Krammer, L’evoluzione della mente – cenni sui temperamenti

Vi propongo un articoletto appena abbozzato per mancanza di tempo, ma che ritengo essere uno spunto interessante per tutti coloro a cui piace andare a fondo sulla realtà in modo obiettivo, scientifico e senza pregiudizi.

Parlando della mente si può fare filosofia o psicologia o fantasticheria, si può dire di tutto e di più: non credo esistano argomenti più ostici e smisurati, e che andrebbero trattati a 360° con conoscenze interdisciplinari dei più svariati ambiti. Concentrandoci sul funzionamento fisico del nostro organismo si può anche restare nell’ambito esclusivo nella scienza.

Qualche giorno fa per placare le mie insaziabili curiosità sull’argomento volevo aggiornarmi con alcune ricerche mirate sulla dopamina e sulla serotonina. Premesso che non sono un medico, cercavo qualcosa che potesse introdurmi sull’argomento in modo semplice e divulgativo, e soprattutto in italiano per non perderci troppo la testa.

Volevo capire in soldoni quali fossero le funzioni di questi due neurotrasmettitori che, per quel che mi ero immaginato, mi pareva svolgessero due ruoli complementari ed antagonisti: la serotonina legata al benessere inteso come serenità e relax passivo, mentre la dopamina legata al benessere inteso come carica motivazionale attiva. A conti fatti non mi sbagliavo di molto, ma la faccenda è diventata così dannatamente interessante che non posso non parlarne.

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Dopo aver interpretato a fatica i tecnicismi delle rispettive voci dopamina e serotonina su wikipedia e su qualche altra fonte più o meno ben fatta, spesso purtroppo solo in inglese, mi sono imbattuto in questo sito ed in particolare in questa pagina del blog di Mirio Bianchi (che mi era sconosciuto) e, come si suol dire, mi si è aperto un mondo!

Devo dire che di primo impatto anche qui la lettura non è stata immediata, per cui mi sono rimboccato le maniche e mi sono letto tutto dall’inizio, dal punto A del menù: cosa che consiglio di fare a tutti gli interessati, perchè io ora non farò altro che fare una sintesi minimale di qualche pezzettino letto li dentro, ma il tutto è veramente MOLTO interessante e completo.

Due sole critiche all’autore: scrivere testi chilometrici senza divisioni in paragrafi e soprattutto in bianco su sfondo nero è un attentato al sistema visivo (consiglio pertanto di copia-incollarlo su qualche programma testuale e invertire i colori) oltre a portare un messaggio implicito: “NON LEGGETEMI!” E questo è veramente un peccato. La seconda critica è che viene vietata la riproduzione dei contenuti salvo esplicito consenso dell’autore, ma nel blog non ho trovato  neppure la sua mail. Vabbè ognuno c’ha le sue, non è umano essere perfetti.

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Nel blog si parla in generale di psicologia, in particolare di psicologia evoluzionista, illustrandone dettagliatamente la storia per arrivare al nucleo della teoria appoggiata dall’autore, di cui anch’io sono diventato sostenitore: è incredibilmente piacevole leggere tutta una serie di concetti – che avevo già in testa in modo confuso e puramente ipotetico – racchiusi in un corpus organico scientifico ben documentato. Alcuni corollari e considerazioni di contorno sono a mio avviso voli pindarici da approfondire: ma questa teoria, così ben esposta, è solo il primo gradino di una lunga ricerca per i posteri, ed è la strada giusta a mio avviso.

Ma entriamo nel cuore del tema proposto.

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BAS, BIS ed i temperamenti umani.

Vi assicuro che i concetti alla base sono abbastanza semplici.

Per banalizzare – se volete i dettagli, avete un intero blog da leggere – possiamo dire che entrambe sono funzionalità neurali presenti nell’uomo (come pure negli animali) che regolano le risposte chimiche alla base delle sensazioni di benessere/malessere, ed agiscono in modo complementare l’uno all’altro. Ogni  individuo può avere sviluppato una predominanza di uno dei due sistemi rispetto all’altro.

Il BAS (behavioral activation system – sistema di attivazione del comportamento): è legato al neurotramettitore DOPAMINA, agisce da regolatore  in relazione ad una ‘ricompensa’ (o ad una mancata ‘punizione’). Ci dà motivazione e stimola all’azione in generale: un BAS particolarmente eccitato tende a farci agire in modo disinvolto, impulsivo ed anche aggressivo, è un sistema infatti calibrato per ottenere fonti di ricompensa. In casi clinici d’eccezione, in barba ad altre sollecitazioni anche fisicamente dolorose o controproducenti.

Il BIS (behavioral inhibition system – sistema di inibizione del comportamento): è legato al neurotramettitore SEROTONINA – e correlato anche con l’ADRENALINA – agisce da regolatore  in relazione ad una ‘punizione’ (o ad una mancata ‘ricompensa’). Al contrario del precedente, questo sistema è calibrato per riconoscere il pericolo o le situazioni ambientali sfavorevoli per evitarle: ci mette in guardia in caso di situazioni anomale, agisce causando stress  paura all’organismo. Attiva nei casi estremi i meccanismi più primitivi di difesa (ATTACCO/BLOCCO/FUGA del sistema limbico FFFS). Il BIS nell’uomo è fondamentale per la soddisfazione degli obiettivi a lungo termine perchè è il preambolo alla riflessione ed alla pianificazione ragionata.

Sappiamo che questi due sistemi, il BAS ed il BIS sono l’uno inibitore dell’altro. Ogni individuo tende a svilupparsi, addirittura fin dalle fasi prenatali, con una preponderanza di un sistema piuttosto che dell’altro: è a questo livello neurochimico che si riscontra il temperamento umano (e non solo umano!) tra chi è più ESTROVERSO (BAS+ BIS-) e chi più INTROVERSO (BAS- BIS+).

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Non procedo oltre per ora, volevo solo incuriosirvi e stimolarvi l’interesse su questi temi a mio avviso fondamentali.

Aggiungo solo qualche link su altre informazioni interessanti divulgate nel blog di questo psicologo, Mirio Bianchi:

– la questione della coscienza, seguendo le ricerche di Gray: vedi da queste pagine

– la mente secondo la recente e a mio avviso azzeccata teoria LHT: vedi da queste pagine e in molte altre

– relazione tra le strategie mentali individuali e le cure genitoriali: vedi da queste pagine

– categorizzazione teorica di 4 sistemi cognitivi cardine: vedi da queste pagine

– interessanti considerazioni sui metodi terapeutici storici: vedi da queste pagine

– ipotesi evolutive ancestrali della mente umana: vedi da queste pagine

e mi sa che c’è altro che devo ancora leggere anch’io.

10 risposte a “Krammer, L’evoluzione della mente – cenni sui temperamenti

  1. molto interessante, approfondiro` quando posso.

    al momento mi sento di suggerire un rapporto possibile con la fondamentale opposizione fra introverso ed estroverso che fa Jung, sulla base di una pura analisi dei tipi psicologici, anche se, mi pare a una prima lettura, con impostazioni un poco differenti.

    • si, per quel poco che ne so una corrispondenza tra introversione/estroversione junghiana mi pare ci stia tutta: come a dire che Jung ci aveva visto bene nella sua analisi.
      gli approcci restano tuttavia incomparabili, dal momento che gli studi di J.A.Gray sono di tipo biologico/neurologico sperimentale ( http://en.wikipedia.org/wiki/Gray's_biopsychological_theory_of_personality ), a differenza dei metodi psicanalitici classici di Jung e compagnia bella.

      la cosa sorprendente a mio avviso non è tanto questa corrispondenza, che di per sè poteva essere anche preventivabile (pur non sapendo COME questi temperamenti individuali agissero nell’organismo), quanto al fatto che i canali di BIS e BAS sono due sistemi neurobiologici fisici completamente differenti uno tra l’altro, anche se interagenti e mutualmente inibitori.
      mentre in psicanalisi introversione ed estroversione mi pare si concepissero semplicisticamente come due estremi di uno stesso canale psichico.

      altra evidenza interessante è l’adattabilità tra questa teoria di J.A.Gray con la cosiddetta Life History Theory ( http://en.wikipedia.org/wiki/Life_history_theory ) che rientra negli schemi di pensiero della psicologia evoluzionistica (e non riguarda solo l’essere umano ma tutti gli essere viventi).
      per fare solo qualche accenno (il resto è abbastanza ben spiegato nel blog di M.Bianchi, altrimenti ci sono un sacco di fonti in inglese anche su wiki) l’LHT cerca di spiegare aspetti anatomici e comportamentali degli organismi alla luce della selezione naturale e si fonda sul concetto di strategia r-K ( http://it.wikipedia.org/wiki/Strategia_r-K ): si semplificano le strategie riproduttive di ogni specie in due gruppi fondamentali, r e K.

      la strategia r si basa sulle riproduzione immediata ed invasiva (elevata prolificità e mortalità, scarsa cura della prole, alto livello competitivo infraspecie in caso di risorse limitate): caratteristici sono i microorganismi, gli invertebrati, pesci e anfibi.
      la strategia K si basa invece sulla capacità di adattamento e sopravvivenza e su una riproduzione più lenta (bassa prolificità e mortalità, alta cura della prole, minor livello competitivo infraspecie favorito da strutture gerarchiche e cooperative): caratteristici molti mammiferi, uccelli e alcuni rettili.

      entrambe le strategie presentano vantaggi e svantaggi che variano a seconda del contesto naturale in cui le specie vivono: se la strategia r è più favorevole ad ecosistemi nuovi ed instabili (gli individui di questo gruppo sono “pionieri aggressivi”) e con minore biodiversità, la strategia K si adatta meglio ad ecosistemi più complessi e biologicamente saturi (gli individui sono più “abitudinari”, gerarchicizzati nei ruoli e molto sensibili agli improvvisi mutamenti ambientali)

      l’essere umano è chiaramente l’esponente di spicco della strategia K: tuttavia anche nella varietà umana si verificano tendenze riproduttive-comportamentali diverse, a seconda dei geni e dei fattori ambientali in cui vanno a vivere, più spinte verso K o più spinte verso r: è qui si innesca la correlazione con i canali BIS e BAS.
      negli esseri umani con una preponderanza del canale BIS (BAS- BIS+) l’approccio riproduttivo-comportamentale è verso K, mentre dove prevale il canale BAS (BAS+ BIS-) l’approccio riproduttivo-comportamentale è verso r.

      per chiudere il quadro, alcune precisazioni:

      1. stiamo innanzitutto parlando di tendenze di livello inconscio, non certo di decisioni volontarie (vedi fine commento)

      2 i canali funzionali BIS/BAS sono presenti in forme diverse in tutti gli animali e si sono con loro evoluti biologicamente di pari passo: nell’uomo si è giunti al ragionamento logico, ma anche gli animali primitivi possono avere temperamenti più “riflessivi” o meglio cauti, rispetto ad altri individui della stessa specie più estroversi ed incauti

      3 lo sviluppo di uno dei due canali (BIS piuttosto che BAS) nel singolo individuo non è solo genetico (nel caso umano vedi ad esempio la lunghezza del gene D4DR recettore delle dopamina e del gene 5-HTT trasportatore della serotonina), nè solo ambientale-esperienziale: è una concausa dei due fattori, ed il comportamento della madre fin dalle fasi prenatali e successivamente nell’infanzia, o la presenza o meno del padre, influisce nello sviluppo di un canale piuttosto che dell’altro: la selezione naturale ci ha dotato di “meccanismi di programmazione” con cui il genitore può informare in un certo modo sull’ambiente in cui andrà a vivere in figlio, stimolando in varie modalità l’attivazione di questi canali.

      ad esempio nei topi una madre premurosa nella toelettatura e nel leccamento (licking e grooming, LG) stimola i recettori neurali dei figli e trasmette biologicamente alla sua prole questa stessa cura verso i futuri discendenti. viceversa il comportamento di una madre poco presente scatena tendenzialmente l’effetto opposto. non si tratta di abitudini comportamentali trasmessi dall’imitazione mnemonica, ma proprio dell’attivazione o meno di complessi sistemi di equilibrio neurochimico che regolano la percezione stessa del benessere (per l’ottenimento di una ricompensa e/o per l’evitamento di una punizione), a partire dai quali dipendono i comportamenti inconsci individuali.

      trovo sorprendente il modo in cui la selezione naturale riesce a comunicare l’eventuale cambiamento ambientale fin dall’imprinting: in assenza di cibo infatti, il topo-madre anche se fosse di per sè propenso a fornire abbondanti cure LG alla prole (se i suoi genitori non avevano avuto problemi di cibo), dovrà allontanarsi dal nido ed in questo modo la sua prole “apprende” fin da neonata l’ostilità dell’ambiente e si programma biologicamente di conseguenza.
      chiaramente anche la vita organica successiva può andare ad alterare questi equilibri, ma è evidente come l’imprinting subito nelle prime fasi di vita sia determinante, anche per gli organismi più evoluti come l’essere umano.

      cambiando completamente discorso, ultime due note.

      i recenti sviluppi dell’intelligenza artificiale (vedi DeepMind comprato da google) si fondano grossomodo sulla riproduzione di questi meccanismi funzionali che vertono sull’apprendimento regolato esclusivamente da leve “emotive” di ricompensa-punizione. stanno producendo risultati sorprendenti e, a quanto ho letto, in alcuni casi incomprensibili agli stessi sviluppatori/progettisti umani anche per via della complessità delle reti neurali coinvolte. da regole semplici possono derivare conseguenze imprevedibili, elaborando su moli immense di dati.

      tornando al blog di Mirio Bianchi, ti consiglio di leggere quelle 3-4 pagine che riguardano la coscienza, qui ad esempio ci sono anche dei riferimenti agli studi di Libet su cui abbiamo più volte avuto modo di confrontarci:
      http://miriobi.blogspot.it/2014/03/3-jagraydai-sistemi-motivazionali-alla.html
      sono felice di ritrovare pensieri che mi frullavano già per la testa ma che non mi erano del tutto chiari.
      si cerca in sostanza di spiegare come la coscienza agisce sul comportamento, pur restando in ritardo sull’azione effettiva sempre inconscia.

      • mmm, sempre piu` interessante.

        gli ultimi studi scientifici tendono in effetti via via ad accentuare la trasmissibilita` almeno parziale dell’esperienza acquisita dal genitore alla prole e non soltanto in termini culturali.

        tuttavia forse il mio pensiero e` datato e sono comunque portato a sottolineare il carattere molto limitato e comunque inconsapevole di questa trasmissibilita`.

        • certo, stiamo parlando di condizionamenti biochimici di basso livello e non di comportamenti consci.

          molte nuove sperimentazioni ampliano le nostre conoscenze sull’epigenetica: anche a parità di DNA (ad esempio nei gemelli omozigoti), si manifestano sempre differenziazioni fenotipiche a livello biologico condizionate dall’ambiente specifico.
          nell’ambiente si deve comprendere anche il comportamento materno (a sua volta condizionato dall’habitat naturale e sociale, comprensivo ormai nell’uomo anche dei suoi complessi costumi culturali): nella fase prenatale è l’utero l’ambiente esterno con cui l’individuo si confronta e si sviluppa, poi nell’infanzia seguono nell’imprinting le cure familiari, il gioco tra coetanei, le esperienze vissute in generale.
          nel corso dell’esistenza organica le reti bioneurali si adeguano man mano ai canali “migliori” e tendono con la vecchiaia a cristallizzarsi nei tratti caratteriali dell’individuo, che ormai si dovrebbe essere adattato al suo ambiente (con più o meno successo).

          queste evidenze scientifiche ci svelano come la vita riesca a mutare clamorosamente in tempi anche molto brevi, nel giro di pochissime generazioni, adattamenti altrimenti poco plausibili se si tirano in ballo le sole mutazioni genetiche casuali.

          è come se il DNA non portasse con sè solo istruzioni funzionali esplicite ma fosse piuttosto legato ad un enorne substrato di funzionalità potenziali latenti che si attivano o meno a seconda dell’ambiente in cui l’individuo viene a crescere, aumentando così di gran lunga la sua capacità adattiva.
          non si tratta perciò solo di caso, oggi: questa adattabilità è il frutto di almeno un miliardo di anni di evoluzione della vita complessa che si è resa – quella sopravvissuta e riprodottasi con successo – incredibilmente malleabile e responsiva rispetto agli imprevedibili cambiamenti dell’habitat.

          • giusto parlare dell’adattabilita` umana a livello fenotipico e delle immense potenzialita` adattative all’ambiente del nostro DNA.

            pero` il problema e` quanto di queste variazioni si trasmettono poi per via genetica.

            qualcosa si`, ma non moltissimo, altrimenti verrebbe meno la logica stessa che le guida.

            la via maestra rimane quella culturale e con qualche componente consapevole, pur se modesta anche qui.

            senza dimenticare che parlare di cultura significa parlare di comunicazione e quindi necessariamente di forte “rumore” comunicativo, cioe` di una componente ineliminabile di errore.

            • forse non mi sono spiegato: per via genetica non si passa solo l’adattamento specifico (derivato da mutazioni casuali) ma le potenzialità stesse di adattamento attraverso raffinatissimi meccanismi di feedback. nel DNA non ci sono solo istruzioni esplicite, ma soprattutto una gamma di istruzioni latenti che devono solo essere attivate o disattivate a seconda dell’ambiente in cui si vive.
              e questa attivazione/disattivazione la da si l’ambiente esterno, ma sopratutto, almeno nei mammiferi, l’ambiente uterino e l’imprinting delle primissime fasi di vita.

              è questa la potenza dei DNA della vita complessa: non deve passare mutazioni esplicite per facilitare l’adattabilità (come nel caso dei microorganismi), ma passa anche gli “strumenti” stessi attraverso i quali la specie evoluta si può adattare in tempi brevissimi rapportandosi all’ambiente in cui si ritrova a vivere.

              il DNA non ti dà un paio di sci se nasci in epoca glaciale o una barca se nasci in epoca interglaciale: ti da il legno biologico con cui la specie, in modo del tutto automatico, si costruisce gli sci o la barca a seconda del contesto in cui nasce, che ci sia tanta neve piuttosto che tanta acqua.
              spero che questa analogia spinta sia stata efficace 🙂

      • quanto allo stimolante articolo che mi hai linkato, scorso superficialmente per i consueti limiti di connessione qui, dico ad occhio che non ritrovo l’interpretazione del ruolo della coscienza troppo lontano da quello che avevo abbozzato io.

        la registrazione cosciente dell’azione (che viene a coincidere con l’illusione della sua volontarieta` cosciente) e` funzionale ad una registrazione mnemonica che costituisce via via il patrimonio autobiografico tipico nella specie cosciente che siamo e serve alle azioni successive.

        forse un grande spreco di energia biologica per risultati comunque non troppo entusiasmanti, direi…

        • si, e lo vedo anche allineato rispetto quanto intendevo in passato: la coscienza infatti servirebbe per attuare pianificazioni a lungo termine (nel breve termine può servire anche come inibizione all’azione impulsiva).

          l’atto esplicito è sempre inconsapevole, ma la costruzione sintetica e selettiva del conscio (l’io) servirebbe al “comparatore decisionale” inconscio (il sè) come input predittivo per influenzare il compimento dell’output/atto.
          la coscienza arriva dopo e lavora solo sui dati pregressi (memoria), ma a mio avviso è determinante per influenzare il comportamento futuro in una certa direzione, consapevole e pianificata: più o meno in linea con ciò che è stato creato con l’immaginazione (che potrebbe essere comune a molti altri animali) ma soprattutto con il linguaggio simbolico logico (che sembrerebbe esclusivo della specie homo, in alcuni individui più che in altri).

          …pur restando in ogni caso predominante, nell’influenzare l’atto, la componente istintiva impulsiva incoscia su cui non abbiamo alcun controllo consapevole (sessualità, emotività etc)

          un’altra considerazione: così come l’ambiente esterno viene percepito e proiettato/rielaborato nella mente incoscia attraverso gli apparati sensoriali ed altri processi, allo stesso modo il flusso di coscienza è paragonabile ad un ambiente interno virtuale rielaborato a partire dai dati pregressi esperienziali mnemonici: entrambi questi ambienti finiscono per influenzare il comportamento, in misure diverse a seconda dell’individuo e della circostanza.
          ad essere onesti non so neanche se questi due ambienti possano essere tra loro scissi: infatti la coscienza la vedrei come la punta dell’iceberg consapevole (sintetica e selettiva) di tutto l’ambiente di rielaborazione mentale complessivo in cui confluiscono input sensoriali e tutti i processi rielaborativi insconsci.

          questa rappresentazione mentale complessiva va ad influire sulla risposta/output/atto inconscio: rispetto ad un animale più primitivo, l’uomo si può permettere di lavorare su un ambiente mentale più sofisticato

          non è spuntata dal nulla la coscienza: si è evoluta man mano tra le specie animali con piccole modificazioni bioneurali (un po’ come emerge nella mente di un bambino che cresce, non in un momento preciso della sua esistenza) ed è stata utile per far fronte all’adattamento ambientale, in special luogo durante i flussi migratori con l’adattamento a nuovi contesti ambientali.
          nel caso umano credo che ci sia stato un exploit selettivo del meccanismo organico che chiamiamo coscienza perchè è risultata decisiva per permettere lo sviluppo della tecnologia e dell’organizzazione sociale complessa, rendendoci così dominanti dell’habitat naturale e facilitando la propagazione della specie.

          tutto ciò resta una mia impressione, sia chiaro.
          altri pensatori vedono come te la coscienza come un fardello inutile, uno spreco di energie per la specie.
          hanno fatto un paragone con la coda dei pavoni: come se, a livello riproduttivo, l’esibizione di peculiarità stravaganti quanto inutili (nel caso umano la coscienza) sia implicitamente una dimostrazione di “potenza” (se posso permettermi di sprecare allora sono biologicamente superiore).
          non la trovo un’ipotesi persuasiva, per quanto sia affascinante ed eccentrica.
          trovo che nella selezione naturale pochi “sprechi” siano permessi alle specie, tutte le peculiarità di spicco le vedo funzionali per qualcosa di pratico.
          e francamente nel caso umano, parlando di specie, mi pare evidente questa funzionalità, ce l’abbiamo sotto il naso 🙂

          che poi ci porterà anche all’autodistruzione è un altro paio di maniche. l’evoluzione delle specie secondo selezione naturale non prevede il futuro e non ha logica: solo meglio si adatta via via al contesto presente.
          forse proprio per questo la nostre specie si sta ogni giorno più rimbecillendo: è per permetterci di sopravvivere, dal momento che è stata “l’intelligenza” a portarci a questo punto fallimentare.
          ma queste sono fantasticherie 🙂

  2. poni problemi che eisgerebbero un mezzo trattato per rispondere e una connessione che funzionasse decentemente con quel che costa, senza che mi costringesse ad attese quasi epocali per postare qualcosa.

    sono soltanto stupito, veramente stupito, dall’esempio che hai fatto della coda del pavone.

    devi sapere che quelli che ora chiamo borforismi e che una volta avevo intitolato Aforismi scettici del viaggiatore disincantato iniziai a scriverli nel 1976 proprio con un aforisma che paragonava la coscienza alla coda del pavone.

    penserei di chiedere i diritti d’autore, se questo testo non fosse rimasto rigorosamente chiuso nel cassetto, eh eh.

    con questo non penso che la coscineza sia ASSOLUTAMENTE inutile (neppure la coda del pavone maschio lo e`), ma certamente potrebbe rivelarsi un investimento energetico sbagliato: circa il 20% dell’energia consumata dall’uomo per vivere se ne va nel funzionamento del cervello, questo lo sapevi?

    certamente si`.

    ma questo rende anche la nostra specie particolarmente fragile e adatta soltanto a circostanze nelle quali vi sia una forte disponibilita` di energia, cioe` di cibo.

    purtroppo devo trascurare tutto il resto.

    • io invece ormai non mi stupisco più delle coincidenze.
      l’ambiente su cui viviamo è simile, e simile è la mente dell’essere umano: perciò tante idee ed intuizioni sono ricorrenti.
      come le battute di spirito, quante volte ne pensiamo una di originale, e poi scopriamo che qualcun altro l’aveva già fatta? 🙂

      allora direi che siamo abbastanza d’accordo, detto così.
      certo una conversione al 100% dell’energia è impossibile per principio, ci sarà sempre un certo margine di spreco (basti pensare banalmente al secondo principio della termodinamica)
      però la struttura biologica ha una sua funzionalità che ne giustifica in qualche modo l’emersione ed il perfezionamento evolutivo.

      se consideriamo solo l’energia spesa biologicamente entrando nel super-dettaglio, la maggior parte dei movimenti puntuali di un qualsiasi animale risulterebbe energia sprecata, sprecata però in TENTATIVI che tendenzialmente vanno a buon fine (altrimenti l’animale muore).
      d’altro canto, spostandoci in un ottica più sintetica, il leone adulto dopo che si è pappato la sua preda tende a starsene sdraiato placido e soddisfatto nella calura africana: non si mette a saltare in giro come un forsennato senza motivo, proprio per non sprecare inutilmente l’energia accumulata col pasto.

      certo che l’energia utilizzata dal cervello è enorme rispetto al computo totale (pensa che mi sono persuaso che la mia magrezza estrema – alto 1.90 e sono sceso sotto i 63kg il mese scorso, ora ho recuperato qualche chiletto – sia dovuta proprio a questo consumo mentale: ansia e superpensiero continuo, il fardello che non mi permette di vivere serenamente): considera però che nel cervello poche risorse potrebbero essere utilizzate dalla coscienza in sè, il cervello controlla anche tutto l’inconscio 🙂
      magari i processi consci consumano di per sè solo l’1% o il 5%. chissà?

      tu pensi che il cervello di uno scimpanzè consumi molta meno energia rispetto a questo 20% dell’essere umano?
      o il cervello di un cane?
      dovrei informarmi, queste informazioni in effetti possono essere disponibili da qualche parte.

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