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mi sarebbe piaciuto scrivere un post con questo titolo: La rivoluzione del 5 luglio (paradosso! lo sto scrivendo).
4 luglio, inizio della rivoluzione americana; 14 luglio, inizio della rivoluzione francese; 5 luglio, inizio della rivoluzione europea.
invece col referendum di oggi in Grecia, comunque vada, l’Europa ha poco a che fare.
anche se qualche storico portatore italiano di sfiga si e` precipitato oggi ad Atene, non si sa bene a fare che cosa, se non forse il suo mestiere…
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purtroppo, nonostante queste apparenti dichiarazioni di simpatia e di sostegno di tutta l’opposizione politica italiana a Renzi, il silenzio dell’Europa attorno alla resistenza greca rimane sostanzialmente assordante.
non serve a nulla che economisti premi nobel e oggi perfino le strutture interne del Fondo Monetario Internazionale affermino che l’unica soluzione possibile della crisi greca sta nelle proposte di Tsipras di un taglio del debito.
chi appoggia la Grecia contro la finanza mondiale, deve prendersi l’accusa di arruffapopolo.
alla proposta della sinistra greca palesemente sono totalmente estranei, anzi nemici, i residui della sua tradizione socialdemocratica, la SPD, il Partito Democratico, i socialisti francesi, che hanno oramai perso ogni riferimento alla loro storia (a meno di non ritornare indietro di un secolo e ricordare quel che fecero al tempo della prima guerra mondiale).
d’altra parte l’appoggio sorprendente della destra populista avviene solo a prezzo di uno stravolgimento completo del messaggio di Tsipras e ad una odiosa strumentalizzazione delle sue posizioni.
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Tsipras ha l’appoggio di circa la meta` del popolo greco, dicono i sondaggisti, e stasera sapremo se il circa sta sopra o sotto la linea del galleggiamento.
ma, contrariamente a quel che predicano i media, dal punto di vista del resto dell’Europa tutto il vantaggio sarebbe per la vittoria del no, naturalmente, dato che seppellirebbe l’ennesimo programma di prestiti europei alla Grecia, senza speranza di rientro, per evitare il taglio chirurgico e doloroso del debito greco.
che pero` appare impossibile, perche` aprirebbe la strada ad altri tagli chirurgici e ancor piu` dolorosi per la finanza, a cominciare dal nostro italiano.
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stanotte, dunque, alla lettura dei risultati del referendum greco, non comincera` nessuna rivoluzione europea, ma semplicemente la crisi finale dell’Unione Europea.
e` inevitabile: sia che vincano i si` e l’Europa debba caricarsi ancora una volta del debito greco, sia che vincano i no, trainati dalla sinistra di Tsipras e dalla destra populista greca, e l’Unione Europea debba rassegnarsi ad espellere un suo stato membro, che non vuole uscire.
e lo fara` accusandolo di essere lui a volersene andare, come ha gia` cominciato a fare.
ma ecco una svolta geopolitica dalle conseguenze inimmaginabili…
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a questo punto comunque tocchera` alla Grecia tracciare le linee future della disgregazione dell’Europa attuale.
e siccome non e` pensabile per nessuno giocare a fare i quattro cantoni, senza un quadro di alleanze, non rimane che pensare alla costruzione di una nuova unita` politica ed economica del Sud dell’Europa attorno ai BRICS (Brasile, Russia, Cina, India, Sudafrica).
insomma potrebbe essere che il destino dei PIGS (Portogallo, Italia, Grecia, Spagna) sia di entrare a far parte dei BRICS.
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il coordinamento dei BRIC (mancava allora il Sudafrica) fu promosso per la prima volta nel 2009 da Putin (il che spiega bene, credo, l’ostilita` americana nei suoi riguardi).
il 15 luglio dell’anno scorso i BRICS hanno dato vita, nel loro sesto summit di Fortaleza, alla NDB, New Developement Bank, in alternativa al Fondo Monetario Internazionale, che era nato alla fine della seconda guerra mondiale sotto la guida degli Stati Uniti.
la decisione era stata presa gia` l’anno precedente nel quinto summit di Durban in Sudafrica, nel 2013, come reazione al rifiuto del Congresso degli Stati di Uniti di approvare una redistribuzione delle quote e dei diritti di voto nel Fondo Monetario Internazionale, e dunque di accettare una gestione piu` equilibrata della Banca Mondiale che ne dipende.
la sede di questa nuova banca mondiale sara` a Shanghai.
ma anche Italia, Francia, Germania, e da ultimo persino Regno Unito hanno deciso di entrarvi come soci fondatori, determinando l’irritazione degli Stati Uniti.
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del resto a maggio il viceministro delle Finanze russo ha proposto ad Atene di aggiungersi ai BRICS come sesto paese.
forse gli aiuti che il Fondo Monetario Internazionale nega alla Grecia potrebbero venirle da qui?
no, la banca diventera` operativa soltanto a partire dal 2016 e il suo capitale iniziale, 50 miliardi, ora portati a 100 ed estensibili al massimo per ora a 150 miliardi, non potrebbero far fronte ai 330 miliardi del debito greco, anche ammesso e non concesso che si decidesse di impiegarli tutti per la Grecia, che sarebbe una totale follia.
e allora? pensare piuttosto a un’unione doganale e in prospettiva anche politica del Sud America con i paesi europei del Mediterraneo?
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eppure il 5 luglio, anche se non sara` la data di una rivoluzione, restera` nella storia dell’Europa, come quella dell’inizio del crollo dell’Unione.
crollo politico e immediato nel caso dell’espulsione della Grecia per la vittoria del No, ma piu` avanti economico nel caso della vittoria del Si` e della prosecuzione dell’austerity, col sostegno del resto dell’Europa.
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rimarrebbe solo una precaria possibilita` a sventare l’autodistruzione dell’Europa: che vincesse il No e che l’Europa imboccasse davvero la strada della riduzione generalizzata del debito, non soltanto di quello greco, in un clima di autentica solidarieta` interna.
non escludo neppure che in qualche segreta stanza istituzionale europea questo sia appunto lo scenario auspicato.
ma questa sarebbe appunto quella rivoluzione del 5 luglio che allo stato attuale sembra impossibile.