le contraddizioni del credito: qualche critica a Dalio – 410.

continuando, dopo il  ad esaminando la presentazione divugativa dell’economia di Ray Dalio, che guida ancora Bridgewater, il più grande hedge fund al mondo, siamo arrivati a punto in cui afferma che un maggior reddito permette un maggior indebitamento.

Nel lungo periodo quanto si riceve dipende da quanto si produce. Col tempo impariamo e la conoscenza accumulata aumenta i nostri standard di vita. Chiamiamo questo crescita di produttività.

ovviamente considerare la crescita della produttività legata soltanto allo sviluppo della conoscenza come l’unico fattore di crescita economica potrebbe apparire puerile. basti considerare ad esempio l’effetto dell’esaurimento progressivo delle risorse non rinnovabili, dove la crescita delle conoscenze tenta semplicemente di porre qualche rimedio alla rarefazione delle risorse, ma non incrementa più a produzione.

ma, se ci accontentassimo di seguire con l’aumento di spesa l’aumento della produttività, dice Dalio, questa crescerebbe in modo lineare e senza traumi.

Ma poiché ci indebitiamo, ci sono i cicli. Questo non è dovuto a nessuna legge, ma alla natura umana.

natura umana, eh…; peccato che Bibbia ebraica, antico cristianesimo ed islam proibissero o proibiscano il prestito ad interesse come peccaminoso: altro che natura umana!

. . .

insomma, indebitandoci noi creiamo nel futuro un periodo in cui spenderemo meno di quel che guadagniamo per estinguere il debito, dice giustamente Dalio, e ne deduce meccanicamente il ciclo economico. 

Questo assume e sembianze di un ciclo: ogni volta che vi indebitate create un ciclo.

mica chiaro, però, perché mica tutti si indebitano nello stesso momento! 

. . .

Questo rende il credito diverso dalla moneta: con la moneta chiudete le transazioni, col credito la transazione non si chiude.

fino a che non si paga, naturalmente: ma, secondo Dalio, in questo modo debitore e creditore creano credito dal nulla.

La realtà è che la maggior parte di quello che la gente chiama denaro è credito.

La somma generale del credito negli Stati Uniti è di circa 50 trilioni di dollari, e la somma totale della moneta è solo circa 3 trilioni di dollari.

come risultato, una economia fondata sul credito permette di realizzare una spesa superiore a quella che sarebbe possibile in base alla crescita della produttività.

. . .

e qui la spiegazione omette di dire che, naturalmente, ad un certo punto, dovendo restituire il credito ricevuto, ci sono fasi nelle quali, invece, proprio questo meraviglioso credito costringe a spendere meno di quello che sarebbe in teoria possibile.

e ne sappiamo ben qualcosa!

ma Dalio gira attorno a problema e preferisce invece moralizzare sul credito.

. . .

Il credito è male quando gonfia il consumo che non può essere ripagato.

in altri termini, secondo Dalio, è buono il debito che viene investito per aumentare la produttività e cattivo quello che invece viene impiegato in consumi che non permettono di aumentare il reddito per ripagarlo.

ma siccome, a questo punto, rimane misterioso secondo questa mirabolante teoria, perché la gente dovrebbe indebitarsi unicamente per produrre di più per ripagare il debito, mi prendo un’altra sosta di nuovo, invitandovi alla prossima puntata.

13 risposte a “le contraddizioni del credito: qualche critica a Dalio – 410.

  1. L’unica cosa che mi lascia perplesso è che credo che i cicli economici esisterebbero comunque, fanno parte già della natura: i raccolti agricoli sono annuali, c’è il periodo della semina e quello della mietitura, ci sono i terremoti, c’è la siccità. I cicli economici sono naturali.

    • veramente se tutti si indebitano non è molto chiaro perché debbano faro ciclicamente secondo una cadenza coordinata.

      ma del ciclo, come caratteristica fondamentale inevitabile dell’economia capitalistica, si occupò ampiamente Marx.

      direi che il ciclo è naturale soltanto se l’economia capitalistica è naturale.

      questo personalmente lo nego: il capitalismo, anche se oggi si è esteso quasi all’intero mondo, è il frutto della cultura europea, non appartiene affatto alla natura umana universale, che ha ben altri bisogni, se consideriamo a loro base biologica come dominante ed è stata guidata per millenni da concezioni dell’economia differenti.

      lo dimostra anche il fatto che nell’intera storia umana di milioni di anni, il capitalismo come sistema economico globale si è creato solo 250 anni fa ed è diventato globale solo da una trentina d’anni.

      e l’esistenza di cicli economici esiste soltanto parallelamente all’affermazione di questo modello; prima non se ne trova traccia nella storia.

      troppo pochi trent’anni per considerarlo universale, anche perché il suo destino appare quanto mai fragile e incerto.

      • Mah, appunto, dipende da quali tipi di cicli intendiamo. Se intendiamo un anno di carestia e un anno di racconto abbondante, ci sono sempre stati. La specificità dei cicli economici capitalistici è quella di non essere basati solo sui dati di quanto si ha già, ma anche, molto, sulla fiducia o sfiducia dei personaggi su quello che si avrà dopo, cioè, appunto, su aspettative future di guadagni ancora maggiori, proprio perché, appunto, il credito è un guadagno futuro (vero o presunto).

        • scusa, ma gli esempi che fai, dell’alternanza dei risultati dei raccolti per variazioni climatiche non sono affatto ciclici, ma casuali.

          il clima non e` ciclico, a quanto ne sappiamo, se non nel fenomeno del Nino, circa ogni quattro anni, oppure, sulla lunghissima distanza, per il ciclo di circa 100.000 anni nelle glaciazioni.

          qualcuno ha anche provato a mettere in relazione i cicli economici col ciclo circa undecennale delle macchie solari, ma con risultati molto incerti, anche se pare che queste esercitino una influenza non tanto climatica quanto sulle condizioni psicologiche degli esseri umani.

          infatti certe coincidenze dei massimi dell’attivita` solare con le date di grandi rivolgimenti storici (1789, 1848, 1861, 1917, 1929, 1939, 1968, 1989) colpiscono, ma potrebbero essere anche semplici fatti casuali.

          quindi non vi e` affatto una ciclicita` naturale della produttivita` economica.

          le spiegazioni di Marx davano conto della ciclicita` dei momenti di recessione in base alle leggi del mercato capitalistico applicate pero` al mondo della produzione.

          il bello del capitalismo contemporaneo e` che anche questi cicli, dovuti secondo Marx alla sovrapproduzione determinata dalla corsa al profitto, non spiegano piu` del tutto la ciclicita` di un’economia diventata largamente e prevalentemente finanziaria.

          come ricordavo, anche il maggiore tentativo attuale di costruire un quadro di insieme del capitalismo contemporaneo, quello di Piketty, ignora stranamente proprio il problema del credito, della sua funzione e del suo ciclo.

          • Ah, ho capito la differenza fra casuale e ciclico. Ma io credevo che i cicli economici dipendessero dalla fiducia, la solita storia che se vedi che i prezzi salgono tutti i mesi, pensi che continueranno a salire, cosi’ compri anche tu e cosi’ li fai salire ancora di più, finché di colpo qualcuno si accorge che non puo’ durare.

            • direi che questa e` una osservazione empirica di molto buon senso.

              pero` ciclico significa appunto che questo non avviene a casaccio, ma secondo ricorrenze temporali significative anche se ovviamente non precisissime.

              inoltre si distinguono anche diversi livelli di ciclo, di breve, medio e lungo periodo, che si sovrappongono fra loro creando diverse curve originali.

              il problema della spiegazione della ciclicita` e` proprio questo.

              ti segnalo la figura di Kondriatev, fondamentale nello studio dei cicli economici.

              se ti interessa (e secondo pootrebbe interessarti parecchio) potresti cominciare ad approfondire il tema da qui:
              https://it.wikipedia.org/wiki/Onde_di_Kondratiev

non accontentarti di leggere e scuotere la testa, lascia un commento, se ti va :-)

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