Tegmark, ma insomma, quanti sono i multiversi? – 315.

universo, dovremo cambiarti nome.

ma forse neppure il neologismo multiverso non va bene: multi- è troppo poco.

dovremo chiamarti come? forse apeiron, senza limite, come aveva fatto Anassimandro, all’inizio della filosofia occidentale, ma sempre pensando ancora, beato lui, che tu fossi uno soltanto.

potremmo pensare che tu sia soltanto un granello di sabbia in una spiaggia però infinita che possiede infiniti tipi di chicchi di sabbia diversi.

dovremo abituarci a pensare che, se tu sei più infinito degli infiniti stessi, nessuno dei tuoi infiniti volti è reale, che tutti gli universi sono soltanto virtuali, e poi scoprire quale è la regola che ci guida tra un universo e l’altro.

* * *

ma se in ogni infinitesimo di tempo nascono infiniti universi diversi che rappresentano la somma di ogni universo possibile che nasce continuamente nell’infinito delle diverse possibilità, allora quale è la regola che ci trattiene proprio in questo che stiamo vivendo?

nessuna? allora è solo il caso e accanto a me che in questo momento digito inutilmente questo post, stanno infinite altre forme di me che non lo stanno facendo oppure lo stanno facendo in modo diverso?

e accanto alla continuità della mia coscienza che ricorderà, per un tratto almeno, questo momento, ce ne stanno infinite altre che, altrettanto coerentemente, ricorderanno infinite altre scelte diverse?

ma poi questa che cos’è? una delirante presunzione di immortalità? la risposta al nostro rifiuto mentale di morire con la mitologia di un universo illimitato dove noi siamo anche immortali?

* * *

gli universi paralleli non sono più soltanto una fantasia di Star Trek, ma stanno diventando una vera teoria fisica: il nostro tutto può essere solo uno di infiniti tutti.

e alla fine si potrebbe arrivare a comprendere che tutti gli infiniti universi possibili sono soltanto matematica, come sostiene nel suo ultimo libro, Our Mathematical Universe”. My Quest for the Ultimate Nature of Reality, Max Tegmark, cosmologo al Massachusetts Institute of Technology (MIT).

in un’intervista allo Spiegel Tegmark ha detto di essere consapevole che questa pubblicazione mette a rischio la sua carriera accademica; un collega lo ha persino messo in guardia; ma è il destino naturale di chiunque mette in discussione idee pre-costituite e solidi pre-concetti.

per ora le sue idee vengono considerate troppo avventurose per essere prese in considerazione.

* * *

tempi grandiosi per la cosmologia: il telescopio Bicep2 al polo sud ha appena colto le tracce delle onde gravitazionali che hanno costituito il nostro universo nei suoi primi istanti; ma perfino dire istanti è inadeguato; nel primo miliardesimo di un miliardesimo di un miliardesimo di un miliardesimo di secondo l’universo si è allargato in una dimensione cosmica da quella sub-microscopica che aveva; e le fluttuazioni di questa espansione hanno posto le basi per la formazione delle attuali galassie.

ma le onde gravitazionali, il big bang e l’inflazione sono solo l’inizio di una nuova scoperta; “sembra che la nostra comprensione sempre più profonda della realtà sia connessa a fatto che dobbiamo sempre allargarne l’immagine”: dalla conoscenza di una regione della Terra siamo arrivati all’idea dei continenti, scoprendone anche di nuovi, e a quella di appartenere ad un corpo celeste; i telescopi ci hanno esiliato dal ruolo di punto centrale del’universo per trasformarci in incerto satellite di un ben più potente Sole, e poi abbiamo capito che questo era soltanto uno di una miriade di stelle nella galassia; poi abbiamo scoperto che anche questa galassia era una di miliardi di miliardi di altre; ed oggi è questo universo tutto intero che, alla luce delle teorie cosmologiche, appare come uno soltanto degli infiniti universi paralleli, che però non possiamo osservare.

* * *

ma Tegmark va oltre: non si può parlare soltanto di infiniti universi paralleli: ci sono diverse tipologie di questi universi, una meno facilmente comprensibile delle altre:

1. mondi paralleli di primo grado: l’inflazione in cui è consistito il big bang ha creato un’estensione infinita; aldilà dell’orizzonte visibile per l’osservatore terrestre vi è un infinito in cui vi è tutto lo spazio necessario per un numero infinito di universi infiniti; il loro numero è dunque tale, già solo nel primo grado, che ogni mondo possibile secondo le leggi naturali del nostro è anche realizzato.

2. mondi paralleli di secondo grado sono popolati da particelle che inter-agiscono fra loro in modi per noi completamente sconosciuti; molte varianti della teoria dell’inflazione prevedono infatti che lo spazio infinito non si è creato una volta sola, ma si crea continuamente e infinitamente cristallizzando in queste infinite bolle create dall’energia originaria infinita altri infiniti universi nei quali vigono leggi della natura differenti.

3. mondi paralleli di terzo grado infine sono, secondo le convinzioni di Tegmark, conseguenti alla meccanica quantistica.

questa è il secondo grande trionfo della scienza moderna, ma su che cosa significa davvero i fisici discutono sino ad oggi: Tegmark favorisce la lettura secondo la quale ogni possibilità quanto-meccanica si realizza anche effettivamente e, quando le leggi quantistiche permettono diverse possibilità, ognuna di esse si realizza in un universo differente: in questo modo il caso è bandito completamente dalla natura: se a noi appare qualcosa di casuale, questo dipende soltanto da fatto che a noi è accessibile soltanto uno degli infiniti mondi esistenti.

4.  mondi paralleli di quarto grado: questi, a differenza degli altri tre tipi, che sono ipotizzati anche da altri ricercatori, sono introdotti esclusivamente da Tegmark.

la domanda da cui iniziare è perché i fenomeni della natura si lasciano rappresentare in forma matematica e l’universo appare in forma matematica tanto più pura, quanto più ci si avvicina alla sua origine.

Tegmark potrebbe semplicemente pensare che questo dipende da fatto che quanto più ci allontaniamo da presente osservabile, tanto più necessariamente prendono spazio gli aspetti astrattamente teorici.

invece, secondo lui, quando i fisici saranno arrivati a comprendere gli ultimi enigmi, la natura si risolverà completamente in matematica e capiremo che la matematica non descrive soltanto l’universo, ma È l’universo stesso, o meglio, l’universo si lascia descrivere matematicamente perché è esso stesso pura matematica.

ma, se ogni legge matematica rappresenta un universo, perché questo non dovrebbe valere per ogni matematica possibile?

se ogni sistema matematico chiuso deve essere osservato come un mondo realmente esistente, la matematica stessa è dunque la madre di tutti gli universi: universi infiniti nei quali esistono matematiche differenti.

* * *

i matematici sono artisti, conclude Tegmark, la matematica stessa è un’arte: con così pochi simboli riesce a dire tanto: non è questa l’essenza stessa dell’arte?

sul tavolo di lavoro di Tegmark stanno le immagini dei suoi cinque artisti preferiti: Maxwell, Friedmann, Schrödinger e due volte Einstein.

16 risposte a “Tegmark, ma insomma, quanti sono i multiversi? – 315.

  1. senza dubbio leggere il libro depura da ogni cavolata che certamente scriverò 😛

    parti da un fondamentale presupposto: parlando di coscienza bisogna definire per bene i margini del ‘campo di gioco’.
    nell’ipotesi di Tegmark la realtà è divisa in 3 contesti prospettici che fanno divergere verso due differente approcci di ricerca:
    – la realtà esterna: la prospettiva vista dall’alto, che si risolverebbe nei modelli matematici (è la sua ipotesi da dimostrare)
    – la realtà interna: la prospettiva vista dal basso – è la percezione soggettiva dell’individuo (caratterizzata dai qualia, e dai bias cognitivi quali illusioni, omissioni, allucinazioni)
    – la realtà consensuale è la prospettiva intermedia: è la ‘versione’ della realtà condivisa con tutti gli altri osservatori, cioè la fisica classica utilizzata dagli stessi osservatori per descrivere razionalmente e condividere con gli altri la propria realtà interna percepita.

    in base a questa suddivisione si rendono possibili due piani di lavoro divergenti: da una parte si sviluppa la scienza fisica, che ha il compito di dedurre la realtà consensuale (verificabile sperimentalmente) a partire dalla realtà esterna (ovvero il modello matematico proposto), dall’altra parte si sviluppa la scienza cognitiva che ha il compito invece di dedurre la realtà interna (le percezioni individuali) sempre a partire da quella stessa realtà consensuale.

    Tegmark sostiene, a mio avviso a ragione, che se ci concentriamo sullo studio della fisica – basata sulle relazioni tra modello matematico ed esperimento scientifico – possiamo descrivere la coscienza umana così come si rivela agli occhi della scienza contemporanea senza sfiorare i fenomeni cognitivi/psicologici personali.

    il paradosso è che la descrizione che ne deriva della coscienza seguendo tale paradigma è del tutto controintuitiva rispetto a quelli che sono i nostri sensi umani, che osservano il mondo con la ‘prospettiva’ dal basso.
    qui si sta trattando bensì di ciò in cui si rivela la coscienza dal punto di vista ‘superiore’ dei modelli matematici adottati (naturalmente, i migliori sviluppati che si accordano e non contraddicono la realtà consensuale sperimentale).

    Insomma, le considerazioni sulla coscienza che ‘fuoriescono’ dalla trattazione di Tegmark sono per la maggior parte dirette conseguenze deduttive dei modelli matematici fisici in voga, e non considerazioni ‘gratuite’ fine a se stesse.
    il concetto è: se la fisica è ben descritta da determinati modelli teorici, e se da tali modelli teorici se ne deducono incontrovertibilmente corollari, allora non possiamo che prendere tali corollari per veri, assieme al ‘pacchetto’ teorico completo. pena l’invalidazione di tutto il modello: non è infatti possibile prendere, di una teoria, solo la parte che ‘ci piace’.

    “gli universi paralleli non sono più soltanto una fantasia di Star Trek, ma stanno diventando una vera teoria fisica: il nostro tutto può essere solo uno di infiniti tutti.”

    ecco qui sono convinto che Tegmark ti bacchetterebbe.
    gli universi paralleli, analogamente a quanto scritto poco sopra sulla coscienza, non sono TEORIE (ovvero ipotesi) ma bensì sono DEDUZIONI dirette delle teorie matematiche usate per descrivere attualmente la fisica.
    insomma non c’è alcuna ipotesi di universo parallelo: gli universi paralleli sono bensì solo la conseguenza delle migliori teorie scientifiche adottate oggigiorno.
    uno scotto, quello degli universi paralleli, che gli scienziati DEVONO accettare e affrontare per tutto quello che comportano: altrimenti bisognerebbe cambiare il modello matematico descrittivo.
    cosa per nulla facile, perchè le formule matematiche attuali descrivono così bene il reale sperimentale che basta la modifica di una virgola per fare cascare tutto il palco.
    il che non significa chiaramente che non siano possibili interpretazioni diverse da quelle attuali (e che saranno sempre, in ogni caso, descrizioni matematiche): solo che, al momento, non ce ne sono.

    ciò che depone pesantemente a favore dei modelli attualmente utilizzati è l’incredibile precisione che tali modelli comportano.
    parliamo del cosiddetto ‘fine tuning’ dell’universo: ad esempio, per avere galassie abitabili risulterebbe necessario fissare il valore dell’energia oscura più o meno alla 123ima cifra decimale di quella misurata sperimentamente. se ci fosse un poco più o un poco meno energia oscura, o se i vari quark avessero una massa anche solo minimamente differente da quella che si rileva, non esisterebbero galassie nè stelle nè pianeti.

    la teoria dell’inflazione eterna spiega tale incredibile coincidenza con la presenza – dedotta e non supposta – dei multiversi di livello 2: l’inflazione crea tutti gli universi fisici possibili, anche quelli in cui la ‘materia’ resta perennemente in forma di plasma indistinto ad esempio.
    ma soltanto negli universi in cui i parametri fisici permettono l’aggregazione della materia cosmica, permettono anche la presenza di osservatori.
    l’universo è così perchè se così non fosse noi non ci potremmo fisicamente essere, e dunque non potremmo osservarlo.
    alcune leggi attualmente considerate come ‘universali’ si ridurrebbero a leggi ‘efficaci’, caratteristiche solo dell’universo in cui abitiamo ma che potrebbero in realtà essere diverse in altri universi paralleli (tali leggi in tal caso non sarebbe altrettanto ‘efficaci’, precludendo l’esistenza di ipotetici osservatori interni)

    il fine tuning riscontrato sperimentalmente potrebbe essere spiegato anche diversamente, senza prendere in considerazione il multiverso di livello 2: ossia o con una spiegazione casuale (è una botta di culo) oppure con una spiegazione pianificata (qualcuno/qualcosa ha impostato le manopole universali proprio su quei parametri esatti necessari alla vita e all’uomo).
    in entrambi i casi tali ipotesi non possono essere considerate scientifiche, spiega Tegmark e non gli si può dar certo torno.

    “e alla fine si potrebbe arrivare a comprendere che tutti gli infiniti universi possibili sono soltanto matematica, come sostiene nel suo ultimo libro, Our Mathematical Universe”. My Quest for the Ultimate Nature of Reality, Max Tegmark, cosmologo al Massachusetts Institute of Technology (MIT).”

    è già più o meno così. la fisica, sia quella cosmologia dominata dalla relatività generale sia quella subatomica dominata dalla meccanica quantistica, finiscono per descrivere una realtà materiale del tutto inconsistente, prima di ‘sostanza’, caratterizzata e regolata solo da proprietà numeriche e relazioni matematiche.

    aggiungo una nota personale: intuitivamente non può che essere così, dal momento che la scienza fisica si fonda sulla matematica. passare dal dire “la matematica descrive con sorprendente esattezza il reale contestuale” al dire che “il reale contestuale è determinato dalle leggi matematiche” è un passo breve, e dunque il reale esterno verrebbe a coincide con la matematica stessa.
    a mio avviso l’ipotesi di Tegmark sull’universo matematico si può interpretare in due modi opposti ma in entrambi i modi a ben pensarci la conclusione appare inevitabile.
    da una parte, seguendo l’approccio fisico – presupposta l’ipotesi che esista una realtà esterna – tutto ciò che otteniamo in ogni caso è sempre e solo un modello matematico; dall’altra parte, seguendo l’approccio cognitivo – indipendentemente dall’esistenza o meno di una realtà esterna – tutto ciò che viene appreso è intrinsecamente legato alla comprensione logica-razionale derivata dallo studio della psiche umana: e parlare di logica, condizioni iniziali e conseguenze equivale a parlare di matematica.

    “in un’intervista allo Spiegel Tegmark ha detto di essere consapevole che questa pubblicazione mette a rischio la sua carriera accademica; un collega lo ha persino messo in guardia; ma è il destino naturale di chiunque mette in discussione idee pre-costituite e solidi pre-concetti.”

    ne parla esaudientemente nel libro, e non mi sono mai sentito tanto psicologicamente vicino ad una persona quanto a lui. applica alla curiosità del ‘bambino curioso che vuole sapere’, aperto a qualsiasi veduta senza pregiudizi di sorta, un metodo implacabilmente scientifico e rigoroso.
    Tegmark può dire colossali stronzate, certo, ma in tal caso sarebbe il metodo scientifico ad essere abbattuto e non l’idea di una persona.

    “per ora le sue idee vengono considerate troppo avventurose per essere prese in considerazione.”

    ma anche no, per quanto riguarda la comunità scientifica delle menti più giovani e brillanti.
    certo rispetto all’opinione pubblica e dunque alla divulgazione mediatica che gli va dietro le distanze appaiono ancora enormi.
    tempo al tempo, anche la realtà einstaniana ci ha messo un po’ per attecchire, idem per la meccanica quantistica 🙂
    anzi direi che al giorno d’oggi neppure queste sono ancora comprese dal ‘popolo’, troppo paradossali per una mente scettica che non ha studiato a sufficienza.

    “tempi grandiosi per la cosmologia: il telescopio Bicep2 al polo sud ha appena colto le tracce delle onde gravitazionali che hanno costituito il nostro universo nei suoi primi istanti; ma perfino dire istanti è inadeguato; nel primo miliardesimo di un miliardesimo di un miliardesimo di un miliardesimo di secondo l’universo si è allargato in una dimensione cosmica da quella sub-microscopica che aveva; e le fluttuazioni di questa espansione hanno posto le basi per la formazione delle attuali galassie.”

    notizia che sembrerebbe essere smentita:
    https://terraspazio.wordpress.com/2015/01/31/radiotelescopio-planck-e-i-dubbi-sulle-onde-gravitazionali-primordiali/
    Tegmark non ne fa cenno di tale scoperta: probabilmente aveva intuito che non fosse da considerarsi così attendibile il risultato sperimentale. dice solo che queste onde gravitazionali un giorno ler potremmo scoprire e confermare, e in tal caso avvallerebbero potentemente l’ipotesi inflazionistica.
    un buon punto messo a segno a mio avviso dall’autore: infatti il libro era uscito dopo tale presunta scoperta, ma prima della smentita 🙂

    “ma Tegmark va oltre: non si può parlare soltanto di infiniti universi paralleli: ci sono diverse tipologie di questi universi, una meno facilmente comprensibile delle altre:”

    per ribaidre quanto dicevo sopra, queste tipologie di universi paralleli sono solo la previsione diretta delle teorie, e non un’ipotesi.

    “1. mondi paralleli di primo grado: l’inflazione in cui è consistito il big bang ha creato un’estensione infinita; aldilà dell’orizzonte visibile per l’osservatore terrestre vi è un infinito in cui vi è tutto lo spazio necessario per un numero infinito di universi infiniti; il loro numero è dunque tale, già solo nel primo grado, che ogni mondo possibile secondo le leggi naturali del nostro è anche realizzato.”
    2. mondi paralleli di secondo grado sono popolati da particelle che inter-agiscono fra loro in modi per noi completamente sconosciuti; molte varianti della teoria dell’inflazione prevedono infatti che lo spazio infinito non si è creato una volta sola, ma si crea continuamente e infinitamente cristallizzando in queste infinite bolle create dall’energia originaria infinita altri infiniti universi nei quali vigono leggi della natura differenti.”

    attenzione, qui mi pare che ci sia da fare una precisazione stringente (da quanto ho capito io): soltanto l’ipotesi dell’inflazione eterna porterebbe come conseguenza queste due tipologie di multiverso parallelo. se l’inflazione non fosse eterna, tutti questi universi sarebbero inconcepibilmente enormi ma non infiniti.
    detto questo, per far comprendere meglio la differenza: il primo tipo di universo parallelo in realtà dobbiamo immaginarlo come il nostro stesso universo in spazi incredibilimente distanti, tanto distanti che la luce ancora non ci ha raggiunto dal momento del big bang.
    in buona sostanza il nostro universo è descritto come tutto lo spazio (concentrico?) attorno a noi osservatori che si può teoricamente ‘vedere’ in quanto la luce ha avuto il tempo di raggiungerci (da non confondersi con l’universo visibile in senso stretto, che dipende dalla tecnologia sperimentale utilizzata per l’osservazione: siamo ancora ben distanti dall’osservare tutto l’universo teoricamente visibile).
    gli altri universi di livello 1 non sono altro che tutte le altre porzioni di spazio più distanti da noi di quei 14,8miliardi di anni luce.
    perchè, ricordiamo, che l’inflazione fa aumentare lo spazio e non gli oggetti all’interno quello spazio: pertanto l’inflazione è un processo di espansione che può essere enormemente più rapido della velocità elettromagnetica C imposta dalla relatività generale.
    ma ognuno di questi universi di livello 1 sta all’interno della ‘bolla’ inflazionistica in cui sta dentro anche il nostro universo, e tutti questi universi sono regolati dalle stessi leggi fisiche ‘efficaci’, oltre che dalle stesse leggi fisiche universali.

    per quanto riguarda il livello 2, se supponiamo l’inflazione come eterna e se ce la immaginiamo come un plasma indefinito e infinitamente esteso che si espande in modo indescrivibilmente veloce, ogni multiverso di livello 2 (che sarebbe l’insieme di tutti gli universi di livello uno presenti al suo interno) si presenterebbe come uno ‘strappo’, come una bolla appunto all’interno del quale l’inflazione si arresta (o quasi) permettendo quindi alla materia di condensarsi secondo leggi fisiche ‘efficaci’ del tutto casuali (e mantenendo le stesse leggi universali di fondo). nonostante dunque la smisuratezza di tali multiversi, bisogna constatare che la maggior parte di questi non porta che a masse energetiche prive delle condizioni necessarie per l’aggregazione materiale.
    ricordiamo che anche il livello 2 è la conseguenza della teoria dell’inflazione eterna: se prendiamo buona una cosa dobbiamo prenderci carico anche della conseguenza previsionale teorica.

    “3. mondi paralleli di terzo grado infine sono, secondo le convinzioni di Tegmark, conseguenti alla meccanica quantistica.
    questa è il secondo grande trionfo dea scienza moderna, ma su che cosa significa davvero i fisici discutono sino ad oggi: Tegmark favorisce la lettura secondo la quale ogni possibilità quanto-meccanica si realizza anche effettivamente e, quando le leggi quantistiche permettono diverse possibilità, ognuna di esse si realizza in un universo differente: in questo modo il caso è bandito completamente dalla natura: se a noi appare qualcosa di casuale, questo dipende soltanto da fatto che a noi è accessibile soltanto uno degli infiniti mondi esistenti.”

    si questo terzo livello è connesso con le proprietà rilevate dalla meccanica quantistica. ma attenzione, nascono da un’ipotesi fondamentale: tegmark NEGA la possibilità del collasso della funzione d’onda descritta dall’equazione di schrodinger, come invece vorrebbe l’interpretazione di Copenaghen.
    eliminando il collasso della funzione d’onda, si elimina di fatto il caso dal nostro universo ma bensì lo si ‘clona’ nel multiverso quantistico di livello 3.
    in sostanza, secondo Tegmark (che riprende le tesi di Everett), ogni infinito stato quantico possibile della nostra realtà si risolve in un qualche universo parallelo, e la realtà che percepiamo è un momento-osservatore di uno di quegli universi.
    attenzione sempre che si parte da ipotesi, e se ne deducono conseguenze. Se la funzione d’onda invece fisicamente collassasse come sosteneva la vecchia guardia, non potrebbero esistere tali universi paralleli.
    è un po’ come il presupposto dell’inflazione eterna, necessaria per rendere infiniti i multiversi di livello 1 e 2.

    a ben guardarci, infine, bisogna constatare l’identità concettuale i multiversi di livello 1 e i multiversi di livello 3: entrambi sono tutti gli infiniti stati possibili di un universo regolato dalle stesse leggi efficaci.
    il livello 1 viene ‘rappresentato’ come molto distante da noi, mentre nel caso del livello 3 la rappresentazione è più puramente ‘parallela’ e sfuggente, dal momento che ogni possibilità di stati diversi implica una biforcazione, una specie di clonazione in due universi distinti per quel risultato ed identici su tutto il resto.
    ma di fatto, per quello che è descrivono, multiverso di livello 1 e 3 sono assolutamente sovrapponibili.

    vediamole come due previsioni, scaturite da modelli matematici fisici diversi (quello gravitazionale e quello quantistico), che convergono sul medesimo risultato.

    “4. mondi paralleli di quarto grado: questi, a differenza degli altri tre tipi, che sono ipotizzati anche da altri ricercatori, sono introdotti esclusivamente da Tegmark.”

    si questa tipologia di multiverso parallelo è la base della teoria di Tegmark. in sostanza dice che, nell’ipotesi che esista una realtà esterna e che questa realtà esterna sia in realtà pura struttura matematica, ALLORA qualunque sistema matematico coerente può essere rappresentativo di un tipo di universo.
    ed il nostro multiverso di 4 livello non è altro che una di queste strutture matematiche.

    forse è un po’ velleitario come proposito, ma implicitamente quello che suggerisce Tegmark è che teoricamente andando a calcolare, tramite l’utilizzo di computer e AI avanzate, tutte le possibile strutture matematiche coerenti, possiamo risalire al nostro ‘indirizzo’ universale semplicemente andando a verificare sperimentalmente ognuna di queste ipotesi: trovata la teoria che matcha, abbiamo trovato la nostra posizione relativa all’interno dell’infinità dei multiversi.

    la differenza rispetto all’approccio sicentifico classico è che non si ricerca più il modello migliore che descriva il nostro universo, ma si ricerca piuttosto la struttura matematica migliore che lo possa fisicamente realizzare, ad esempio attraverso una teorica simulazione virtuale.
    ora forse capisci meglio perchè mi sento tanto vicino alle teorie di Tegmark: mi verrebbe da dire che anche lui come me, in sostanza, considera il reale come ‘software’, come pura informazione privata di qualsiasi tipo di sostanza concreta. solo numeri e relazioni tra numeri.

    “la domanda da cui iniziare è perché i fenomeni della natura si lasciano rappresentare in forma matematica e l’universo appare in forma matematica tanto più pura, quanto più ci si avvicina alla sua origine. Tegmark potrebbe semplicemente pensare che questo dipende da fatto che quanto più ci allontaniamo da presente osservabile, tanto più necessariamente prendono spazio gli aspetti astrattamente teorici.
    invece, secondo lui, quando i fisici saranno arrivati a comprendere gli ultimi enigmi, la natura si risolverà completamente in matematica e capiremo che la matematica non descrive soltanto l’universo, ma È l’universo stesso, o meglio, l’universo si lascia descrivere matematicamente perché è esso stesso pura matematica.”

    già spiegato, probabilmente male, sopra. ci riprovo: Tegmark – come tutta la fisica – utilizza come approccio di studio il metodo scientifico: ed è proprio a partire dal metodo scientifico, applicandolo rigorosamente e completamente, che si giunge alla conclusione di un universo matematico.
    diversamente, se NON utilizzassimo il metodo scientifico, potremmo sostenere qualunque altra cosa, ma in tal caso rientreremmo nella sfera della fede e dell’irrazionale.

    il salto in più che fa Tegmark, e lo comprendo bene, è che SE SUPPONIAMO che esiste qualcosa al di fuori nel mondo esterno e se noi esseri umani ne facciamo parte interagendo esattamente secondo quelle che ci appaiono essere le leggi fisiche universali (idea avvalorata dell’avanzata sperimentazione scientifica ed il conseguente fine tuning di cui accennavo prima), ALLORA l’universo non può che risolversi nella matematica, ovvero nella struttura relazionale intrinseca allo stesso modello matematico adottato (come ad esempio le proprietà di simmetria, in cui la variazione di un parametro lascia invariato il sistema iniziale)

    certo che se non riteniamo l’esistenza di un qualcosa di esterno, oppure se non riteniamo che questo qualcosa sia correlato alla nostra realtà contestuale, allora le cose cambiano. ma non avrebbe più alcuno senso studiare la scienza, o meglio la scienza non ci direbbe più alcunchè del reale.
    Tegmark non nega questa eventualità, semplicemente non ne parla perchè non ci porta da alcuna parte.

    “ma, se ogni legge matematica rappresenta un universo, perché questo non dovrebbe valere per ogni matematica possibile?”

    vale invece per ogni matematica possibile, secondo Tegmark, in un qualche universo di livello 4 differente dal nostro.
    potrebbe insomma esistere flatlandia secondo lui 🙂
    in qualche modo associa l’esistenza alla fattibilità e alla coerenza di un qualsiasi sistema logico.

    “se ogni sistema matematico chiuso deve essere osservato come un mondo realmente esistente, la matematica stessa è dunque la madre di tutti gli universi: universi infiniti nei quali esistono matematiche differenti.”

    ecco si esatto, facevo meglio a leggere anche questo prima di scrivere sopra 😛

    “i matematici sono artisti, conclude Tegmark, la matematica stessa è un’arte: con così pochi simboli riesce a dire tanto: non è questa l’essenza stessa dell’arte?”

    Tegmark, ed io lo sostengo in pieno, sostiene che la mente umana, o meglio qualsiasi mente in generale che possa costruire sistemi logici coerenti, di fatto sono creatori dell’universo stesso.
    e come gli si può dar torto? se non esistesse un osservatore l’universo di ridurrebbe ad un mucchio di dati irrilevanti.
    è il pensiero, e specialmente il pensiero razionale per Tegmark (mentre per me è la vita in generale), che dà forma e struttura ad un universo altrimenti caotico e di per sè insensato.

    chiudo con l’ultima stoccata che mi fatto venire la pelle d’oca.
    osservando il nostro universo come se fosse una struttura matematica di tipo frattale, possiamo concepire come esso si possa risolvere con una formula matematica generale semplicissima, ma allo stesso tempo se lo vogliamo descrivere sotto un qualsiasi punto di vista prospettco interno al sistema stesso abbiamo bisogno un un’informazione via via sempre maggiore: insomma più si va nel dettaglio e nello specifico, più l’informazione intrinseca per descriverlo diventa grande.

    “sul tavolo di lavoro di Tegmark stanno le immagini dei suoi cinque artisti preferiti: Maxwell, Friedmann, Schrödinger e due volte Einstein.”

    questo non c’era sul libro 🙂
    non lasciava trasparire la sua ‘preferenza’ per l’opera Einsteniana, ma non mi stupisce sal momento che la relatività generale è considerara all’unanimità da tutti i teorici come la forma più squisita di arte matematica applicata alla scienza.

    • tieni conto che questo post fu scritto sulla semplice scorta di un articolo dello Spiegel, e non del libro intero che hai letto tu.

      tu in questo commento hai condensato un post (o forse tre, addirittura) molto piu` ampio, documentato (e anche difficile) del mio).

      1. su tutta la prima parte sulla coscienza evito di intervenire: l’articolo che ha suscitato il post non ne parlava e neppure io nel post.

      meriterebbe un post a parte, solo su questo punto.

      ma aspetto di leggere il libro.

      2. devo precisare uan cosa, su cui mi pare di avere avuto di recente una pesante disputa con qualche altro commentatore, ma non ricordo di piu`.

      quando si parla di teoria scientifica se ne parla nel senso che da` Popper alla parola: una teoria scientifica e` semplicemente un tentativo globale di dare un senso al tutto; teoria della relativita` non significa che la realativita` non sia vera.

      si chiama teoria scientificamente soltanto perche`, per il suo carattere generale, non vi sono singoli esperimenti che possano convalidarla o smentita nel suo insieme, ma soltanto esperimenti che riguardano suoi punti specifici.

      e quindi, in assenza di una verifica sperimentale diretta restera` semppre teoria nella definizione.v

      quindi, perdonami, ma credo che Tegmark sarebbe proprio d’accordo con me su questo uso della parola, diverso da quello che se ne fa nel lunguaggio comune… 😉

      pero`, a parte questa precisazione, non vedo altri motivi di dissenso sul punto degli universi.

      3. sull’ultimo punto, mi pare che Tegmark non si renda conto che la moltiplicazione degli infiniti universi alla fine toglie loro l’esistenza e lascia soltanto la probabilita`.

      ma anche su questo punto mi riservo di tornare, di nuovo, solo quando avro` letto il libro.

      • sul punto 2 non ti segno bene:
        “una teoria scientifica e` semplicemente un tentativo globale di dare un senso al tutto; teoria della relativita` non significa che la relativita` non sia vera.”
        forse intendevi dire che SIA vera, altrimenti non ho capito.

        da quanto ho capito invece Tegmark è proprio convinto nell’associare la teoria – o meglio non la teoria (che è descrittiva e codificata) ma bensì proprio il costrutto matematico depurato dai formalismi del linguaggio – all’esistenza stessa, è essa che determina completamente tutti i fenomeni fisici.
        se ho ben capito Tegmark non la pensa come Popper in questo senso.
        Benchè lo citi spesso, in particolare quando nega la scientificità di qualsiasi teoria che non possa essere falsificabile.

        per conto mio, mi affascina molto la sua conclusione e intuitivamente la avvallo come dicevo, tuttavia riconosco l’assoluta gratuità nell’identificare una mappa con il territorio che essa rappresenta.
        da questo punto di vista Tegmark fa un passo più lungo della gamba, fa un salto di fede (ma lo fa già nel momento in cui presuppone l’esistenza di una realtà esterna fisica)
        può anche essere che abbia capito male io qualcosa, poi quando l’avri letto mi dici che ne pensi 🙂

        sul punto 3, Tegmark un po’ come Einstein non concepisce il caso all’interno della scienza (anche se non lo dice esplicitamente). tutto per lui deve essere determinato secondo una qualche precisa logica matematica.
        d’altro canto accosta la fisica all’arte, e tutti gli artisti credono a loro modo in Dio, che nel peggiore (o migliore?) dei casi è la loro stessa arte.

        pensa Tegmark che abbozza verso la fine una vaga ipotesi/dubbio sul fatto che lo spazio/tempo del nostro universo non sia discreto, associabile solo ai numeri razionali.
        fa un ragionamento infatti sulla quantità di informazione presente in un costrutto logico: non è infatti possibile descrivere un modello matematico coerente e finito che contenga l’infinità continua di informazione propria di un qualsiasi numero reale o complesso.

        è molto più radicale di me 🙂

        ma questo deriva secondo me da un’iintuizione impressiva, non credo sia dimostrabile.

        • teoria della relativita` non significa che la relativita` non sia vera.

          queta frase e` corretta.

          nel lingiuaggio comune teoria e una elucubrazione mentale che ha scarso rapporto con la realta` e dunque non e` vera nel senso di aderente al reale.

          nel linguaggio scientifico vale quello che ho gia` scritto: una teoria e` una elucubrazione metale complessiva sul funzionamento della natura che attende la verifica sperimentale e difficilmente la trovera` in forma diretta perche` si estende a molti aspetti del reale.

          quel che dici di Tegmark al punto 2 lo rende difficilmente accettabbile in campo scientifico e aiuterebbe a capire le sue difficolta`, che – se le cose stanno cosi` – sarebbero ampiamente giustificate.

          ma aspettiamo di lggere il librio.

          3. capisco a questo punto le due fotografie di Einstein nello studio di Tegmark.

          peccato: di Einstein recupera proprio l’aspetto deteriore, che ha rappresentato una palla al piede della ricerca scientifica per decenni: la cattiva eredita` dell”Einstein svevo e materialista, che ha cercato di salvare la realta` dalla crisi della fisica… 😉

          ma aspetto di leggerlo (anche se sono gia` un po’ meno motivato…

          • “nel linguaggio scientifico vale quello che ho gia` scritto: una teoria e` una elucubrazione metale complessiva sul funzionamento della natura che attende la verifica sperimentale e difficilmente la trovera` in forma diretta perche` si estende a molti aspetti del reale.”

            ok ora mi è più chiaro!
            beh l’elocubrazione mentale deve avere un certo rigore logico-matematico per poter essere accettato come teoria, altrimenti si sfocia più nella fantasia. no?

            “quel che dici di Tegmark al punto 2 lo rende difficilmente accettabbile in campo scientifico e aiuterebbe a capire le sue difficolta`, che – se le cose stanno cosi` – sarebbero ampiamente giustificate.”
            parlo per quello che ci ho capito/intepretato, e considera che avendo già pensieri che tendevano in quella direzione potrei aver dato un colore eccessivo, o forse pure sbagliato al testo originario 😉
            non si discute di noccioline ehehe

            “peccato: di Einstein recupera proprio l’aspetto deteriore, che ha rappresentato una palla al piede della ricerca scientifica per decenni: la cattiva eredita` dell”Einstein svevo e materialista, che ha cercato di salvare la realta` dalla crisi della fisica… 😉

            ma aspetto di leggerlo (anche se sono gia` un po’ meno motivato…”

            sapevo che ti avrebbe demotivato. ti ho pensato mentre leggevo quelle pagine: “chissà che ne penserebbe borto di questo!” 😀

            ma si tratta di qualche pagina, su quasi 450 😉
            mi è venuta la curiosità mi vado a rivedere quei passaggi!

        • Come non dare ragione a Krammer… Anche io ho interpretato in questo modo il libro di Tegmark, che è a mio parere uno dei più illuminanti nella divulgazione scientifica della fisica cosmologica. Ho amato Lawrence Krauss e poi Brian Greene, ma con Tegmark si va oltre, a prescindere che le estreme conseguenze delle Attuali teorie ritenute adatte a descrivere i fenomeni della fisica delle particelle e cosmologica, possano sembrare ‘eretiche’ al pensiero comune, ed anche a certo pensiero scientifico.
          A mio parere uno dei problemi, non detti da Tegmark, è che ci stiamo scontrando in alcuni punti con i limiti propri della capacità umana di comprendere. Un esempio pratico, a prescindere se la teoria delle superstringhe sia corretta o meno, è la nostra incapacità, a prescindere dalla capacità computazionale che potremmo raggiungere grazie ai calcolatori, di descrivere tutte le possibili vibrazioni, in numero variabile di dimensioni, all’interno degli spazi di Calabi Yau. Temo che la Realtà sia a strati, e possiamo togliere strato dopo strato ma, arrivati ad un certo punto ci scontriamo con la nostra incapacità intellettiva, il caso delle singolarità è di scuola. Esistono, non esistono, lo spazio è discreto, le particelle non sono di dimensioni zero, ma abbastanza ‘grandi’ da poter domare gli infiniti che altrimenti ne deriverebbero?
          Di sicuro Tegmark ci porta a pensare, a pensare che la Realtà, qualunque cosa significhi ‘Esistere’ e percepire come osservatore facendo parte dello stesso sistema osservato, è qualcosa di molto più complesso della nostra vita quotidiana per cui ci sbattiamo, qualcosa di più complesso, probabilmente, di qualunque cosa possiamo anche solo provare ad immaginare.

          • ciao, bello che arrivi questo commento così approfondito sei anni dopo!

            non so se hai cliccato prima di mandarlo sulla richiesta di notifica della risposta e se dunque la leggerai :mi auguro che in qualche modo comunque tu possa tornare qui per la risposta

            il tuo commento mi risulta riferito a quello di Krammer del 9 febbraio 2015, che diceva di non seguirmi bene sul punto 2, ma contiene anche delle riflessioni sul punto 3.
            ma nella discussione successiva sul punto 2, poi ci siamo spiegati e Krammer ha capito che parlavo di teoria scientifica di Tegmark usando il linguaggio scientifico e non quello comune, e dunque non per dire che non fosse vera. devo quindi pensare che tu stia dando ragione a Krammer per quel che dice nel punto 3, piuttosto?

            a parte questo piccolo dubbio irrisolto, il tuo commento è molto approfondito ed illuminante e condivido completamente che “la Realtà, qualunque cosa significhi ‘esistere’ e percepire come osservatore facendo parte dello stesso sistema osservato, è […] qualcosa di più complesso, probabilmente, di qualunque cosa possiamo anche solo provare ad immaginare”.

            credo che dobbiamo proprio approfondire preliminarmente che cosa significa realtà e che cosa significa “esistere”: provare ad arrivare alla vertiginosa ipotesi che l’esistenza sia soltanto una delle categorie con cui la mente umana interpreta l’esperienza, che possa essere una forma di bias cognitivo.

            non solo il tempo sarebbe dunque una categoria del pensiero e non della forma in cui percepiamo la realtà, ma l’essere stesso. perché la realtà potrebbe stare oltre.

            ti posso segnalare che le discussioni con Krammer e altro continuano su questi temi anche sei anni dopo?

            ecco l’ultima: https://corpus2020.wordpress.com/2021/05/18/a-proposito-di-collassi-di-funzioni-donda-fabio-mombelli-210/

            non metto altri link per non finire nello spam…

            e grazie ancora di questo brillante aggiornamento del dibattito!

            • Ciao corpus,
              sì avevo messo le notifiche anche se non ero sicuro qualcuno avrebbe risposto dopo anni. Personalmente ho letto il libro di tegmark solo l’anno scorso, sebbene sia uscito nel 2014 in italiano.
              Devo dire che arrivai a lui vagando nella rete alla disperata ricerca di una fonte cui dissetare i tanti dubbi formati nella mia mente dopo le mie letture e infinite riflessioni. Naturalmente, Tegmark riesce a dare forma con un rigore scientifico e letterario da rendere comprensibile ai più i suoi ragionamenti, ma mi sono accorto che tante mie vaghe intuizioni potevano trovare comodamente posto all’interno di una struttura ordinata. Insomma, se ci hanno pensato degli scienziati di grande calibro, non saranno tutte stupidaggini.
              L’argomento essenziale è stato quello del suicidio quantistico, che porta, inevitabilmente, alla immortalità quantistica (e tutti i suoi paradossi come i cervelli di Boltzmann ecc.). Non riuscivo a togliermi dalla mente che, se la fisica quantistica è vera, ed io non credo al collasso, non per motivi esoterici, ma semplicemente perché non si spiega perché debba avvenire, allora il gatto è sia vivo che sia morto, MA, dal SUO (del gatto) punto di vista, esso, per definizione, essendo osservatore, DEVE essere vivo. E gatto, sappiamo bene, è solo sinonimo di osservatore, quindi possiamo parlare tranquillamente, e a maggior ragione, di uomo cosciente.
              Dirò di più, e qui sfociamo proprio nell’eresia più totale, ma tant’è: A mio modo di vedere, TUTTA la nostra linea di universo quantistico, che NOI, come singolo, sperimentiamo (la tua, di krammer, o dell’omino verde che abita su Andromeda), esiste, nel suo passato, presente e futuro (poiché il tempo è solo una categoria di pensiero con cui il nostro cervello interpreta la dimensione tempo), solo in quanto c’è la singola (nostra personale) coscienza ad osservarlo.
              Mi spiego meglio, o almeno ci proverò. Noi riteniamo che prima di noi, quando non c’eravamo, c’erano di dinosauri, i nostri antenati cavernicoli, i cianobatteri a popolare la Terra, e tutti gli eventi astrofisici che portarono alla formazione del Sistema solare. Orbene, ma se NOI, non fossimo esistiti, ORA, ad osservarne l’esistenza, TU e Krammer, credo converrete che TUTTI quegli eventi e le loro infinite variabili quantistiche, sarebbero rimaste confuse nel limbo della probabilità, quindi nell’insieme del multiverso quantistico. E’ solo la nostra percezione che ci rende partecipi di una linea quantistica apparentemente ‘collassata’. Se questa percezione svanisse, la nostra linea quantistica perderebbe il suo significato. Un universo senza osservatori, per estensione, di fatto non esiste.
              Attendo vostre controdeduzioni, se vorrete farne.

  2. Pingback: fuoriblog dal 22 al 28 maggio 2021 – 232 – Cor-pus 2020·

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