forse con questo videoclip mi sono fatto prendere la mano…
capisco che questa affermazione è decisamente umoristica sulle labbra di uno che è arrivato al 123esimo videoclip sul suo viaggio in Indonesia, ma che dire? oggi, mentre facevo passare le foto e i filmati per preparare il videoclip, la normale attività di ripulitura e rabberciamento delle inquadrature ha lasciato il posto ad un mezzo delirio di estrazione di particolari non visti e non visibili al momento.
non dimenticate, infatti, che quelle degli ultimi videoclip sono tutte foto fatte da un bus in movimento, senza il tempo di studiare praticamente nulla, e fanno eccezione solo poche foto da fermo, dovute alla gentilezza dell’autista che arrestava l’autobus per me nei punti che gli sembravano meritevoli: uomo adorabile, come tutti gli abitanti di Bali!
devo correggere molte foto, dunque, prima di montare, e, guardando, il mio amore per Bali si rinnova, anzi si moltiplica.
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l’entusiasmo, che cresce via via nel tempo, è che in queste tre ore trascorse traversando il cuore di Bali, all’improvviso tutte le due settimane e mezzo del viaggio precedente hanno acquistato senso e significato, e tutto quello che ho visto ha trovato di colpo la sua chiave di lettura, come fosse stata soltanto una lunghissima e spesso faticosa introduzione a Bali.
è come se questo viaggio fosse stato fin dall’inizio costruito con un disegno preciso per portarmi fino a qui; è come se la visita ai resti archeologici e ai musei, cioè ai frammenti della grandiosa e rutilante Giava originaria, che l’invasione islamica ha cancellato e ridotto nel carcere di un monoteismo senza fantasia, e poi i frammenti induisti scoperti via via annidati nelle alte montagne di Dieng Plateau e di Bromo, fossero serviti soltanto a preparare l’esplosione di vita, di colori, di arte di queste ore.
è come se tutto quel mondo rarefatto ed imbalsamato, conservato come pallida traccia di una grandezza fatta a pezzi, avesse trovato il varco per ritornare alla vita di colpo e incendiarmi con la sua sconvolgente bellezza.
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Bali, ultimo frammento delle miracolose Indie delle favole antiche!
i mostri, le sagome degli elefanti, le divinità bizzarre, i decori allusivi, improvvisamente tornati in vita come anima e respiro di un mondo che appare un poco fuori del tempo, sono un frammento vivo e non archeologico di un grande passato cancellato.
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quasi preannunciate dalla cantilena con cui nel sedile davanti a me una donna della mia età prega leggendo da un foglio ciclostilato, sono tre le processioni che intercettiamo durante il percorso: avvolte di drappi di seta giallo vivo, il colore induista della purezza, che è anche il colore buddista della perfezione, ecco le divinità personificate da uomini vivi, ecco i musicanti che trasportano in coppia i gong del gamelan appesi a lunghe pertiche tenute orizzontalmente.
è così che comincio ad apprendere quanto sia vivo e sentito l’induismo di Bali, e come a questa isola non troppo grande e ai suoi tre milioni di abitanti è stato affidato il compito di essere per il viaggiatore l’Indonesia intera che non c’è più.
un solo giorno purtroppo.
e solo tre ore di viaggio su un bus di linea…
ma come non tornare a Bali?