Gli stati-nazione costruiti nel corso di secoli e secoli non hanno oggi la dimensione adeguata per produrre e applicare regole efficaci nel quadro del capitalismo patrimoniale globalizzato del XXI secolo.
Thomas Piketty, Il capitale nel XXI secolo, Bompiani, 2014, pp. 826-7
questa osservazione empirica, imposta dall’evidenza, dovrebbe essere considerata la premessa necessaria di ogni ragionamento politico o economico contemporaneo.
ma è molto più facile fare riferimento a modi di pensare stratificati e vecchi, che la maggioranza delle persone trova naturali senza neppure accorgersi di quanto siano antiquati.
soprattutto se si mira a raccogliere con faciloneria un consenso effimero.
E` evidente che sto parlando di Beppe Grillo, vero?
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Possibile che Beppe Grillo non abbia presente la premessa necessaria di ogni ragionamento politico contemporaneo, e cioe` la necessita` di una dimensione almeno continentale degli stati per garantire loro una effettiva capacita` d’azione rispetto al mercato globalizzato?
Beppe Grillo e` un imbecille, come tutto lascia pensare? Oppure e` un genio, come lui crede di se stesso? Oppure e` un bruto, almeno nel campo del pensiero?
Sono le domande che sorgono a leggere sul suo stesso blog questa citazione, che sarebbe un interessante caso di introspezione, se fosse stata scritta con qualche coscienza di se`:
Gli imbecilli
“Gli imbecilli non sono gli ignoranti, quelli che nulla pensano e fanno la loro parte nella terrestre officina.
Gli imbecilli sono il pericoloso ponte di passaggio tra il bruto e il genio e si occupano di tutto.
Lo so che passate attraverso il mondo senza intuirlo nella sua diversità e solidità; senza penetrare né l’anima delle vostre donne né quelle dei vostri compagni e neppure la vostra”
Tra parentesi, la citazione e` presa da Giovanni Papini, un altro famoso imbecille di cent’anni fa: uno dei padri mentali della destra italiana, un caso umano imbarazzante: quello che scrisse 100 anni fa esatti che la guerra mondiale sarebbe stata una grande risorsa economica, perche` i morti avrebbero concimato i campi di battaglia, aumentando la produzione delle patate nel dopoguerra.
Un precursore di Grillo? Puo` darsi.
In ogni caso fa impressione che Grillo lo citi senza imbarazzo, a conferma della sua deriva fascistoide.
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Beppe Grillo ha sciolto ogni ambiguita` iniziale del suo movimento, mantenuta per raccattare voti anche a sinistra, e si schiera oggi per l’uscita dall’euro, assieme alla Lega di Salvini e a Fratelli d’Italia.
Occorre ricordare che la battaglia a favore o contro l’unificazione dell’Europa caratterizza la storia politica del nostro continente dalla fine della seconda guerra mondiale, anzi gia` della prima, e che i relativi schieramenti sono sempre stati netti: la destra contraria e la sinistra favorevole (ma semmai approfondiro` in un altro post, a giorni).
La difesa dello stato nazione, in altre parole, del nazionalismo, ha sempre caratterizzato la destra e, al tempo del fascismo, nelle parole di Mussolini, era chiaramente collegata alla valutazione positiva della guerra, igiene del mondo, la stessa che dava Papini.
In altre parole le destre europee nei diversi paesi sono sempre state contrarie all’unificazione europea e favorevoli alla totale autonomia e indipendenza degli stati nazione, perche` consideravano positivo che questo portasse inevitabilmente, in futuro, a nuove guerre fra le nazioni in Europa e loro le volevano.
Oggi sono piu` ipocrite e non lo dicono apertamente.
Si gingillano intanto con l’idea della guerra agli extra-comunitari o con le guerriglie degli ultras fuori degli stadi, ma il collante ideologico della destra e` sempre lo stesso storicamente: l’odio e il culto della violenza.
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Pero` possiamo provare a seguire le peripezie mentali di Grillo, che (s)ragiona sull’euro, nel merito e lasciando da parte per un momento lo sfondo di destra del suo pensiero.
Analizziamo il suo ultimo post sul tema, un esempio sconcertante di improvvisazione che mette a nudo la poverta` del suo pensiero.
Faremo la fine del rublo se usciremo dall’Euro?
Magari!
Vorrebbe dire che grazie a una sovranità monetaria riusciremmo a sopravvivere a sanzioni internazionali e crolli della bilancia dei pagamenti mai visti dovuti al petrolio.
Se la Russia avesse avuto l'”eurorublo” sarebbe strafallita.
Firma e fai firmare per la legge popolare per l’uscita dall’Euro, hai ancora 5 mesi di tempo.
Dobbiamo superare il milione di firme.
Ovviamente chiunque ragiona un attimo capisce subito che il paragone fra la Russia e l’Italia non regge, perche` la Russia possiede gia` da sola, o quasi, appunto quella dimensione continentale che all’Italia manca; inoltre ha tuttora un gruppo di nazioni alleate che ne fanno tuttora, al momento, uno dei poli geopolitici del mondo.
Quindi pensare che l’Italia farebbe come la Russia se soltanto avesse una moneta propria assomiglia molto al pensiero della rana che pensava di farsi bue gonfiandosi dell’aria fritta di Grillo.
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Ma proseguiamo nello spettacolo semi-comico di Grillo che fa il geopolitico e l’economista.
Il crollo del rublo
Le pagine economiche scrivono da diversi giorni del crollo del valore del rublo prima di risalire grazie agli interventi della Banca Centrale Russa.
Cosa è successo in Russia?
Nulla.
Per paradossale che possa sembrare, non è cambiato nulla.
Le sanzioni che Unione Europea e Stati Uniti hanno messo sulla Russia hanno ridotto le esportazioni dei beni diversi da quelli petroliferi, mentre gas e petrolio costano di meno per il crollo dei prezzi avvenuto sui mercati.
Il risultato è che il rublo ha perso valore.
La Banca Centrale Russa è quindi intervenuta vendendo dollari (più di due miliardi al giorno) per acquistare rubli, in maniera da farne salire il valore.
Inoltre è stato aumentato il tasso di sconto del rublo, dal 10,5% al 17% in una sola volta.
Tale aumento è un segnale di forza e non di debolezza della Banca Centrale Russa, che dimostra così di difendere il rublo.
Inoltre si prepara una legge che impedisca alla gente di portare all’estero le banconote in valuta pesante che possono servire al governo per stabilizzare il rublo e frenare l’emorragia.
Descrizione grossolana dei fatti degli ultimi giorni, che hanno visto, al momento, il rublo resistere agli attacchi speculativi portatigli dalla finanza internazionale in associazione con le sanzioni economiche dell’Occidente.
Fallita la guerra sul campo per interposta ucraina, infatti, l’attacco occidentale alla Russia si e` trasferito al momento sul campo economico, con costi non irrilevanti anche per noi.
Ma per il momento l’attacco e` fallito, anche se e` presto per considerarlo concluso e per dire che la Russia ha vinto anche questa fase della guerra.
Certamente la Russia ha una potenza economica, data soprattutto dalle sue enormi risorse naturali, che l’Italia non ha, e questo cambia molto l’equilibrio delle forze in campo.
Le sanzioni contro la Russia non possono essere portate alle estreme conseguenze, considerando che l’Europa dipende al momento dal gas russo: nulla del genere impedirebbe invece eventuali sanzioni draconiane contro l’Italia che ha da vendere soltanto i prodotti delle sue manifatture in crisi.
Poco ci vuole a capire che il discorso di Grillo e` insensato.
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Ma lui anzi insiste:
La camicia di forza dell’Euro e la trappola della liquidità.
Molti, sbagliando o in malafede, affermano che se l’Italia dovesse uscire dall’Euro per stampare la propria moneta, un’Italia senza Euro, sarebbe più debole, e verrebbe colpita ancora più facilmente dalla speculazione del rublo. (cioe`: verrebbe colpita ancora più facilmente del rublo dalla speculazione).
Questa tesi non sta in piedi.
E’ esattamente l’opposto.
La speculazione non c’entra nulla.
Ma pensa!
Ha appena scritto sopra che la crisi russa e` stata scatenata dalle sanzioni dell’Occidente!
E adesso la speculazione non c’entra?
L’esigenza dell’Italia di tornare alla sua sovranità monetaria è invece rafforzata proprio dalle mosse della Russia sul rublo.
Questo perché l’Italia è già da tempo in crisi con l’Euro.
Quella russa è una crisi di bilancia dei pagamenti esattamente uguale a quella in cui si trovano le economie periferiche europee.
Nel caso dell’Italia il calo dell’export è causato da una ridotta competitività dovuta all’Euro che ci obbliga all’austerità sul lato della domanda interna per ridurre le importazioni e tenere la bilancia il più possibile in pareggio.
Nel caso russo è il calo del prezzo del petrolio a creare un simile squilibrio nella bilancia dei pagamenti ma è proprio grazie all’intervento della Banca Centrale Russa, alla sua sovranità, che la Russia ha avuto e ha margini di manovra per gestire gli squilibri di bilancia dei pagamenti che sono invece del tutto preclusi all’Italia all’interno della camicia di forza dell’Euro.
Ora, la crisi italiana non e` affatto una crisi della bilancia dei pagamenti! o meglio, non dipende da un calo dell’export (qui Grillo parla di bilancia dei pagamenti come se fosse la bilancia comerciale).
E` una crisi del debito.
Non sono le troppe importazioni che ci stanno mettendo in crisi, bensi` il fatto di dovere pagare ogni anno 100 miliardi di interessi sul debito accumulato in questi anni.
Mentre la crisi economica russa del momento e` in parte effettivamente una crisi commerciale per i limiti posti dall’Occidente alla importazione di prodotti russi e per una parte una crisi monetaria di origine strettamente SPECULATIVA, altro che!
Immaginando che il valore del rublo possa crollare, la finanza mondiale vende rubli, pensando di poterli ricomperare a prezzo piu` basso, quando si sara` svalutato; e` in questo modo che negli anni banchieri come Soros hanno realizzato le loro immense fortune.
Che, in un mondo civile, oggi sarebbero semplicemente confiscate.
Ma non sara` certo Grillo a proporlo, che e` in realta` un difensore di questo sistema.
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Ma proseguiamo con le deliranti analisi:
Gli interventi finalizzati ad immettere liquidità nel sistema da parte della BCE attraverso le banche nazionali non hanno funzionato perché, come diceva Keynes: “Dentro la trappola della liquidità puoi portare tutta l’acqua che vuoi al cavallo, ma non puoi costringerlo a bere”.
Questo non c’entra nulla con la sovranità monetaria.
Un intervento di una banca centrale nazionale in piena sovranità infatti si materializzerebbe con la monetizzazione del deficit, stampando moneta per finanziare a debito crescita e investimenti.
E’ questa la logica della sovranità monetaria, non la libertà della BCE di offrire denaro a basso costo (vedi LTRO) alle banche nazionali.
Il fallimento delle operazioni di iniezione di liquidità a basso costo da parte della BCE conferma che solo con la monetizzazione del deficit la BCE tornerebbe a fare il suo mestiere.
Proprio la impossibilità della BCE di agire nelle piene funzioni di un’autorità monetaria centrale l’ha obbligata a proporre palliativi.
O la BCE interviene direttamente sul deficit o nessuno lo farà per lei.
E` abbastanza difficile capire qualcosa in questo guazzabuglio pressoche` indecifrabile…
Posso tornare a citare Piketty, un economista serio?
E` importante notare che la “stampa della moneta” pura e semplice non esiste.
Quando una banca centrale crea moneta per prestarla al suo governo, la cosa avviene sempre sotto forma di un prestito (…) e non di una donazione. (…)
Le banche centrali redistribuiscono il capitale monetario, ma non hanno facolta` di creare nuova ricchezza.
Thomas Piketty, Il capitale nel XXI secolo, Bompiani, 2014, pp. 879, n. 20
Solo in Italia una serie di ciarlatani come Barnard, Bagnai, Grillo, Giannino possono far credere a un popolo di lettori di Pinocchio che basterebbe ordinare alla banca centrale di mettersi a stampare le lire per pagare i debiti.
Quando una banca centrale stampa moneta sta diminuendo il valore reale di quella moneta stessa, e cioe` sta trasferendo valore reale da chi ce l’ha in mano o ha in mano crediti concessi in quella moneta a coloro ai quali la presta.
Mi piacerebbe sapere se il popolo bambino che segue questi guru e le loro fantasticherie si rende conto che i primi ad essere espropriati da una svalutazione della lira, che e` il vero obiettivo di questa campagna, sono tutti coloro che hanno dei risparmi.
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Ma eccoci all’ultima pensosa domanda di Grillo, che fa apparire perfino gli antichi e nuovi sproloqui economici di Berlusconi un concentrato di saggezza:
Svalutare o rivalutare?
Il punto in discussione qui non è svalutare o rivalutare ma il fatto che la Russia sia libera di farlo, di decidere come usare la propria sovranità monetaria considerando diverse ricette monetarie.
Noi invece siamo condannati a morire perché la leva della sovranità monetaria ci è preclusa a priori.
In caso di uscita dall’Euro il debito ridenominato diventerebbe immediatamente sostenibile e con l’autorità monetaria nazionale come prestatrice di ultima istanza l’Italia si libererebbe dalla trappola di indebitarsi sul mercato attraverso interessi troppo alti per attrarre quella moneta che non può stampare al suo interno.
In caso di uscita, inflazione e tassi resterebbero sotto controllo anche alla luce delle deflazione in cui invece ci troviamo oggi.
Detto in poche parole, Grillo vorrebbe farci credere che la ricchezza degli italiani sarebbe piu` protetta se, invece di avere alle spalle, contro ogni speculazione, le risorse della Banca Centrale Europea, facessimo conto su una Banca d’Italia che si mettesse a stampare lire liberamente.
Inflazione e tassi sotto controllo, naturalmente, perche` saremmo noi a deciderli, mica chi tiene i cordoni della borsa.
Tutto questo e`semplicemente allucinante.
C’e` soltanto da sperare che chi ha qualcosa ci pensi bene prima di affidarsi a personaggi del calibro di Grillo, di Salvini o di Fratelli d’Italia che oggi predicano all’unisono queste pericolose sciocchezze.
Che naturalmente fanno presa maggiormente su chi ha poco o niente da perdere.
Pero` anche disoccupati, precari e giovani mantenuti dalle famiglie d’origine dovrebbero riflettere che un crollo del paese, seguendo queste improvvisazioni senza capo ne` coda, metterebbero in pericolo anche la loro sopravvivenza.
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E per ora, per il bene di tutti, c’e` soltanto da augurarsi che questa raccolta di firme per l’uscita dall’euro sia un flop solenne, anche rispetto all’obiettivo molto basso di un milione di adesioni che si sono proposti gli organizzatori.
se stampo moneta diminuisco il suo valore e quindi il valore reale dei risparmi stessi. Il valore dei risparmi finisce nella nuova moneta che io stampo. Perché questo sarebbe un male? (a meno di non esaggerare con la stampa?)
Per alcune economie e alcuni popoli può essere persino l’unica via d’uscita, oltre al fallimento.
Caro afo, mi sono preso del tempo per risponderti, perche` hai posto una questione centrale, facendo una critica molto precisa ed azzeccata e quindi voglio darti una risposta, se ci riesco, altrettanto precisa e anche documentata, e scusami se mi prendo del tempo e ne prendero` anche a te, se vorrai leggere la mia risposta.
E` giusto dire, come fai tu, che l’inflazione e` un modo abbastanza ragionevole – almeno in linea di principio – di affrontare il problema del debito pubblico: aggiungero` che e` persino il modo prevalente nella storia per farlo.
E allora perche` non adottarlo anche per l’Italia di oggi?
Naturalmente uscendo dall’euro, per potere svalutare liberamente la moneta, visto che l’Unione Europea nasce da accordi che limitano il tasso di inflazione accettabile al massimo al 2%.
In questo momento in Italia siamo addirittura in deflazione, cioe` in inflazione negativa; in altre parole la moneta si sta rivalutando in termini reali e con lei il debito pubblico stesso: tutti ci accorgiamo che con gli stessi euro possiamo fare piu` spesa al supermercato, che le case costano di meno e che perfino il prezzo della benzina e` diminuito (leggermente).
E la deflazione e` un grave problema nell’economia moderna.
La prima cosa che vorrei dire e` che l’inflazione e` una risposta al debito non perche` diminuisce il valore reale del debito, come si crede comunemente e come crede anche quell’imbecille di Grillo, ma perche` sposta la ricchezza reale all’interno del paese.
Di norma, infatti, i creditori non sono cosi` idioti da non garantire i loro crediti dal rischio della svalutazione: infatti, se un investitore estero ti presta del denaro, te lo presta nella sua valuta e non nella tua.
Di conseguenza, se tu hai una tua moneta e la svaluti, il peso reale del tuo debito sara` determinato dal nuovo tasso di cambio; occorreranno quindi, per fare un esempio, piu` pesos argentini per restituire il credito che hai ricevuto in dollari.
Nel caso dell’Italia, i debiti sono stati contratti prevalentemente in euro: nel caso l’Italia uscisse dall’euro e ri-adottasse la lira, dovrebbe restituire i crediti ricevuti sulla base del tasso di cambio fra la nuova lira e l’euro.
Il vecchio tasso di cambio fra lira ed euro fu di 1.927,36 lire per ogni euro; potrebbe essere logico ripartire da questo valore; ma poi il tasso di cambio sarebbe fissato dai mercati sulla base della fiducia dei mercati, cioe` del valore reale che attribuiscono alla nuova moneta, e non dico altro.
Ma se le cose stanno cosi` – e stanno cosi` – in che senso la svalutazione puo` rappresentare una risposta alla crisi del debito pubblico?
Il motivo e` questo: fra i creditori dello stato ce ne e` una quota che non puo` applicare ai propri crediti i meccanismi di protezione che valgono per gli investitori esteri, e sono i creditori interni.
Faccio un esempio storico, riferendomi alla inflazione piu` drammatica della storia, quella tedesca del primo dopoguerra: la Germania era schiacciata dai debiti di guerra imposti dagli alleati vittoriosi per farsi risarcire dei danni e delle distruzioni subite; a fronte di questo enorme debito pubblico, che sembrava insostenibile, il governo del tempo avvio` un processo di inflazione, che ando` rapidamente fuori controllo e raggiunse tassi incredibili, come ben sa ogni raccoglitore di francobolli del tempo, quando trova che occorrevano 20 miliardi di marchi per spedire una lettera, che pochi mesi prima si spediva con 20 pfennig o centesimi di marco.
Il tasso di svalutazione dunque raggiunse il valore di 1 a 100 miliardi: la gente andava a comperare un chilo di pane con carriole di banconote, che valevano piu` o meno come carta straccia e quasi delineavano una nuova economia del baratto.
Ma questa svalutazione non toccava affatto direttamente il debito della Germania verso gli altri paesi che questi pretendevano si rivalutasse parallelamente (i francesi occuparono militarmente la Ruhr, per garanzia), ma soltanto i creditori interni, che videro completamente cancellati tutti i loro risparmi, che di fatto furono assorbiti dallo stato.
Qualcosa del genere avvenne anche in Italia alla fine della seconda guerra mondiale, anche se in scala molto piu` ridotta, e lo so bene perche` questa fu una esperienza storica ben trasmessa di padre in figlio nella mia famiglia.
Prima della guerra i miei genitori, al momento del loro matrimonio nel 1938, piuttosto che acquistare una grossa villa, investirono tutti i grossi risparmi di mio padre, 120.000 lire di allora, in titoli del debito pubblico italiano, che rendevano parecchio.
Segui` la guerra e la svalutazione della moneta, in un rapporto 1:100 e la somma venne loro restituita alla scadenza, credo nel 1948 se i buoni del tesoro (chissa` perche` chiamati cosi`, per ironia?) erano decennali.
E con la prima rata mio padre si compero` un cappotto; fosse successo nel 1923 in Germania, non si sarebbe comperato neppure quello, forse qualche briciola di pane, ma evidentemente basta un tasso di svalutazione di 1:100 per polverizzare i risparmi di generazioni.
E se l’Italia oggi uscisse dall’euro, tutti gli italiani o le banche italiane che hanno acquistato titoli pubblici italiani e hanno investito in questo modo i loro risparmi, se li vedrebbero restituiti in lire.
Se il credito allo stato fosse stato concesso prima del 2002 il tasso sarebbe quello ricordato sopra, esistente prima del passaggio all’euro, e peggio per loro se nel frattempo il tasso dovesse peggiorare secondo qualcuno degli esempi visti sopra.
Se il titolo di debito pubblico fosse invece successivo al 2002 e cioe` in euro, si aprirebbe un bel contenzioso, data la situazione storicamente inedita, anche se lo stato restituirebbe certamente in lire, ma secondo quale tasso di cambio dell’euro? Quello originario, oppure il nuovo, presumibilmente molto piu` basso?
Ma naturalmente, dato che l’uscita dall’euro e` possibile solo uscendo anche dall’Unione Europea, i cittadini non sarebbero garantiti dalla legislazione comunitaria di seconda istanza e ogni decisione che lo stato prendesse verso di loro sarebbe inappellabile.
In sostanza i cittadini non avrebbero nessuna possibilita` di farseli restituire in un’altra moneta e dovrebbero accettare la tosatura dei loro risparmi, che lascerebbe invece intatti gli investitori stranieri.
Stando cosi` le cose, quale sarebbe il vantaggio di questa operazione?
Il debito pubblico italiano verrebbe di fatto ridotto di circa un terzo, cioe` del valore corrispondente alla quota detenuta all’interno del paese.
Ma la cosa non sarebbe indolore (a parte il dispiacere di chi si ritrovasse senza i risparmi di una vita: in questo caso, infatti, non esiste nessuna garanzia pubblica neppure per i primi 100.000 euro, come invece nei depositi bancari).
Seguirebbe fatalmente, il fallimento delle banche italiane, che detengono una quota importante e crescente del nostro debito pubblico, e questo altrettanto fatalmente metterebbe a rischio anche i depositi e, nel caos economico che seguirebbe, hai voglia a dire che i primi 100.000 euro sono garantiti: da chi?
E poi, garantiti in euro o nel valore puramente ipotetico del cambio originario lira – euro?
Uno scenario da incubo.
* * *
Diverso e` il caso nel quale invece il debito pubblico viene rinegoziato nato da uno stato che non riesce piu` a farvi fronte, secondo una procedura simpaticamente chiamata dell’haircut, e che e` una specie di default concordato con i creditori (ma anche no, imposto a loro, se si ha la forza sufficiente).
In questo caso il taglio del valore reale del debito da restituire puo` essere ugualmente del 30%, come nell’esempio precedente, ma senza il caos sociale inevitabile in quello scenario, e perfino con la possibilita`, opposta, di garantire invece proprio i creditori interni, per non provocare un collasso economico.
E` quello che si propone di fare Tsipras in Grecia e vedremo se vincera` davvero le elezioni e se poi riuscira` a farlo.
La proposta politica di Tsipras e` in tutta evidenza completamente diversa da quella di Grillo (a mio parere senza capo ne` coda, oppure astutamente anti-popolare), ma anche da quella del Partito Democratico renzino, che propone di uscire dal debito… indebitandosi ulteriormente.
* * *
A questo punto (se ci sei ancora), permettimi di citarti Thomas Piketty e il suo libro fondamentale Il capitale nel XXI secolo, un volume di quasi 1.000 pagine, che mi sono regalato al ritorno dal viaggio intorno al mondo e che ho da poco finito di leggere e ora sto cominciando a studiare.
Nonostante il titolo possa far pensare il contrario, Piketty non e` affatto un rivoluzionario, anzi potremmo considerare il suo un antidoto al Capitale di Marx, 150 anni dopo esattamente; e` un riformatore, deciso, ma moderato, e la sua proposta contro i rischi determinati dall’esplosione del capitalismo del XXi secolo e` quella di una tassazione mondiale progressiva del capitale: utopica quel che basta, fino a che non esisteranno forme di governo mondiale, ma lo dice lui stesso.
Ed ora ti cito quel che pensa lui sulla questione:
Oggi i paesi piu` ricchi sembrano stretti nella morsa di una interminabile crisi del debito. (…) Il mondo sviluppato finisce oggi per registrare un livello di indebitamento mai visto dopo il 1945 (p. 861).
La questione del debito pubblico e` una questione di distribuzione della ricchezza. (…) Il caso piu` estremo e` quello dell’Europa, che e` insieme il continente in cui i patrimoni privati sono i piu` alti del mondo e il continente che incontra piu` difficoltà` a risolvere la crisi del debito pubblico. Strano paradosso (pp. 861-2).
– Il paradosso e` in realta` soltanto apparente, come dimostra il caso dell’Italia, dove il debito pubblico e` piu` alto che negli altri paesi europei (Grecia esclusa) e nello stesso tempo anche la concentrazione della ricchezza privata e` piu` alta: mediamente un italiano e` piu` ricco di un tedesco, individualmente.
Si potrebbe anzi persino dire che il tasso del debito pubblico di un paese e` una specie di indice dell’individualismo dei suoi abitanti. –
Come fare per ridurre in modo significativo un debito pubblico rilevante (…)? Esistono soprattutto tre metodi principali (…): l’imposta sul capitale, l’inflazione e l’austerita`. (p. 862).
Piketty osserva che una imposta straordinaria del 15% sul capitale privato basterebbe in genere a cancellare l’intero debito statale immediatamente; in Italia, per l’indebitamento piu` alto, l’imposta dovrebbe essere di circa il 22,5%.
Ma naturalmente si potrebbero adottare, secondo lui, soluzioni anche piu` blande per ridurre il peso del debito e non per azzerarlo d’un colpo solo (pp. 866 ss.).
Non prende neppure in considerazione tra le soluzioni di sistema, da buon moderato, la rinegoziazione del debito, ma perche` la sua riflessione si pone ad un livello complessivo e non di singolo paese; poi tuttavia ne analizza i rischi (p. 863), ma la questione esula per il momento dalla nostra discussione.
La parte che interessa noi e` invece il sottocapitolo L’inflazione favorisce la re-distribuzione delle ricchezze? (pp.868-74)
Piketty osserva nello stesso tempo che questa e` la strada storicamente seguita in genere per gestire il debito pubblico (p. 869) ma e` anche una “soluzione meno attraente” rispetto all’imposta straordinaria sul capitale (p. 868).
Secondo lui, l’inflazione non e` che un sostituto molto imperfetto dell’imposta progressiva sul capitale (p. 871).
Fra gli “effetti collaterali poco gradevoli” “il rischio che vada fuori controllo” (p. 871): “milioni di piccoli risparmiatori si trovano completamente rovinati dall’inflazione” (p. 872).
La seconda difficoltà` connaturata all’inflazione.e` che perde buona parte degli effetti desiderati quando diventa permanente. (p. 872).
A favore dell’inflazione resta un argomento (…): il merito di colpire principalmente chi non sa che cosa fare del proprio denaro (…): l’inflazione sarebbe in qualche modo una tassa sul capitale passivo e un incoraggiamento al capitale dinamico (pp. 872-3).
Ma questo significa anche che “i detentori di importanti patrimoni immobiliari e azionari sarebbero ampiamente risparmiati” (p. 873).
Lo stesso fenomeno si verificherebbe nel caso di un ritorno alla moneta nazionale. E` sempre possibile ridurre il debito pubblico sia stampando moneta sia con l’inflazione, ma poi e` difficile padroneggiare le conseguenze distributive di un tale processo, che sia con l’euro o con il franco, il marco o la lira (p. 873 n. 16).
– Come vedi, il modo di ragionare di Piketty in economia e` molto simile al mio (e questo allarga il cuore dopo tanto delirio monetarista che ci opprime sulla stampa), anche se poi le nostre conclusioni non coincidono.
scrive Piketty:
In ultima analisi l’inflazione si rivela storicamente come un ottimo espediente per una re-distribuzione del reddito in un paese, togliendolo alle classi sociali piu` deboli o statiche, a favore delle piu` dinamiche.
* * *
E a questo proposito potrebbe far bene, per concludere, un breve sguardo alla storia.
Prima dell’avvento del capitalismo, l’inflazione e` un fenomeno eccezionale e raro o limitato a prodotti particolari (si veda la speculazione sui tulipani nell’Olanda del Seicento): in queste societa` statiche, il cui indice di sviluppo medio sulla lunga distanza era, secondo Piketty, dello 0,1% annuo, non si da` normalmente inflazione; anzi, persino durante tutto il XIX secolo, cioe` in eta` oramai pienamente capitalistica, il valore delle monete rimane di solito stabile.
Oltre che al carattere economicamente stabile delle societa` tradizionali, la mancanza di inflazione e` anche collegata al ruolo preponderante dei metalli preziosi nella moneta, per esempio il valòore del dollaro è rimasto ancorto a quello dell’oro fino a tempi abbastanza recenti, cioè alla presidenza di Nixon negli anni Settanta.
La possibilita` moderna dello stato di stampare moneta era preclusa dal fatto che le monete erano in oro o in argento oppure che chiunque in teoria poteva andare alla Banca d’America e chiedere che i suoi dollari gli venissero restuituiti in lingotti d’oro.
e infatti l’unica grande inflazione pre-moderna si ha nel Cinquecento, alla scoperta dell’America e degli ingenti depositi di oro delle civilta` pre-colombiane.
Allora le masse enormi di oro saccheggiate e trasferite in Europa, oltre ad alimentare la pirateria, evidenziano per la prima volta gli effetti sociali dell’inflazione, distruggendo il valore delle rendite della nobilta` tradizionale e ponendo le premesse del potere economico della nascente borghesia commerciale e imprenditoriale, almeno dove a questa e` lasciata liberta` di agire senza vincoli.
Sara` l’introduzione successiva della carta moneta a dare allo stato la possibilita` di agire sul valore della moneta stampandone liberamente nella quantita` ritenuta necessaria.
Ma anche la moderna inflazione ha gli stessi effetti della prima del Cinquecento: impoverisce oggi tutti i detentori di redditi di valore fisso (che sarebbero oggi salariati e pensionati), a favore della classe imprenditoriale.
E` per questo che l’inflazione e` una buona soluzione della crisi del debito soprattutto dal punto di vista delle classi economicamente privilegiate, ma e` un danno sicuro per chi vive sulla base di un reddito mensile fisso.
una risposta che il vecchio bortocal invidierebbe. Ma forse perché il vecchio bortocal in fondo non è mai scomparso, si è solo camuffato 🙂
la rinegoziazione del debito è un po’ difficile (soprattutto per l’Italia con il suo debito colossale) perché chi è diventato creditore in genere non è certo un poveretto inerme che può solo subire. La finanza ha le sue armi, ed è ormai una creazione autonoma. Però ben venga se qualcuno potrà farlo, a patto di non cedere alcunché in cambio.
mettiamo in chiaro che l’uscita dall’Ue (e dall’Euro) sarebbe un disastro per qualunque paese. Quindi non è tra la soluzioni percorribili.
la svalutazione monetaria funziona fintantoché ci sono risparmi e lo stato riesce ad adeguare via via i redditi più bassi all’inflazione. E’ un’interessante strumento per la redistribuzione di ricchezza se lo stato riesce allo stesso tempo a garantire gli investimenti per l’ottimizzazione delle proprie infrastrutture in vista di un benessere futuro (quindi non solo a coprire i debiti). Quando i risparmi sono finiti una ulteriore svalutazione andrebbe a colpire la qualità di vita delle persone, quindi stampare è inutile.
Siccome gli Italiani hanno in media più risparmi dei tedeschi, viene il dubbio che l’Italia era un paese che in genere viveva sull’inflazione. Ma solo perché la tassazione in Italia è molto mal formulata (toglie di più a chi meno ne ha).
soluzione? Non la so.
una risposta certamente non all’altezza del tuo commento. Ma ognuno fa del suo meglio.
Buon anno! 🙂
buon ano, afo e che le cose continuino ad andare bene dopo tante paure, per te!
il vecchio bortocal credo che sarebbe ancora in grado di scrivere i suoi post ponderosi come un pezzo di trattato accademico se ci credesse ancora e sopratutto se sapesse che qualcun li legge… 🙂
un blog lo fanno i lettori, dico sempre, e d’altra parte ognuno ha i lettori che si merita…
la tua risposta la trovo molto puntuale, tanto che a un certo punto pensavo che tu stessi citando qualcuno… 😉
chiaramente nessuno di noi sa in assoluto quale sarebbe la soluzione migliore e, se sono sinceri, non lo sanno neppure gli economisiti; Piketty, almeno, lo ammette spesso e non vende verità assolute.
tuttavia prospettare soluzioni come l’haircut, che sono fermamente censurate dalla stampa controllata da chi dovrebbe essere leggermente tosato, è una operazione utile che almeno allarga la mente.
comincio adesso a scrivere un post – lo dico anche a te – su un articolo dello Spiegel che si sforza di dimostrare che la politica di Tsipras non sarebbe la fine del mondo, ammesso che vinca davvero le elezioni e che poi riesca a realizzarla.
del resto anche l’Argentina ha appena rifiutato di restituire una parte del debito e per il momento il mondo è ancora in piedi. 😉
en passant, primo post del 2015?
sono d’accordo con te, per molti motivi che non elenco.
cerco un qualche motivo valido per essere in disaccordo.
chi detiene il credito chi è?
gli stati, o i privati? non lo so, è una domanda, la risposta sarà un probabilmente una percentuale.
da quale parte pende questa percentuale?
molti banchieri hanno fatto fortune con la speculazione.
i banchieri chi sono? sono persone o sono stati?
con chi abbiamo il debito, con persone o con stati?
se in italia – e non c’è ombra di dubbio a mio avviso – ci risaneremmo espropriando capitali ingiustamente acquisiti, perchè non allargarne il concetto? guerra, ampliare il concetto è guerra. ma è già guerra anche senza ampliarlo.
l’italia non se lo può permettere, è un paese debole, può rivalersi della sua forza solo localmente, individualemente.
sarebbe facile e immediato ma non è avvenuto, non avviene, perchè?
perchè l’individualità oggi è connessa, è individualità associativa e non isolata come un tempo, il gruppo comanda. il gruppo non è “più individui di uno stato”, è grupppo allargato, globale.
è corporazione.
la domanda mi sembra si risolva in: agiamo secondo gli schemi logici e non otteniamo niente, oppure ci affossiamo da soli ma ci liberandoci dalle catene, e chi sa come sapremo rialzarci?
potremmo sostenere le spese dell’isolazionismo? vediamola pure al di là delle famiglie risparmiose che perderanno tutto, che potrebbero risultare una parte minoritaria e sacrificabile.
la logica ci porta a pensare al male minore, eppure temo che la logica ci porti all’autodistruzione, non vedo logica che tenga botta al presente.
l’uomo è prettamente illogico, stupido. credo nella stupidità dellìuomo, che può vivere anche senza un penny.
il primo post del 2015 lo scrivo adesso, ma sarà decisamente minimalista e credo che per oggi sarà anche l’unico.
chi detiene il credito dei vari paesi? nella globalizzazione, in parte i privati (il Giappone ha un debito pubblico molto più alto di quello italiano, ma non è un problema, dato che lo detengono soprattutto i cittadini, e dunque gli interessi non escono dal paese, depauperandolo), ma soprattutto le banche del paese e poi anche banche di paesi stranieri (anche banche centrali).
quindi abbiamo debito sia con persone sia con stati.
in Italia ho letto che di recente la percentuale interna è aumentata a circa un terzo.
i cosiddetti banchieri sono i gestori di società attualmente private. perfino la Banca d’Italia, da noi (ed è una stranezza) ha una gestione privata ed è di proprietà di altre banche, come possiamo ricordare per le polemiche di un anno fa.
anche Piketty ritiene che la via dell’uscita dalla crisi europea del debito sia una tassazione rpgressiva sul capitale.
non ci vedo niente di drammatico, a parte tutte le diofficoltà pratiche.
ma i detentori di queste ricchezze così spavaldamente acquisite sìi.
quindi sarà una lotta lunga.
ieri lo Spiegel spiegava ai tedeschi come una vittoria di Tsipras non sarebbe una catastrofe, anche se in Italia la presentano così.
magri sarà l’argomento del post di domani…
concordo del tutto sulle considerazioni finali. ma non è una novità. 🙂
ri-buon anno ragionante, comunque!
Buon anno a te Mauro 🙂
Un commento sulla citazione: pur non amando Papini, mi pare di scorgere in quelle sue parole una vicinanza di pensiero anche con Pasolini e certa sinistra, quando diceva che “la conoscenza media è sempre corruttrice” (riferendosi a quell’educazione imposa alle classi popolari che non raggiungeva una necessaria coscienza).
Molto interessante l’affermazione secondo cui la crisi italiana è una crisi nella bilancia nei pagamenti: l’unica ipotesi possibile che renderebbe verosimile questa affermazione è riconducendola alla regola del 3% deficit/pil, e dunque sostenendo che se la nostra bilancia import/export fosse messa meglio, resteremo nei parametri.
O non sa quel che dice, o intorta la gente.
In compenso, con questo post hai anche smontato la tua stessa teoria sui limiti di lettura 😉
secondo me hai sentito Papini nella prima affermazione che gli imbecilli non sono gli ignoranti, ma subito dopo aggiunge, con pesante sprezzo di classe, che questi fanno parte della terrestre officina, cioe` sono necessariamente subalterni.
e qui Pasolini inorridirebbe, perche` lui ci vedeva invece la speranza del mondo contro l’appiattimento consumistico del capitalismo.
per Papini, invece, sono necessariamente sempre destinati a servire.
a me invece il tono di Papini ricorda un poco quello di Bagnai.
mi e` difficile invece capire chi sia davvero l’obiettivo polemico di Papini (e di Grillo), pero` nell’immagine dell’imbecille che si occupa di tutto (come qualche blogger…. 🙂 non e` difficile scorgere in trasparenza l’intellettuale democratico.
e pensare che invece Papini sta descrivendo benissimo se stesso (come Grillo che lo cita, del resto).
si`, certo, se la bilancia commerciale avesse un forte attivo, questo aiuterebbe a tenere in equilibrio la bilancia dei pagamenti, facendo fronte al peso del debito e dei suoi interessi: ma questi sono cosi` elevati che e` veramente fabulistico pensare che la nostra bilancia commerciale possa realizzare 100 miliardi annui di profitto per annullare il peso del debito.
per me e`evidente che parla a vanvera, soltanto per fare effetto.
carina la battuta finale, grazie.