quando cominciò a leggere ad alta voce tutte le pubblicità e poi ancora alle casse del supermercato quando disse alla commessa: «Il conto della mamma è di 34 euro e 55 centesimi», prima ancora che lei digitasse l’importo del primo prodotto sulla cassa.
Mentre io prendevo il burro e il latte, lui sommava i prezzi. «Sei un genio», gli disse la cassiera. E lui: «No, sono un bambino».
Con il passare degli anni Andrea ha scoperto l’astronomia, si è appassionato di pianeti e di stelle, ha imparato con la naturalezza con cui un bimbo fa due più due concetti per me incomprensibili di fisica.
Gli piace la storia, l’enigmistica, si diverte a giocare con il doppio senso delle parole, risolve quesiti di logica.
Non si stanca mai e mi travolge con le sue domande che spesso mi trovano smarrita.
Ha saltato una classe perché il sistema scolastico italiano non permette di più.
La nostra scuola mortifica le eccellenze, tende alla massificazione nell’ipocrita convinzione che tutti i bimbi siano uguali.
In questi anni ho capito che l’intelligenza fa paura, fa più paura di un handicap.
I bambini con difficoltà hanno, giustamente, un sostegno (adesso purtroppo sempre meno) ma per quelli plusdotati non c’è nessun tipo di aiuto.
In Olanda esistono libri di testo differenti per questi bimbi. Abbiamo chiesto aiuto all’Aistap, un’associazione che si occupa dello sviluppo del talento e della plusdotazione, che segue noi genitori e aiuta le maestre a “gestire” la sua voglia di sapere sempre di più.
Andrea frequenta la terza elementare ma il giorno stesso in cui ha ricevuto l’eserciziario di matematica lo ha completato.
Conosce già tutto il programma scolastico, risolve i problemi mentre la maestra li detta, finisce i compiti in un secondo.
A volte penso alla frustrazione che prova nel ripetere per l’ennesima volta tabelline mentre lui è capace di fare le equazioni.
Abbiamo scelto di lasciarlo a scuola il meno possibile. Il pomeriggio fa teatro, suona il piano, gioca a basket, impara l’inglese.
Andrea è fortunato perché quando si annoia in classe, lo dice alle maestre ed è autorizzato a leggere i libri che gli interessano e che lui si porta da casa.
È l’idolo dei suoi compagni, lo chiamano “genio” ma io vorrei che crescesse come un bimbo della sua età.
Voglio proteggerlo dalla curiosità della gente, da quegli sguardi morbosi e anche da quelli bramosi che vorrebbero fare di lui un fenomeno da baraccone.
Ed è per questo caro Andrea, che la mamma non firma questo articolo con il suo nome vero.
Voglio proteggerti.
Ed è per questo, caro Andrea, che ti ripeto sempre di capire con la testa ma di guardare col cuore.
Voglio che guardando le stelle, oltre a chiamarle per nome, tu sappia sempre stupirti come quella volta che hai detto:
«Le stelle sono gli occhi che il cielo spalanca di notte per vedere cosa succede sulla terra».
bell’articolo, molto toccante.
l’intelligenza è un’arma, come un coltello: se non si ha esperienza nel saperla usare, usandola si rischia di far male a sè stessi prima ancora che agli altri.
l’uomo saggio comprende che l’intelligenza è una dote potente quanto effimera: non ci salva dalle nostre paure così come non ci protegge dal dolore. non ci dà la serenità ma semmai, in un mondo popolato da stolti, al contrario la toglie e rischia, a volte, di far fluire le proprie energie nel verso negativo come l’odio o la superbia. l’intelligenza intesa in senso razionale tente a categorizzare ciò che non è categorizzabile e questo porta inevitabilemente alla frustrazione, se non la si applica con metodo e “saggezza”.
l’intelligenza è come il denaro: con entrambi puoi farci un sacco di cose utili, ma danno alla testa ed sono pesanti fardelli da gestire. l’intelligenza va coltivata come una pianta: ha bisogno di cure, di armonia, da essa non può scaturire nulla di buono se non cresce complementarmente all’affetto, alle relazioni sociali, al gioco, alla libertà di essere bambini e di vivere in quanto tali.
in tal senso, non mi preoccuperei troppo per quel bambino, “Andrea”, mi sembra che ci siano tutti i presupposti per crescere in un ambiente sano e stimolante. secondo me ha preso da sua madre, scrive benissimo 🙂
ecco uno dei commenti che mi auguravo di avere.
lo avrei quasi inserito in fondo all’articolo, perché dice delle cose che in parte pensavo anche io, in parte va in controtendenza, dato che ha un’immagine più positiva di questa situazione.
metto in evidenza le prime, per cominciare:
l’intelligenza come un’arma anche rischiosa
l’intelligenza che toglie la serenità
l’intelligenza che spinge nel verso negativo dell’odio e della superbia (l’intelligenza che isola, direi io…)
l’intelligenza pesante fardello da gestire
l’intelligenza effimera – forse in un senso un poco diverso da quel che intendevi tu: effimera anche perché il tempo ce la consuma e ce la toglie
aggiungo una nota personale: l’intelligenza drammatica condizione in Italia, dove attizza l’odio sociale.
la tua saggia ricetta preventiva: occorre farla crescere complementarmente all’affetto, alle relazioni sociali.
ma qui innesto un paio di osservazioni leggermente dissonanti: basta? oppure al fondo dell’intelligenza così straordinaria resterà sempre una contraddizione non risolta?
l’intelligenza rende bizzarri di fronte alle persone comuni e ogni compromesso dell’intelligente rispetto ai valori dominanti del mondo nel quale è inserito sarà causa di disagio e sofferenza e non riuscirà mai del tutto.
il confine fra la genialità e la follia è sottile.
e qui viene la nota più preoccupata, da parte mia: quella mamma forse esagera le tinte, ma quella particolare predilezione per i numeri del suo bambino non confina con l’autismo?
in effetti la mia domanda, che non ho avuto il coraggio di porre nel testo, ma pongo qui nei commenti è questa: una intelligenza così spiccata non è forse una forma di autismo?
da questo punto di vista l’intelligenza potrebbe essere molto utile per la società, ma dovrebbe forse essere considerata come una specie di condanna, di malattia o di handicap per colui che ne è portatore… 😦
quindi prima si lamenta che la scuola non premia le eccellenze ( ed è vero) e poi dice di fare di tutto per crescere come un bambino normale. Sarebbe interessante conoscere questo bambino che sembra una macchina già a 4 anni. Le cose sono due… o la mamma esagera o io mi sbaglio e questa storia è vera 🙂
in questa situazione ho trovato anche qualcosa di lontanamente autobiografico (lontanamente nel tempo e nelle proporzioni, per essere chiaro).
anche io – almeno nella leggenda familiare che mi è stata riferita – ho imparato a leggere da solo verso i tre anni: fatto decisamente meno straordinario di quelli raccontati qui sopra e che, per fortuna, ho poi saputo di condividere con qualche altro blogger… 🙂
ma intanto colgo un fattore importante di queste situazioni: dei genitori che colgono la particolarità e la valorizzano, cioè dei genitori che DESIDERANO avere un figlio plus-dotato; molti altri non ci farebbero neppure caso, oppure anzi si preoccuperebbero un po’ (io sarei tra questi, semmai…).
il desiderio del genitore di avere un figlio geniale definisce già un rapporto psicologico speciale, di cui il bambino, ma neppure i genitori si rendono conto…: il bambino non dovrà deludere questa attesa.
questo è un condizionamento molto pesante per lui e non se lo toglierà di dosso tanto facilmente.
questa mamma è molto brava a descrivere la situazione, ma non dobbiamo farci prendere troppo dalla sua abilità di scrittura e guardare alla situazione oggettivamente (come hai fatto tu): e qualche dubbio sorge.
a me pare molto probabile che, nel suo entusiasmo per le particolarità del figlio, qua e là la mamma abbia anche calcato la mano, sovrapponendo alla realtà le sue personali attese.
aspettiamo più avanti, poi, a vedere come reagirà quella mamma quando la genialità del figlio comincerà ad essere socialmente riconosciuta e lei si renderà conto che questo rischia di farglielo perdere precocemente… 😉
se è per quello anch’io ero un genio da piccolo… o almeno così pensavano gli altri. In realtà i risultati erano soltanto frutto di un duro lavoro e nessuna genialità. Poi i famigliari ingigantiscono sempre le cose 😀
e se poi si scoprisse che al supermercato la macchinetta prima di fare il totale segna da qualche parte un totale momentaneo che il bambino ha letto?
è una storia che non mi convince. O è una storia inventata, o la mamma esagera raccontando un po’ le sue aspettative come hai detto tu oppure è vera ma in questo caso vorrei vedere in azione questa macchina umana 😀
sappiamo che apparteniamo ad un’area con un QI di partenza simile, noi due (a me non so quanto me ne è rimasto oggi, però, considerando questa cosa strana che da giovane non ti sembra possibile, e invece è vera: che non è vero che si invecchia solo col corpo e con la mente ci si può mantenere giovani, perché anche la mente invecchia…).
colgo l’occasione per dire che trovare due persone con un QI simile che vadano anche abbastanza d’accordo (almeno a distanza, eh eh) è, a mia esperienza, un fatto straordinario, perché le intelligenze vagamente assimilabili su un piano genericamente quantitativo, sono poi destinate a differenziarsi molto sul piano operativo e a diventare quindi fortemente divergenti e quasi sempre conflittuali…
con tutto, noi, per nostra fortuna, non ci siamo neppure avvicinati all’area della genialità, ma siamo rimasti in quella dell’intelligenza spiccata (qualunque cosa questo voglia dire): anche se questo, a me, non ha risparmiato alcuni degli inconvenienti di cui parlavamo sopra.
come scrivevo anche nell’altro commento, la mamma di sicuro esagera un po’, e secondo me la chiave di volta di queste situazioni è molto nella figura della madre, del padre o di entrambi…
in altre parole, per fare un genio, non basta una forte intelligenza, occorre anche una madre che desidera che il proprio figlio lo sia.
con tutti i guai del caso; e qui il requisito della madre volitiva non manca: auguri a quel bambino, che impari a difendersene presto…
considerando la provenienza dell’articolo ho ancora più dubbi che sia una storia vera
http://www.liberoquotidiano.it/news/italia/1361077/Mio-figlio-genio-che-fa-paura-alla-gente.html
😀
eh eh, mi hai scoperto con le mani nella marmellata… 😉
certo che l’articolo viene da Libero, lo ammetto, l’ho copiato da lì.
ma se lo avessi detto subito, nessuno lo avrebbe preso sul serio… 😉 😉 😉
devo anche dire che ho scoperto che indicare le fonti delle proprie citazioni nei post (come era obbligatorio fare una volta se scrivevi qualcosa per una rivista) è inutile, dato che con google chiunque è in grado all’istante di scoprirllo…
come hai fatto tu, eh eh…
certo… ovviamente quelli di destra hanno sempre bambini plusdotati. Avranno preso anche quello l’intelligenza non concessa dalla natura ai genitori 😆
è falsa… ne sono certo 😉
boh, non ho capito se quella madre è proprio direttamente coinvolta nell’arrivo della notizia a Libero.
che quelli di destra, notoriamente meno intelligenti di quelli di sinistra, in base a tutte le ricerche psicologiche internazionali, abbiano poi dei figli più intelligenti degli altri, dovrebbe essere un mistero della gentica, oppure mettere in discussione la fedeltá delle mogli… 😉
comunque, mi fido della tua intuizione; consideriamo la lettera falsa.
ma i problemi che pone non sono veri egualmente?
c’è scritto ‘Lettera aperta da una mamma’ quindi presumo che sia coinvolta. Poi scrivere una lettera anonima a un giornale per raccontare quanto speciale è il proprio figlio non mi sembra molto furbo. Non c’è nulla che questa madre faccia per assecondare le abilità del figlio.
se serve a evidenzia le mancanze della scuola italiana che poco premia i meritevoli ok. Ma non è che se torna Berlusconi qualcosa cambierà in meglio 🙂 … perché ovviamente la scuola è di sinistra…
sì, però non c’è scritto “Lettera aperta da una mamma AL NOSTRO GIORNALE”; e inoltre c’è un’altra stranezza, che l’articolo è firmato da una giornalista di Libero, che non ci aggiunge parola.
se la lettera fosse stata mandata al giornale, questo modo di presentarla non avrebbe senso; secondo me, invece, la giornalista di Libero l’ha trovata in giro e l’ha pubblicata – di qui il merito che le viene riconosciuto, consentendole di firmare la presentazione.
totalmente d’accordo, invece, sui significati nascosti di questa pubblicazione per i lettori di Libero, che hai evidenziato tu. 🙂
(ma proprio per questo, per arrivare alla lettera in se stessa e ai problemi che pone, senza strumentalizzazioni, non era opportuno dire che l’ha pubblicata Libero: questo falsa subito tutto il dibattito, dal mio punto di vista…)
ma siccome Belpietro fa un servizio tipo Babbo Natale che permette di scrivergli una lettera è probabile che questa lettera sia arrivata per quella via.
l’unico sito dove ho trovato il testo cercando su Google era quello di Libero.
ma credo che il dibattito si debba aprire se esistono delle situazioni reali. Sarebbe interessante aprire un dibattito sul sostegno che lo stato italiano fornisce ai bambini che mostrano il desiderio di imparare attraverso ottimi risultati (ma non sono dei geni) e che sono privi dei mezzi necessari per andare avanti. Il caso di una mamma disperata perché il figlio è un genio non mi interessa 😉 … soprattutto perché inventato.
quindi tu pensi che la giornalista di Libero abbia firmato il pezzo perché se lo è inventato di sana pianta…
meriterebbe il Pulitzer, allora, e giornalisti così bravi a Libero non ce li vedo…
d’altra parte un conto è sfruttare occasionalmente un’occasione che in qualche modo si presenta, un conto è inventarsi un caso: servirebbe solo se fosse l’inizio di una campagna mirata; ma faccio fatica a pensarlo.
però facciamo conto che la lettera sia un pezzo di bravura giornalistico: il problema di una mancata preparazione nella scuola in generale a gestire casi di questo tipo esiste egualmente; e lo dico anche alla luce della mia esperienza professionale appena conclusa: il mio liceo era campione nazionale di informatica, con diversi ragazzi che finivano a rappresentare l’Italia anche all’estero o andavano a studiare alla Normale di Pisa; ragazzi normalissimi e anche ragionevolmente capaci di non tirarsela troppo; noi si gestiva credo non malissimo la situazione, credo, e tuttavia senza basi teoriche o conoscenze approfondite, ma cercando di basarsi sul buon senso.
tu dici, giustamente, che il dibattito sul “sostegno che lo stato italiano fornisce ai bambini che mostrano il desiderio di imparare attraverso ottimi risultati (ma non sono dei geni) e che sono privi dei mezzi necessari per andare avanti” è più importante.
sono d’accordo con te, e giustamente fai questa critica.
posso soltanto provare a rispondere dicendo che il fatto che esistano problemi indubitabilmente più importanti non comporta che di quelli meno importanti non si debba discutere qualche volta… 😉
certo che è tutto inventato, che l’abbia fatto lei o qualcun altro. E se merita il Pulitzer per una roba del genere, allora quel premio non vale nulla.
con il termine sostegno mi riferivo al sostegno economico e ai mezzi materiali che mette a disposizione. Di insegnanti ne avete fin troppi, per non parlare della loro mancanza di autorità della quale ne ero rimasto scioccato.
allora prima di discutere di un problema aspettiamo che il problema si presenti. Non mi risulta che esistano casi di geni non assistiti in Italia. Ci sono invece molti studenti che lavorano duramente ed hanno ottimi risultati che andrebbero valutati di più.
corpo causale.
aaahh aahhh.
meno male che sei una bambina, altrimenti avrei pensato che tu fossi il protagonista stesso di questo racconto…
passato di qui per metterci in crisi con una frase troppo intelligente per noi comuni mortali… 😉 😉 😉
eddai bo tanto mi sai !! 😉 fregato?. ;))
ehi, conosco una sola persona che mi chiama bo, e che ha questo stile inconfondibile…
un abbraccio, adriana! come va? 🙂
e, se vuoi, ti presento afo, l’altro commentatore del post: un tuo connazionale…
effimera nel senso letterale di brevità temporale, sicuramente lo è. ma anche effimera in senso più esistenziale: non dà risposte ai quesiti viscerali che poi direttamente o indirettamente scatenano le turbe umane (escludiamo pure i problemi effimeri della vita pratica, quelli si che sono risolvibili con l’intelligenza).
non voglio caricarla di troppa importanza, perchè in conclusione non ne ha a mio avviso.
ti chiedi se le complementarità di cui parlo sono sufficienti a far vivere “bene” una persona dotata di una spiccata intelligenza: secondo me si. una persona con tale dote può vivere bene, anche nella socialità italica, solo nel momento in cui “razionalizza” il suo utilizzo 😉 è un po’ volutamente paradossale, ma fa ben capire come l’uomo sia fatto di parti complementari e l’intelligenza è solo una di queste parti che non deve prevaricare sulle altre. quando è così l’uomo non può vivere “bene”, nell’accezione esistenziale che ne dò al termine.
l’uomo ha bisogno di persone vicine per condivisione e comprensione, per l’appoggio pratico, per l’affetto e la sessualità. ma questo di per sè non garantisce l’equilibrio delle parti umane che sono in noi. è la condizione senza la quale lo sviluppo corretto della pianta non può nemmeno cominciare: sono le sostanze nutritive di base.
dopo sta al contadino il saper dosare correttamente gli ingredienti. il contadino è la nostra stessa coscienza, è il modo in cui sappiamo controllare e direzionare il flusso dei pensieri, delle parole e delle azioni.
il contadino potrebbe imparare da solo a coltivare la propria pianta, ma non è facile. è più facile se ha accanto a sè altri buoni contadini, con più esperienza, che possano fargli correttamente vedere una strada, una delle tante possibili. in questo senso la socialità è secondo me importantissima: imparare anche dalle esperienze altrui ti può far risparmiare anni ed anni di introspezione.
un traguardo importante da imparare è che l’intelligenza non è un fine ma un mezzo che di per sè non ha significato, almeno non più di altri mezzi: l’intelligenza deve essere indirizzata verso il fine desiderato, deve essere usata col giusto metodo e in alcune circostanze deve rimanenere chiusa nel cassetto perchè altre “forme di umanità” assumono maggiore priorità.
in questo modo si mettono a frutto le proprie doti integrandole e facendo crescere la pianta rigogliosa e sana. anche se la pianta si rivelasse da grande un pochetto autistica 😉
ma se non è l’intelligenza, in senso lato, che è in grado di costruire “risposte ai quesiti viscerali”, che cos’altro lo può fare?
effimera nel senso che quasi mai ci riesce, ma effimera allora non meno di tutta la nostra personalità.
per il resto, certamente l’intelligenza può vivere bene se è completa ed equilibrata, e quindi sa anche auto-limitarsi nelle sue manifestazioni, perchè è anche intelligenza emotiva…: hai tracciato un quadro molto articolato e delineato una soluzione teorica perfetta…
però non so se l’intelligenza, come si manifesta in casi come questo che stiamo considerando, sia davvero anche intelligenza emotiva e attenzione agli altri, o non sia invece per sua natura chiusura in un modo proprio alquanto a-sociale… (penso a Mozart e alla musica, o a Michelangelo e all’arte, per esempio, o anche a Einstein e alla fisica; per non citare Tesla o Turing, perché allora si gioca troppo facile…).
comunque, per le intelligenze un po’ meno esclusive e più modeste, certamente le tue osservazioni sono puntuali e in questo senso dovrebbe agire l’educazione: non per esasperare le particolarità dell’intelligenza, ma per abituarle a contemperarsi con i compromessi della vita comune.
da questo punto di vista l’educazione in comune con gli altri bambini nell’età della formazione è una scelta fondamentale, anche se a diversi livelli emergono concezioni più strumentali e funzionali dell’educazione dei bambini plus-dotati in centri separati: si dice: più adatti a loro, ma si intende più adatti ad esasperarne le caratteristiche a vantaggio della società.
il problema che la madre evidenzia in questa sua lettera, a ragione, è tuttavia la mancanza di attenzione nella scuola a condizioni formative di questo tipo, che vengono a torto identificate con condizioni di privilegio e non di problematicità, meritevoli di attenzione, almeno dal punto di vista individuale.
io parlavo espressamente dell’intelligenza di tipo logico-razionale, perchè è a questa che si evince partendo dall’articolo iniziale. le altre forme di intelligenza sono appunto le restanti parti di cui parlavo, che riempiono il mosaico uomo. solo che le altre forme di intelligenza non sono identificate con l’intelligenza “classica”, quella che si descrimina col Q.I. esiste intelligenza empatico-emotiva, intelligenza musicale e artistica, intelligenza sociale.e molto altro, ma quando si parla di intelligenza si pensa subito al saper far di conto.
il nostro io è costantemente influenzato da questi svariati contributi, alla fine ci si indirizza verso una strada usando alcune doti più delle altre.
ci sono strade che comportano un certo equilibrio tra le proprie doti, e strade che portano ad un disequilibrio enfatizzandone alcune a discapito di altre, che possono rimanere come atrofizzate se non usate.
la genialità conclamata e riconosciuta molte volte è espressa in questa seconda modalità; altre forme di genialità passano probabilmente in sordina, e sono queste forme che ci conducono ad un’esistenza più soddisfacente e serena, ma meno in “primo piano”.
persone sconosciute che hanno portato la felicità solo nel loro piccolo mondo, e grandi specialisti che hanno fatto fare salti epocali nelle rispettive discipline, a costo di perdere tutto. qualcuno ha preferito la banalità della vita e del prossimo, altri hanno preferito la verità proclamata anche a costo del rogo.
non voglio sminuire l’opera umana, la genialità tradotta in azione, il progresso. solo che questi livelli non portano di per sè alla felicità. chi persegue il genio, ovvero cerca di massimizzare la propria dote più evoluta a dispetto e sacrificio delle altre, è difficile che sia una persona equilibrata e serena/compiaciuta. il genio non è mai sazio, rischia sempre di ammalarsi di indigestione.
stimolare il bimbo a migliorare le proprie capacità va bene ed è augurabile, ma non va più bene se per perseguire questo obiettivo lo si estranea da tutto il resto. genitori ed istituzioni scolastiche inferiori dovrebbero in primo luogo educare (più che istruire) dando stimoli e spunti sempre nuovi che permettano al bambino di crescere ed imparare rispetto a ciò che già sà, ma questo non a costo di isolare il resto nell’educazione del bimbo.
spetta solo al futuro giovane-uomo scegliere quale strada percorrere per la propria vita. a volte forzare il “piccolo-genio” in tenera età ha come unico risultato il rifiuto totale in età adolesciente.
un adolescente, che sia genio o stupido o normodotato, resta sempre in ogni caso prima di tutto un adolescente, già problematico di per sè: non bisogna caricarlo di inutili pesi e responsabilità, più di quanto già la natura delle cose gli ha già appioppato sulla schiena: lo stare in piedi di fronte al mondo con le proprie gambe e con la propria testa (e di questi tempi è veramente difficile).
le inclinazioni si percepiscono correttamente solo in età più matura, ed è a quel punto che si dovrebbe casomai spingere ed incentivare.
insegnamo ai nostri bimbi prima a diventare uomini, solo dopo casomai anche grandi uomini 🙂
🙂
bello, anche la perorazione finale.
condivido tutto, in effetti.
solo una sottolineatura: noi non diamo, di solito, il valore che merita all’intelligenza emotiva.
ci sono persone straordinarie nel creare benessere relazionale e comunicativo, che non vengono minimamente riconosciute, ma fatte passare per persone comuni, come se il campo nel quale esprimono la loro genialità non fosse per nulla importante!
@afo
prima di dire che è TUTTO inventato, non occorre qualche prova o almeno qualche indizio di più?
per il resto sarà che io sono totalmente privo di inventiva e faccio fatica a inventarmi anche le bugie banali, ma io non sarei mai capace di inventarmi dal nulla una storia simile e con accenti così autentici; è vero che non ho mai neppure scritto un romanzo, eh eh.
ho capito che parlavi di sostegno economico: in effetti ci sono alcuni premi in denaro del ministero per gli studenti con buoni risultati scolastici, e avendo avuto a scuola alunni effettivamente geniali, devo dire che in alcuni casi, grazie a premi in denaro e borse varie, ce n’erano alcuni che si portavano a casa svariate migliaia di euro in un solo anno scolastico: risultato non male per un minorenne che studia.
però secondo me un maggiore aggiornamento dei docenti sul tema non farebbe male.
senza contare che ho le prove evidenti che ce ne sono di ignoranti e di imbecilli i quali, appena avvertono una intelligenza e una preparazione superiore alla loro, fanno esattamente quello che fa l’italiano medio: cominciano a perseguitarla.
questo è uno dei non pochi motivi per cui continuo a consigliare a che è davvero capace di cambiare paese.
se l’insegnante è intelligente e capace riconsoce le intelligenze e le valorizza; se è stupido e impreparato, le riconosce egualmente, ma cerca, come può, di perseguitarle, perché gli danno ombra.
forse è questo che intendi quando parli di studenti brevi che andrebbero valutati di più?
cit ” grazie a premi in denaro e borse varie, ce n’erano alcuni che si portavano a casa svariate migliaia di euro in un solo anno scolastico: risultato non male per un minorenne che studia. ”
io non ho mai sentito di questi premi così alti. Se è come dici allora l’unico problema è diffondere maggiormente la notizia nelle scuole 🙂 . Allora il sistema Italiano è puramente perfetto e valorizza i meritevoli…
non era quello che intendevo con studenti bravi che andrebbero valutati di più. I docenti sono quello che sono. Quelli bravi sapranno andare oltre le mancanze dell’imbecille che si trovano di fronte 🙂 , a patto che abbiano i mezzi per farlo.
si tratta di ragazzi davvero fuori del comune, che rientrano praticamente nei casi di genialità che dicevamo, anche se era una genialità ben sostenuta dalla scuola negli anni, attraverso diverse iniziative di potenziamento: ripeto, erano i campioni nazionali.
altri, che escono col 100, prendono borse di studio più modeste, con le quali certamente non ci si mantiene, però un riconoscimento lo danno.
l’imbecille docente che a volte i ragazzi si trovano di fronte non è sempre affrontabile soltanto da loro: dipende molto dal suo grado di pericolosità sociale.
devo anche ammettere che quando ero docente mi è capitato anche di incontrare un preside che ragionava a questa maniera: cercava i ragazzi di mente aperta per tagliargli le gambe a suon di bocciature, alleandosi ai docenti dalla mente più chiusa della sua e pronti a cogliere volentieri l’indicazione che veniva loro data.
i mezzi di cui parli continuano a non essermi del tutto chiari…
allora non è vero che manca il sostegno ai ragazzi plus dotati. Ma perché ho l’impressione che in questo post si faccia dell’intelligenza una questione genetica? 😀
un preside che se la prende con i ragazzi in quel modo mi pare che abbia un grosso problema.
l’intelligenza è come la capacità di salto in alto: occorre una predisposizione naturale, ma senza allenamento non fai molto. 🙂
mi pare di averlo detto chiaramente nel commento precedente: d’altra parte come spiegare altrimenti la particolarità di una scuola che vince da anni le olimpiadi nazionali di informatica con ragazzi differenti?
mica saranno tutti concentrati geneticamente lì!
ho le prove di quel che dico sul ruolo dell’eduicazione, perché ho un nipote che ha un QI come il mio, ma non sa neppure scrivere 2.000 a vent’anni, dato che ha sempre rifiutato completamente la scuola.
rimane indubbiamente intelligente, ma è un’intelligenza sprecata almeno per gli usi sociali condivisi, come l’intelligenza musicale in uno che non studia musica…
quindi chi afferma che è l’intelligenza solo frutto dell’educazione sbaglia: non si tira fuori il sangue dalle rape; d’altra parte la genetica abbandonata a se stessa conclude poco o nulla: e l’intelligenza non è affatto utile a stabilire gerarchie di valore tra gli individui.
al massimo sintonie di conversazione, direi… 😉
nella formazione degli studenti credo tu abbia moltissima più esperienza di me 😉
io invece credo che siano più importanti alcuni aspetti che si imparano nella prima parte della vita: la competitività con gli altri, la capacità di concentrarsi, l’ambizione. Piuttosto che riuscire a imparare a sommare numeri a 4 anni, sapere tutte le capitali del mondo a memoria a 3 anni o imparare a leggere a 1 preferirei una persona che sia predisposta a evolvere e impegnarsi duramente per farlo.
Quindi non so quanto sia alto il mio QI e non mi interessa perché c’assomiglia molto al PiL 😀 . Di fatto ho sempre gareggiato con i migliori anche se spesso sono finito secondo per un soffio 😆 . Penso che a questo punto, pur non essendo un genio, almeno so qualcosa in più di prima.
Quindi quella che tu chiami predisposizione genetica io la definisco predisposizione ambientale. Giusto qualche giorno fa ho sentito che geneticamente la specie umana è praticamente uguale mentre di solito nelle altre specie qualche variazione c’è.
penso che della mia esperienza come formatore o meglio educatore (durata 45 anni!) si debba cominciare a parlare al passato…
il sostegno ambientale alla prediposizione genetica è fondamentale, ma rimangono aperte diverse questioni oscure; un esempio famoso nella letteratura sul tema è quello di due gemelli omozigoti, separati alla nascita ed affidati a due famiglie diverse; uno cresce in una famiglia di musicisti e uno no, uno diventa musicista e l’altro no; quale diventa musicista?
no, caro afo: non quello allevato dai musicisti: quell’altro!!!!
e qui la base genetica è identica.
insomma, ne sappiamo ancora troppo poco…
e tuttavia ti garantisco, avendo un nipote rimasto cerebroleso alla nascita e con in QI attorno a 70 (non per basi genetiche, ma per pesanti condizionamenti ambientali!), che nel suo caso nessuna applicazione potrà mai condurlo a nulla di ciò di cui stiamo parlando.
insomma, non è di destra ammettere che siamo macchine condizionate, parte dalla natura che ci fa in un certo modo, parte dall’ambiente che ci adatta in cento altri modi possibili, e poi forse ancora da qualche altro fattore che non riusciamo ad immaginare nemmeno…
per il resto condivido.
solo la tua ultima frase mi è rimasta oscura: forse vuoi dire che la specie umana ha variazioni genetiche interne piuttosto modeste?
certamente! dopotutto la famosa Eva africana da cui tutti discendiamo non affonda cronologicamente a più di 200.000 anni fa; e specie come i cani hanno invece milioni di anni di differenziazione alle spalle.
tuttavia la maggiore complessità della struttura cerebrale umana rende le variazioni in questo campo molto significative e non dobbiamo neppure dimenticare che l’evoluzione umana ha cominciato ad intrecciarsi con quella tecnologica e a diventare tendenzialmente culturale ed extra-corporea.
si, volevo dire che le variazioni genetiche all’interno della specie sono minime per quel che riguarda la struttura e la composizione. Le altre specie presentano variazioni più ampie. E’ possibile che sia dovuto come dici tu all’età relativamente giovane dell’essere umano. C’è chi potrebbe sostenere la perfezione dell’essere umano. C’è chi potrebbe sostenere l’evoluzione a scatti. I bimbi geni potrebbero per esempio appartenere a una nuova specie… più integrata con la tecnologia 🙂
mi pare comunque che in fondo siamo d’accordo sull’influenza dell’ambiente sullo sviluppo dell’individuo. La genetica influisce ma non in modo determinante (a meno di malattie). In fondo di possono sempre ottenere risultati buoni pur non essendo geni.
mio genero anche se giovane e’ un brillante funzionario bancario.
un giorno la banca ha chiesto a tutti di espletare alcune compiti straordinari,la stessa metteva a disposizione una discreta somma da dividere fra coloro che fossero riusciti.
per gli altri nessun problema….tutto continuava come prima perche’ non era un test.
alcune settimane dopo coloro i quali erano riusciti stavano per ricevere il premio ….ma….è stato tutto bloccato perche’ un assemblea sindacale aveva deliberato che il premio in danaro andava egualmente diviso anche con chi non era riuscito a raggiungere l’obbiettivo.
ti ho detto tutto…!
l’esagerato egualitarismo che da decenni domina l’italia impone un livellamento al ribasso,infatti un cavallo di razza puo’ anche tirare un carretto ma un ronzino non puo’ correre un gran premio,con la precisa politica di abbattere le eccellenze.
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lo si vede nelle scuole ed universita nel pubblico anche nel privato e perfino a livello nazionale..cioe’ il segnapassi dello sviluppo nazionale e’ regolato sul ritmo del sud ed il Nord deve solo adeguarsi
un comportamento puramente ideologico che va contro l’antropologia la logica e lo stesso interesse nazionale.
l’episodio che racconti è semplicemente allucinante, ma non faccio fatica a crederlo.
soprattutto se vivi all’estero, ti redi conto che l’odio per l’intelligenza altrui e il tentativo di coartarla ed emarginarla è un tratto distintivo della nostra cultura nazionale, nel quale si concentrano in un tutto indissolubile il conformismo di gruppo, il clientelismo e lo spirito gregario che sono poi i tratti distintivo della nostra cultura cattolica.
so di averti rubato le parole di bocca, del resto.