dopo avere stabilito che la Lettera agli Ebrei è effettivamente – almeno nella sua maggior parte – un corpo estraneo al resto delle lettere di Paulus, ma nel senso che è più antica delle altre ed è l’unica che potrebbe effettivamente appartenere quanto meno all’ambiente ebraico precedente alla distruzione del tempio di Gerusalemme nella guerra ebraica, non ci rimane che affrontare l’esame del restante corpus paolino.
e lo facciamo, per il momento, muovendoci dall’ipotesi – che pure non riteniamo credibile – che le lettere siano autentiche, composte da un Paulus vissuto attorno alla metà del primo secolo, e che siano vere lettere.
ci baseremo, quindi, per poterle esaminare in successione, sul riordino cronologico che è stato presentato nel post precedente, – fondato peraltro sulla parallela cronaca degli Atti degli Apostoli e non ricavato da elementi interni alle lettere stesse.
sottolineo ancora una volta che ci muoviamo sulla base di ipotesi non dimostrate, quelle ufficiali: cioè l’autenticità delle lettere paoline e la parallela autenticità degli Atti degli Apostoli, da considerare praticamente composti a breve distanza gli uni dalle altre, con una successione temporale che è quella che prevede prima le Lettere e poi gli Atti; lo facciamo prima di tutto per verificare se questa ipotesi regge al vaglio critico.
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Bene, allora il risultato di questo riordino pone al primo posto, cronologicamente parlando, la Lettera ai Tessalonicesi, o meglio le due lettere loro indirizzate.
Ma queste sollevano in maniera del tutto evidente una tale massa di interrogativi (tanto che su di esse si è particolarmente concentrata una parte importante della ricerca sulle Lettere) da far pensare che addirittura lo scopo del riordino – se ci fosse stato – sarebbe potuto essere, prima di tutto, proprio quello di mascherare proprio queste problematiche.
La scomposizione della raccolta dall’originario ordine cronologico – se c’è effettivamente stato, come stiamo ipotizzando, per verificarne le conseguenze – impedisce di cogliere, nella successione non solo cronologica ma anche logica dei testi, le loro contraddizioni interne e in ultima analisi l’evoluzione non lineare della dottrina presentata (come nel parallelo caso del Corano, dove è dovuta allo stesso motivo).
Nel caso della prima Lettera ai Tessalonicesi le contraddizioni non sono solo interne, ma riguardano anche lo svolgimento dei fatti come è narrato negli Atti degli Apostoli, anche se di questo ci occuperemo più avanti.
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Esaminiamo prima di tutto le numerose contraddizioni interne del testo trasmesso della Prima lettera ai Tessalonicesi: occorrerà seguire il testo e per comodità del lettore lo riporto in fondo al post, per chi volesse verificare.
La lettera è firmata (all’inizio, come si usava nell’antica Roma) Paolo, Silvano e Timòteo, quindi si tratterebbe di una lettera collettiva, ma vi sono dei bruschi passaggi alla prima persona singolare, dove parlerebbe Paolo direttamente.
E’ molto difficile pensare che questo possa essere nell’originale, se non altro per una forma di riguardo di Paolo verso i suoi due compagni.
Questi passaggi sono evidenziati nel testo in appendice in neretto.
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Al v. 2,18 vi è la prima brusca svolta nella struttura narrativa, da esaminare:
“Perciò abbiamo desiderato una volta, anzi due volte, proprio io Paolo, di venire da voi”.
si tratta della semplice ripetizione del concetto appena espresso al v. 2, 17:
“Quanto a noi, fratelli, dopo poco tempo che eravamo separati da voi, di persona ma non col cuore, eravamo nell’impazienza di rivedere il vostro volto, tanto il nostro desiderio era vivo”.
In realtà è facile accorgersi che la prima persona è posticcia, affidata ad un semplice inciso, mal collegato sintatticamente al testo, oltretutto, e che può essere eliminato senza troppo disagio: “proprio io Paolo”. E’ facile anche rendersi conto però che l’intero versetto 18 è posticcio: anzi ha tutta l’aria di una glossa, cioè di un commento, poi inserito nel testo: la funzione del commento è proprio quella di spiegare e di sciogliere le contraddizioni evidenti.
Se infatti leggiamo i due capoversi immediatamente precedente e successivo di seguito, ci accorgiamo di una unità argomentativa ristabilita:
[17] Quanto a noi, fratelli, dopo poco tempo che eravamo separati da voi, di persona ma non col cuore, eravamo nell’impazienza di rivedere il vostro volto, tanto il nostro desiderio era vivo.
[19] Chi infatti, se non proprio voi, potrebbe essere la nostra speranza, la nostra gioia e la corona di cui ci possiamo vantare, davanti al Signore nostro Gesù, nel momento della sua venuta?
Non solo: ci accorgiamo di un punto importante, che nella rielaborazione viene messo piuttosto in ombra: gli autori danno per scontato che la venuta di Jeshu (il significato del nome è “Dio salva”) avvenga durante la loro vita.
E’ proprio il punto oggetto della polemica della Seconda Lettera ai Tessalonicesi, 2, 1-2:
(…) Vi preghiamo, o fratelli, [2] di non lasciarvi così facilmente turbare lo spirito né allarmare (…) da qualche falsa lettera fatta circolare sotto il mio nome”.
Dato che proprio questo tema è ampiamente trattato in una sezione della Prima Lettera (4,13 – 5,11) il riferimento polemico è evidente ed innegabile.
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A margine va dunque sottolineato un particolare molto importante: che sono le Lettere di Paulus stesso ad attestare l’esistenza di lettere false attribuite a lui, a volte rinfacciandosi reciprocamente la falsità, perfino quelle che sono comprese nella stessa raccolta!
Non è neppure azzardato pensare che tutte lo siano…, opere di falsari diversi in guerra fra loro.
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Ma, tornando alla formula “una volta, anzi due volte”, essa è altamente sospetta.
Che senso ha dire che si è desiderato tornare a Tessalonica “due volte”, se non perché si considera principalmente come manifestazione di questo desiderio la scrittura di una lettera, anzi di due?
Quindi questa espressione sembra scritta per giustificare a posteriori l’esistenza di una seconda lettera, ampiamente simile alla prima, pur se in polemica diretta con essa.
Ma è impossibile pensare che chi scrive la prima lettera sappia già dell’esistenza anche della seconda!
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Tutto fa pensare, quindi, che questi inserti siano frutto di una interpolazione finale ad opera di chi ha assemblato nella stessa raccolta le due versioni della stessa Lettera ai Tessalonicesi in contrasto fra loro e di due mani diverse.
Quanto a stabilire che la mano autrice della Prima sia proprio quella di Paulus, cioè dell’autore delle altre lettere, occorrono altre argomentazioni; è la Seconda, considerata unanimemente apocrifa, che peraltro si conclude con queste parole scientemente false (3,17):
Il saluto è di mio pugno, di me Paolo: esso è il segno che distingue ogni mia lettera. Io scrivo così.
Una chiusura simile è, del resto, nella Lettera ai Colossesi, altrettanto dubbia (4, 18):
Il saluto l’ho scritto io, Paolo, di mio pugno.
Non ci sarebbe motivo di insistere tanto su queste formule se non ci fossero dei dubbi diffusi già tra i contemporanei sull’autenticità delle lettere stesse, la cui falsificazione, evidentemente, era diventata una moda.
A conclusione della Lettera ai Romani si legge, invece (16, 22):
Vi saluto nel Signore anche io, Terzo, che ho scritto questa lettera.
Terzo: un copista?
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Subito dopo riprende la prima persona plurale, ma al cap. 3, 5 ricompare la prima persona:
“Per questo, non potendo più resistere, mandai a prendere notizie sulla vostra fede, per timore che il tentatore vi avesse tentati e così diventasse vana la nostra fatica”.
Si tratta di nuovo di una glossa inserita nel testo, ad opera della stessa mano che ha agito sul passo precedente!
Anche qui il versetto ripete, modificandone il senso complessivo, quanto detto nei versetti precedenti; e infatti la formula introduttiva di questo passo è identica all’inizio di cap. 3,1, come a dimostrare che si tratta di un rifacimento successivo.
Ed è comune col passo precedente anche il riferimento a Satana, al tentatore, che è poi il concetto principale che viene introdotto e che mancava nell’originale: una specie di firma del falsario, che autorizza a pensare opera della stessa mano tutti i riferimenti di questo genere che si trovano nel corpo delle lettere.
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Dopo questo secondo inserimento di una manipolazione dove Paulus scriverebbe al singolare, riprende la prima persona plurale; però stranamente in un nuovo passaggio (4,9) ricompare nel testo la prima singolare:
Riguardo all’amore fraterno, non avete bisogno che ve ne scriva; voi stessi infatti avete imparato da Dio ad amarvi gli uni gli altri.
Si può pensare ad una interpolazione breve, di poche parole, da eliminare arrivando al seguente testo originale:
Riguardo all’amore fraterno, voi stessi avete imparato da Dio ad amarvi gli uni gli altri.
Ma anche in questo caso è più facile pensare che l’interpolazione si estenda all’intero versetto.
Anzi, in questo caso, l’interpolazione comprende in modo evidente tutto l’ampio passo successivo (4,10-5,11) dedicato ai tempi della venuta dal cielo di Jeshu (che è poi l’oggetto della polemica della Seconda Lettera ai Tessalonicesi, come sopra accennato):
Si nota bene infatti il suo carattere di intrusione posticcia, dato che eliminandolo si ristabilisce una linearità argomentativa che questa divagazione interrompe:
4, 7 Dio non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione. [8] Perciò chi disprezza queste norme non disprezza un uomo, ma Dio stesso, che vi dona il suo Santo Spirito. 5, 12 Vi preghiamo poi, fratelli, di aver riguardo per quelli che faticano tra di voi, che vi sono preposti nel Signore e vi ammoniscono; [13] trattateli con molto rispetto e carità, a motivo del loro lavoro. Vivete in pace tra voi.
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Ma la formula “non avete bisogno che ve ne scriva; infatti” ritorna, assolutamente identica, poco dopo:
5, 1 Riguardo poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; [2] infatti voi ben sapete che come un ladro di notte, così verrà il giorno del Signore.
Occorre quindi pensare che anche il passo che segue, sempre sul tema della venuta di Jeshu, sia una nuova interpolazione, probabilmente sempre della stessa mano, se non avvenuta in un momento ancora ulteriore.
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L’ultimo riferimento in prima persona singolare si trova quasi alla conclusione:
5, 27 Vi scongiuro, per il Signore, che si legga questa lettera a tutti i fratelli.
A conferma del carattere che si suol definire pastorale di questi testi, destinati ad una lettura pubblica.
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A questo punto si possono affrontare le altre incongruenze del testo, propriamente narrative, che hanno dato luogo ad infinite discussioni:
[1] Per questo, non potendo più resistere, abbiamo deciso di restare soli ad Atene [2] e abbiamo inviato Timòteo.
Timoteo, che sottoscrive la lettera, qui parla di sé in terza persona? E invia se stesso ai Tessalonicesi?
Ma al cap. 3,6 ricompare Timoteo in terza persona:
[6] Ma ora che è tornato Timòteo, e ci ha portato il lieto annunzio.
È una ripetuta incongruenza narrativa che Timoteo firmi una lettera in cui si parla di lui in terza persona.
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Ma al cap. 2, 6 si legge:
Pur potendo far valere la nostra autorità di apostoli di Cristo.
Anche Silvano e Timoteo erano apostoli di Cristo?
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Altre contraddizioni interne, davvero notevoli:
2 [14] Voi infatti, fratelli, siete diventati imitatori delle Chiese di Dio in Gesù Cristo, che sono nella Giudea, perché avete sofferto anche voi da parte dei vostri connazionali, come loro – le chiese della Giudea – da parte dei Giudei, [15] .
Dunque i fedeli ai quali è indirizzata la lettera sono definiti come pagani convertiti e non come ebrei, in coerenza con 1, 9 dove dice “voi vi siete convertiti dagli idoli a Dio”, individuando chiaramente i destinatari della Lettera.
Ma invece è proprio alla comunità ebraica di Tessalonica che gli Atti affermano si rivolgesse direttamente la predicazione di Paulus (17,2), anche se poi aggiunge che “si unirono a loro una gran moltitudine di Greci, timorati di Dio, e non poche nobili donne”.
ora, come è possibile, in questo contesto, che Paulus attacchi direttamente, subito dopo, con espressioni palesemente razziste, l’intero popolo ebraico?
ecco l’accusa di deicidio: i Giudei, [15] i quali hanno perfino messo a morte il Signore Gesù e i profeti e hanno perseguitato anche noi.
e su questa base una maledizione generale gettata addosso all’intero popolo ebraico:
essi non piacciono a Dio e sono nemici di tutti gli uomini, [16] impedendo a noi di predicare ai pagani perché possano essere salvati.
In tal modo essi colmano la misura dei loro peccati! Ma ormai l’ira è arrivata al colmo sul loro capo.
che cosa poteva giustificare un giudizio così aspro nei vent’anni seguiti dalla morte di Jeshu alla data della presunta composizione di questa lettera?
e quando si accenna all’ira di Dio arrivata al colmo sul capo del popolo ebraico, non è ovvio riconoscere in questa oscura minaccia un’allusione all’esito catastrofico della rivolta ebraica e alla distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C. ?
ma questo, per una mente razionale, sposta ovviamente la composizione stessa della lettera ad un periodo successivo…
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a questo punto occorre tirare le fila delle considerazioni svolte ed eliminare, individuandole bene, le successive manipplazioni del testo originario.
è quello che verrà fatto nei prossimi post.
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PRIMA LETTERA AI TESSALONICESI
1 [1] Paolo, Silvano e Timòteo alla Chiesa dei Tessalonicesi che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo: grazia a voi e pace!
[2] Ringraziamo sempre Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere, continuamente [3] memori davanti a Dio e Padre nostro del vostro impegno nella fede, della vostra operosità nella carità e della vostra costante speranza nel Signore nostro Gesù Cristo.
[4] Noi ben sappiamo, fratelli amati da Dio, che siete stati eletti da lui.
[5] Il nostro vangelo, infatti, non si è diffuso fra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con potenza e con Spirito Santo e con profonda convinzione, come ben sapete che siamo stati in mezzo a voi per il vostro bene.
[6] E voi siete diventati imitatori nostri e del Signore, avendo accolto la parola con la gioia dello Spirito Santo anche in mezzo a grande tribolazione, [7] così da diventare modello a tutti i credenti che sono nella Macedonia e nell’Acaia.
[8] Infatti la parola del Signore riecheggia per mezzo vostro non soltanto in Macedonia e nell’Acaia, ma la fama della vostra fede in Dio si è diffusa dappertutto, di modo che non abbiamo più bisogno di parlarne.
[9] Sono loro infatti a parlare di noi, dicendo come noi siamo venuti in mezzo a voi e come vi siete convertiti a Dio, allontanandovi dagli idoli, per servire al Dio vivo e vero [10] e attendere dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, Gesù, che ci libera dall’ira ventura.
2 [1] Voi stessi infatti, fratelli, sapete bene che la nostra venuta in mezzo a voi non è stata vana.
[2] Ma dopo avere prima sofferto e subìto oltraggi a Filippi, come ben sapete, abbiamo avuto il coraggio nel nostro Dio di annunziarvi il vangelo di Dio in mezzo a molte lotte.
[3] E il nostro appello non è stato mosso da volontà di inganno, né da torbidi motivi, né abbiamo usato frode alcuna; [4] ma come Dio ci ha trovati degni di affidarci il vangelo così lo predichiamo, non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio, che prova i nostri cuori.
[5] Mai infatti abbiamo pronunziato parole di adulazione, come sapete, né avuto pensieri di cupidigia: Dio ne è testimone.
[6] E neppure abbiamo cercato la gloria umana, né da voi né da altri, pur potendo far valere la nostra autorità di apostoli di Cristo.
[7] Invece siamo stati amorevoli in mezzo a voi come una madre nutre e ha cura delle proprie creature.
[8] Così affezionati a voi, avremmo desiderato darvi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari.
[9] Voi ricordate infatti, fratelli, la nostra fatica e il nostro travaglio: lavorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno vi abbiamo annunziato il vangelo di Dio.
[10] Voi siete testimoni, e Dio stesso è testimone, come è stato santo, giusto, irreprensibile il nostro comportamento verso di voi credenti; [11] e sapete anche che, come fa un padre verso i propri figli, abbiamo esortato ciascuno di voi, [12] incoraggiandovi e scongiurandovi a comportarvi in maniera degna di quel Dio che vi chiama al suo regno e alla sua gloria.
[13] Proprio per questo anche noi ringraziamo Dio continuamente, perché, avendo ricevuto da noi la parola divina della predicazione, l’avete accolta non quale parola di uomini, ma, come è veramente, quale parola di Dio, che opera in voi che credete.
[14] Voi infatti, fratelli, siete diventati imitatori delle Chiese di Dio in Gesù Cristo, che sono nella Giudea, perché avete sofferto anche voi da parte dei vostri connazionali come loro da parte dei Giudei, [15] i quali hanno perfino messo a morte il Signore Gesù e i profeti e hanno perseguitato anche noi; essi non piacciono a Dio e sono nemici di tutti gli uomini, [16] impedendo a noi di predicare ai pagani perché possano essere salvati. In tal modo essi colmano la misura dei loro peccati! Ma ormai l’ira è arrivata al colmo sul loro capo.
[17] Quanto a noi, fratelli, dopo poco tempo che eravamo separati da voi, di persona ma non col cuore, eravamo nell’impazienza di rivedere il vostro volto, tanto il nostro desiderio era vivo.
[18] Perciò abbiamo desiderato una volta, anzi due volte, proprio io Paolo, di venire da voi, ma satana ce lo ha impedito.
[19] Chi infatti, se non proprio voi, potrebbe essere la nostra speranza, la nostra gioia e la corona di cui ci possiamo vantare, davanti al Signore nostro Gesù, nel momento della sua venuta?
[20] Siete voi la nostra gloria e la nostra gioia.
3 [1] Per questo, non potendo più resistere, abbiamo deciso di restare soli ad Atene [2] e abbiamo inviato Timòteo, nostro fratello e collaboratore di Dio nel vangelo di Cristo, per confermarvi ed esortarvi nella vostra fede, [3] perché nessuno si lasci turbare in queste tribolazioni. Voi stessi, infatti, sapete che a questo siamo destinati; [4] gia quando eravamo tra voi, vi preannunziavamo che avremmo dovuto subire tribolazioni, come in realtà è accaduto e voi ben sapete.
[5] Per questo, non potendo più resistere, mandai a prendere notizie sulla vostra fede, per timore che il tentatore vi avesse tentati e così diventasse vana la nostra fatica.
[6] Ma ora che è tornato Timòteo, e ci ha portato il lieto annunzio della vostra fede, della vostra carità e del ricordo sempre vivo che conservate di noi, desiderosi di vederci come noi lo siamo di vedere voi, [7] ci sentiamo consolati, fratelli, a vostro riguardo, di tutta l’angoscia e tribolazione in cui eravamo per la vostra fede; [8] ora, sì, ci sentiamo rivivere, se rimanete saldi nel Signore.
[9] Quale ringraziamento possiamo rendere a Dio riguardo a voi, per tutta la gioia che proviamo a causa vostra davanti al nostro Dio, [10] noi che con viva insistenza, notte e giorno, chiediamo di poter vedere il vostro volto e completare ciò che ancora manca alla vostra fede?
[11] Voglia Dio stesso, Padre nostro, e il Signore nostro Gesù dirigere il nostro cammino verso di voi!
[12] Il Signore poi vi faccia crescere e abbondare nell’amore vicendevole e verso tutti, come anche noi lo siamo verso di voi, [13] per rendere saldi e irreprensibili i vostri cuori nella santità, davanti a Dio Padre nostro, al momento della venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi.
4 [1] Per il resto, fratelli, vi preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù: avete appreso da noi come comportarvi in modo da piacere a Dio, e così già vi comportate; cercate di agire sempre così per distinguervi ancora di più.
[2] Voi conoscete infatti quali norme vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù.
[3] Perché questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione: che vi asteniate dalla impudicizia, [4] che ciascuno sappia mantenere il proprio corpo con santità e rispetto, [5] non come oggetto di passioni e libidine, come i pagani che non conoscono Dio; [6] che nessuno offenda e inganni in questa materia il proprio fratello, perché il Signore è vindice di tutte queste cose, come già vi abbiamo detto e attestato.
[7] Dio non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione.
[8] Perciò chi disprezza queste norme non disprezza un uomo, ma Dio stesso, che vi dona il suo Santo Spirito.
[9] Riguardo all’amore fraterno, non avete bisogno che ve ne scriva; voi stessi infatti avete imparato da Dio ad amarvi gli uni gli altri, [10] e questo voi fate verso tutti i fratelli dell’intera Macedonia. Ma vi esortiamo, fratelli, a farlo ancora di più [11] e a farvi un punto di onore: vivere in pace, attendere alle cose vostre e lavorare con le vostre mani, come vi abbiamo ordinato, [12] al fine di condurre una vita decorosa di fronte agli estranei e di non aver bisogno di nessuno.
[13] Non vogliamo poi lasciarvi nell’ignoranza, fratelli, circa quelli che sono morti, perché non continuiate ad affliggervi come gli altri che non hanno speranza.
[14] Noi crediamo infatti che Gesù è morto e risuscitato; così anche quelli che sono morti, Dio li radunerà per mezzo di Gesù insieme con lui.
[15] Questo vi diciamo sulla parola del Signore: noi che viviamo e saremo ancora in vita per la venuta del Signore, non avremo alcun vantaggio su quelli che sono morti.
[16] Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; [17] quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nuvole, per andare incontro al Signore nell’aria, e così saremo sempre con il Signore.
[18] Confortatevi dunque a vicenda con queste parole.
5 [1] Riguardo poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; [2] infatti voi ben sapete che come un ladro di notte, così verrà il giorno del Signore.
[3] E quando si dirà: “Pace e sicurezza”, allora d’improvviso li colpirà la rovina, come le doglie una donna incinta; e nessuno scamperà.
[4] Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, così che quel giorno possa sorprendervi come un ladro: [5] voi tutti infatti siete figli della luce e figli del giorno; noi non siamo della notte, né delle tenebre.
[6] Non dormiamo dunque come gli altri, ma restiamo svegli e siamo sobrii.
[7] Quelli che dormono, infatti, dormono di notte; e quelli che si ubriacano, sono ubriachi di notte.
[8] Noi invece, che siamo del giorno, dobbiamo essere sobri, rivestiti con la corazza della fede e della carità e avendo come elmo la speranza della salvezza.
[9] Poiché Dio non ci ha destinati alla sua collera ma all’acquisto della salvezza per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo, [10] il quale è morto per noi, perché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui.
[11] Perciò confortatevi a vicenda edificandovi gli uni gli altri, come già fate.
[12] Vi preghiamo poi, fratelli, di aver riguardo per quelli che faticano tra di voi, che vi sono preposti nel Signore e vi ammoniscono; [13] trattateli con molto rispetto e carità, a motivo del loro lavoro. Vivete in pace tra voi.
[14] Vi esortiamo, fratelli: correggete gli indisciplinati, confortate i pusillanimi, sostenete i deboli, siate pazienti con tutti.
[15] Guardatevi dal rendere male per male ad alcuno; ma cercate sempre il bene tra voi e con tutti.
[16] State sempre lieti, [17] pregate incessantemente, [18] in ogni cosa rendete grazie; questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.
[19] Non spegnete lo Spirito, [20] non disprezzate le profezie; [21] esaminate ogni cosa, tenete ciò che è buono.
[22] Astenetevi da ogni specie di male.
[23] Il Dio della pace vi santifichi fino alla perfezione, e tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo.
[24] Colui che vi chiama è fedele e farà tutto questo!
[25] Fratelli, pregate anche per noi.
[26] Salutate tutti i fratelli con il bacio santo.
[27] Vi scongiuro, per il Signore, che si legga questa lettera a tutti i fratelli.
[28] La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con voi.
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