cominciamo dalla scoperta piu` importante e socialmente utile: e ve la racconto attraverso la sorpresa di 5 minuti fa, di sentire parlare in italiano due ragazze appena arrivate nella camerata dell’ostello; ma che dico in italiano? in veneto, addirittura; infatti sono di Vittorio Veneto, paese credo a 10 km da Conegliano, dove sono nato io.
loro sono qui per cercare lavoro: la Nuova Zelanda, gia` lo dicevo in un post precedente, e` un paese molto aperto: intanto ti da` un visto di un anno, per cercare lavoro, poi, se in questo anno lo trovi, il visto diventa permanente.
ottimo no, per sfuggire dall’Italia? le due ragazze condividono.
mi sembrano perfino piu` aperti dell’Australia, dico, ma una ragazza dice di no; infatti e` gia stata in Australia un anno con lo stesso sistema.
si`, pero` adesso sei qui, ho pensato, senza dirlo ad alta voce, perche` la mia indole polemica la riservo al blog e ai commenti… 🙂
comunque il tema del post sara` proprio questo: le differenze che riscontro fra l’Australia e la Nuova Zelanda e che ho imparato oggi, dato che questo e` stato proprio il tema (a sorpresa) della giornata.
* * *
ma prima una divagazione, a proposito di un commento sul post precedente, ricevuto via mail:
Non riesco a capire quanto segue.
Commento: ma adesso esco, se no mi perdo il tramonto, ore 05.45 nostre, quindi, secondo le dieci ore, le tue 15.45.
Ma il sole non è tramontato poco dopo le 18?
Hai raggiunto un luogo particolare per vederlo?
Riesci a vedere anche il raggio verde?
ebbene si`, il tramonto volevo andarlo a vedere in un posto particolare, che non avevo ancora visto, e che era piuttosto lontano dall’ostello, l’Auckland Domain, un grandissimo parco che si estende ad est del centro della citta`.
sono stato ampiamente ripagato della scelta, perche` il parco, rivelatosi difficile da raggiungere la prima volta perche` separato dal resto della citta` da ampie superstrade apparentemente invalicabili normalmente, porta a risalire un’altura, che potrebbe essere un antico rilievo vulcanico, dal quale la vista spaziava sul mare antistante al porto e rivelava Devonport, di fronte, che avevo visitato la mattina, e il basso cono vulcanico di fronte a lui.
ma io neppure riconoscevo la zona perche` visitarla senza guida si e` rivelato un grave errore: non avevo affatto capito, infatti, che tutta Davenport e` una penisola abbastanza sottile e che io ne avevo percorso un lato senza rendermi conto che a poche centinaia di metri, dalla parte opposta, c’era il mare di nuovo: roba da far venire la voglia di tornarci la seconda volta per vedere l’altra costa, se solo mi si regala una giornata di sole altrettanto bella e se mi si garantisce che e` affascinante come la prima.
poi la storia del raggio verde mi dovra` essere spiegata meglio, ma certo c’era qualcosa che gli assomigliava parecchio in questo tramonto smagliante: un pezzetto di arcobaleno, basso sulla collina, direi di soltanto una quindicina di gradi, ma brillantissimo, e inspiegabile, dato che non c’era pioggia e il cielo era abbastanza sereno.
tornando ho poi scoperto la stazione ferroviaria, neppure troppo lontana dall’ostello, e oggi ho approfondito con la guida le notevoli possibilita` di viaggiare in treno in questo paese, dove sembra obbligatorio noleggiare un’auto a prezzi da capogiro per vedere qualcosa fuori dalla capitale: e invece usero` il treno, pur sempre caro, ma insomma, meno di un’auto a noleggio, per non dire della comodita`.
la Nuova Zelanda, infatti, e` incredibilmente cara (a parte gli ostelli per sgarruppati come quello dove sto io e i dolci; mi spiace per il mio diabete latitante e spero che non prenda la scusa per rifarsi vivo): fate conto che tutto costi il TRIPLO che da noi in Italia; vi do solo un assaggio: noleggiare una bici costa 20 euro ogni mezza giornata.
* * *
in questo contesto i 24 euro del biglietto d’ingresso del Museo di Auckland non fanno neppure spavento, solo un poco di rabbia, considerando che vengono chiesti solo agli stranieri, e dagli abitanti locali ci si aspetta una offerta libera.
ho scelto il museo, i musei li ho piuttosto trascurati sinora in questo viaggio, perche` la giornata era grigia e senza splendore, e infatti sono arrivato, ripetendo in modo piu` facile il percorso del tramonto di ieri, ora che lo avevo imparato, che aveva proprio comiciato a diluviare.
mi si era anche scaricata la macchina fotografica, ma quando ho scoperto che fotografare nel museo era libero, ho chiesto se me la facevano caricare, grazie alla riduzione trovata al primo negozio di computer a 10 metri dall’ostello, che e` la prima cosa che ho fatto stamattina al risveglio dopo 12 ore di sonno filato.
al guardaroba del museo si sono fatti in quattro per consentirmi di collegare macchina e cavetto alla presa di corrente, e anche questa e` civilta`; quindi io ho visto il museo due volte, la prima aspettando che la macchina si caricasse, e la seconda per fare le foto.
ne valeva la pena.
* * *
intanto i musei sono in realta` tre in uno, cioe` uno per piano: il museo dedicato alla civilta` dei maori al pianterreno, il museo naturale al primo piano, e il museo di storia al secondo.
l’impatto con la civilta` dei maori e` stato straordinario, e` una cultura molto piu` ricca e complessa di quello che immaginavo, ma per dare un ordine logico alla mia esposizione partiro` invece da quello che ho imparato al primo piano.
dove intanto mi sono anche molto divertito nella sezione dedicata ai vulcani.
* * *
qui prima si illustra in otto pannelli tutti i motivi per cui il vulcanesimo e` importante e positivo per lo sviluppo della vita sul nostro pianeta: io mica lo sapevo che le rocce hanno nei tempi geologici la capacita` di assorbire l’anidride carbonica che e` essenziale per la fotosintesi clorofilliana e che, se non ci fossero i vulcani a riciclarla dalle rocce all’atmosfera, la vita sulla Terra si sarebbe spenta da un pezzo: ma a sua volta il vulcanesimo dipende dalla tettonica a zolle, per cui un pianeta privo di questo fenomeno non e` adatto allo sviluppo di una vita di tipo terrestre.
ma il divertente evidentemente non e` qui: sta in una stanza dove e` raffigurata una possibile eruzione vulcanica davanti a Devonport, esattamente a meta` strada fra il piccolo basso vulcano formatosi 6.000 anni fa e la costa che ho visitato proprio ieri.
tutto e` molto realistico: c’e` un telegiornale che sembra vero, con l’intervista ad un esperto, che e` un professore di vulcanologia dell’Universita` di Auckland, ma la trasmissione salta quando il mare comincia a bollire e vi e` una scossa di terremoto dal vero, che agita un bel po’ anche gli spettatori sulle sedie, mentre si spegne la luce.
seguono poi le immagini dell’eruzione e dello tsunami di fango bollente che spazza via Devonport correndo verso lo spettatore.
e alla fine una scritta ricorda che tutto questo e` solo questione di tempo: la domanda non e` se, ma quando.
infatti questi geniali neozelandesi la loro metropoli l’hanno costruita in mezzo a un vero e proprio campo vulcanico, dove stanno qualche decina di piccoli coni vulcanici, ovviamente spenti, e in parte anche demoliti per costruire la citta`.
e una citta` nell’isola meridionale, Christchurch, e` stata anche semi-distrutta da due violentissimi terremoti nel 2010 e 2011, mentre le scosse di assestamento continuano.
d’altra parte tutta l’isola e` vulcanica e non ci sono molte alternative, se si vuole vivere qui.
* * *
ma la seconda cosa che ho imparato e` che, non so voi, ma io ho sempre visto la Nuova Zelanda come una specie di appendice dell’Australia che si era staccata da lei nella deriva dei continenti, finendone ben distanziata.
niente di piu` sbagliato dal punto di vista geologico: lo sapevate che la Nuova Zelanda e` la piccola parte emersa di una piu` grande zolla terrestre che rappresenta in micro-continente a se stante?
io no di sicuro.
quando Gondwana, il megacontinente originario, comincio` a spezzarsi, la Nuova Zelanda era collegata alla zolla antartica, di cui rappresentava la parte meridionale, mentre l’Australia ne era la parte nord-orientale e comincio` a separarsene 10 miliardi di anni dopo.
nelle decine di miliardi di anni successivi le due zolle se ne andarono per conto proprio e finirono per avvicinarsi vagamente, ma questa storia spiega come mai in Nuova Zelanda vi fossero una flora e una fauna originaria molto diverse da quelle dell’Australia.
infatti la Nuova Zelanda si separo` da Gondwana prima che cominciassero a nascere i mammiferi e ne era completamente priva; l’Australia se ne stacco` dopo, all’inizio del processo di formazione dei medesimi, ed ecco perche` in Australia ci sono i marsupiali, totalmente assenti in Nuova Zelanda.
c’era il moa gigante, invece, una specie di emu`, quasi, alto tre metri, che aveva tentato di andare ad occupare la nicchia ecologica dei dinosauri, ed estinto forse addirittura solo poco piu` di un secolo fa.
* * *
qualcosa di analogo avviene sul piano storico e delle civilta`.
tra i maori della Nuova Zelanda, estesi per influenze linguistiche, oltre che nell’intera Oceania insulare, dal Madagascar alla Malesia, dall’Indonesia orientale alle coste del Vietnam, e gli aborigeni dell’Australia non c’e` nessuna parentela linguistica ne` culturale.
e quella dei maori appare una cultura molto piu` sviluppata, come mostrano le due imponenti strutture architettoniche trasportate nella sala iniziale del museo, la ricchezza di motivi decorativi, la creativita` delle sculture.
insomma, per quanto massacrati e violentati dalla conquista britannica, i maori hanno lasciato tracce sorprendenti per un viaggiatore incolto come me, che impara viaggiando.
* * *
ma questa differenza sta forse anche alla radice di un modo profondamente diverso di rapportarsi in Nuova Zelanda con la cultura dei popoli originari; mentre gli aborigeni australiani, forse anche per il carattere piu` primitivo della loro civilta`, sono tuttora sostanzialmente emarginati nelle riserve, i maori costituiscono una seconda componente riconosciuta a tutti gli effetti nella vita dello stato neozelandese: ad esempio, nel secondo dei grandi edifici della prima sala del museo si susseguono ininterrottamente classi di alunni maori in visita, a cui per l’occasione viene rafforzata la conoscenza della loro lingua originaria.
eccoli che cantano o recitano scenette, sotto la guida di un maestro, in museo in cui peraltro tutte le scritte sono prima in lingua maori e poi in inglese.
pero` devo ammetterlo con dispiacere e deludero` tutti coloro che continuano a guardare ai maori attraverso il filtro di Gauguin: i maori moderni sono un popolo irrimediabilmente obeso.
comunque un motto sigilla questa politica che non e` di assimilazione, ma di integrazione: uno stato e due popoli (per non parlare delle decine di popoli presenti nella variegata immigrazione neo-zelandese).
rifletto a quanto potrebbe essere diversa la storia della Palestina, dove e` avvenuta, in tempi piu` recenti, una simile conquista da parte di una popolazione immigrata con la violenza che ha imposto il suo dominio al popolo palestinese originario, se anche li` si fosse capaci di arrivare ad una visione simile; la stessa che ha spento terrorismo e separatismo in Sued Tirol, almeno per qualche decennio, perche` che cosa possa riservare il futuro non si sa.
* * *
dovrei parlare anche della sezione storica, ma lo faro` in futuro, attraverso i commenti ai videoclip: voglio solo ricordare una cosa che mi ha molto colpito al terzo piano del museo, ed e` il cenotafio virtuale, un database nel quale sono inseriti i nomi di tutti i soldati neozelandesi caduti nelle guerre che il paese ha affrontato, compresa la guerra nel Vietnam, che qui viene ancora giustificata come guerra per la liberta`, purtroppo.
questi nomi non sono quindi soltanto incisi sui pannelli di marmo di una galleria dell’onore e della memoria che attraversa il secondo piano, e non sono pochi i caduti, dalla guerra di Crimea, alla guerra civile americana, perfino, per non parlare delle due guerre mondiali, e come dimenticare Gallipoli?
ma commuove il pannello lasciato vuoto, con la scritta in fondo: non lasciate che anche questo si riempia di nomi.
i nomi che nei pc della biblioteca puoi cliccare, per risalire alle notizie di base che restano di ciascuno di quei caduti, che sono ancora piu` vivi e toccanti per questo.
* * *
la giornata e` quasi passata: scendo alle serre chiamate Wintergarten, per sedermi a mangiare sotto un ciuffo di piante carnivore qualcosa preso alla partenza in un supermercato, mentre per un quarto d’ora sperimento da capo il clima caldo e umido della prima parte di questo mio viaggio.
poi non mi resta che tornare a casa, nel vento freddino, per la via del mare, o meglio di una baia, Hobson Bay, che pero` e` stata rinchiusa da terrapieni per il passaggio della ferrovia ed e` oggi una riserva di uccelli.
il grigio della giornata annera, ma arrivo alla mia provvisoria stazione dormitorio che ancora c’e` luce, quella di una giornata bella perche` mi ha insegnato molte cose.
e spesa bene e` la giornata che ti insegna anche una sola cosa sola che non sapevi.
Che interessante….davvero!
Grazie….
grazie del commento a te, piuttosto.
e` bello che qualcuno trovi interessante quello che si scrive.
tu che scrivi di Gondwana e tettonica a zolle e geologia… santi numi! il mio pane 🙂
si`, ma con qualche errore, dice Krammer… 🙂
non importa, ti perdono, solo che mi emoziona sempre qualcosa che mi ricorda la passione antica e la vita che non ho potuto vivere…
non hai potuto vivere del tutto, diciamo.
che e` poi il nostro destino comune.
tuttavia io ho usato il blog per riprendere le mie ancirche passioni filologiche…
devo finire di leggerlo, sono arrivato a metà circa ora ho poco tempo.
certo che, Mauro, hai parlato tanto di effetto serra e non conoscevi niente sul ciclo millenario del carbonio?!? sono francamente stupito, i fenomeni si tengono a braccetto!
non è propriamente vero che le rocce hanno la capacità di fissare l’anidride carbonica presente in atmosfera (qualche roccia forse lo può fare, in modo assolutamente irrisorio): c’è un dettaglio di mezzo, tra i gas e le rocce, la vita!
sono gli organismo viventi che, così come liberano ossigeno dalla già citata fotosintesi, utilizzano il carbonio (e non solo il carbonio, anche il silicio) per utilizzarlo nei propri organismi, i particolar modo nei microscopici gusci, tipo le strutture formate nelle barriere coralline ma anche come il plancton attuale.
sono gli esseri viventi, minuscoli ma al tempo stesso enormemente diffusi ovunque sul nostro pianeta (lo sapevi che, si stima, sommando la massa di tutti i batteri presenti sulla terra, si potrebbe ricoprire il globo intero per un’altezza di una decina di metri? e conosciamo ancora pochissimo sui batteri…) che poi morendo e depositandosi al suolo creano i sedimenti dai quali, con i milioni di anni, si creano le rocce.
rocce che poi, grazie ai movimenti tettonici, scivolano costantemente sotto le zone di subduzione ai margini delle varie placche continentali e quindi, in parte, ritornano in atmosfera sotto forma di gas espulsi dai vulcani (e lo sapevi che tutto questo, sia il ciclo del carbonio sia la tettonica a placche, sono conoscenze affermate solo dagli anni settanta in poi? per questo dico che le scienze della terra sono ancora agli albori, sappiamo un sacco dell’universamente grande e piccolo, ma veramente poco dei processi fondamentali del nostro ecosistema).
il carbonio certo non è mai mancato, così come il silicio, fin dai primordi della formazione del pianeta.
l’acqua invece, che conteneva tutto il nostro ossigeno, pare sia arrivata dopo, grazie forse alle comete. ossigeno, allo stato di gas, non ce n’era.
dall’origine della vita procariota (circa 3 miliardi e mezzo di anni fa) fino alla vita complessa eucariota (500-600 milioni di anni fa, prima con la fauna ediacariana e poi con l’esplosione del cambriano da cui tutto discende) ci sono 3 miliardi di anni di relativa staticità, dal punto di vista evolutivo: è stato in quel lasso di tempo che la vita semplice, esclusivamente acquatica, ha creato tutti i presupposti per la successiva esplosione della vita complessa.
per 3 miliardi di anni la vita erano stromatoliti e organismi affini, composti per lo più da microscopici cianobatteri – organuli attualmente presenti anche dentro tutte le piante, inventori della fotosintesi – che si limitavano a ‘mangiare’ CO2 per scomporla in energia e carbonio ‘da costruzione’, cacando letteralmente fuori ossigeno, al tempo non presente in atmosfera, oltre che estremamente tossico per la vita.
per 3 miliardi di anni la vita sulla terra non usava l’ossigeno bensì l’abbondantissima anidride carbonica, la quale pian piano, pian piano, venne a diminuire sempre di più nell’atmosfera, diminuendo anche l’effetto serra (faccio notare che la radiazione solare media, a quei tempi, era molto ridotta rispetto ad oggi: ciò nonostante mancando lo strato d’ozono arrivanano proiettili di raggi gamma che bene non facevano, e al tempo stesso facilitavano la variabilità genetica)
viceversa, in 3 milioni di anni l’ossigeno è passato dallo zero al 30-35% (oggi si è assestato al 21%)
era diminuito a tal punto, l’effetto serra, che il pianeta arrivò sul punto di congelarsi completamente: c’è stato un periodo, stimato tra gli 800 e i 600 milioni di anni fa, che è chiamato cryogeniano, e c’era ghiaccio ovunque.
guarda caso, dopo quel periodo di glaciazione estrema e assoluta, dal disgelo comparve la prima vita complessa eucariota, e in breve nel giro di pochi milioni di anni esplose letteralmente ovunque e in mille forme.
come si scongelo il pianeta? lentamente, grazie ai vulcani pare.
essendo quasi tutto congelato, oceani compresi, anche l’abbondantissima vita primitiva che assorbiva CO2 era drasticamente diminuita, perciò pian piano il ciclo dei carbonio permise di reimmettere in atmosfera quel minimo di gas serra sufficiente a riportare la temperatura a livelli sufficienti.
naturalmente, avendo quella glaciazione ‘sterminato’ la maggior parte degli organismi originari che dominavano la terra, dopo lo scioglimento si liberarono un sacco di nicchie da ripopolare con la vita complessa. senza estinzioni di massa, insomma, non c’è spinta evolutiva.
infine, dal momento che la vita primitiva aveva liberato così grandi quantità di ossigeno, gas tossico ma al tempo stesso ottimale per massimizzare gli scambi energetici organici per i pochissimi in grado di usarlo, la vita stessa imparò a sfruttare questa nuova sostanza.
ciò permise di crescere di complessità e dimensioni: nelle epoche con ossigeno al 30% e passa, quando le prime terre erano già cominciate ad essere popolate, giravano insetti grandi più di un metro e altre bestie che oggi non potrebbero biologicamente sopravvivere.
l’utilizzo sempre più abbondante dell’ossigeno ovviamente ne ha causato gradualmente la diminuzione in atmosfera, e l’ossigeno attualmente presente è solo la conseguenza di un equilibro di ecosistema di flora e fauna. mica c’entra nulla con la terra primordiale di per sè.
se sconquassiamo flora e fauna, a poco a poco non avremo più l’aria estremamente tossica che ci serve per respirare.
ma la maggior parte del processo si fonda, come in passato, sul lavoro non dei grandi organismi visibili quanto di quelli microscopici, presenti in quantità assolutamente esorbitanti.
che le rocce, sia pure attraverso processi organici, come hai ben precisato (al museo sono stati piu` sommari), riassorbissero l’anidride carbonica, in tempi geologici, no, non lo sapevo.
mi sarei risparmiato diversi post sull’effetto serra, visto che in tempi geologici in pratica viene quasi a non sussistere? forse… 😉
sapevo invece dell[assenza originaria dell’ossigeno, prodotto proprio dalle prime forme di vita, e del periodo in cui la Terra fu completamente ricoperta dai ghiacci.
ma evidentemente tu sei uno specialista nel settore, come erratumcorrige, io invece vengo da tutt’altri studi.
e lo dico a mia discolpa, ma anche a mio merito.
sono tutt’altro che specialista, molto di ciò che ho scritto l’ho scoperto negli ultimi 4-5 anni, ‘cazzeggiando’ su internet a casa o in albergo, esausto dal lavoro e senza alcuna voglia di muovermi. aggiungici un paio di libri letti per approfondire.
per cui, sono l’esatto apposto dello specialista.
certo fin da bimbo mi piacevano le scienze ed ero bravo, ma sui manuali delle superiori non ho mai letto nulla di così affascinante, altrimenti non avrei avuto dubbi su qualche facoltà universitaria affrontare.
non volevo risultare sapientino, ma entusiasta, e queste cose a cui accenno sono talmente importanti a mio avviso, oltre che interessanti, che è un delitto che le persone normali, addirittura persone molto acculturate come te, non ne abbiano mai minimamente sentito parlare.
a me questa cosa fa una grande rabbia: mica verso di te, o di me che ero nella tua stessa ignoranza pochi anni fa. ma verso chi queste cose le sa ma non le dice. non le dice!!!!
perchè non vengono dette?
ma mia teoria, a parte l’interesse l’interesse dell’italiano medio verso le scienze che farebbe forse rinunciare qualsiasi autore divulgatore prima ancora di cominciare, è che queste cose non vengono scritte manco oggi (ma attendo smentite, il mio ultimo libro scolastico a riguardo risale al 98) perchè le teorie non sono confermate, non c’è l’accordo totale del mondo accademico. e finchè questi non sono tutti d’accordo, preferiscono tacere.
ok parlando magari sbagliano, magari dicono cagate, sicuramente diranno cagate… ma se parlassero, oltre che un minimo di sensibilità sull’argomento, magari potrebbero regalare anche un certo entusiasmo ai giovani, potrebbero rischiare di appassionarsi!
sono assolutamente e totalmente d’accordo: ecco un altro di quei momenti in cui mi pare di avere incontrato addirittura un alter ego.
solo su un punto dissento, eh eh: per vaere avut una formazione da liceo classico seguito da studi all;incorcio tra fil,ologia classica e filosofia antica, mi considero un esempio abbastanza raro di persona mediamente acculturata che legge sistematicamente Le Scienze da quarant’anni e insomma non e` poi cosi` digiuna di informazione scientifica rispetto ala edia dei suoi pari…
qui alla fine mi hai beccato impreparato soltanto sul ruolo dei batteri e di piccoli organismi viventi nella fissazione del carbonio nelle rocce…
e sul ruolo dei vulcani nel rimettere in circolo nell’atmosfera il caebonio fissato nelle rocce.
il che conferma le enormi particolarita` che permettono lo sviluppo di una vita complessa nel nostro pianeta.
ma infatti, lo so che ne sai di scienze, avrai forse letto anche più articoli di quanto non ne abbia fatto io, e per questo mi sembrava impossibile che non ti fossi mai trovato sottomano un articoletto che spiegasse facilmente teorie come queste, più o meno accreditate, che lo scrivessero pure che problema c’è?
non lo si dice, non se ne parla evidentemente perchè non si ritiene interessante… non capisco per queste persone cosa possa esserci di più interessante della conoscenza di dinamiche importantissime del nostro pianeta, per lo più ancora del tutto sconosciuto.
io capisco studiare i quark e spendere non so quanti miliardi di euro per costruire gli accelleratori, ma nel budget non potrebbero risparmiarci una cifra irrisoria per fare un minimo di divulgazione sulle scenze della terra, e un minimo di finanziamenti alla ricerca? magari, invece di scoprire chimicamente un nuovo super tessuto, lo scopriremmo uguale, offerto gratuitamente da madre natura, già selezionato da milioni di anni di beta testing.
per le medicine ad esempio è così.
inutile rigirare il coltello nella piaga: probabilmente ne avevo anche letto qualcosa, ma non mi ero mai reso conto della centralita` del fenomeno, che costituisce un vero e proprio ciclo del carbonio, simile, anche se molto piu` lento, al ciclo dell’acqua e altrettanto centrale per la vita.
che nella sua forma terrestre esige dunque i movimenti della tettonica a zolle, che non risultano presenti in tutti i pianeti rocciosi, e la cui dinamica non ci e` affatto chiara, direi.
sul resto direi che tutto diventa piu` chiaro se diciamo che lo scopo della ricerca scientifica non e` la conoscenza, come si racconta, ma il profitto.
Se tu sapessi per quanto tempo della mia giovinezza ho vissuto a Auckland… pur non essendoci mai stato fisicamente. Salutamela da parte mia. E il cielo, com’è? Non è per caso di un sorprendente blu mai visto in Europa? Ciao
Hai detto che la giornata era grigia, la mia domanda varrà dunque per il giorno seguente, non posso dire ”domani” a causa della combinazione del fuso orario con quello della distanza tra un messaggio e la sua risposta
ma il giorno prima il cielo era spezzato, a tratti nuvoloso e piovoso, a tratti soleggiato.
colori bellissimi, pero` il blu cobalto del cielo australiano di piena estate non l’ho ancora trovato.
alla fine dell’inverno il cielo, al massimo e` di un azzurro cristallino, anche in questo momento, direi, ma fammi andare a controllare. 🙂
certo che te la saluto Auckland.
mi e` venuto in mente che ci vive anche un ragazzo indiano conosciuto nel mio secondo viaggio laggiu`, che mi scrisse mail per anni, ma non so come rintracciarlo.
Prova a contattarlo telepaticamente per mezzo dello Yoga!!!
ho fatto di meglio: gli ho scritto una mail, dopo avere recuperato l’indirizzo, e ci siamo visti ieri, come raccontero` tra poco. 🙂
@borto: secondo me la centralità del profitto non basta alla spiegazione, anche se è assodata.
secondo me in questo caso si tratta anche di miopia: ci si ricaverebbe profitto anche seguendo strade diverse. si preferisce però seguire sentieri economici già battuti e consolidati.
o forse sono miope io, e se l’uomo è giunto a questo punto è perchè la sua stessa natura ce l’ha portato, selezione naturale.
probabilmente è un modo elegante per disfarsi di noi, senza dover attendere meteore giganti. oggi sono pessimista, sarà che mi è venuta la febbre.
febbre psicosomatica, febbre da commenti? 😦 speriamo di no.
anche io oggi ho preso piuttosto freddo me in effetti, in camera, sto tremando, ma so benissimo che la causa era il freddo vento antartico della traversata e sul vulcano.
sono d’accordissimo con te: do per scontato che il profitto e` un concetto umano e non un mostro estraneo a noi.
la fame del profitto e` tale che si sceglie regolarmente la via piu` rapida per ottenerlo, non importa se e` anche la piu` ottusa.
auguri comunque per la febbre! 😉
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