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stavo per scrivere un post che provava a mettere insieme la richiesta di papa Francesco di una grande amnistia, il perdono che verrà elargito per sua decisione dai parroci e non più dai vescovi per le donne che hanno abortito e il suo giubileo della misericordia (probabilmente indetto per provare a risanare e finanze vaticane in crisi).
ma, siccome oggi ne ho scritti anche troppi, avevo deciso di rinviare a domani, col rischio che poi altre urgenze scavalcassero l’argomento, che mi sembra molto importante, anche se verrà schifato da molti lettori che si ritengono “di sinistra”.
ma ho appena letto un post di Exult49, ETICA ED ATEISMO, che tratta in modo molto esauriente la questione in tutte le sue implicazioni, e quindi ripubblico qui il suo, quasi integralmente (in corsivo) e con qualche integrazione di commento mio (le parti in neretto).
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Negli ultimi giorni sia riguardo al tema dell’adozione del neonato oppure, ancor peggio, delle esequie del mafioso romano, sia della richiesta di amnistia in concomitanza del prossimo giubileo, mi vien da pensare che molte certezze (…) non colgano (…) una semplice constatazione.
L’Italia risulta nella concezione comune un paese (a parole) profondamente cattolico, nel contempo è uno dei Paesi più corrotti al mondo!
sarò più radicale di Exult49: proprio perché profondamente cattolico l’Italia è un paese solo apparentemente religioso; i valori profondi del cattolicesimo hanno una relazione moto sbiadita con quelli evangelici e la loro vera natura è la mera formalizzazione dei medesimi per una vita pratica sostanzialmente improntata a un paganesimo degenerato.
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Nel nostro paese hanno origine storica le maggiori organizzazioni criminali al mondo!
Un paese (noi!) nel quale il senso civico e dello Stato è pressoché nullo, al di là di quanto lo zuccheroso perbenismo cattolico mostri…
La stessa considerazione la si può avanzare per tutti quei paesi occidentali di religione cattolica nel mondo: Argentina, Filippine, Messico, Spagna, Portogallo, (…) tutte ad alta densità criminale e dove la corruzione resta endemica.
No, non può essere un caso…..
Paesi dove i simboli religiosi vengono ostentati insieme alle banconote apposte a corredo della Vergine, dove addirittura le processioni vengono deviate per compiacere qualche boss mafioso e fanno pure l’inchino di fronte alla sua dimora.
Dove i mafiosi, narco-trafficanti, n’dranghetisti o affiliati alla “sacra corona unita” tengono la pistola e la bibbia sul comodino e baciano con avidità animalesca la croce.
paesi dove vige la confessione dei peccati con conseguente assoluzione sono per ciò stesso più aperti al crimine.
quando poi il perdonismo si trasferisce sul piano poitico con la richiesta periodica di amnistie, il sostegno indiretto al malaffare si fa evidente.
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E tutto ciò nel silenzio più assordante di quei parroci, (…) vescovi e cardinali che da Palermo, Napoli, Milano, per non parlare dei curiali di alto bordo, non si pongono certo degli interrogativi circa l’effetto e l’influenza negativa che tante e tali manifestazioni comportano.
certamente non se li pongono: in realtà sono un tutt’uno, perché queste manifestazioni del cattolicesimo non contrastano col cattolicesimo, come credono gli ingenui, ma ne sono la vera manifestazione.
l’enorme numero di cristiani in buonafede che si dicono anche cattolici è lo strumento principale di costruzione del consenso attorno al cattolicesimo centrale, quello che esercita il potere, e che è corrotto.
forse anche in buonafede, essendo il cattolico convinto dell’intrinseca peccaminosità umana.
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Ciò che da ateo detesto ed aborro maggiormente è il doppio registro dell’etica che sovraintende questo sistema istituzionale ben rodato.
Dal pulpito s’insegnano le regole, nel confessionale si perdonano le deroghe!
Il concetto del perdono che sgrava del senso di colpa! (…).
Inammissibile una tale forma di acquiescenza, di assuefazione .
La consapevolezza della responsabilità individuale in rapporto alle azioni compiute deve restare inalterata ed integrale affinché assuma il valore di regola di condotta.
Questo (…) è ciò che divide profondamente la cultura cattolica da quella protestante.
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La cultura protestante non immagina, neppure per un nano-secondo, che un ordine sacerdotale possa perdonare colpe ed emettere assoluzioni!
In tal modo il senso di colpa resta interamente a carico dell’individuo che delle sue colpe deve fare continuamente i conti e deve vedersela con il suo dio!
occorre anzi ricordare che il protestantesimo nasce dal rifiuto e dallo scontro frontale col sistema cattolico delle indugenze, cioè dall’abitudine medievale tutta cattolica di scontare i peccati pagando.
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Da Lutero sono passati 4 secoli e la chiesa cattolica non ha minimamente metabolizzato il senso critico ed etico di questa dicotomia che ha salvato i protestanti dall’imboccare la strada della doppia coscienza.
Il cattolicesimo è rimasto aggrappato ad una visione immanente della realtà.
Una visione che neanche il Concilio è riuscita a modificare e a fare evolvere nella forma e nella sostanza.
Siamo divenuti apologeti del perdono.
Il perdono in questa accezione trasfigurata e trasfigurante gode di una considerazione positiva.
Da noi ai funerali si applaude!
Siamo quasi giunti al punto che chi non perdona subisce la riprovazione generale!
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Ma per tornare ad una visione più ampia, più sociologica dell’etica protestante, basti citare Max Weber, padre della sociologia moderna, che, definendo le basi della società protestante, indica nel “Beruf” la professionalità, la competenza , il rigore che devono accompagnare il fedele praticante .
Talvolta ci si stupisce che ministri della Repubblica Federale si dimettano per aver copiato 5 righe della loro tesi di laurea.
Dal semplice rappresentante della comunità, al borgomastro, al parlamentare il giudizio è fondato sulla coerenza e continuità del suo agire in rapporto con gli ideali di cui è portatore.
E su questi è primariamente giudicato!
La valutazione politica dei suoi atti resta in secondo piano.
Questa è la visione etica di un paese che sul rispetto delle regole fonda la propria essenza.
A maggior ragione se quelle regole sono parte della sfera di fede.
La scelta stessa che ogni individuo / cittadino compie ogni anno nella dichiarazione delle tasse.
In un paese dove le chiese di ogni fede sono tenute a pagare le imposte in relazione al loro patrimonio, ove non vi è alcuna distinzione tra presenza di oggetti di culto o meno, ovvero ove la semplice presenza di una statuetta non permette di eludere milioni di euro di tasse come nella nostra Repubblica catto-connivente.
Ecco su queste differenze si fondano determinate concezioni del mondo e della vita.
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L’etica di un ateo è molto simile a quella di un protestante, o forse sarebbe più attinente, per similitudine, a quella di un calvinista.
Nel senso che l’ateo determina la sua vita ed elabora, costruendola, la concezione di sé.
E quando dico determinare, intendo il peso della scelta dell’autodeterminazione, che integralmente riconduce alla responsabilità, al senso di colpa, del quale è unico portatore.
La differenza è che, mentre nel caso del credente, il referente unico è alter, nel caso dell’ateo è attraverso il processo d’interiorizzazione che si compie l’accettazione di sé e dei propri atti.
Ed in questo caso l’assioma assoluto diviene la coerenza in rapporto ai valori stessi di cui si rende portatore.
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E’ ovvio che questo processo possa compiersi attraverso un percorso continuo di valorizzazione e di autostima nel corso della vita.
Ponendoci come mortali e non vivendo nella speranza, consci delle proprie limitate risorse, non ci poniamo dubbi sull’aldilà, ma viviamo sereni il nostro divenire terreno, senza interrogarci su ditirambici danteschi gironi .
Ecco la ragione per la quale spesso affermo che l’ateismo è la più alta forma di convivenza civile.
Il processo di secolarizzazione in atto, idealmente, condurrebbe a questo stato.
Purtroppo l’evoluzione dell’umanità resta profondamente legata ad una zavorra d’ignoranza che ne impedisce l’evoluzione.
Lo stesso dicasi per il senso di giustizia.
Idealmente unico, sostanzialmente legato alla latitudine e tipologia delle società nelle quali si pratica e si esercita.