la prefeRenza: nuova legge elettorale concordata con i golpisti – 44.

illimitata compressione della rappresentatività dell’assemblea parlamentare;

compressione dell’eguale diritto di voto;

alterazione profonda della composizione della rappresentanza democratica;

privazione dell’elettore di ogni margine di scelta dei propri rappresentanti, scelta che è totalmente rimessa ai partiti;

coartazione della libertà di scelta degli elettori nell’elezione dei propri rappresentanti in Parlamento, che costituisce una delle principali espressioni della sovranità popolare;

contraddizione del principio democratico, incidendo sulla stessa libertà del voto.

le espressioni usate dalla Corte Costituzionale nel valutare la legge elettorale voluta  da Berlusconi nel 2005 e nel cancellarne gli aspetti caratterizzanti (premio di maggioranza e mancanza di preferenze) sono di una pesantezza inaudita e dovrebbero contare come macigni sulla valutazione della sua figura politica.

in poche parole quella legge fu un golpe parlamentare contro la Costituzione, per nulla contrastato dall’opposizione.

quel che per anni ha ripetuto una minoranza sparuta di persone che pensano con la propria testa (ma c’è qualche altro modo di pensare), ora viene ribadito con l’autorevolezza del garante supremo della nostra vita politica.

chi ha annullato la scheda per anni scrivendo “NON VOTO IN ELEZIONI INCOSTITUZIONALI” aveva ragione.

* * *

ci si potrebbe aspettare, logicamente, adesso che l’autore di tale colpo di stato, per giunta condannato per un grave reato ed escluso dalla vita politica per la legge contro la corruzione, fosse emarginato dall’intervenire ulteriormente su una questione sulla quale ha agito per ferire la democrazia e i diritti dei cittadini: sì, questo sarebbe semplicemente logico e pulito.

invece che cosa succede? che il segretario arruffone del Partito Democratico, certo signor Renzi, ha deciso di trattare la prossima legge elettorale esattamente con lo stesso signore che ha già attentato alla costituzione e alla democrazia in questo come in mille altre decisioni, per vent’anni.

notate bene la prefeRenza: la tratta con lui, non con chi ha, sia pure naldestramente, difeso la Costituzione in questi anni come il Movimento 5Stelle,

Dio li fa e poi li accompagna, dicevano una volta.

il popolo bue dei demdem non fiata, anzi si ritiene la salvezza del paese.

al di fuori ci sta qualche pazzoide confuso che è l’unico che protesta.

questo, signori, è il quadro esatto della situazione: potete fare a meno di volerla vedere e parlare d’altro quanto vi pare, ma questo paese è senza speranza alcuna.

* * *

con questo post il blogger bortocal si piglia un bel periodo di vacanza e semmai continuerà a parlare, se e quando gliene verrà la voglia, soltanto di viaggi in altri paesi, si suppone.

* * *

ecco una sintesi della sentenza della Corte nei suoi due passaggi fondamentali, sul premio di preferenza alla Camera e sulle preferenze.

in fondo il testo completo di questi due passaggi.

* * *

SINTESI

3.1 Questa Corte ha da tempo ricordato che l’Assemblea Costituente, «pur manifestando, con l’approvazione di un ordine del giorno, il favore per il sistema proporzionale nell’elezione dei membri della Camera dei deputati, non intese irrigidire questa materia sul piano normativo, costituzionalizzando una scelta proporzionalistica o disponendo formalmente in ordine ai sistemi elettorali, la configurazione dei quali resta affidata alla legge ordinaria» (…).

Pertanto, la «determinazione delle formule e dei sistemi elettorali costituisce un ambito nel quale si esprime con un massimo di evidenza la politicità della scelta legislativa» (…).

Il principio costituzionale di eguaglianza del voto (…) esige che l’esercizio dell’elettorato attivo avvenga in condizione di parità (…), ma «non si estende […] al risultato concreto della manifestazione di volontà dell’elettore (…).

Il sistema elettorale, tuttavia (…) non è esente da controllo, essendo sempre censurabile in sede di giudizio di costituzionalità quando risulti manifestamente irragionevole (…).

(…) Con riguardo alle norme della legge elettorale della Camera qui in esame, relative all’attribuzione del premio di maggioranza in difetto del presupposto di una soglia minima di voti o di seggi, (…) alcuni aspetti problematici sono stati ravvisati nella circostanza che il meccanismo premiale è foriero di una eccessiva sovra-rappresentazione della lista di maggioranza relativa, in quanto consente ad una lista che abbia ottenuto un numero di voti anche relativamente esiguo di acquisire la maggioranza assoluta dei seggi.

In tal modo si può verificare in concreto una distorsione fra voti espressi ed attribuzione di seggi che (…) assume una misura tale da comprometterne la compatibilità con il principio di eguaglianza del voto (…).

Tali disposizioni, infatti, non superano lo scrutinio di proporzionalità e di ragionevolezza, al quale soggiacciono anche le norme inerenti ai sistemi elettorali. (…)

Il test di proporzionalità utilizzato da questa Corte come da molte delle giurisdizioni costituzionali europee, spesso insieme con quello di ragionevolezza (…) richiede di valutare se la norma oggetto di scrutinio (…) sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi legittimamente perseguiti (…).

Nella specie, le suddette condizioni non sono soddisfatte.

Le disposizioni censurate sono dirette ad agevolare la formazione di una adeguata maggioranza parlamentare, allo scopo di garantire la stabilità del governo del Paese e di rendere più rapido il processo decisionale, ciò che costituisce senz’altro un obiettivo costituzionalmente legittimo.

Questo obiettivo è perseguito mediante un meccanismo premiale (…), il meccanismo premiale garantisce l’attribuzione di seggi aggiuntivi (fino alla soglia dei 340 seggi) a quella lista o coalizione di liste che abbia ottenuto anche un solo voto in più delle altre (…).

Le disposizioni censurate non si limitano, tuttavia, ad introdurre un correttivo (…), in vista del legittimo obiettivo di favorire la formazione di stabili maggioranze parlamentari e quindi di stabili governi, ma rovesciano la ratio della formula elettorale prescelta dallo stesso legislatore del 2005, che è quella di assicurare la rappresentatività dell’assemblea parlamentare.

In tal modo, dette norme producono una eccessiva divaricazione tra la composizione dell’organo della rappresentanza politica (…) e la volontà dei cittadini espressa attraverso il voto (…)

Esse consentono una illimitata compressione della rappresentatività dell’assemblea parlamentare, incompatibile con i principi costituzionali in base ai quali le assemblee parlamentari (…) si fondano sull’espressione del voto e quindi della sovranità popolare (…).

Il meccanismo di attribuzione del premio di maggioranza (…) è pertanto tale da determinare un’alterazione del circuito democratico definito dalla Costituzione, basato sul principio fondamentale di eguaglianza del voto (…).

Esso, infatti, pur non vincolando il legislatore ordinario alla scelta di un determinato sistema, esige comunque che ciascun voto contribuisca potenzialmente e con pari efficacia alla formazione degli organi elettivi (sentenza n. 43 del 1961) ed assume sfumature diverse in funzione del sistema elettorale prescelto.

In ordinamenti costituzionali omogenei a quello italiano, nei quali pure è contemplato detto principio e non è costituzionalizzata la formula elettorale, il giudice costituzionale ha espressamente riconosciuto, da tempo, che, qualora il legislatore adotti il sistema proporzionale, anche solo in modo parziale, esso genera nell’elettore la legittima aspettativa che non si determini uno squilibrio sugli effetti del voto, e cioè una diseguale valutazione del “peso” del voto “in uscita”, ai fini dell’attribuzione dei seggi, che non sia necessaria ad evitare un pregiudizio per la funzionalità dell’organo parlamentare (…).

Le norme censurate, pur perseguendo un obiettivo di rilievo costituzionale, qual è quello della stabilità del governo del Paese e dell’efficienza dei processi decisionali nell’ambito parlamentare, dettano una disciplina che (…) determina una compressione della funzione rappresentativa dell’assemblea, nonché dell’eguale diritto di voto, eccessiva e tale da produrre un’alterazione profonda della composizione della rappresentanza democratica, sulla quale si fonda l’intera architettura dell’ordinamento costituzionale vigente.

Deve, quindi, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 83, comma 1, n. 5, e comma 2, del d.P.R. n. 361 del 1957.

5.1

(…) In questo quadro, le disposizioni censurate, nello stabilire che il voto espresso dall’elettore (…) è un voto per la scelta della lista, escludono ogni facoltà dell’elettore di incidere sull’elezione dei propri rappresentanti, la quale dipende (…) dall’ordine di presentazione dei candidati nella stessa, ordine di presentazione che è sostanzialmente deciso dai partiti.

La scelta dell’elettore, in altri termini, si traduce in un voto di preferenza esclusivamente per la lista (…).

Una simile disciplina priva l’elettore di ogni margine di scelta dei propri rappresentanti, scelta che è totalmente rimessa ai partiti.

A tal proposito, questa Corte ha chiarito che le funzioni attribuite ai partiti politici dalla legge ordinaria (…) devono (…) essere preordinate ad agevolare la partecipazione alla vita politica dei cittadini (…).

La circostanza che il legislatore abbia lasciato ai partiti il compito di indicare l’ordine di presentazione delle candidature non lede in alcun modo la libertà di voto del cittadino: a condizione che quest’ultimo sia «pur sempre libero e garantito nella sua manifestazione di volontà, sia nella scelta del raggruppamento che concorre alle elezioni, sia nel votare questo o quel candidato incluso nella lista prescelta, attraverso il voto di preferenza» (sentenza n. 203 del 1975).

Nella specie, tale libertà risulta compromessa (…).

In definitiva, è la circostanza che alla totalità dei parlamentari eletti, senza alcuna eccezione, manca il sostegno della indicazione personale dei cittadini, che ferisce la logica della rappresentanza consegnata nella Costituzione.

Simili condizioni di voto, che impongono al cittadino, scegliendo una lista, di scegliere in blocco anche tutti i numerosi candidati in essa elencati, che non ha avuto modo di conoscere e valutare e che sono automaticamente destinati, in ragione della posizione in lista, a diventare deputati o senatori, rendono la disciplina in esame (…) tale da alterare per l’intero complesso dei parlamentari il rapporto di rappresentanza fra elettori ed eletti.

Anzi, impedendo che esso si costituisca correttamente e direttamente, coartano la libertà di scelta degli elettori nell’elezione dei propri rappresentanti in Parlamento, che costituisce una delle principali espressioni della sovranità popolare, e pertanto contraddicono il principio democratico, incidendo sulla stessa libertà del voto di cui all’art. 48 Cost. (sentenza n. 16 del 1978).

Deve, pertanto, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 4, comma 2, e 59 del d.P.R. n. 361 del 1957, nonché dell’art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 533 del 1993, nella parte in cui non consentono all’elettore di esprimere una preferenza per i candidati, al fine di determinarne l’elezione.

* * *

TESTO COMPLETO (in corsivo le parti omesse nella sintesi)

3.1 Questa Corte ha da tempo ricordato che l’Assemblea Costituente, «pur manifestando, con l’approvazione di un ordine del giorno, il favore per il sistema proporzionale nell’elezione dei membri della Camera dei deputati, non intese irrigidire questa materia sul piano normativo, costituzionalizzando una scelta proporzionalistica o disponendo formalmente in ordine ai sistemi elettorali, la configurazione dei quali resta affidata alla legge ordinaria» (sentenza n. 429 del 1995).

Pertanto, la «determinazione delle formule e dei sistemi elettorali costituisce un ambito nel quale si esprime con un massimo di evidenza la politicità della scelta legislativa»  (sentenza n. 242 del 2012; ordinanza n. 260 del 2002; sentenza n. 107 del 1996).

Il principio costituzionale di eguaglianza del voto – ha inoltre rilevato questa Corte – esige che l’esercizio dell’elettorato attivo avvenga in condizione di parità, in quanto «ciascun voto contribuisce potenzialmente e con pari efficacia alla formazione degli organi elettivi» (sentenza n. 43 del 1961), ma «non si estende […] al risultato concreto della manifestazione di volontà dell’elettore […] che dipende […] esclusivamente dal sistema che il legislatore ordinario, non avendo la Costituzione disposto al riguardo, ha adottato per le elezioni politiche e amministrative, in relazione alle mutevoli esigenze che si ricollegano alle consultazioni popolari» (sentenza n. 43 del 1961).

Non c’è, in altri termini, un modello di sistema elettorale imposto dalla Carta costituzionale, in quanto quest’ultima lascia alla discrezionalità del legislatore la scelta del sistema che ritenga più idoneo ed efficace in considerazione del contesto storico.

Il sistema elettorale, tuttavia, pur costituendo espressione dell’ampia discrezionalità legislativa, non è esente da controllo, essendo sempre censurabile in sede di giudizio di costituzionalità quando risulti manifestamente irragionevole (sentenze n. 242 del 2012 e n. 107 del 1996; ordinanza n. 260 del 2002).

Nella specie, proprio con riguardo alle norme della legge elettorale della Camera qui in esame, relative all’attribuzione del premio di maggioranza in difetto del presupposto di una soglia minima di voti o di seggi, questa Corte, pur negando la possibilità di sindacare in sede di giudizio di ammissibilità del referendum abrogativo profili di illegittimità costituzionale, in particolare attinenti alla ragionevolezza delle predette norme, ha già segnalato l’esigenza che il Parlamento consideri con attenzione alcuni profili di un simile meccanismo. Alcuni aspetti problematici sono stati ravvisati nella circostanza che il meccanismo premiale è foriero di una eccessiva sovra-rappresentazione della lista di maggioranza relativa, in quanto consente ad una lista che abbia ottenuto un numero di voti anche relativamente esiguo di acquisire la maggioranza assoluta dei seggi.

In tal modo si può verificare in concreto una distorsione fra voti espressi ed attribuzione di seggi che, pur essendo presente in qualsiasi sistema elettorale, nella specie assume una misura tale da comprometterne la compatibilità con il principio di eguaglianza del voto (sentenze n. 15 e n. 16 del 2008).

Successivamente, questa Corte, stante l’inerzia del legislatore, ha rinnovato l’invito al Parlamento a considerare con attenzione i punti problematici della disciplina, così come risultante dalle modifiche introdotte con la legge n. 270 del 2005, ed ha nuovamente sottolineato i profili di irrazionalità segnalati nelle precedenti occasioni sopra ricordate, insiti nell’«attribuzione dei premi di maggioranza senza la previsione di alcuna soglia minima di voti e/o di seggi» (sentenza n. 13 del 2012); profili ritenuti, tuttavia, insindacabili in una sede diversa dal giudizio di legittimità costituzionale.

Gli stessi rilievi, nella perdurante inerzia del legislatore ordinario, non possono che essere ribaditi e, conseguentemente, devono ritenersi fondate le censure concernenti l’art. 83, comma 1, n. 5, e comma 2, del d.P.R. n. 361 del 1957.

Tali disposizioni, infatti, non superano lo scrutinio di proporzionalità e di ragionevolezza, al quale soggiacciono anche le norme inerenti ai sistemi elettorali.

In ambiti connotati da un’ampia discrezionalità legislativa, quale quello in esame, siffatto scrutinio impone a questa Corte di verificare che il bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato con modalità tali da determinare il sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva e pertanto incompatibile con il dettato costituzionale.

Tale giudizio deve svolgersi «attraverso ponderazioni relative alla proporzionalità dei mezzi prescelti dal legislatore nella sua insindacabile discrezionalità rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare o alle finalità che intende perseguire, tenuto conto delle circostanze e delle limitazioni concretamente sussistenti» (sentenza n. 1130 del 1988).

Il test di proporzionalità utilizzato da questa Corte come da molte delle giurisdizioni costituzionali europee, spesso insieme con quello di ragionevolezza, ed essenziale strumento della Corte di giustizia dell’Unione europea per il controllo giurisdizionale di legittimità degli atti dell’Unione e degli Stati membri, richiede di valutare se la norma oggetto di scrutinio, con la misura e le modalità di applicazione stabilite, sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi legittimamente perseguiti, in quanto, tra più misure appropriate, prescriva quella meno restrittiva dei diritti a confronto e stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi.

Nella specie, le suddette condizioni non sono soddisfatte.

Le disposizioni censurate sono dirette ad agevolare la formazione di una adeguata maggioranza parlamentare, allo scopo di garantire la stabilità del governo del Paese e di rendere più rapido il processo decisionale, ciò che costituisce senz’altro un obiettivo costituzionalmente legittimo.

Questo obiettivo è perseguito mediante un meccanismo premiale destinato ad essere attivato ogniqualvolta la votazione con il sistema proporzionale non abbia assicurato ad alcuna lista o coalizione di liste un numero di voti tale da tradursi in una maggioranza anche superiore a quella assoluta di seggi (340 su 630).

Se dunque si verifica tale eventualità, il meccanismo premiale garantisce l’attribuzione di seggi aggiuntivi (fino alla soglia dei 340 seggi) a quella lista o coalizione di liste che abbia ottenuto anche un solo voto in più delle altre, e ciò pure nel caso che il numero di voti sia in assoluto molto esiguo, in difetto della previsione di una soglia minima di voti e/o di seggi.

Le disposizioni censurate non si limitano, tuttavia, ad introdurre un correttivo (ulteriore rispetto a quello già costituito dalla previsione di soglie di sbarramento all’accesso, di cui al n. 3 ed al n. 6 del medesimo comma 1 del citato art. 83, qui non censurati) al sistema di trasformazione dei voti in seggi «in ragione proporzionale», stabilito dall’art. 1, comma 2, del medesimo d.P.R. n. 361 del 1957, in vista del legittimo obiettivo di favorire la formazione di stabili maggioranze parlamentari e quindi di stabili governi, ma rovesciano la ratio della formula elettorale prescelta dallo stesso legislatore del 2005, che è quella di assicurare la rappresentatività dell’assemblea parlamentare.

In tal modo, dette norme producono una eccessiva divaricazione tra la composizione dell’organo della rappresentanza politica, che è al centro del sistema di democrazia rappresentativa e della forma di governo parlamentare prefigurati dalla Costituzione, e la volontà dei cittadini espressa attraverso il voto, che costituisce il principale strumento di manifestazione della sovranità popolare, secondo l’art. 1, secondo comma, Cost.

In altri termini, le disposizioni in esame non impongono il raggiungimento di una soglia minima di voti alla lista (o coalizione di liste) di maggioranza relativa dei voti; e ad essa assegnano automaticamente un numero anche molto elevato di seggi, tale da trasformare, in ipotesi, una formazione che ha conseguito una percentuale pur molto ridotta di suffragi in quella che raggiunge la maggioranza assoluta dei componenti dell’assemblea.

Risulta, pertanto, palese che in tal modo esse consentono una illimitata compressione della rappresentatività dell’assemblea parlamentare, incompatibile con i principi costituzionali in base ai quali le assemblee parlamentari sono sedi esclusive della «rappresentanza politica nazionale» (art. 67 Cost.), si fondano sull’espressione del voto e quindi della sovranità popolare, ed in virtù di ciò ad esse sono affidate funzioni fondamentali, dotate di «una caratterizzazione tipica ed infungibile» (sentenza n. 106 del 2002), fra le quali vi sono, accanto a quelle di indirizzo e controllo del governo, anche le delicate funzioni connesse alla stessa garanzia della Costituzione (art. 138 Cost.): ciò che peraltro distingue il Parlamento da altre assemblee rappresentative di enti territoriali.

Il meccanismo di attribuzione del premio di maggioranza prefigurato dalle norme censurate, inserite nel sistema proporzionale introdotto con la legge n. 270 del 2005, in quanto combinato con l’assenza di una ragionevole soglia di voti minima per competere all’assegnazione del premio, è pertanto tale da determinare un’alterazione del circuito democratico definito dalla Costituzione, basato sul principio fondamentale di eguaglianza del voto (art. 48, secondo comma, Cost.).

Esso, infatti, pur non vincolando il legislatore ordinario alla scelta di un determinato sistema, esige comunque che ciascun voto contribuisca potenzialmente e con pari efficacia alla formazione degli organi elettivi (sentenza n. 43 del 1961) ed assume sfumature diverse in funzione del sistema elettorale prescelto.

In ordinamenti costituzionali omogenei a quello italiano, nei quali pure è contemplato detto principio e non è costituzionalizzata la formula elettorale, il giudice costituzionale ha espressamente riconosciuto, da tempo, che, qualora il legislatore adotti il sistema proporzionale, anche solo in modo parziale, esso genera nell’elettore la legittima aspettativa che non si determini uno squilibrio sugli effetti del voto, e cioè una diseguale valutazione del “peso” del voto “in uscita”, ai fini dell’attribuzione dei seggi, che non sia necessaria ad evitare un pregiudizio per la funzionalità dell’organo parlamentare (BVerfGE, sentenza 3/11 del 25 luglio 2012; ma v. già la sentenza n. 197 del 22 maggio 1979 e la sentenza n. 1 del 5 aprile 1952).

Le norme censurate, pur perseguendo un obiettivo di rilievo costituzionale, qual è quello della stabilità del governo del Paese e dell’efficienza dei processi decisionali nell’ambito parlamentare, dettano una disciplina che non rispetta il vincolo del minor sacrificio possibile degli altri interessi e valori costituzionalmente protetti, ponendosi in contrasto con gli artt. 1, secondo comma, 3, 48, secondo comma, e 67 Cost.

In definitiva, detta disciplina non è proporzionata rispetto all’obiettivo perseguito, posto che determina una compressione della funzione rappresentativa dell’assemblea, nonché dell’eguale diritto di voto, eccessiva e tale da produrre un’alterazione profonda della composizione della rappresentanza democratica, sulla quale si fonda l’intera architettura dell’ordinamento costituzionale vigente.

Deve, quindi, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 83, comma 1, n. 5, e comma 2, del d.P.R. n. 361 del 1957.

5.1

Le norme censurate, concernenti le modalità di espressione del voto per l’elezione dei componenti, rispettivamente, della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, si inseriscono in un contesto normativo in base al quale tale voto avviene per liste concorrenti di candidati (art. 1, comma 1, del d.P.R. n. 361 del 1957; art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 533 del 1993), presentati «secondo un determinato ordine», in numero «non inferiore a un terzo e non superiore ai seggi assegnati alla circoscrizione» (art. 18-bis, comma 3, del d.P.R. n. 361 del 1957 ed art. 8, comma 4, del d.lgs. n. 533 del 1993). Le circoscrizioni elettorali, la cui disciplina non è investita dalle censure qui esaminate, corrispondono sempre, per il Senato, ai territori delle Regioni (art. 2 del d.lgs. n. 533 del 1993); per la Camera dei deputati (Allegato A alla legge n. 270 del 2005), le circoscrizioni corrispondono ai territori regionali, con l’eccezione delle Regioni di maggiori dimensioni, nelle quali sono presenti due circoscrizioni (Piemonte, Veneto, Lazio, Campania e Sicilia) o tre (Lombardia).

La ripartizione dei seggi tra le liste concorrenti è, inoltre, effettuata in ragione proporzionale, con l’eventuale attribuzione del premio di maggioranza (art. 1, comma 2, del d.P.R. n. 361 del 1957), che è definito, per il Senato, «di coalizione regionale» (art. 1, comma 2, d.lgs. n. 533 del 1993); e sono proclamati «eletti, nei limiti dei seggi ai quali ciascuna lista ha diritto, i candidati compresi nella lista medesima, secondo l’ordine di presentazione» nella lista (art. 84, comma 1, del d.P.R. n. 361 del 1957 ed art. 17, comma 7, del d.lgs. n. 533 del 1993).

In questo quadro, le disposizioni censurate, nello stabilire che il voto espresso dall’elettore, destinato a determinare per intero la composizione della Camera e del Senato, è un voto per la scelta della lista, escludono ogni facoltà dell’elettore di incidere sull’elezione dei propri rappresentanti, la quale dipende, oltre che, ovviamente, dal numero dei seggi ottenuti dalla lista di appartenenza, dall’ordine di presentazione dei candidati nella stessa, ordine di presentazione che è sostanzialmente deciso dai partiti.

La scelta dell’elettore, in altri termini, si traduce in un voto di preferenza esclusivamente per la lista, che – in quanto presentata in circoscrizioni elettorali molto ampie, come si è rilevato – contiene un numero assai elevato di candidati, che può corrispondere all’intero numero dei seggi assegnati alla circoscrizione, e li rende, di conseguenza, difficilmente conoscibili dall’elettore stesso.

Una simile disciplina priva l’elettore di ogni margine di scelta dei propri rappresentanti, scelta che è totalmente rimessa ai partiti.

A tal proposito, questa Corte ha chiarito che «le funzioni attribuite ai partiti politici dalla legge ordinaria al fine di eleggere le assemblee – quali la “presentazione di alternative elettorali” e la “selezione dei candidati alle cariche elettive pubbliche” – non consentono di desumere l’esistenza di attribuzioni costituzionali, ma costituiscono il modo in cui il legislatore ordinario ha ritenuto di raccordare il diritto, costituzionalmente riconosciuto ai cittadini, di associarsi in una pluralità di partiti con la rappresentanza politica, necessaria per concorrere nell’ambito del procedimento elettorale, e trovano solo un fondamento nello stesso art. 49 Cost.» (ordinanza n. 79 del 2006).

Simili funzioni devono, quindi, essere preordinate ad agevolare la partecipazione alla vita politica dei cittadini ed alla realizzazione di linee programmatiche che le formazioni politiche sottopongono al corpo elettorale, al fine di consentire una scelta più chiara e consapevole anche in riferimento ai candidati.

Sulla base di analoghi argomenti, questa Corte si è già espressa, sia pure con riferimento al sistema elettorale vigente nel 1975 per i Comuni al di sotto dei 5.000 abitanti, contraddistinto anche esso dalla ripartizione dei seggi in ragione proporzionale fra liste concorrenti di candidati.

In quella occasione, la Corte ha affermato che la circostanza che il legislatore abbia lasciato ai partiti il compito di indicare l’ordine di presentazione delle candidature non lede in alcun modo la libertà di voto del cittadino: a condizione che quest’ultimo sia «pur sempre libero e garantito nella sua manifestazione di volontà, sia nella scelta del raggruppamento che concorre alle elezioni, sia nel votare questo o quel candidato incluso nella lista prescelta, attraverso il voto di preferenza» (sentenza n. 203 del 1975).

Nella specie, tale libertà risulta compromessa, posto che il cittadino è chiamato a determinare l’elezione di tutti i deputati e di tutti senatori, votando un elenco spesso assai lungo (nelle circoscrizioni più popolose) di candidati, che difficilmente conosce. Questi, invero, sono individuati sulla base di scelte operate dai partiti, che si riflettono nell’ordine di presentazione, sì che anche l’aspettativa relativa all’elezione in riferimento allo stesso ordine di lista può essere delusa, tenuto conto della possibilità di candidature multiple e della facoltà dell’eletto di optare per altre circoscrizioni sulla base delle indicazioni del partito.

In definitiva, è la circostanza che alla totalità dei parlamentari eletti, senza alcuna eccezione, manca il sostegno della indicazione personale dei cittadini, che ferisce la logica della rappresentanza consegnata nella Costituzione.

Simili condizioni di voto, che impongono al cittadino, scegliendo una lista, di scegliere in blocco anche tutti i numerosi candidati in essa elencati, che non ha avuto modo di conoscere e valutare e che sono automaticamente destinati, in ragione della posizione in lista, a diventare deputati o senatori, rendono la disciplina in esame non comparabile né con altri sistemi caratterizzati da liste bloccate solo per una parte dei seggi, né con altri caratterizzati da circoscrizioni elettorali di dimensioni territorialmente ridotte, nelle quali il numero dei candidati da eleggere sia talmente esiguo da garantire l’effettiva conoscibilità degli stessi e con essa l’effettività della scelta e la libertà del voto (al pari di quanto accade nel caso dei collegi uninominali).

Le condizioni stabilite dalle norme censurate sono, viceversa, tali da alterare per l’intero complesso dei parlamentari il rapporto di rappresentanza fra elettori ed eletti.

ndo che esso si costituisca correttamente e direttamente, coartano la libertà di scelta degli elettori nell’elezione dei propri rappresentanti in Parlamento, che costituisce una delle principali espressioni della sovranità popolare, e pertanto contraddicono il principio democratico, incidendo sulla stessa libertà del voto di cui all’art. 48 Cost. (sentenza n. 16 del 1978).

Deve, pertanto, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 4, comma 2, e 59 del d.P.R. n. 361 del 1957, nonché dell’art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 533 del 1993, nella parte in cui non consentono all’elettore di esprimere una preferenza per i candidati, al fine di determinarne l’elezione.

2 risposte a “la prefeRenza: nuova legge elettorale concordata con i golpisti – 44.

  1. renzi ha portato un effervescenza sconosciuta in un partito impregnato di muffa.
    un partito dove una gerontocrazia sazia e con processi mentali cristallizzati ancora sul confronto est-ovest ed al padrone-operaio è totalmente incapace anzi ostile ai cambiamenti

    grazie a questa classe dirigente della sinistra berlusconi negli ultimi 20 anni ha fatto tutti i suoi porci comodi.

    in considerazione di quanto sopra mi fanno pena tutti gli schifiltosi ed obbiettori professionisti che auspicano l’ideale assoluto avulsi da ogni forma di pragmatismo

    • mi fa piacere che una volta tanto sono io a farti schifo.

      per me la democrazia non è un ideale assolto, e il sistema elettorale nuovamente incostituzionale concordato da Renzi col golpista sua primo autore, fa schifo a me.

      ho sempre saputo che la democrazia è il governo della maggioranza.

      come si chiama il governo della minoranza?

      anche Mussolini portò molta effervescenza ai tempi suoi, io guardo ai contenuti, e quella che Renzi ha concordato con Berlusconi è una nuova dittatura: la dittatura del malaffare politicante.

      poi, il popolo bue si beva pure le bollicine effervescenti e si lasci mettere l’anello al naso ancora una volta.

non accontentarti di leggere e scuotere la testa, lascia un commento, se ti va :-)

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...