la notte è inquieta: mi sono messo d’accordo, due giorni fa, col tassista che mi ha portato qui a Denggigi dall’approdo del traghetto di Lombar – fin dal momento dello sbarco per avere la certezza assoluta di riuscire a tornare -, perché venisse a prendermi in tempo per arrivare all’aeroporto di Mataram, il capoluogo di Lombok.
l’imbarco è previsto per prima delle 6 e questo orario antelucano è quello che spiega il prezzo modestissimo del volo di due ore per Jakarta: 70 euro.
chissà dove credevo di finire: tra i selvaggi? Senggigi è una località turistica, (molto più vivace oggi, tra l’altro, di come la descrive la guida della Lonely Planet di qualche anno fa) e pullula di agenzie di viaggio che offrono servizi simili; la stessa Sonya Homestay poteva organizzarmi il viaggio.
il prezzo che mi ha richiesto il tassista è stato inoltre esoso, ma io non ho fiatato, quasi per ricambiarlo della cifra irrisoria che mi era costato arrivare fino a qui.
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il tassista ha calcolato che una partenza all’una fosse l’anticipo necessario, ed io già dall’una meno 10 minuti sono sulla strada che aspetto, col troller, in preda all’ansia, dato che purtroppo sono un tipo molto nevrotico: questa mia ansia è molto utile (per gli altri) quando si traduce in senso del dovere e perfezionismo personale sul lavoro; fastidiosissima, una vera zavorra, per non dire una maledizione, quando viene a colpire anche i momenti di svago.
insomma, il fatto di riuscire in due ore di volo a riattraversare tutta l’Indonesia, che ho messo venti giorni a percorrere via terra, non mi convince del tutto: io poi sono – a sentire me – uno sfigato, un pasticcione (pensate che ho provato a partire da Malpensa con 12 ore di anticipo, leggendo male l’orario dell’aereo!) ed è sempre e soltanto un miracolo che riesca a cavarmela, organizzandomi i viaggi più inverosimili da solo e uscendone sempre vivo… (secondo me).
però, intanto che mi faccio tutti questi ragionamenti, l’una è passata e del tassista non si vede traccia; ovviamente avevo telefonato ansiosamente all’agenzia nel pomeriggio e mi ero fatto dare un numero di telefono; chiamo, ma il cellulare è disattivato.
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sarà l’una e un quarto che un taxi si profila sulla strada: corro verso di lui e salgo direttamente, non sono in grado di riconoscere se il tassista è quello di due giorni prima, ma dal nostro dialogo in un inglese immaginario, tanto il mio che il suo, capisco che non è lui.
lui del resto mi chiede stupito perché mai ho bisogno di un tassista per andare all’aeroporto: tra un’ora e mezza parte l’autobus di linea e mi mostra da dove.
oramai io però sono in preda al panico: secondo me l’autobus di linea non arriverà comunque mai in tempo per le complesse operazioni di imbarco e con l’avanzare della notte anche i taxi spariranno dalle strade: che fare?
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cammino su e giù disperato, anche perché effettivamente non passano più altri taxi, e allargando il giro del mio inquieto vagare, passo davanti ad una normalissima auto dove c’è un uomo che dorme, ma è come se magicamente sentisse le ondate della mia ansia che escono dal mio corpo, perché si riscuote, si stropiccia gli occhi, si alza, apre la portiera sorridendo.
è lui! il mio autista, adesso lo riconosco, mentre bofonchia, sorry, di essere arrivato troppo presto (anche lui!) e di essersi addormentato…
va be’, sbrighiamoci, è già l’una e trenta: carico il troller e si parte.
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il percorso è straordinariamente scorrevole e sorprendentemente breve: alle 2:30 siamo già davanti all’ingresso dell’aeroporto.
sbarrato, sbarratissimo.
c’è solo un custode ad una guardiola, a forse un km, un km e mezzo, dall’edificio, che si vede in fondo ad un lungo viale che fa una larga curva.
non importa, dico al tassista e al custode, se lui non può entrare, me la faccio anche a piedi.
eh no, non si può, dice il guardiano: motivi di sicurezza: diversi viaggiatori sono stati rapinati di notte mentre facevano quel tratto, e per questo adesso l’aeroporto di notte è chiuso: bisogna aspettare le 4 quando aprirà.
e allora io che faccio?
guardiano e tassista parlottano un po’, poi il tassista mi dice che, con una piccola mancia, il custode mi lascerà distendermi su una panca in una della guardiole.
affare fatto, e così ecco che mi godo la notte tropicale, i furgoni che vanno e vengono con le loro merci, entrando tanto non verranno rapinati loro, alla fine ecco anche l’autobus da Senggigi, che arriva alle 4 in punto ed entra…
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e dietro di lui ecco bortocal, col suo troller, che si fa a piedi, vispo e pieno di tosse, il vialone, che dalle 4 in poi è ufficialmente sicuro, dicono.
ma l’aeroporto vero e proprio è chiuso ancora e non aprirà prima delle 5: non rimane che risistemarsi lì fuori, con altri viaggiatori, ed imbarcarsi veloci al momento giusto.
a Jakarta si arriva alle 8 di mattina: mi immaginavo un volo spettacolare dal punto di vista dei panorami, ma la foschia del mattina nasconde tutto, come sa chi ha già visto il video numero 1.
sembrano passati anni, non tre settimane, vero?
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invece il video che aggiungo adesso è fatto, come il prossimo, che sarà davvero l’ultimo, con alcuni materiali che per la maggior parte non ho già utilizzato, tranne quelli già usati nel video dedicato allo spettacolare alberghetto di Padangbai.
sono le foto di quasi tutti gli hotel in cui sono stato (manca all’appello soltanto quello davvero orribile di Cirebon) e di qualche pasto al ristorante o altrove.
immagini che non potevano entrare di solito nei video già montati e che hanno, credo, un significato affettivo quasi soltanto per me.
però sono anche (come sarà il prossimo video) un modo di riepilogare il viaggio.
* * *
a febbraio, chiudendo il ciclo dei video birmani, montai delle sintesi più brevi ed efficaci del ricco materiale già pubblicato, ma lo feci in vista di una presentazione pubblica, che per il viaggio indonesiano non è prevista.
quindi questo riassunto basta e avanza:
Mekar, West Giava, 21/22 e 25/26 aprile
Kalianda, Sumatra, 22/23 e 24/25 aprile
Krakatau, all’addiaccio, 23/24 aprile
Bogor, West Giava, 26/27 aprile
Cirebon, West Giava, (manca)
Yogyakarta, Central Giava, 28/30 aprile
Borobudur, Central Giava, 30 aprile/2 maggio
Dieng Plateau, Central Giava, 2/3 maggio
Semarang, Central Giava, 3/5 maggio
Surabaya, East Giava, 5/6 maggio
Bromo, East Giava, 6/8 maggio
Denpasar, Bali, 8/9 maggio
Padangbai, Bali, 9/10 maggio
Senggigi, Lombok, 10/12 maggio
e scusate se è poco!
ecco.
una differenza c’è nei nostri viaggi, Bort.
gli alberghi.
bisogna tener anche conto che io ero una giovanissima/issima donna e quindi… una sera sola, per un disguido, mi sono fermata a dormire in un alberghetto. meglio glissare su quella esperienza che, comunque, a me è servita tantissimo.
poi non viaggiavo da sola.
c’è tanto di visto in questo tuo video che rivedo nei miei occhi.
una stella o cinque stelle lusso o sette… gli alberi sono sempre gli stessi e non solo gli alberi…
ho risentito gli odori.
sorrido
gb
parlavo dell’Asia in generale.
non credo che una donna sola, giovane ma anche no, potrebbe ripetere il mio modo di viaggiare.
tuttavia mi è piaciuta questa ultima carrellata per mostrare la dignità, quasi sempre, di questi alberghetti, perlopiù familiari, dove dormi al massimo con 10 euro a notte.
ho avuto occasioni di vivere in grandi hotel, quando mi sono mosso per motivi di lavoro: in quel caso ero quasi obbligato, inoltre non li pagavo io…, però, sinceramente, non farei cambio: il clima di un piccolo albergo è molto più intimo e autentico…
però immagino che nostalgia possano produrre queste immagini dei tropici se è da molto che non ci vai…
nostalgia e molto altro…
sorrido.
è l’unico modo per affrontare ciò che provo.
gb
se sorridere sia il solo modo di affrontare qualcosa che assomiglia ad un dolore, questo lo puoi sapere solo tu… 😦
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