verso la fine del pomeriggio del 9 maggio, uscendo dal ristorante e finito il breve percorso lungo la baia di Padangbai, non resta che piegare a sinistra verso l’interno per un sentiero che sale sul promontorio orientale della baia (ma a me viene da dire occidentale per il solito spaesamento prodotto dal movimento anomalo del sole rispetto alle mie abitudini: non è troppo normale dover pensare che il sole è a nord e che tramonta scendendo verso sud; quindi sono continuamente tentato di scambiare l’est con l’ovest).
di lì si dovrebbe poter raggiungere, secondo la guida, un posto fantastico chiamato Blue Lagoon Beach: non riuscirò a trovarlo, del resto il nome mi lasciava un poco perplesso; però nell’arrivare sulla punta, non troppo alta, del promontorio, incontro invece un piccolo complesso di tre templi induisti.
stavo per dire straordinario, ma mi trattengo: questa parola è così fuori posto a Bali, dove tutto è talmente straordinario che ci si deve abituare a consideralo invece del tutto ordinario.
insomma ci sono questi tre templi inseriti quasi l’uno nell’altro e per me sono straordinari perché una raccolta così completa dell’iconografia sacra induista di Bali ovviamente non l’avevo ancora vista.
io credo che mi sto innamorando di Padangbai e di questo articolato santuario, ma mi sto invece innamorando di Bali.
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il tempio balinese, dato il contesto climatico equatoriale, suppongo, è costruito secondo un’architettura che segue principi strutturali completamente diversi da quelli europei e cristiani, ma anche da quelli indiani.
il tempio è prima di tutto uno spazio sacro recintato e aperto; ci sono loggette, pinnacoli, porte, molto decorate fra l’altro, che tuttavia segnano il passaggio da un cortile all’altro: mancano del tutto degli edifici veri e propri, e tutto si svolge all’aperto.
qui ci sono soltanto delle intelaiature di metallo sparse ovunque che credo servano a sostenere delle coperture di foglie di palma intrecciate quando il sole picchia troppo; però, data l’ora del tramonto, non è il momento.
questo tempio è peraltro in una posizione favolosa, dato che da alcuni punti nei pressi la vista si apre sulla baia, oppure sulla costa meridionale della punta orientale di Bali, e perfino, immagino, in lontanza – quel profilo deve essere il suo – sulla più lontana isola di Lombok, e la vista di quel mare di un azzurro superbo e già di per se stessa un atto di culto agli dei.
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intanto che giro fotografando (e a me pareva di avere fatto un delirio di foto, mentre ora invece mi sembrano ancora troppo poche), ecco che arriva un gruppo di fedeli, che mi salutano con intensi spontanei sorrisi (le donne), si dispongono nel tempio e si siedono in un gruppo che diventa rapidamente numeroso, ad ascoltare un uomo che recita preghiere o formule di saggezza ad alta voce.
un intenso scampanellio dà inizio alla cerimonia vera e propria; io mi levo dai piedi, per non disturbare il rito, ma il tempio è così articolato e ci sono talmente tanti spazi labirintici che posso tranquillamente girare senza disturbare la loro vista e continuare a stamparmi nella memory card, oltre che nella mente, tutti questi particolari per me stranissimi, che sono invece la quotidianità degli abitanti intensamente religiosi di Bali.
già, chi lo direbbe che i balinesi sono così religiosi, loro che a sentire gli islamici di Giava sono il cuore segreto di tutti i vizi e di tutta la corruzione?
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solo che la religione induista qui sopravvissuta è così diversa dall’austera simbologia islamica: col suo corredo di incensi, di piccole offerte su foglie di palma intrecciata a formare come un piccolo piattino dai bordi rialzati, di ombrelli sacri frangiati variamente variopinti, se mi si passa l’assonanza, ma prevalentemente gialli o bianchi, di idoli mostruosi che oramai hanno assunto, ai miei occhi che hanno imparato a riconoscerlo, uno stile artistico intensamente indonesiano, che consiste in una serie di convenzioni molto forti nella rappresentazione e nel superamento del realismo della riproduzione per una sorta di diverso realismo delirante magico, che quieta le paure infantili di ogni essere umano dandogli forma convenzionale e in questo quasi rassicurante.
magici i fiori e le aste di bambù che spiccano contro il sole con decorazioni naturali rosso vivo, magiche le voci ed i canti; magico il silenzioso ritorno delle donne con le ceste di vimini sulla testa, ad un passo che sembra quasi di danza, in discesa di nuovo verso il paese.
e magica la pienezza di vita che riempie il vostro viaggiatore fotografo, che inizia a soffrire al pensiero che gli restano ancora solo due giorni in questo paese straordinario, che all’inizio aveva trovato così chiuso e poco coinvolgente, a parte la bellezza dei paesaggi e dei monumenti.
commento via mail:
Questa sera all’arrivo ho guardato, gustato e viaggiato ancora in tua compagnia.
Bastano i tuoi commenti, che accompagnano i video, che sono esaurienti e interessanti. Tuttavia il videoclip ultimo merita un’aggiunta, domani.
aspetterò domani, allora… 🙂
secondo commento via mail:
Sei stato fortunato, come sempre, a capitare durante una festa di commemorazione con il tempio splendidamente decorato, e gli ombrellini di ogni colore e con solenni rivestimenti.
Il libro da dove copio queste notizie potrebbe piacerti molto e durante un nostro prossimo incontro te lo
vorrei donare e lo farò molto volentieri ; l’ho portato con me in questo ultimo viaggio, ha già attraversato (in macchina) il Lazio , la Toscana, la Liguria passando per la Lombardia senza avere la possibilità
di fermarsi (pesa quasi 3 chili).
“Il calendario religioso scandisce la vita e le feste dei balinesi, sono tantissime durante l’anno le feste e le ricorrenze celebrate con processioni, offerte ,raduni e pranzi.
Offerte speciali vengono fatte agli dei ed agli spiriti ancestrali”: 3.33.
“Ciò che colpisce di questo paradiso terrestre è la visione religiosa che ispira ogni singola azione della vita dei balinesi, la capacità di dominare la natura a proprio vantaggio, nonché la creatività e la versatilità nella scultura, nella pittura, nella danza, nel teatro, nell’architettura, nella musica ed in ogni espressione più raffinata dell’arte.
La religione balinese o l’induismo balinese è un complesso fenomeno composto da aspetti dell’induismo sivaitico e del buddismo, integrati da alcune tradizioni animiste dell’isola, quali il culto degli antenati e la venerazione della natura, assieme agli influssi recepiti dal mondo esterno; molto sovente i riti e le cerimonie sacre variano nella stessa Bali da provincia a provincia e da villaggio a villaggio.
Uno dei temi centrali della religione balinese è il culto della montagna sacra, ereditato in gran parte dall’induismo indiano, ossia della montagna cosmica identificata con “Mahameru o monte Meru”; negli antichi scritti indù, infatti, Mahameru, rappresenta il punto focale o il padre di tutta l’umanità da dove gli dei dominavano l’universo”.
Non so perché mi è piaciuta tanto la foto del cancello 0.26; a parte la realizzazione del disegno con il ferro,
semplice ma non troppo, il fatto di poter guardare un interno e una zona privata dall’esterno.
anche io all’inizio ho avuto l’impressione di essere sfacciatamente fortunato.
poi, come vedrai negli ultimi video-clip, questa fortuna ha cominciato a ripetersi con una tale insistenza, che ho piuttosto cominciato a pensare che i balinesi – e anche gli abitanti di Lombok – passino molto del loro tempo in cerimonie religiose, così che, se uno si muove liberamente e con curiosità girando al di fuori degli itinerari turistici scontati, non può fare altro che incontrarsi con queste meraviglie…