basta, ho proprio voglia di ritornare a Bali, questa sera, almeno per un paio d’ore.
guardare le donne che scendono al paese dal tempio, dalla cima del promontorio di Padangbai e spingermi dalla parte opposta, lungo un sentiero tra grandi cespugli di fichi d’India, fino a che tra la vegetazione si comincia ad intravvedere la baia, mentre arriva il rumore del mare.
e poco dopo uscire sulla scogliera di pietre nere vulcaniche, girando senza alcuna meta, che non sia quella di guardare un ragazzino intento a quel che ha appena pescato, che neppure mi basda, e ha vicino un pesce esotico a tinte squillanti, che ha strappato al mare, oppure il colore scarlatto inquietante, dovuto a qualche oscura presenza, dell’acqua raccolta in una pozza scogliosa.
le onde si incanalano in certi percorsi oscuri, hanno di sicuro scavato delle gallerie sotterranee che gli permettono di passare sotto i miei piedi e di riversarsi nella baia riparata e solitaria, dove gli azzurri si esercitano nelle mille variazioni del possibile.
sullo sfondo la sagoma lontana di Lombok, dove andrò domani, isola solitaria e semi-popolata, che segna quasi l’inizio dell’Indonesia più selvaggia che non riuscirò a visitare.
mi bastano per ora questi passi in solitaria camminata, che risalgono la collina e poi la ridiscendono di nuovo ad un’altra baia, ad un’altra solitudine, mentre, oramai scalzo, lascio che le onde abbraccino il mio andare nell’acqua.
il tramonto comincia ad incendiare il cielo: non è già troppo tardi?
lo sguardo indugia sulla grande scritta sulla fiancata del traghetto per Lombok: We love Indonesia.
e la sera è tutta mia, la solitudine è un dono prezioso.
* * *
nel videoclip le ultime immagini sono quelle della passeggiata all’alba del giorno dopo sullo stesso promontorio: lo dico per evitare ulteriori disorientamenti spazio-temporali degli eventuali spettatori…
commento via mail:
Foto e riprese spettacolari, forse troppe.
Vanno guardate poche alla volta.
Questo nostro mondo inquieto ha terrificato gli animi, ci voleva questa vita angosciata per rendere attuale
la sublimità del silenzio, la necessità del raccoglimento.
wow.
resta solo da capire se fotografare è un modo di vivere il raccoglimento oppure una forma di distrazione.
le foto sono, o tante o poche, quelle che mi è venuto spontaneo di scattare in situazione, io non riesco a valutare bene l’effetto che possono fare sugli altri, perchè ogni foto corrispondeva ad un momento nel quale mi sembrava di avvicinarmi al sublime.
ci si può identificare con una bellezza più che umana troppe volte? più che possibile, agli occhi di chi rimane al di qua…