C’e` un’aria pungente a Stuttgart, decisamente autunnale, ma frizzante, che mi convince sabato mattina, assieme a una sensazione decisa di benessere, a non aspettare l’autobus, ma a raggiungere la stazione a piedi; ho portato con me la fotocamera, ma non posso farla funzionare, perche` ho dimenticato nel netbook la scheda di memoria per la registrazione delle foto.
dopo l’ora trascorsa nell’Internet Café e un’occhiata appena a come procedono i lavori per la contestata Stuttgart 21, la nuova stazione (velocemente, come e` naturale, e gia` la fossa enorme in cui verra` ospitata comincia a delinearsi; il Planetarium, chiuso ufficialmente per lavori di ammodernamento, appare quasi sospeso in un limbo provvisorio, mentre la fossa si avvicina a lui e alla stazione del metro` Staatsgalerie), ecco il rientro a casa per la pioggia.
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L’uscita del sabato pomeriggio verso il centro storico, premiata invece da squarci di cielo azzurro e lampi di sole e con fotocamera al seguito, e` motivata anche dal desiderio di rendermi conto, attraverso l’esperienza diretta, di come sta vivendo la Germania il dramma dei profughi.
Mi attendo un’aria di tensione, e me ne da` inizialmente conferma un elicottero che insistentemente sorvola il centro della citta` e che non so come interpretare, inizialmente; poi nell’arrivare in prossimità` della Schlossplatz, la piazza centrale, improvvisamente scopro che il centro e` completamente militarizzato: un enorme numero di poliziotti sbarra tutte le strade e devia il traffico automobilistico; una ventina sono schierati compatti davanti ad un cinema; mi viene impedito il passaggio su una traversa e ne approfitto per chiedere alla Polizei che cosa succede; mi rispondono che c’e` una manifestazione.
Di chi? mi domando, e penso forse a neo-nazisti…
Ma nell’arrivare in piazza, ecco che la trovo occupata dagli stand numerosi di una manifestazione di ecologisti con i loro padiglioni didattici sulle fonti di energia alternative, i modelli di auto elettriche, i centri di informazione sullo sviluppo tecnologico ultimo dei pannelli solari e sulle scoperte piu` recenti nel campo.
Impossibile che la mobilitazione cosi` ingente della polizia sia dovuta a loro, mi dico; e intanto tristemente osservo l’abisso di competenza e impegno pubblico che separa il mondo tedesco dal nostro, segnando un gap che mi pare insuperabile e che rimane l’autentica spiegazione, a parer mio, della crisi italiana, che e` morale e culturale prima ancora che produttiva.
Sorprendentemente pero` osservo intanto che non c’e` nulla di nuovo sull’altro fronte, quello migratorio; anzi, da un certo punto di vista i segni di crisi sociale, evidenti nelle visite dei mesi scorsi, risultano decisamente ridimensionati, forse per via del clima, e per le strade o nel parco del Giardino Reale il numero dei disperati allo sbando e` decisamente diminuito, per non dire che sono scomparsi quasi del tutto, salvo che nei sottopassaggi della stazione.
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E tuttavia ecco che di colpo la tensione si materializza in gruppi di giovani, non più forse di duecento, che corrono, dietro bandiere rosse e con i visi coperti dalla kefiah, alcuni, con forti grida nelle quali distinguo la parola Internationale.
Penso a gruppi equivalenti a nostri autonomi: ecco che alle grida si aggiunge il lancio di qualche grosso petardo che scoppia con grandi botti o rimane a bruciare, pericolosamente inesploso, nella via principale, la Koenigstrasse, fra passanti per nulla preoccupati, peraltro, anzi desiderosi piu` che altro di fare foto o riprese, come me.
I poliziotti arrivano di corsa alle mie spalle, ma i manifestanti sono altrettanto veloci, e tutti si spostano rapidamente al grande centro culturale o Treffpunkt appena ai margini della strada veloce che circonda il vecchio centro: traffico bloccato, poliziotte a cavallo, un grande bus scoperto turistico che offre il giro panoramico della citta` costretto a invertire il percorso, e i manifestanti rapidamente imbudellati in un angolo ristretto davanti all’enorme palazzo.
Tutto si svolge sotto l’occhio di decine di cellulari e fotocamere, comprese quelle della polizia; mi fa sorridere rivivere il clima di gesti che compivo anche io cinquant’anni fa o quasi, ma in questo nuovo contesto di trasparenza sociale e di comunicazione diffusa che in questo caso svolge una funzione di sdrammatizzazione, distogliendo chiunque da comportamenti violenti: sia i poliziotti, ciascuno dei quali ha sulla schiena la propria sigla di riconoscimento ben visibile perfino da lontano, sia i manifestanti urlanti, alcuni dei quali travisati con una kefiah sulla faccia, ma comunque individuabili in questa specie di enorme film d’azione che si sta svolgendo in diretta.
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L’abbigliamento e le bandiere dove si riconosce il bianco e il verde, ma anche il rosso, mi fanno pensare in un primo momento a palestinesi, ma poi il grido Turken terroristen e Kurdistan mi fa capire che questa e` una manifestazione di curdi contro Erdogan che li sta massacrando nella loro patria, mentre combattono l’ISIS e i nazi-islamisti, ma col pretesto di attaccare invece i loro nemici.
Scuoto mentalmente la testa pensando al mondo caotico nel quale siamo, alla confusione dei ruoli, al clamore della propaganda a pagamento che tutto frastorna e cerca di nascondere, ai fascismi che risorgono, quello turco, quello arabo, sostanzialmente alleati, ma fintamente nemici; ad una guerra mondiale che richiederebbe una coalizione internazionale contro il nazi-islamismo e invece, come negli anni Trenta, vede i nemici del nazismo divisi fra loro, fino all’ultimo momento, a fornire spazio di crescita al nemico.
E nelle grida di questi ragazzi curdi che protestano per il loro popolo martoriato per le vie di Stuttgart io trovo soltanto la conferma che oramai ogni guerra del nostro mondo diventa guerra civile.
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Posso non raccontare il resto della giornata, che ha toni e colori completamente diversi, accennare brevemente alla festa al Feuersee (lago di fuoco) col ragazzo equilibrista che attraversa il laghetto sulla corda o ai bambini che scivolano appesi velocemente su un percorso simile, alla musica di strada, e in particolare a quella splendida australiana col didgeridoo, o alla cena tipicamente indiana in uno stand della festa dedicato a Ganesh, il dio con la testa di elefante, che nel giro di un’ora mi fanno riassumere i miei viaggi attorno al mondo.
Voglio invece chiudere questa pagina di diario e questo nuovo resoconto di viaggio, il viaggio mentale planetario che ogni volta Stuttgart mi offre, con un brano che leggo da un libro bruttino dedicato a Goedel, che per la seconda volta analizzo cercando di arrivare al fondo di questa sua straordinaria scoperta, si dice, della incompletezza della matematica, del fatto che le cose vere sono irrimediabilmente piu` numerose delle cose dimostrabili (anche se a me pare che intuitivamente ci fosse gia` arrivato Shakespeare quando aveva scritto che c’erano piu` cose al mondo di quante la filosofia ne potesse dimostrare sui libri).
Il passo riguarda la sua biografia.
Sono gli anni Trenta, Goedel vive ancora in Austria, dove ha radice la sua famiglia, ma nel 1934 sale al potere con un colpo di stato Dolfuss, esponente di un aggressivo fascismo austriaco, fondato sul cattolicesimo come ideologia.
“I sindacati erano stati banditi insieme al Partito Socialdemocratico (…), gli uomini di sinistra venivano continuamente perseguitati, (…) nuove restrizioni alla liberta di stampa. (…)
Sia il fascismo austriaco sia il nazismo tedesco sembrarono bandire una crociata contro il nuovo mondo della scienza razionale (…).
La maggior parte degli studenti austriaci si identificava con il nazionalismo tedesco (…) e si rifletteva nell’accrescersi dei tentativi di interrompere lezioni e seminari tenuti da docenti ebrei, socialisti, liberali e di sinistra.
Gli attacchi, in particolare quelli contro il Circolo di Vienna, divennero sempre piu` violenti e culminarono nell’assassinio di Moritz Schlick, che era stato sistematicamente deplorato in quanto “ebreo” (in realta` la sua famiglia aveva origini nell’antica noilta` austriaca).
Il 22 giugno del 1936 gli spararono sui gradini dell’universita`.
L’assassino era il suo ex-studente Hans Nelboeck, che era stato ispirato nel suo gesto sia dall’umpore generale sia dalle idee del suo collega studente Leo Gabriel, che era egli stesso un autro-fascista cattolico.
Dopo la seconda guerra mondiale Gabriel sarebbe diventato professore di filosofia all’Universita` di Vienna.
Nelboeck venne rilasciato dopo due anni di prigione, in seguito al trionfante ingresso delle truppe di Hitler a Vienna nel marzo 1938”.
Hitler che in quell’occasione fece assassinare l’alleato Dolfuss, divenuto inutile.
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E` cosi` difficile riconoscere nei fatti europei di ottant’anni fa il modello mentale eterno di quel che sta accadendo oggi nel mondo arabo?
Allora era il cristianesimo la base ideologica dalla quale maturarono fascismo e nazismo, cosi` come e` l’islam a fornire il retroterra culturale del nazi-islamismo di oggi.
Qualcuno dice che e` l’islam in quanto tale che pone le basi del nazi-islamismo.
Qualcuno senza memoria storica e con debole capacita` di capire, pare a me.
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per una strana coincidenza, o forse per nulla strana, tornato all’internet café per una dimenticanza, trovo un articolo di oggi sul blog di Grillo, sulla stessa questione, e totalmente condivisibile: Il massacro dei curdi e il silenzio dell’Europa
Riprendendo dalle tue ultime tre frasi, e se fosse una certa visione del monoteismo, piuttosto?
Oltretutto le masse erano sicuramente cristiane, ma alcuni tra i fondatori del nazismo, tra cui Hitler, avevano molto di gnostico, cosa che rende ancora più complicato, per me, trovare la connessione.
E anche il fatto che i Kurdi avessero la kefiah mi ha stupito. Che cantassero l’internazionale no perché anche a Parigi!
a quanto ho visto, i buddisti singalesi sono riusciti a fare cose simili contro gli hinduisti tamil in Sri Lanka…
no, io credo che qualunque religione, aldilà della maggiore o minore bontà intrinseca dei suoi insegnamenti, PUÒ diventare la base, più o meno diretta, di una visione nazista della politica.
il nazismo è come il genocidio, secondo me: una delle possibilità della mente umana e NESSUNA religione può difenderci.
semmai un sano e critico ateismo: ma l’ateismo stesso, poi, è una forma di religione e di per se stesso non ha impedito, anzi è stato il fondamento dei delitti di Stalin e di Mao.
In effetti. Pero’ l’Islam lo divento’ Maometto vivente, è ancora un passettin peggio, secondo me.
un esame obiettivo dimostra con evidenza schiacciante che la Bibbia ebraica (e cristiana) è INCOMPARABILMENTE peggiore, quanto a violenza, del Corano.
purtroppo la gente non legge né questa né quello e parla a vanvera.
io ho appena finito di rileggermi mezzora fa i due libri dei Maccabei, che perfino gli ebtrei hanno evitato di inserire fra i loro libri sacri, ma i cristiani considerano invece ispirati dal loro Dio. li hai mai letti??
e coerentemente credo che in un bilancio storico anche le efferatezze delle nazioni che si dicono cristiane superino senza termini di paragone quelle islamiche.
tuttavia degli assassini patentati che hanno per secoli sparso l’omicidio nel mondo con i più vari pretesti accusano le loro vittime di essere sanguinarie quando solo provano a reagire un pochino.
Certo: anzi tutti e quattro, perché i libri dei Maccabei in realtà sono quattro, se non mi sbaglio.
E’ vero che non posso fare un confronto con il Corano: la Bibbia e gli apocrifi più famosi li ho letti tutti più volte, il Corano invece, non essendoci nato dentro ed accostandomici per la prima volta già da adulto, Questo è il Libro su cui non ci sono dubbi, una guida per i timorati, coloro che credono nell’invisibile, assolvono all’orazione e donano di ciò di cui Noi li abbiamo provvisti, coloro che credono in ciò che è stato fatto scendere su di te e in ciò che è stato fatto scendere prima di te e che credono fermamente all’altra vita. Quelli seguono la guida del loro Signore; quelli sono coloro che prospereranno. In verità [per] quelli che non credono, non fa differenza che tu li avverta oppure no: non crederanno. Allah ha posto un sigillo sui loro cuori e sulle loro orecchie e sui loro occhi c’è un velo; avranno un castigo immenso.
A questo punto seguo il consiglio dell’autore e richiudo il libro. Come potrei andare avanti a leggere, quando l’autore dice chiaramente che non lo ha scritto per me? Sarebbe maleducato da parte mia!
Pero’ reagire un pochino non lo possiamo dire, per rispetto delle vittime e dei loro familiari: come faccio a dire a tutti i Cristiani Ortodossi rifugiati in Francia, che ho conosciuto, tra cui i due Egiziani con una bambina piccola che da due anni non hanno risposta dei loro quattro genitori e che temono che siano morti tutti e quattro, che le persone che gli hanno portato via tutto, casa, famiglia, soldi, lavoro, patria, e soprattutto speranza, stessero reagendo un pochino. Se gli dicessi cosi’ che faccia mi farebbero.
credo che tu abbia ragione, qualunque morale si cerchi di ricavare da una storia assurda sarà sempre insensata (parlo dei miei tentativi, ovviamente).
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