Roma, modello Expo? – 525.

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“Come ha funzionato Expo, vogliamo che questo modello sia il modello di Roma per il Giubileo.

Ecco perché è stato chiamato il prefetto di Milano a commissario di Roma, per fare del Giubileo un’occasione di rilancio di Roma da tutti i punti di vista”.

Maria Elena Boschi, ministro delle Riforme

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“Con Tronca il Giubileo sarà come l’Expo”.

Angelino Alfano, ministro dell’Interno

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nell’Italia immaginaria nella quale viviamo, l’Expo e` stata un successo.

con 21 milioni di visitatori da tutto il mondo, dice sempre la Boschi.

se facciamo un bilancio concreto, invece, non e` cosi`.

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ecco, un po` sintetizzata, l’analisi di Gianni Barbacetto e Marco Maroni, sul Fattoquotidiano.

Il buio oltre le code: Expo tra debiti e banche alle costole (GIANNI BARBACETTO E MARCO MARONI

Mai così pochi
Alla fin della fiera l’obiettivo è stato raggiunto, alla faccia di gufi e disfattisti: Expo chiude i battenti con oltre 20 milioni di ingressi.
Un trionfo, almeno per il commissario Sala, che ha la strada spianata per Palazzo Marino, per il governo Renzi e la sua retorica dell’Italia che funziona, e per il gigantesco apparato mediatico mobilitato fin dall’inizio, a suon di milioni, in una delle più straordinarie operazioni di propaganda e manipolazione dell’opinione pubblica che si ricordino.
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Restano però in sospeso due domande: i numeri testimoniano un successo?
E, soprattutto, alla fine chi paga?  

Il successo di un grande “camouflage”: se al di là della fanfara celebrativa si guardano i fatti, l’Expo universale di Milano ha registrato ingressi contenuti, chiude con un disastroso buco di bilancio, non ha rilanciato l’economia e lascia dietro di sé uno strascico di problemi irrisolti.  

Tolti i quasi 14 mila addetti che ogni giorno si sono avvicendati nel sito, su cui i comunicati di Expo sorvolano, e la ridicola mistificazione per cui si considerano le code da sfinimento un indice di successo e non di disorganizzazione, l’esposizione milanese chiude con 18 milioni di visitatori.

È la stessa cifra registrata dall’Expo di Hannover 2000, ricordato come “il flop del millennio”. Per fare peggio di così bisogna andare all’Expo di Seattle del 1962, con 9 milioni di visite.

Ma il problema non è quello del flusso di visitatori. È che per evitare un flop colossale, il management dell’Expo ha spinto sui numeri dei tornelli a scapito del conto economico, che già partiva appesantito da malaffare, clientelismi, inefficienze.

insomma, integro di mio: l’aumento delle visite e` stato ottenuto negli ultimi giorni con i biglietti a prezzi stracciati e perfino regalati, alla faccia di coloro che li hanno comperati all’inizio, a prezzi interi o quasi; io stesso ho ricevuto due biglietti gratis dalla TIM gli ultimi giorni: peccato che ne avessi gia` comeprato uno, scontato, proprio in un negozio TIM.

Il risultato è che la manifestazione peserà sui contribuenti per più di un miliardo di euro.

Expo è costata, finora, 2,4 miliardi di euro:

  • 1,3 miliardi per la costruzione del sito;
  • 960 milioni per la gestione dell’evento (840 milioni secondo Expo, ma è un conteggio basato su magheggi contabili già censurati dalla Corte dei conti)
  • 160 milioni per l’acquisto dei terreni, pagati – giusto per ricordare come è partita l’operazione   – dieci volte il prezzo di mercato.  

I dati sulla spesa sono provvisori, visto che sono in corso i contenziosi per gli extracosti chiesti da tutte le principali imprese che hanno lavorato sul sito: solo per il Padiglione Italia, prima trattativa conclusa, ammontano a 29 milioni.

Ed è di questi giorni la notizia che per la bonifica dell’area, rivelatasi gravemente inquinata solo dopo che era stata comprata a peso d’oro, c’è un conto da 72 milioni.

I costi di gestione dell’Expo si sarebbero dovuti pareggiare, secondo le dichiarazioni di Sala, con i ricavi da biglietti più quelli da sponsorizzazioni, royalties e via dicendo.

Il pareggio si sarebbe raggiunto vendendo 24 milioni di biglietti a un prezzo medio di 22 euro e ricavando circa 300 milioni dalle altre voci.

Visti gli scarsi afflussi iniziali, tali che la società si è rifiutata per i primi tre mesi di fornire dati, in estate è stato offerto al volo un nuovo conteggio: sarebbero bastati 20 milioni di biglietti a 19 euro di costo medio; il resto lo avrebbero fatto i ricavi diversi, aumentati chissà come.

Già così, si sarebbe chiuso con un deficit di gestione da 200 milioni di euro.

Il problema è che per arrivare ai 20 milioni di ingressi promessi, con annessi titoloni di giornali, si è messa in campo una politica di omaggi e prezzi stracciati.

Sconti da saldo alle scolaresche, praticamente precettate dal ministero, ai dipendenti delle aziende sponsor, alle parrocchie, alle coop, agli ordini professionali e a qualsiasi organizzazione che potesse portare a Rho flussi consistenti.

Biglietti a 5 euro dopo le 18, ingressi regalati ai pensionati, ai titolari di bassi redditi, a chi parcheggiava per la visita serale nelle aree di sosta del sito.

Il rivenditore ufficiale della manifestazione nelle ultime settimane faceva il 70 per cento di sconto.

Expo, pur sollecitata da questo giornale, non fornisce alcun dato sul prezzo medio di vendita: ma non ci vuol molto a capire che sarà molto inferiore alla soglia di 19 euro.

Vale a dire che il deficit di gestione sarà ben maggiore dei 200 milioni previsti.  

La retorica con cui si cerca di mascherare la perdita economica è soprattutto quella sull’“indotto” e sull’eredità dell’Expo; ritorni economici che giustificherebbero gli 1,3 miliardi d’investimento a fondo perduto nel sito.

Qui si entra direttamente nel campo della fantasia. Gli studi con cui si cerca di far passare Expo per un volano economico sono quelli preparati da un gruppo di accademici della Bocconi finanziato da Expo.

Si parla di 3,5 miliardi di spesa complessiva dei visitatori, tali da generare, per l’effetto moltiplicatore (per cui ogni euro speso genera ulteriori spese a cascata), una produzione aggiuntiva per il Paese da 10 a 30 miliardi e 191 mila nuovi occupati l’anno dal 2012 al 2020, con un picco tra il 2013 e il 2015.

È l’apoteosi del moltiplicatore economico, un campo dei miracoli dove per ogni euro sotterrato se ne ritrovano 3, o anche 10.

Solo che la stima ignora il costo delle risorse usate, in termini di tasse o tagli ad altre voci del bilancio pubblico.

Qualsiasi investimento valutato in quel modo darebbe un risultato positivo.

Per Carlo Scarpa, ordinario di Economia all’Università di Brescia, esperto di infrastrutture, “qualche effetto moltiplicatore la spesa generata da Expo ce l’avrà, ma stimarlo è pura fantasia.

Inoltre, un conto è costruire infrastrutture che restano, un altro è un investimento di pura edilizia, come l’Expo, che dopo sei mesi chiude”.

Sui mirabolanti effetti occupazionali, basti dire che nel 2013, nel 2014 e fino al primo semestre 2015 (ultimi dati Istat disponibili) gli occupati in Lombardia sono stati in calo.  

L’arrivo di turisti stranieri è stato al di sotto delle previsioni.

Secondo uno studio dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, coordinato da Jérôme Massiani, i risultati preliminari indicano una quota del 16 per cento di stranieri (soprattutto francesi e svizzeri) contro il 25 per cento previsto.

All’Expo sono andati soprattutto i lombardi (quasi il 40 per cento dei visitatori), mentre i non europei, compreso l’atteso milione di cinesi, hanno raggiunto quote irrisorie.

Peccato, perché la spesa degli stranieri è quella che determina il saldo positivo per il Paese creato da Expo.

A patto che, fa notare Massiani, “nei benefici per l’economia sia contabilizzata solo la componente addizionale della spesa dei turisti”. Vale a dire quella di coloro che non sarebbero venuti in Italia se non ci fosse stata l’esposizione.  

Per gli esercenti milanesi e lombardi non sembra proprio che Expo sia stata una manna. Qualcuno certo ci ha guadagnato, ma per molti, come i locali del centro di Milano che hanno visto la movida serale trasferita a Rho, l’effetto è stato quello di un boomerang.

Gli ultimi a manifestare la propria delusione, questa settimana, sono stati i commercianti bresciani: “Qui si perdono quattro imprese al giorno”, ha scritto un report di Confesercenti, “Expo a Brescia non si è proprio fatto sentire”.  

Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 31/10/2105.
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bene, questo e` il modello Expo che si vuole esportare anche a Roma.
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o meglio: questo e` il modello Renzi per l’Italia intera.
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bancarotta fraudolenta, come per suo padre: c’e` altro da aggiungere?

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