finalmente qualcosa si muove anche pubblicamente a proposito del colpo di stato anti-costituzionale che il redivivo Berlusconi sta nuovamente realizzando per interposto Renzi.
parlo dell’appello dei maggiori costituzionalisti italiani, pubblicato per ora su quel foglio semi-clandestino che è il manifesto http://ilmanifesto.it/appello-dei-giuristi-non-ripristinate-il-porcellum-italicum/.
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il testo ripete, in un linguaggio più accademico e felpato, l’analisi già presentata varie volte su questo blog: la legge proposta da Renzi per conto di Berlusconi e per perpetuare l’incontrollato stra-potere dei partiti e la corruzione insopportabile con la quale è inquinata la vita pubblica di questo paese, è per molti aspetti peggiorativa del porcellum incostituzionale e ancora più contraria alla costituzione e alla democrazia di quella vigente.
non lo dico per farmi bello, ma solo per sottolineare che non occorre essere dei costituzionalisti per accorgersene, ma solo persone di media cultura interessate al problema.
chiunque si pigliasse mezzora di tempo sottratta alla televisione o ai narcisismi blogghistici per leggere la sentenza della Corte e informarsi sulla proposta in discussione, potrebbe rendersene conto.
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ma qui sto chiedendo la luna:
che ci sia in Italia gente capace di leggere, e non soltanto di scrivere;
che ci sia gente interessata al bene comune e non soltanto al proprio io narciso;
che ci sia gente che si informa con la propria testa, anziché aderire emotivamente ai temi della propaganda mediatica del momento;
che ci sia gente capace di condurre un ragionamento astratto ispirato ad un pensiero strutturato.
e con questo ultimo spunto vengo al tema di questo post: tema apparentemente collaterale, ma in realtà centrale.
ora cercherò di capire le cause del dissesto italiano, dopo un sabato tedesco trascorso in parte in librerie affollate e dopo il rientro in casa nel metrò che espone poesie a fianco della pubblicità, tra gente che spesso legge.
e metto i piedi nel piatto con brutalità.
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1. per discutere di un argomento occorre avere la capacità di creare una specie di gerarchia argomentativa: ci sono cioè argomenti forti e argomenti deboli, e occorre concentrarsi sui primi.
gli argomenti forti sono gli argomenti autorevoli.
in pratica è impossibile sapere discutere razionalmente se non si ha dentro di sé un principio di autorità, che permetta di distinguere un argomento forte da un argomento farlocco.
la predominanza degli argomenti farlocchi è invece uno dei dati più appariscenti delle discussioni pubbliche che si svolgono in Italia.
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2. principio di autorità e principio di legalità coincidono, non a caso si parla della autorità della legge, sconosciuta in Italia.
quello che sconcerta nella discussione in corso sulla legge elettorale è la clamorosa mancanza del riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale come principio di suprema verità che dovrebbe guidare la discussione.
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3. la mancanza di un riferimento alla legge fondamentale può essere interpretato semplicemente come l’espressione manifesta del carattere malavitoso del ceto politico italiano, della sua volontà di sopraffazione, che è semplicemente inclinazione alla criminalità.
ma la spiegazione è insufficiente, in quanto ciò che è davvero stupefacente è la mancanza di reattività delle vittime di questa situazione, che hanno in mano il potere di decidere, ma sembrano ignorarlo, oppure non volerlo usare.
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questo costringe ad un approfondimento ulteriore della discussione.
4. il principio di autorità, introiettato sotto forma di coscienza morale, si identifica nella teoria psicanalitica classica con la figura paterna, che diventa il fondamento del Super-Io interno: una specie di padre interiore che ci parla sottovoce ripetendo gli avvertimenti e i divieti.
la mancanza di senso dell’autorità e di conseguenza della legalità nell’italiano medio dipende evidentemente da una particolare debolezza della figura paterna.
la cosa è riscontrabile anche letterariamente: nel mondo tedesco la figura del padre è centrale un molti romanzi o film, in particolare quando assume la configurazione legata al suo essere contemporaneamente anche pastore, cioè autorità religiosa; nella letteratura italiana, invece, la figura del padre latita: nel romanzo fondativo della identità nazionale, I Promessi Sposi, i due protagonisti, Renzo e Lucia, sono entrambi privi di padre, e il posto di questo è preso da un padre putativo, “padre Cristoforo” (fra l’altro padre di entrambi, il che rende la loro relazione potenzialmente incestuosa, e per questo totalmente de-sessualizzata).
esemplare! il padre, in Italia, manca, e il suo posto è preso dal frate, cioè dalla Chiesa.
oggi si potrebbe pensare in via teorica anche alla scuola, come agenzia educativa, ma è ampiamente femminilizzata, e mi riferisco anche all’atteggiamento di bonaria indulgenza che è la via maestra della costruzione di un adulto de-responsabilizzato.
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5. i padri italiani sono più assenti degli altri padri nell’educazione dei figli? sono più menefreghisti e la lasciano quasi completamente nelle mani delle madri?
non saprei rispondere; temo tuttavia che il centro del problema stia piuttosto nella figura materna in Italia, che è la vera depositaria e la fondatrice della cultura nazionale e del suo tratto più caratteristico: il mammismo.
in sostanza l’Italia è un matriarcato educativo.
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6. la centralità assoluta di una figura materna ampiamente assolutoria e tipicamente indulgente trova il suo corrispettivo sul piano religioso.
il cattolicesimo italiano è in realtà una religione che solo in apparenza venera un Dio padre il cui ruolo si esaurisce nella creazione, ma è in realtà una religione ispirata ad una divinità femminile, che è la Madonna, il vero centro del cattolicesimo.
la Madonna dispensa le grazie e i favori, è indulgente ed intercede sempre a favore del fedele: non gli chiede ragione dei suoi comportamenti, ma tutto perdona.
a Bergamo tre anni fa una ragazzina fu uccisa e le indagini hanno rivelato che l’omicida era il figlio illegittimo di un uomo ora deceduto; quella madre, che sa che suo figlio è un assassino, continua a coprirlo e a tacere il suo nome; del resto la legge italiana non gliene fa neppure una colpa e non considera complicità in un delitto quella fra parenti stretti.
è il mammismo italiano, universalmente celebre, quasi quanto la mafia, nel mondo, dove gli italiani vengono chiamati “mamma-mia”.
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7. l’italiano è narciso perché ogni scarafone è bello a mamma sua (come dicono, con soddisfazione ed auto-compiacimento gli scarafoni) e ricambia l’amore incondizionato proclamando che son tutte belle le mamme del mondo e la sua è la più buona e bella di tutte.
queste idiozie vengono instillate nelle menti infantili con solerzia degna di migliore causa e producono i futuri adulti centrati sul proprio ego e sulla propria cerchia familiare, privi di responsabilità collettiva e del principio di obbedienza ad una legge generale condivisa.
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ma qui la dico tutta e tenetevi pure lo stomaco.
8. analisi internazionali (da verificare) riscontrano un Quoziente di Intelligenza medio in Italia più basso di due punti rispetto ai normali paesi europei, soprattutto nell’area strettamente peninsulare: lo Stivale d’Italia è un cul di sacco genetico, pare; nonostante le frequenti salvifiche invasioni e le immigrazioni recenti, pare che l’endogamia abbia prodotto i suoi guasti in termini di ridotta selezione della specie sul versante intellettuale.
il tema è tabù, per i suoi inquietanti risvolti razzisti, ma questa opacità della mente, spesso riscontrabile direttamente, spiegherebbe benissimo come mai gli italiani facciano tanta fatica a leggere.
tenete conto che due punti su 100 in una scala logaritmica come quella dei QI è una differenza enorme: è come dire, in una scala non logaritmica, che, fatta 1.000 l’intelligenza media dell’uomo, quella degli italiani è 333.
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ovviamente, stando così le cose, è inutile aspettarsi miglioramenti possibili.
teniamoci questo paese così come è, ma non aspettiamoci che possa trovare in se stesso la forza di reagire al proprio declino.
e chi è troppo vitale per adeguarsi, emigri, soprattutto se è giovane.
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chiudo con una nota autobiografica: si riesce a capire, vero?, perché perdo tempo a scrivere in un blog che rimane praticamente sconosciuto?
qualcuno ritiene che io possa trovare qualche altro luogo nel quale scriverle, queste cose?
Condivido gran parte delle tue considerazioni come puoi bene vedere cercando la parola padre nel mio blog. http://rbolletta.com/2013/03/03/la-mancanza-di-un-padre/. Ma non sono tra quelli che incitano i giovani ad emigrare, lo facciano pure ma per sentirsi liberi di esprimere se stessi e per stare meglio.
mi è piaciuto il tuo post; come forse ricordi, anche io ho smesso l’1 settembre il tuo stesso lavoro: solo che l’ho fatto non per 4 anni, ma per 28, anche se in realtà sociali diverse dalla tua, come possono essere i licei rispetto agli istituti professionali; ma ho però ritrovato, descritta con umanità e garbo una realtà che per tanti anni ho visto anche io: ragazzi educati senza super-Io, cioè senza quel padre che tu hai descritto molto bene come una specie di maestro della vita, che ti vuole bene, e proprio per questo ti forgia alle difficoltà, anche attraverso il senso del bene e del male (come quello che io ho avuto la fortuna di avere).
ma raramente parlo di questa mia esperienza, per motivi di rispetto della privacy delle persone, così profondamente coinvolta in quello che era il nostro lavoro.
io credo che sia semplicemente realistico e sincero dire ai nostri ragazzi, se hanno voglia di fare e capacità, che all’estero troveranno meritocrazia e pulizia; dei miei tre figli le due ragazze hanno fatto esperienze all’estero importanti: la seconda in Australia, per non sottostare in Italia a un sottile ricatto sessuale per potere fare strada come ricercatrice (a questo siamo in questo sciagurato paese!) e la terza in Cina.
ora sono rientrate entrambe, ma mi pare che lo abbiano fatto per esigenze personali diverse, ma che, se avessero potuto scegliere liberamente, non sarebbero più tornate indietro, come tanti altri loro coetanei che conosco, figli di parenti o di amici.
non dico di andare all’estero come fuga, dico di andare all’estero proprio per i motivi che dici tu: “per sentirsi liberi di esprimere se stessi e per stare meglio”.
ridicolo dire che io stesso, che ho lavorato per sette anni in ufficio scuola consolare in Germania, sento il bisogno ogni tanto di andare a respirare aria di cultura e di libertà in quel paese – dal quale eccomi rientrato proprio poco fa.
c’è una profonda sintonia, come direbbe qualcuno!
tu mi provochi.
o meglio è Renzi il maramaldo che provoca il suo stesso popolo: ora la sua rottamazione è più chiara, anche per gli ingenui.
però noi due, fortunatamente, non siamo affatto d’accordo su tutto, se lasciamo da parte questo argomento! 🙂
Ecco bravo…bravo bravo bravo, e siccome noi decerebrati italioti non ti meritiamo tornaci nella tua perfetta e beneamata Germania! Scusa eh ma mi hai sfacassato gli zebedei cò stà storia del…”gli altri (francofoni, te compreso) son più bravi”.
Ma cosa ti fa credere che le persone debbano comportarsi bene se dopo non c’è nulla, se non la morte stessa?
Godi di quel che puoi ottenere qui e arraffa più che puoi, puoi dare torto a chi si comporta in tal maniera perché crede che dopo di lui sia il nulla?
Dagli delle buone ragioni per non farlo…..se le trovi.
Sulle donne e madri italiane poi si potrebbe anche dire che ci hanno raccontato ( Bonino x esempio) la favola che abortire non è uccidere i propri figli, abbiamo creduto. E credendo a questa bestialità ,forse per perdonare noi stesse permettiamo ai figli nati di fare ciò che vogliono scusandoli in tutto. La società intera paga le scelte di leggi contro l’umanità. I padri sono assenti, loro non hanno voce in capitolo sulla maternità, scelta o rifiutata che sia.
Parlare per luoghi comuni o astratti è facile, confrontarsi e riflettere sulla realtà un po’ meno.
Mi stupisco di me stessa, sono ancora qui a discutere con chi è dotto sicuramente, ma secondo il mio modo di approcciare gli argomenti, piuttosto decerebrato a sua volta. Chissà dove starà la verità
Per trovarla occorre saperla guardare bene in faccia e ci vuole un coraggio che non è da tutti, perché la verità è dolorosa.
oh, ri-eccoti, e con che commento tosto: roba da augurarsi di riceverne uno al giorno, di commenti così, per un de-cerebrato; ben tornata, comunque.
io non so spiegarmi bene per quale motivo continui a leggermi, visto che sono secondo te, “dotto” e “decerebrato”, e che trovi quello che scrivo così fastidioso per te; ma se non lo sai neppure tu, sarò uno di quei segreti dell’inconscio: un fondo di masochismo? 😦
– parto dal punto davvero fondamentale, per ribadire che non è affatto necessaria una fede assurda e superstiziosa in cose senza fondamento per fare il bene.
una intelligenza comune è perfettamente in grado di capire che la sua sopravvivenza dipende dal buon funzionamento della società e che questa è la base di un sentimento di solidarietà sociale che non ha bisogno di nessun dio per esprimersi.
ci sono molti esseri umani che a questa astrazione tutto sommato semplice non sono in grado arrivare, oppure, anche arrivandoci astrattamente, non vi trovano una spinta sufficiente ad adeguarvisi.
capisco: la religione è stata inventata giusto per loro, per vedere se, con la paura della morte, si riusciva comunque a tenerli meglio sotto controllo.
in ogni caso, visto che anche anche la religione in questo a volte fallisce, le leggi e il sistema giuridico esistono proprio per questo: per impedire loro di fare danno.
per quanto mi riguarda ho la fortuna di appartenere a coloro che comprendono il senso della vita sociale e il vincolo che ci lega agli altri uomini senza bisogno di minacce ultraterrene o di dovere credere che questo è un ordine assoluto calato dal cielo; quindi non mi piegherò alla superstizione a fin di bene.
– sul rapporto tra diritto all’aborto e lassismo educativo delle madri italiane sei stata di una oscurità insuperabile, forse prima o poi ti spiegherai meglio; lo stesso dicasi del rapporto con la crisi della figura materna (pare che tu voglia oscuramente alludere ad una specie di diritto del padre sul corpo della donna che ha messo incinta: sbaglio?).
– sul mio rapporto col mondo tedesco, probabilmente hai sbagliato post: qui non mi pare di avere particolarmente lodato quel paese, rispetto al solito; e con l’occasione preciso che i tedeschi, presi ad uno a uno, difficilmente non fanno rimpiangere gli italiani, presi ad uno ad uno.
però i tedeschi hanno, al momento, una società che funziona, e noi no.
se provassimo soltanto a sforzarci di capire dove sta il problema: per migliorare noi, intendo.
– su una cosa siamo però certamente d’accordo: che la verità è dolorosa; ed è per questo che io ritengo profondamente sbagliata la religione che cerca di negare questo dato sovrapponendogli l’idea di un Dio infinitamente buono.
– ah, ancora una cosa: forse volevi dire “germanofoni”, non “francofoni”.
io però ti confermo una cosa: che ogni lingua straniera è un diverso modo di pensare, e pensare in una lingua diversa dall’italiano ti cambia un poco la mente; poi la lingua tedesca aiuta davvero a pensare: che sia perché ha i casi, come il latino? 🙂 🙂 🙂
Continuo a leggerti perché sai che Dio è, nonostante la tua ostinazione nel negarlo.
“una intelligenza comune è perfettamente in grado di capire che la sua sopravvivenza dipende dal buon funzionamento della società e che questa è la base di un sentimento di solidarietà sociale che non ha bisogno di nessun dio per esprimersi.”
Se siamo frutto di mera evoluzione, nient’altro che animaletti con un tot di materia grigia in più, che premia il più intelligente che prevale sugli altri, che senso ha parlare di buon funzionamento della società nel suo insieme? In natura il debole soccombe. Infatti vediamo il frutto di questa nefasta teoria. Tanto poi si muore e buonanotte al secchio.
L’intelligente sfrutta tutto ciò che lo circonda, si illude di farlo per la posterità; chi lavora tantissimo per fare soldi o successo mente sapendo di mentire, è solo egoista.
Pensa solo ad un padre o ad una madre che lavora tantissimo sostenendo che lo fa per il bene dei figli, dando benessere materiale ma negando sé stesso ai figli.
Non so i tuoi, ma i miei di figli volevano solo giocare con me (e il papà) e fare cose insieme, cucinare , dipingere, fare teatro ecc.
l lavoro è utile solo per la condivisione, non forzata, ma volontaria.
Non c’è legge umana che possa obbligare a questo. Altrimenti ci si sentirebbe defraudati di un possesso illusorio.
La frase: il sudario non ha tasche, non è stata detta a caso da papa Francesco.
Accumulare cose, possedere molto non serve a nulla, si crede illusoriamente di essere al sicuro dai pericoli terreni senza accorgersi di lasciare indietro pian piano, senza quasi accorgersi, la vita vera fatta di piccole cose all’apparenza insignificanti ma che danno un senso profondo alla nostra vita.
Di me rimarrà davvero solo il mio amore, per le persone che ho amato e per le cose che ho fatto con amore.
Coltivare la propria anima e farla crescere per sentirsi uomini e non animali, per innalzarci rispetto alla nostra bestialità, è amare chi ci circonda per farlo crescere con noi condividendo ciò che abbiamo avuto in dono alla nascita. Tu hai avuto il dono di saper insegnare perché ami il sapere, che ti ha accresciuto come persona solo nella condivisione.
***capisco: la religione è stata inventata giusto per loro, per vedere se, con la paura della morte, si riusciva comunque a tenerli meglio sotto controllo.
in ogni caso, visto che anche anche la religione in questo a volte fallisce, le leggi e il sistema giuridico esistono proprio per questo: per impedire loro di fare danno.***
Al contrario di te penso che siamo arrivati alla società moderna proprio per la negazione di Dio, volevamo decidere da soli cosa fosse meglio per noi con leggi e leggine, maniaci del controllo.
Uccidere Lui per “far vivere noi”, uccidere Lui vuol dire uccidere la nostra anima. Vivere come animali che credono di essere circondati da nemici da combattere per vincere.
Questa è la vera illusione, coltivata da chi ha interesse a sfruttare le masse, spargendo paura e competizione.
Io la vedo bene questa situazione e tu? La vedi o hai troppa paura di guardare in faccia la verità?
La verità vi farà liberi. Per chi vive nella verità non c’è paura. Molti compatiscono i cristiani e cattolici sentendosi superiori a degli “stupidotti”, pensando che credono alle favole, ma ti garantisco che è l’intangibile che regge il tangibile.
Dio è amore certo, come te che sei padre è sempre pronto a riabbracciare un figlio che chiede scusa pentendosi del male fatto, ma è soprattutto Giusto , come te che non obblighi tuo figlio a fare ciò che tu ritieni corretto, nonostante tu sappia che sta sbagliando.
Puoi solo ricordargli ciò che è giusto aspettando paziente che se ne renda finalmente conto, continuando ad amarlo. Se al contrario si ostina nell’errore puoi fare poco, guardandolo distruggersi pian piano.
Dio è infinitamente buono perché perdona nel pentimento, senza pentimento non c’è perdono.
Credere in Dio è trarre forza da lui, per avere fiducia nell’altro che è nostro fratello (figlio esattamente come noi) trascendendo da sé stessi.
non sono così sciocco da negare l’evidenza: certamente dio esiste, e l’ho scritto varie volte, ed è semplicemente una forma mentale dell’uomo ed anche un suo bisogno psicologico elementare (Dio e Super-Io vengono spesso a coincidere).
mi piacerebbero che anche i credenti avessero lo stesso tipo di amore per l’evidenza e ammettessero quello che ho appena scritto: probabilmente cesserebbe la materia del contendere o quanto meno si sposterebbe su qualche livello più avanzato.
e vengo ai tuoi argomenti critici.
1. in natura il più debole soccombe; ma la società umana non è mera natura, o quanto meno è natura evoluta e trasformata.
2. realisticamente non è affatto vero che accumulare qualche bene terreno non serva a nulla: è tutta questione di equilibrio; fa male accumularne troppi e aldilà dei bisogni reali propri e della propria discendenza; io sono contento di avere donato ai miei figli tutto quello che avevo l’anno scorso e di avergli fornito un piccolo aiuto permamente, spero, per migliorare la loro vita; e non credo di avergli fatto mancare il mio affetto per conseguire questo scopo.
3. non dobbiamo affatto “innalzarci rispetto alla nostra bestialità”: è una impresa frustrante che genera solo infelicità e rancore; dobbiamo invece saperla accettare, guidare, esprimere; perché anche la mente umana con le sue positività è comunque l’espressione di un animale, e prenderne coscienza, coscienza dei propri limiti, non può che fare bene.
4. che noi diciamo esplicitamente che quello che vogliamo nasce da noi o che lo attribuiamo a Dio non cambia la situazione che per un dettaglio: chi attribuisce a Dio le proprie volontà è molto più dogmatico nel sostenerle
5. mi pare paradossale, ma mi pare di essere molto più ottimista di te, e là dove non sono ottimista non maschero i problemi con una fede illusoria; forse la MIA verità mi ha fatto libero?
6. una fede eccessiva induce a sbagliare; perdonare è un atteggiamento utile, quasi sempre, ma non perchè ci è stato ordinato da una potenza superiore.
a questo riguardo, se hai tempo, potresti leggere questo post: https://bortocal.wordpress.com/2014/01/22/contro-lidea-di-colpa-46/
in ogni caso rispetto chi ha bisogni psicologici diversi dai miei, purchè mi riservi lo stesso rispetto.
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ah, leggendo che sei sposata e hai dei figli ho tirato un sospiro di sollievo: per un attimo avevo pensato che tu potessi essere Susanna Tamaro… 🙂
Dio esiste ma è solo un’invenzione dell’uomo? Se è un’invenzione non esiste.
Mi piacerebbe capire come concili le due cose.
sul punto 2: il necessario per far stare bene la propria famiglia , lavorando onestamente non frodando nessuno , magari riuscendo pure ad aiutare un vicino o parente , è un sacrosanto diritto. Non lo definirei accumulo. Vivere nella semplicità aiuta a rimanere coi piedi per terra e con la mente al cielo, perchè abbiamo corpi da nutrire e riscaldare avendo cura della terra che abitiamo
🙂 Susanna Tamaro- so chi è perché un suo libro ha avuto un gran successo anni fa, ma non ho avuto il piacere di leggerlo.
sul primo punto il discorso sarebbe molto complesso, cerco di sintetizzarlo come posso.
ho una mia visione filosofica della realtà, e ritengo che non “esiste” nessuna realtà al di fuori del pensiero umano: l’esistenza è una categoria del pensiero, non della realtà; in altri termini le cose tutte “esistono” solo nella misura in cui vengono percepite o pensate; al di fuori della percezione vi è una realtà indistinta he née esiste née non eisste, ma è pura possibilità di essere percepita e dunque di cominciare ad “esistere”.
in sostanza l’idea che esista qualcosa al di fuori del nostro pensiero è una semplice illusione.
mi rendo conto che è un concetto oscurissimo, ma non è del tutto colpa mia, credo.
ma semplicemente potrei dire che anche le idee esistono e hanno una loro realtà; Dio è chiaramente e soltanto un’idea e non è corretto fare scivolare un’idea dal mondo delle idee a quello delle cose.
se dio è un’idea e non una cosa, può esistere come esistono le idee e non come esistono le cose.
la sua esistenza è su un piano diverso da quello che noi consideriamo oggettivo.
altrimenti, se dio esistesse al modo delle cose, dovrebbe necessariamente essere anche percepibile sensibilmente e invece è semplicemente pensabile.
– la Tamaro non mi entusiasma come scrittrice, ma ha comunque qualche qualità; questo suo ultimo libro che ho letto – Anima mundi – è a mio parere molto schematico, anche se poi alla fine suggestiona un po’.
ma se scrivi un romanzo i tuoi personaggi devono avere uno spessore di realtà, e non dei semplici manichini di un teatrino di marionette che serve a te per dimostrare una tesi; altrimenti che romanzo è?
il peggiore difetto della Tamaro è tuttavia la pretesa profetica…