Autoironia, consolazione dei timidi, degli infelici e di quelli che sono entrambe le cose assieme.
Autoironia, che proteggi i pavidi dall’impegno politico e anche dal semplice opporsi alle prepotenze che ti riguardano.
Autoironia, figlia di un’intelligenza impiegata a farsi male, ma senza farlo sapere troppo in giro ne` dirlo troppo forte.
Autoironia, figlia di un narcisismo circoscritto e di una limitazione dell’orizzonte visivo a se stessi, che assomiglia molto alla miopia della talpa.
Autoironia, oggetto del sarcasmo di tutti gli attaccabrighe potenziali, per i quali sei una palla al piede.
Autoironia, che potresti essere la signora dei giorni nostri se vi sopravvivesse l’intelligenza e invece vieni calpestata dall’egocentrismo grossolano dei selfie che non ti conoscono.
Autoironia, che mi regali qualche sorriso, ma non riesci ad impossessarti della mia vita,
a chi altro lascero` il compito autoironico di proporre le tue lodi?
Beh, direi che adesso esageri un po’. L’ autoironia non è modo di farsi male, è esattamente il contrario: uno dei modi per essere “resilienti”. Però, sul serio, non mi trascinerai in questa polemica 🙂
quando la connessione perde colpi, il commento finisce facilmente in cima, come adesso.. 😉
io sono letteralmente pervaso dall’autoironia: non riesco mai a prendermi sul serio fino in fondo, come non riesco mai a prendere sul serio alcun essere umano, ancora meno quelli che palesano di prendersi sul serio 😉
l’autoironia è la quintessenza dell’intelligenza umana e ne dimostra, come giustamente scrivi, l’autodistruzione sociale nel mondo che ci siamo creati.
insomma io qui, tra le righe, trovo un’altra ipoesi sull’origine dell’autoironia.
che sarebbe la bottega artigiana dove ci si esercita per potere finalmente sviluppare, alla fine, il sarcasmo verso gli altri. 🙂
ma poi l’ultima frase e` un poco oscura (anche sintatticamente: devo togliere il “ne”?) e potrebbe smentirmi.
l’intenzione era volutamente paradossale, come lo è l’autoironia e l’intelligenza razionale 😉
cercando di essere più chiaro.
parto dal presupposto che non ci siano verità, ma percezioni ed azioni che possono risultare più o meno utili per noi stessi ed in alcuni casi per altri, il tutto relativamente dai punti di vista applicati.
ci vuole una buona dose di convinzione preconcetta (o di azioni casuali) per agire in un certo verso, inoltre per essere determinati bisogna sapersi prendere sul serio, e difendere con i denti le proprie intenzioni.
il problema è che l’azione sfocia mediamente nell’azione stupida, e nella nostra società l’azione stupida è preponderante.
forse non può che essere così, dal momento che chi riesce a vedere oltre finisce per non trovare sufficienti motivazioni per contrastare questo fenomeno, per una serie sconfinata di motivi.
e l’autoironia, che ripeto essere l’emblema della più alta forma di intelligenza razionale, è la medicina individuale per non perdere il senno restando con i piedi per terra.
la salvezza non può che derivare da altro, ma pare proprio che sia questo altro ad averci portato a questo punto.
l’ipotesi di azioni coordinate convinte e preconcette ed al contempo non troppo sciocche ed autolesioniste mi pare sia sempre più una chimera…
mi sarebbe bastato che tu correggessi la sintassi della frase per renderla comprensibile! 🙂
comunque replico a quanto hai affermato adesso.
non e` vero che non ci sono verita`.
il pensiero umano si rapporta con una realta` che percepisce come esterna a se stesso.
e` vero che ci sono immagini mentali di questa realta` considerata esterna che sono utili ed altre dannose; la verita` di queste immagini, cioe` il loro grado di corrispondenza con la realta`, contribuisce molto a renderle utili oppure dannose, anche se questo non e` l’unico criterio per valutarne l’utilita`.
nel senso che anche immagini mentali per nulla corrispondenti alla realta` in alcune circostanze si rivelano, in via eccezionale, utili.
quindi la distinzione vero/falso e` molto importante e non puo` essere liquidata con faciloneria.
e` vero invece che essa non costituisce affatto un criterio per l’azione, nel senso che normalmente non e` in grado di spingere a fare una cosa piuttosto che un’altra.
le motivazioni di queste scelte vengono da altri fattori che restano prevalentemente inconsci.
pero` e` vero che il criterio della verita` (criterio in origine significa setaccio) aiuta ad inibire azioni impulsive che possono dimostrarsi pericolose.
in questo senso, come e` evidente, il riconoscimento del vero e del falso e` una operazione tipicamente razionale, per non dire che e` proprio il campo d’azione della ragione, e contribuisce con lei alla inibizione delle azioni stupide, cioe` auto-dannose.
non tutte le societa` sono globalmente stupide, anche se una certa dose di stupidita`, vedi le credenze in alcuni miti condivisi socialmente, esercita una funzione utile indiretta.
ma una societa` umana dove le false opinioni prevalgono incontrollatamente senza verifica razionale e` destinata matematicamente all’autodistruzione in tempi piu` o meno lunghi.
l’ironia e` l’arma che l’individuo ha a disposizione quando vede che il contesto in cui vive e` irrazionale e vuole evitare di rompersi le ossa a riportare verita` e saggezza nel contesto.
ma la vera ironia e` inseparabile dall’autoironia, comunque.
dove i due atteggiamenti sono separati si genera non l’ironia, ma il sarcasmo, che e` l’ironia di chi si riteine superiore a cio` su cui ironizza.
che ne dici? 😉
@bortocal
se mi fossi limitato a togliere il “ne” (sai quanto mi piacciono e quanto ne faccio un uso anche spropositato e fuori luogo 😛 ) ne sarebbe uscita fuori questa tua bella risposta? ^_*
vedo che la contrapposizione verte su un dettaglio (non di poco conto): non esiste vero o falso di per sè, ripeto, ma diversi gradi di corrispondenza con la realtà collettivamente percepita e comunicata.
come non esiste il bianco ed il nero, ma sfumature incredibilmente variabili di grigi (anche se mi piace di più la metafora dei colori): per il resto sono d’accordo, ed il fatto che le nostre esistenze vertono su sfumature interpretative non ci deve in alcun modo impedire di sostenere che una affermazione sia più bianca che nera (più vera che falsa) o viceversa, per guidarci verso azioni concrete migliorative.
affinare la vista su queste importantissime sfumature quantitative-qualitative è essenziale: lungi da me voler togliere certezze di fatti quanto mai statisticamente/empiricamente/logicamente appurati, e che possiamo concordare come veri.
non esistono “di per sè” ma si rivelano senza dubbio a partire dalle riflessioni critiche collettive che si incontrano ed si mescolano attraverso un adeguato metodo comunicativo convenzionalmente applicato (forse questa è la principale carenza della nostra cultura: un buon approccio metodologico condiviso, quale potrebbe essere il metodo scientifico che però è un po’ troppo rigoroso e prolisso per una comunicazione quotidiana popolare)
assolutamente d’accordo sul fatto che ironia ed autoironia siano inseparabili: sono infatti il risultato dello stesso processo mentale, rivolto verso l’esterno nel primo caso, verso l’interno nel secondo.
dove l’ironia viene rivolta solo verso l’esterno e non contemporaneamente anche verso l’interno, inevitabilmente non si tratta più di ironia ma scade in altro, che tu chiami sarcasmo e che non è più così intelligente e produttivo.
perchè ci lasciamo scioccamente dei paletti di pregiudizio dai quali elevarci al di sopra degli altri, in modo pretestuoso e dunque senza dubbio falso.
l’ironia è l’applicazione della ragione seguendo un approccio leggero-simpatico e non pesante-sistematico. difficilissimo perchè implica non solo processo di analisi, ma anche di focalizzazione e sintesi.
l’approccio ironico non può prescindere dall’essere applicato anche verso sè stessi.
ps: non sapevo che l’etimo di verità derivasse da setaccio!
no no, e` criterio che significa setaccio, radice comune con crivellum.
del verum latino, parente del wahr germanico, non saprei dire l’origine.
sono in dissenso netto con l’affermazione inziale che hai fatto: “non esiste vero o falso di per sè, ma diversi gradi di corrispondenza con la realtà collettivamente percepita e comunicata. ”
(se ho capito bene, ma forse manca una virgola da qualche parte, oppure la parte finale della frase e` aggiunta senza una vera necessita` logica).
no: la verita` – anche se e` giusto non vederla in bianco e nero, ma come una scala cromatica – non e` una convenzione sociale e non e` tutta interna al sistema linguistico.
se fosse cosi`, l’essere umano associato sarebbe onnipotente e il pensiero non incontrerebbe limiti.
il vero in fondo e` proprio il limite del pensiero.
in effetti ero andato poi a vedermi l’etimo di verità e non mi tornava.
pare derivi da due matrici: una dallo zendo persiano con il significato di fede, scelta, ed un’altra dal sanscrito con il significato di fatto, evento reale.
curioso che anche nell’etimologia si ritrovi questa contrapposizione 🙂
fatto bene a specificare dopo, riformulo:
“non esiste vero o falso di per sè CHE SIA CONOSCIBILE IN MODO CERTO, ma diversi gradi di corrispondenza con la realtà collettivamente percepita e comunicata. ”
“il vero in fondo e` proprio il limite del pensiero”: assolutamente d’accordo.
lungi da me supportare sofismi e retoriche vuote (anche se sono strumenti comunicativi molto importanti da studiare e tener da conto)
🙂
veramente, principotta, io qui non volevo assolutamente parlare male dell’autoironia, e anche all’inizio, dove ho calcato di piu` la mano, e` possibile una seconda lettura meno critica.
ma alla fine c’e` addirittura un invito alla lode aperta.
comunque, se l’auspicio era che l’autoironia trovasse chi la difende, direi che ci siamo… 🙂
Un sorriso 🙂
🙂