il tordo, il mosto, i chiodini, la resilienza – 484.

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cambiamento di casa, di modo di abitare, di vivere; anche la centralità del blog tramonta: diventa più importante cucinare bene i chiodini che mi ha portato Achille; li ha trovati nel suo campo, ma la gente del posto mangia solo porcini.

ed ecco il profumo che si spande per la casa, dopo una puntata fuori sede per comperare qualche etto di aglio.

i chiodini del resto sono almeno un chilo o due.

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insomma, più cambio io davvero, più mi accorgo che rischio di scrivere cose banali.

che cosa ci sarà che merita di essere ricordato in una abbuffata di chiodini cucinati all’aglio?

forse che ho perfino telefonato alla mia ex-moglie, dopo 27 anni di divorzio, perché il chef dei funghi nel mio matrimonio ero io, ma adesso non mi sento più sicuro di come si fa.

lei mi ricorda una frase di madre, che io ho dimenticato:

Si cuociono fino a che fanno cric cric sotto i denti.

i mitici chiodini con la polenta e osei.

Cric cric. Se vi piacciono più asciutti. Altrimenti li spegni prima, restano più morbidi; cottura almeno venti minuti.

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e io adesso sono qui che li mangio senza riuscire a fermarmi: che cosa avrebbe fatto Proust se il cibo capace di risvegliare la sua memoria inconscia fossero stati dei pesantissimi chiodini, densi di olio e aglio, anziché una aristocratica madeleine?

insomma, eccomi nella via della regressione all’infanzia, della cucina economica che riscaldava soltanto il tinello, di mio padre che ritornava dal campo estivo sulle Alpi di confine scaricando dalle jeep del reggimento casse intere di funghi che venivano subito messi sott’olio fra enormi pentoloni ribollenti e poi allineati nei grandi vasi di vetro che riempivano a decine la scaffalatura di una intera parete nel retrocucina.

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ma, a proposito di osei, che dire del regalo amoroso che mi ha fatto la gatta stanotte?

al risveglio, sto telefonando a non so chi, e devo andare in terrazza se voglio che la linea tenga in questo remoto posto di montagna, e mi cade l’occhio su una grande quantità di piume sparse dappertutto: lo sguardo segue le tracce, ed ecco lì una testolina col becco, più avanti le zampe e i resti del corpo, ampiamente divorato.

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la gatta viene subito a pavoneggiarsi, e per quel che di poco conosco della psicologia dei gatti, questo è un segno di riconoscenza per le pappette mattutine: non è la mia gatta, e sta ingrassando vistosamente (se non è incinta), e non vorrei che la Michela se la pigliasse, ma il tordo lo ha portato a me.

escluso infatti che lo abbia catturato sulla terrazza, l’ipotesi migliore è che lo abbia trovato ferito, ma non finito, oppure già ucciso, ma non recuperato, da uno dei cacciatori che la mattina o il pomeriggio tardi si sentono sparacchiare qua e là.

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bastassero mica i chiodini, è arrivata anche una bottiglia di mosto della vendemmia di sabato.

sta cominciando a fermentare ed ha il primo accenno di bollicine, ma è dolcissimo.

questo litro scuro nella bottiglia sarà tutta la mia quota dei duecento chili circa d’uva raccolta, perché sono astemio e il vino non fa per me.

del resto i cinquanta litri previsti saranno divisi a metà con Achille e suo figlio Devid che hanno fatto gli istruttori della pigiatura.

com’era bello mio figlio in mutande che sguazzava tra gli acini; i bimbi guardavano perplessi e mica hanno voluto saperne di partecipare.

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domenica c’era ancora il sole e siamo saliti con Marta e Vera, che sta per compiere l’anno e si è ben guardata dall’addormentarsi, tanto voleva vedere tutto, sul monte più alto dei dintorni, dal quale si vedeva lontano, purtroppo in mezzo a un poco di foschia, il Lago di Garda.

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però il posto per il picnic pubblico, che incontriamo, inatteso, è una vera miniera di suggerimenti per la futura area barbecue nel grande prato di casa.

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ma insomma, perché racconto queste cose e che interesse possono avere?

si moltiplicano coloro che arrivano a trovarmi e mi chiedono perplessi come mai sono venuto a stare qui.

eppure Cincinnato…

anche la banca che deva sganciare il mutuo per la ristrutturazione, osserva perplessa che però siamo un po’ fuori mercato…

fuori mercato: hanno capito tutto, ma non hanno capito niente.

certo che siamo fuori mercato, è quello che volevo: essere FUORI MERCATO: in tutti i sensi.

(ma LORO non immaginano neppure…).

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però insomma leggo che alla fine potrei quasi essere dentro una moda senza volerlo e perfino senza saperlo.

vi sarete accorti vero che c’è in giro una elite del birignao politically correct che ogni 5 o 6 anni si inventa una parola nuova in gergo, per identificarsi come élite e staccarsi dalla massa.

la parola più recente, dei prossimi due o tre anni è resilienza.

che non è una forma di Resistenza stando seduti in panciolle e senza rischiare niente (anche un poco se ci somiglia).

no, cito da wikipedia, per non sbagliare: e trovo due definizioni, una generale e una specifica, di tipo psicologico.

in generale la resilienza è la capacità di un sistema di adattarsi al cambiamento; in ecologia e biologia, la resilienza è la capacità di una materia vivente di autoripararsi dopo un danno, o quella di una comunità o di un sistema ecologico di ritornare al suo stato iniziale, dopo essere stata sottoposta a una perturbazione che ha modificato quello stato.

be’ da questo punto di vista la civiltà post-moderna è il danno che dobbiamo attrezzarci a riparare, come no?

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in psicologia, invece, la resilienza è la capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza alienare la propria identità.

Sono persone resilienti quelle che, immerse in circostanze avverse, riescono, nonostante tutto e talvolta contro ogni previsione, a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e perfino a raggiungere mete importanti.

be’, messa in questi termini io sono certamente un resiliente, uno che è riuscito a voltare tutte le frittate e a trasformare in esperienze positive (dopo averle duramente subite) tutte le prove feroci a cui la vita l’ha sottoposto, e certe volte, per consolarmi, dico a me stesso, che deve pur esistere una vaga distribuzione statistica delle disgrazie e delle avversità, e nei primi sessant’anni di vita ne ho passate tali e tante che dovrei avere esaurita tutta la scorta a mia disposizione.

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bene, detto questo però non autorizzo nessuno a darmi del resiliente.

io con la moda della resilienza non ho proprio niente a che fare, grazie, per i motivi detti sopra.

mi godo questo ritorno inesperto alla natura e, per una parte almeno, alla vita di una volta.

quando nacqui e mio padre disse di volermi chiamare Mauro, nome del tutto fuori dalle tradizioni di famiglia, i contadini del posto scossero la testa e tirarono fuori un oscurissimo proverbio: Mauro lavora la terra.

secondo loro, si poteva aspirare a qualcosa di più, a cominciare dal nome.

ed effettivamente, ecco una vita intera passata a studiare, imparare, insegnare, discutere, scrivere.

ma la vita si avvicina al suo fine, e Mauro eccolo qui, che lavora effettivamente la terra per quel tanto che può.

e gli sembra di essere tornato ad essere veramente se stesso.

11 risposte a “il tordo, il mosto, i chiodini, la resilienza – 484.

    • 🙂 grazie! 🙂

      sono commenti come questi che mi aiutano a capire meglio me stesso: evidentemente i risultati migliori li raggiungo dove mi lascio andare a scrivere senza pensarci su, del tutto spontaneamente e come viene viene.

      è dove mi sforzo e credo di dare il meglio che invece funziona meno,.. 🙂

        • è qualcosa che sinora ho sempre fatto un po’ malvolentieri per una specie di pudore.

          ma l’età matura aiuta a pensare che le tue esperienze possano essere utili, se non altro a illuminare anche le esperienze di altri, di una luce e di un punto di vista particolare…

            • certo! questo poi è un tema che non tocco proprio, perché quando l’ho fatto mi sono trovato a mettere in piazza anche l’intimità di altre persone, sembra che non ci sia via d’uscita…

              però quando la mia vita era fatta del lavoro principalmente, ho provato qualche volta a parlare di questo in termini un po’ generali, ma poi la maggior parte delle esperienze non erano socializzabili.

              insomma, mi appare socializzabile solo quello che è lonely, solitario… 🙂 🙂 🙂

  1. Anche a me piacerebbe ritirarmi da vecchio in un angolino del mondo… pero’ lontanissimo da dove sono nato… che poi non per questo vorrà dire diverso (per esempio, le montagne hanno tante caratteristiche in comune dovunque siano)

    • be’, io in effetti sono nato in Veneto e neppure in montagna, ma giusto al confine tra la pianura e le Prealpi, e questo paesaggio e questo clima sono un’esperienza nuova per me.

      tempo fa fantasticavo di una casa in Nepal, ma mi hanno fregato i nipotini, per dir cosi`, e poi un conto sono i progetti sulla vecchiaia che fai quando ancora non ci sei dentro e quelli che fai per viverli davvero nell’immediato.

      • E’ vero! Ma è anche vero che i miei genitori quando ero adolescente mi dicevano sempre: Adesso vuoi vedere il mondo, quando sarai vecchio proverai nostalgia delle tue montagne di quando eri piccolo! Se non mi avessero ripetuto continuamente questa frase, forse sarebbe successo, ma siccome hanno continuato a ripetermela, allora sono praticamente sicuro che nelle montagne di quando ero piccolo non invecchiero’. In altre, magari, perché no!

        • a me sulla vecchiaia i miei genitori non hanno mai detto nulla, a quanto ricordo, forse per scaramanzia, data una certa tendenza familiare a non arrivarci.

          io però vedi che sono un’eccezione che ha messo insieme gli opposti; voglio vedere il mondo e voglio anche vivere nelle montagne, in cui sono vissuto da piccolo. 😉

          va be’, non sono proprio quelle del Sued Tirol, ma mi ci sono avvicinato il più possibile, restando raggiungibile in meno di un’ora dai miei figli.

          e poi comunque il 30% di ogni mese che non sia in viaggio, in Germania, comunque!

non accontentarti di leggere e scuotere la testa, lascia un commento, se ti va :-)

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