diario svevo? – my roundtheworld n. 169 – 567.

. . .

Onestamente mica so che interesse oggettivo possano avere questi appunti sul mio attuale soggiorno in Germania, ma facciamo conto che siano motivati non da qualche forma sfrenata di narcisismo, ma dalla necessita` di fornire nel modo piu` funzionale qualche notizia di me a tutti coloro che se ne interessano

(E con questo torno quasi alla funzione iniziale di questo blog, che serviva anche a risparmiare diverse mail tutte sostanzialmente uguali a diversi interlocutori, invitati piuttosto a passare di qui, dove trovavano il tutto in forma piu` precisa e completa).

. . .

E c’e` forse anche il bisogno di dare qualche spiegazione di questa mia scelta, giudicata cosi` strana da tutta l’opinione comune che mi circonda, che guarda con disapprovazione a questo mio periodico ritiro dall’Italia in un ambiente dove non ho una vita sociale vera e propria, cioe` fondata su precise relazione interpersonali (a parte quelle del blog, mantenute pure con qualche difficoltà` operativa), e – forse proprio per questo – sto benissimo.

Viaggi in solitaria, ritiro in montagna, fughe in Germania: come nascondere, prima di tutto a me stesso, che e` una specie di eremitaggio laico quello che mi da` una serenita` personale impagabile?

Lo trovate strano? Eppure ha una tradizione ben solida alle spalle: a partire dal vivi nascosto di Epicuro, passando per Seneca e arrivando fino al Petrarca, come riesumatore della tradizione classica che identificava con la solitudine personale l’otium, cioe` il dedicarsi a se stessi (niente a che fare con la definizione negativa di ozio che il cristianesimo impose a questo atteggiamento).

Il mio otium svevo e` comunque piu` dinamico, aperto e sociale, almeno dal punto di vista culturale: infatti il mio otium non coincide con una perfetta solitudine introspettiva, ma assume per me necessariamente la forma del viaggio, con le sue curiosita` e le sue scoperte.

Si`, per me la vita stessa e` un viaggio continuo, una ricerca di luoghi e di situazioni sconosciute: ma qui devo aggiungere che la Germania e` diventata gradualmente per me anche la patria del cuore: il posto dove sto bene, dove mi rispecchio, anche se soltanto astrattamente, in un un mondo che corrisponde a me e alle mie esigenze.

Quanto mai impopolare dirlo, in Italia, ma posso farmene un baffo?

Francamente, non me ne puo` importare di meno, tanto vivo meglio qui: non fosse per i figli e i nipotini, che non posso convincere a trasferirsi qui, sinceramente chi me lo farebbe fare a tornare indietro?

Quindi tornero`, a giorni, tornero`, per rivederli e abbracciarli; tornero` con un Adventskalender per tutti e le finestrelle che si aprono giorno dopo giorno sui piccoli cioccolatini…, per quasi un mese, fino a Natale.

Del resto i mercatini sono sbocciati di colpo nella notte fra l’altroieri e ieri e io sono gia` passato a controllare che, nonostante la prima apparenza, non siano assolutamente identici a quelli dell’anno scorso e degli anni precedenti.

. . .

Dopo che ho lasciato a Zurigo, venerdi` scorso i miei due compagni di viaggio reali ed il terzo virtuale che ha voluto pagare il viaggio lo stesso, avendolo disdetto soltanto il giorno prima, eccomi da solo per i 200 km circa per arrivare a Stuttgart.

Ho pensato per un po` se fermarmi poco prima di Schaffhausen a rivedere dopo tanti le imponenti cascate del Reno, ma poi ho preferito una meta minore, che avevo cercato di raggiungere gia ` un’altra volta, ma sbagliando strada senza riuscire a trovarla.

E` la cittadina di Engen, assente da qualunque guida della Germania e perfino del Baden-Wuerttemberg, ma segnalata sull’autostrada da un cartello turistico marrone, con un profilo di tetti che indica l’interesse del suo centro storico, e ci arrivo questa volta in modo sorprendentemente facile: e` solo a un paio di km a sinistra della Autobahn (chissa` come ho fatto a perdermi un paio di anni fa).

1

Engen e` una bella sorpresa: piccola e raccolta su un modesta altura un poco ricurva, che presenta a sud un castelletto signorile e a nord un parco, forse ricavato su antichi bastioni, con un inquietante monumento dal sapore chiaramente nazista, ora dedicato alle vittime di tutte le guerre, ma la dedica non e` in grado di cancellare la forza visiva dei due saldati che marciano affiancati in un stile figurativo chiaramente SS.

2

Ma il resto della cittadina e` old Germany, la vecchia Germania pre-nazista e perbene delle case a graticcio e dei selciati silenziosi; aggiungete che la giornata, bruttissima e piovosa alla partenza in Italia, e` qui a sorpresa sovrastata, gia` fin dalle montagne e dai laghi della Svizzera, da un cielo luminosissimo e terso, a volte solcato persino da qualche volo di falchi.

3

. . .

Il mio girovagare fotografico mi porta anche ad approdare, in una via secondaria, alla lunga facciata bianca di un museo, dedicato alla storia locale, che e` una vera emozionante sorpresa.

Engen infatti e` sorta su questa specie di cresta non troppo alta e lunga forse 500 metri, che prosegue con un rilievo ancora piu` basso per qualche chilometro e racchiudeva una specie di valletta interna, chiusa ad ovest da un altro rilievo, modesto ma scosceso.

Qui dunque i cacciatori della preistoria riuscivano a raccogliere, senza possibili vie di fuga, la grossa selvaggina, che veniva poi uccisa: gia` nell’era glaciale.

E questo fa si` che il luogo, scoperto e reso oggetto di scavi sin dall’Ottocento, sia ricco non solo di montagne di ossa di animali uccisi, ma di testimonianze importanti della vita preistorica, anche di tipo artistico.

Avete presenti le cosiddette veneri della preistoria? Quelle figurette di osso, propiziatrici della fecondita`, di donne o meglio femmine dai grossi seni e dalle natiche prominenti, che sembrano incinte e sul punto di partorire?

4

Eccone una; ma ci sono anche altri diversi amuleti, che venivano portati al collo; con ricostruzioni di abbigliamenti pesanti di pelle, decorate con conchiglie, e plastici della zona, allora una specie di taiga, con i movimenti dei cacciatori.

Andandomene, noto adesso con maggiore interesse, che all’ingresso del paese ci sono dei cartelli che indicano un parco dell’Eiszeit, dell’era glaciale; si e` fatto troppo tardi per visitarlo, rischio di arrivare alla capitale col buio e preferisco evitarlo, ma lo rinvio ad una prossima volta, magari alla stagione primaverile, piu` adatta.

. . .

Riesco gia` ad uscire, dopo la spesa al supermercato, per un giretto serale in centro: la massa dei disperati che occupava le vie e i parchi del centro sembra diminuita, ma e` solo un effetto del freddo.

Del resto l’indomani nevica al risveglio: non troppo, e la neve attacca solo sui tetti, ma comunque che effetto dalla finestra panoramica del mio monolocale affacciato sul centro e sulla collina dove sta il consolato italiano, oltre alle ville dei piu` benestanti della citta`.

5

La visita al dentista va bene: l’infezione interna nell’osso della mascella e` molto regredita, anche se non ancora risolta del tutto, rivela la radiografia: abbraccerei il mio dottore, un poco scorbutico con me, da quando l’ultima volta, capendo male il suo ordine, gli ho morsicato un dito, e anche questa volta lo faccio arrabbiare, perche` quando mi dice Mund zu, bocca chiusa, io chiudo effettivamente la bocca, ma poi la riapro, e invece devo tenerla chiusa…

Insomma, eccomi curato come volevo, a debellare una infezione importante con pazienza e forza naturale dell’organismo: senza antibiotici!!!

Ma soprattutto, ecco accantonata l’ipotesi di una operazione con taglio dell’osso per raggiungere l’infezione, che rimane soltanto sullo sfondo, nel caso la mascella dovesse cominciare a farmi male: segno di una riacutizzazione del male; ma non succedera`.

Lui stesso e` ottimista, visto che mi dice di tornare fra sei mesi, troppo in la` per fissare ora un appuntamento; e mi rendo conto che neppure mi sta mandando il conto, che aspetta questi sei mesi e la guarigione definitiva per farlo!

. . .

Per il resto della giornata, con quel poco di neve che va e viene, prendo le misure al mio soggiorno che ho programmato in due settimane questa volta, se trovo abbastanza cose da fare; e ho i miei luoghi canonici, oramai: il centro unico di prenotazione degli spettacoli, con la stagione operistica, dei balletti e dei concerti, un’occhiata alle mostre in corso.

Stuttgart, non vorrei sembrarvi partigiano, e` stata nominata l’anno scorso la capitale culturale della Germania e l’offerta rimane debordante; in piu`, nel suo piccolo di citta` di soli 600.000 abitanti, rivivo qui in piccolo l’esperienza che negli anni Ottanta si poteva fare a Parigi; non esagero, credetemi: da anni quasi ogni anno si apre qualche museo o centro culturale nuovo: il Kubus, o palazzo dell’arte contemporanea nella centralissima Schlossplatz, il nuovo museo interattivo degli strumenti musicali antichi, la nuova straordinaria biblioteca (un vero capolavoro architettonico) nel nuovo centro che sta sorgendo dietro la stazione, ora che verra` completamente ristrutturata dalla linea ad alta velocita`.

6

Ora sta nascendo nella vecchia biblioteca un nuovo museo sulla storia della citta` e anche nella Schlossplatz il Wihelmsbau, l’edificio che sta dietro il grande colonnato costruito, come dice il nome, da re Guglielmo a fine Ottocento, verra` destinato a museo.

C’e` qualcosa che non torna in tutto questo fervore costruttivo che sta cambiando i connotati stessi della citta`, e trovo anche un manifesto che protesta contro la vecchia Stuttgart che scompare: l’eccesso dei centri commerciali: uno, il Gerber, all’estremita` sud dell’asse principale del centro, rappresentato dalla Koenigsstrasse e dalle sue prosecuzioni; l’altro, il Milaneo, a nord, nell’Europaviertel, dietro la stazione appunto, in una zona che viene indicata come il nuovo centro della citta`; e questi due sono gia` finiti e funzionanti; ma un terzo sta nascendo nella completa riorganizzazione della zona est del centro, nel quartiere della Dorotheestrasse.

Ma intanto la grande libreria della Koenigstrasse, dalla modernissima impostazione, dove ci si poteva fermare anche a leggere un libro al bar, ha chiuso, ed e` stata sostituita da un altro negozio di moda: neppure qui si sfugge alle tendenze di fondo della societa` dei consumi occidentale, sono soltanto un poco rallentate e piu` che altro in apparenza.

Un’immagine francamente abbastanza fastidiosa di una citta` presa da un delirio consumista che non potra` che ricadere su se stesso, visto che non e` previsto nessun aumento di popolazione, ed anzi rimane grave la crisi degli alloggi, visto che la costruzione di questi enormi centri commerciali, ciascuno con decine di negozi soprattutto di moda, sostituisce la costruzione di case, i cui prezzi stanno salendo alle stelle: il costo di un appartamento in centro ha raggiunto i 10.000 euro al metro quadrato.

. . .

Esco dal mio sabato, comunque, con una prima organizzazione di massima delle mie giornate qui, e poi molto verra` affidato all’improvvisazione, che terra` conto anche dell’andamento del tempo.

Infatti la domenica mattina nevica ancora di brutto, ma per fortuna non a lungo e di nuovo la neve non attacca.

Del resto non potrebbe importarmi di meno, dato che fin dal venerdi` sera ho adocchiato nella zona centrale dei cinema un film indiano, che viene presentato come un modo di festeggiare il Diwali, quello che potremmo considerare il capodanno indiano.

Intanto che aspetto di andare, lunedi` sera, ad informarmi sui costi di un eventuale settimo viaggio in India a gennaio-febbraio (qui di solito i costi sono inferiori che in Italia, perche` vi e` una domanda maggiore e maggiore concorrenza, eccomi trasferito senza spese in India, alle 12:30.

. . .

Sono un poco deluso quando verifico che il pubblico e` davvero scarso e soprattutto non c’e` nessuna significativa presenza di immigrati indiani: solo davanti a me una famiglia altoborghese che sgranocchia pop corn.

E poi diversi altri estimatori europei del cinema indiano: chissa` se anche loro inzialmente un poco delusi da questo polpettone che dura tre ore, ha una trama inverosimile, degli attori, soprattutto quello maschile, poco credibili (ma bisogna accettare anche il concetto indiano di bellezza maschile, che confina con l’obesita1, ma non dovrebbe prevedere un ostinato orzaiolo nell’occhio destro, malamente mascherato dal trucco.

Un poveraccio innamorato di una principessa parte per raggiungerla proprio nei giorni del suo matrimonio con un grande principe del Rajastan; ma il principe e` oggetto di un attentato, dovuto agli intrighi della sua corte e del fratellastro; scampa fortunosamente, ma rimane in fin di vita; ma per fortuna il poveraccio e` il suo sosia perfetto, e non rimane dunque ai dignitari che fargli assumere l’identita` del principe, in attesa che l’originale guarisca.

Siamo nel pieno degli stilemi della cosiddetta commedia nuova di eta` ellenistica in Grecia, con le situazioni classiche dello scambio di persona, che poi sono passate anche nella commedia latina classica; peccato che gli attori di questa storiaccia girata tutta in costume, usino i telefonini e le auto di marca europea, come normali oggetti di lusso.

Non faccio a tempo a constatare, un poco sconsolato, che questo film mi appare decisamente piu` involgarito rispetto ad altri prodotti di Bollywood che ho visto piu` o meno recentemente, che le danze e le canzoni che obbligatoriamente scandiscono i momenti clou della inverosimile vicenda, come obbligatorio in questo stile di film, sono piuttosto dozzinali e cosi` via a lamentarmi, che piu` ne ha piu` ne metta, che questa storia comincia ad entrarmi nel cuore e a commuovermi in modo esagerato.

Tutto il merito e` del protagonista maschile, si` quello con l’orzaiolo, o per meglio dire del suo personaggio che gradualmente conquista l’amore della sua principessa riuscendo progressivamente a smantellare la rete di gelosie ed odio che avvolge la corte: solare e ottimista, ricostruisce l’unita` di una famiglia sconvolta dalle rivalita` interne sino all’omicidio e fa affiorare in tutti i personaggi il loro lato positivo, salvo uno solo, al quale rimane riservata la parte del cattivo e dunque la morte finale.

Insomma, ancora una volta il cinema indiano si presenta come un cinema morale, capace di dare un insegnamento di tolleranza e di accettazione, una lezione di saggezza, e questa mi pare cosi` forte da superare infine tutte le incongruenze di una storia pasticciata e perfino di un lieto fine inquietante, dato che la guarigione finale del principe porta a profilare un futuro menage a tre in cui la principessa non scegliera` affatto fra l’uomo spiantato di cui e` innamorata e il suo doppio principesco, ma se li terra` entrambi.

. . .

So benissimo che a questo punto non sto affatto piu` scrivendo un post, ma una sbrodolata illeggibile.

Sento di essermi messo da solo in una condizione di solitudine della scrittura, non avendo osservato nessuna delle leggi di leggibilità` in internet, ma forse di leggibilità` in assoluto.

Ma che fare con le rigorose leggi della comunicazione informatica che esigono poche righe fulminanti, o piuttosto il silenzio?

Non fanno per me, e preferisco scrivere per me stesso che adattarmi ad uno stile che non e` il mio.

. . .

Vi risparmio comunque almeno il resoconto delle letture che nel frattempo riempiono i miei spazi casalinghi vuoti (Banana Yoshimoto, L’ultima amante di Hachiko; Natalia Ginzburg, La famiglia Manzoni (riletto, orrendo!); Pennac, La fata carabina; Georges Simenon, Il cane giallo (riletto con gusto e quasi avendo dimenticato del tutto la prima lettura); Laurence Steinberg, Il cervello adolescente; un’incredible antologia di psicanalisti degli anni Sessanta, fra cui Musatti, sulle Perversioni sessuali, preso per curiosita`, come quasi tutti gli altri, su una bancarella bresciana dell’usato per un euro, e rivelatosi una fonte di meraviglia straordinaria su quanto siamo cambiati; l’edizione tedesca della Breve storia del tempo di Hawking, comperata invece qui, sempre ad una bancarella dell’usato per 5 euro, che avevo gia` letto in italiano 25 anni fa; il numero monografico della Scienze dedicato al centenario della teoria della relativita` generale di Einstein).

Di quest’ultimo mi sono gia` occupato, ma fatemi aggiungere qui ancora una cosa.

Una cosa non capisco della teoria di Einstein, e cioe` che essa contiene gia` dalla sua premessa chiaramente sbagliata i presupposti della relativita` del tempo che poi cerca di dimostrare.

Infatti concettualmente Einstein imposta il problema dello spazio tempo prescindendo completamente dal fatto che la Terra fa parte di una galassia che ruota e di un universo che pure si muove, essendo in espansione, dunque ritiene, ad esempio, che l’astronauta che ritorna sulla Terra da un viaggio nello spazio ritorni nel punto da cui e` partito.

Ma e` sbagliatissimo! E` geocentrismo di ritorno, non superato concettualmente; palesemente non e` cosi`, dato che nel frattempo la Terra, con tutta la sua galassia e con l’intero universo si e` mossa.

Dunque l’astronauta che ritorna sulla Terra arriva in realta`, come la Terra stessa, ad un punto dello spazio ben diverso da quello originario.

Allora mica e` cosi` strano che chi viaggia ad una velocita` molto maggiore ci arrrivi prima e che gli altri, che viaggiano molto piu` lenti, impieghino generazioni per raggiungere lo stesso punto.

Non ritorna affatto nello stesso punto di prima, portandosi dietro un tempo personale diverso da quello che e` trascorso li`, anche se questa e` indubbiamente l’impressione che puo` dare.

Ma non e` il tempo che si e` contratto; e` lo spazio che e` stato percorso piu` in fretta, senza che con questo dobbiamo necessariamente dire che si e` contratto.

Insomma, mi piacerebbe capire se la velocita` che attribuiamo alla luce non sia in realta` la velocita` di cio` che si muove attorno alla luce: immaginate un universo nel quale la luce sia immobile sulla linea del tempo e lo spazio si crei attorno ad essa semplicemente in maniera olografica, prodotto da lei.

Avremmo l’impressione, tolemaica, che la luce viaggi nell’universo, ma non potrebbe essere l’universo spaziale, invece, che si sposta attorno alla luce, ancorata al tempo?

. . .

Lasciamo stare queste amenita` semideliranti, suvvia, ma la solitudine eremitale tedesca fa anche di questi effetti ed anzi viene da me ricercata proprio perche` ne faccia.

Nel frattempo io provo anche a scrivere altro, ma senza successo: inutilmente rimetto mano ad una autobiografia che non vuol proprio saperne di nascere, passate le prime 30 pagine, oppure alla trascrizione, tanto per provare di un ciclo di poesie rimaste manoscritte e dedicate a Roma nel 1980…, anche qui invano, perche` rapidamente mi scoccio.

. . . . . .

Non bastasse a riempire la giornata, la sera ho gia` comperato il biglietto per Madama Butterfly di Puccini, al Teatro dell’Opera.

Su Puccini ho dei grossi pregiudizi, lo ammetto, anche se l’aria Un bel di` vedremo, o il coro a bocca chiusa sono certamente dei pezzi straordinari, ma e` proprio l’intero spettacolo che non regge, anche se la soprano e` bravissima (ma pesa 80 chili e deve fare la parte di una sedicenne!), il direttore d’orchestra bravissimo, lo scenografo geniale, e il regista idiota non fa danno piu` di tanto.

C’e` gia` un italiano su questa piattaforma che ha un blog tutto di recensioni sulla musica classica di Stuttgart, quindi non prendete questi commenti come una recensione, ma soltanto come la descrizione di sensazioni soggettive.

Perche` dico che il regista e` idiota? Perche`, ad esempio, ha deciso di togliere il carattere concreto alla storia e la sua ambientazione in Giappone; solido o solo apparente che sia, il lavoro di Puccini ha anche come tema quello del rapporto fra culture differenti e del colonialismo occidentale, ma questo aspetto e` totalmente sacrificato dalle scelte del regista; che invece ha una trovata piu` bizzarra che geniale e nei momenti piu` intensi emotivamente mette sempre in scena un personaggio occidentale che riprende tutto con una video camera: ma non una volta sola, ma ripetutamente.

In ogni caso e` l’opera di Puccini che non regge: non si reggono quasi tre ore consecutive di disperazione sentimentale.

Il semplicismo psicologico e il patetismo pucciniano ha alcuni tratti in comune con Chaplin, e rispecchia probabilmente l’elementare mondo emotivo del pubblico di massa del tempo; ma in Chaplin, genialmente, la commozione si alterna costantemente al sorriso o alla schietta risata, e dunque ci afferra ogni volta che si ripropone con rinnovata intensita`; qui e` un registro monocorde, dall’inizio, quando sappiamo da subito che la piccola e` consapevolmente ingannata da Pinkerton, alla fine, quando, dai che ti ridai, una tragedia dietro l’altra, finalmente la piccola geisha si uccide, e il vostro bortocal non ne poteva piu` e scappa.

Insomma, una conferma dei miei pregiudizi: Puccini non e` un artista autentico e profondo, ma un manipolatore neppure troppo abile, in termini teatrali, anche se le idee musicali vere e proprie non mancano, ma sono a loro volta forzate quasi sempre alla ricerca dell’effettaccio.

. . .

E` martedi` e ricompare il sole; ho fatto bene ad aspettare per una nuova escursione.

Meta alcune localita` minori piuttosto vicine a Stuttgart, non piu` di 20-25 km, che pero` in 12 anni non ho mai visitato.

Boebligen e` di fatto un quartiere molto periferico di Stuttgart, e sempre un cartello marrone sull’autostrada segnala da anni la sua chiesa principale come interessante ed antica.

7

E` un edificio abbastanza imponente ed antico, in effetti, sopraelevato sopra la grande piazza del mercato; per il resto gli scorci interessanti non sono molti in questo centro che e` diventato un grosso quartiere residenziale, oggi penoso da raggiungere per le code in autostrada.

Pero` anche Boebligen ha il suo particolare museo: non ne mancano davvero in questo Land; e questo, dedicato alla storia della citta`, ospita una mostra sulla guerra dei contadini ai tempi della Riforma protestante che promette di essere interessantissima: peccato solo che sia chiuso la mattina e che ci debba quindi tornare, ma ho tempo fino a gennaio.

. . .

La meta del viaggio in effetti non era pensata affatto in termini museali, ma sarebbe una lunga escursione a piedi, 10 km andata e altrettanti ritorno in una Valle dei Mulini che viene segnalata da una guida locale comperata anni fa (e per errore due volte!).

Ma la guida idiota (quando i tedeschi sono idioti ci riescono in maniera superlativa) segnala il punto di partenza cosi`: l’escursione comincia dal parcheggio dove si trova il cartello che indica la valle.

Il paesino e` abbastanza piccolo, provo a girarlo con la macchina qua e la`, ma naturalmente questo parcheggio indicato in modo tanto vago non riesco a trovarlo e del resto il gelo del cielo limpido mi sta facendo passare la voglia di qualche ora di camminata nell’ombra dei boschi.

Quindi ripiego alla prossima localita`, anche questa messa nel conto di una visita da anni: Schoenbuch.

. . .

Cittadina minuscola, di nuovo arroccata attorno ad un rilievo modesto, con la chiesa in cima e strade in dolce pendenza che salgono fra le case a graticcio; ma qui la vocazione turistica e` piu` spiccata, ci sono ristoranti che giocano la parte della vita agreste esponendo ad esempio un carro agricolo e dei pupazzi che recitano la parte dei contadini.

8

Sotto la chiesa nella piazza in discesa fra qualche festone natalizia, una scacchiera in disarmo ed un deposito di pezzi da prelevare liberamente, chi vuol farsi una partita e ha trovato l’avversario.

9

Ma il pezzo forte qui e` il museo, che del resto e` stato pensato come meta fin dall’inizio.

E` ospitato nello Schloss, che e` il piu` antico castello di caccia del Baden-Wuerttemberg, con la precisazione che noi traduciamo Schloss con castello, ma il termine non ha una vera corrispondenza in italiano ed e` propriamente intraducibile: Schloss rimanda al verbo schliessen, chiudere, ed e` dunque in generale l’edificio in cui si rinchiude il potere signorile, sia esso un castello fortificato, che e` il concetto a cui rimanda la parola italiana, si esso semplicemente un grande palazzo, pero` altrettanto inaccessibile.

Ecco, direi che Schloss significa propriamente la costruzione chiusa, inaccessibile all’uomo comune; e nel termine ci sono gia` le premesse mentali della guerra dei contadini che prima o poi la mmostra di Boeblingen mi permettera` di conoscere.

Qui in effetti siamo di fronte ad un grande palazzo, al quale si accede da un unico ingresso facilmente difendibile, rappresentato da un corridoio aperto a volta che da` su un cortile.

Oggi ospita un Museo della vita quotidiana, unico nel suo genere nel Land, che si e` rivelato estremamente interessante e mi ha tenuto occupato per due ore, tanto che alla fine l’elegante e disponibile signora che stava alla cassa e` venuta a cercarmi nei sotterranei, e io ci ho fatto anche un pensierino…

Non vi tediero` a questo punto con lunghe descrizioni (mi pare di averlo gia` fatto abbastanza), vi dico soltanto la cosa piu` simpatica: l’intero corridoio di ingresso e` a disposizione dei visitatori: chi ritiene di avere qualcosa di interessante per la storia della vita quotidiana puo` venire qui e metterlo a disposizione; ed ecco una sequenza curiosa di oggetti e testimonianze.

Ne indichero` una sola: una letterina a Babbo Natale del 1948, l’anno in cui sono nato io, scritta in bella grafia da un bambino tedesco ancora piuttosto piccolo, ma gia` bravo a scrivere: un bambino nato piu` o meno all’inizio della guerra mondiale!; carica di sensi di colpa e di riconoscimenti degli errori, ma che alla fine si conclude lo stesso con una richiesta, una richiesta sola, di un regalo soltanto.

10

Fuori si puo` discendere al fiume e costeggiare il lato nord del piccolo centro, ancora dominato da un imponente scarpata: in cima il campanile, le mura della sede del signore; e in un momento rieccomi al piccolo parcheggio e con la macchina sulla via del ritorno.

11

. . .

Ieri il tablet comperato a rate sabato per dotarmi di internet a casa, non e` arrivato come doveva al negozio del corso dove l’ho comperato da un paio di autentici turchi napoletani che mi salutano festosi dicendomi wuaglio` kome sstai?, e dunque rieccomi all’internet cafe` gestito da due fratelli sikh, a digitare le mie stronzate, e poi a casa.

E al risveglio siamo gia` a mercoledi`? si`.

Vado al mio rigattiere: ho adocchiato una economicissima poltroncina di vimini sulla quale scrivere, ma apre soltanto dopo le 11: come se la pigliano comoda questi tedeschi!

E invece i mercatini di Natale stanno per entrare in funzione: attivati quasi miracolosamente in una notte.

Ma volutamente non ho portato la videocamera con me oggi, mi pare che ci sia una luce piuttosto infelice, poi mi pento, sia per alcune scritte pro Kurdistan sui muri qua e la` e perche` le immagini delle bancarelle ancora allo stato di cantiere potevano avere una loro originalita`.

Ma il pezzo forte della giornata dovrebbe essere Mia madre di Moretti, in italiano con i sottotitoli in tedesco, in un cinema che si distingue per l’ottima programmazione e ha il vantaggio di essere giusto di fianco al Treffpunkt Rotebuehl, dove sono gia` stato ieri a fare incetta di programmi culturali.

Vicinanza provvidenziale per uno che si e` fatto una pennichella e al risveglio parte da casa per farsi a passo spedito i 10 minuti a piedi da casa per non perdersi il film delle 20; peccato che arriva sul posto alle 18:50 e manca ancora un’ora e 10 minuti, come osserva puntuale la maschera…

Fa anche un freddo cane e non resta che trasformare la svista in opportunita`, rifugiandosi nell’enorme centro culturale, aggirando il punto di incontro per ultracinquantenni, del resto vuoto a quest’ora, e arrivando ai salottini di lettura della stampa.

I giornali tedeschi sono incommensurabilmente migliori di quelli italiani e la lettura delle analisi sul caso turco allarga la mente.

Trovo inoltre articoli entusiasti per la pubblicazione dei dati OCSE sulla scuola nei paesi avanzati, che confermano un nuovo miglioramento delle posizioni della scuola tedesca; non ho letto nulla sul tema nella stampa italiana online, vediamo se rimedieranno oggi.

Ma intanto una classifica sconsolante riguarda la diffusione dei titoli di studio in Europa: nella percentuale di popolazione in possesso di titolo di scuola superiore l’Italia e` terzultima, avanti soltanto a Portogallo e Spagna, a piu` di 20 punti percentuali di distanza dalla media e superata da paesi come la Polonia o la Slovenia che, nella nostra ignoranza, consideriamo inferiori.

So ppi che questi risultati disastrosi sono a loro volta il frutto di una media tra un Nord relativamente piu` avanzato e un sud assolutamente disastrato, che probabilmente e` da considerare il buco nero dell’Europa civile, sia in termini di scolarizzazione, sia in temrini di etica pubblica.

E datemi pure del razzista se non volete la verita`.

. . .

Finalmente alle otto di sera esco da questo luogo che promette di diventare un punto fisso dell’organizzazione delle mie prossime giornate, ed eccomi al film di Moretti.

Che triste decadenza: e` il secondo film italiano con qualche pretesa che vedo quest’anno, dopo la Giovinezza (qui tradotto come L’eterna giovinezza) di Sorrentino e la seconda frustrazione; del terzo non parlo, perche` non aveva neppure pretese.

Penso a Tutto su mia madre di Almodovar, e mi si stringe il cuore a constatare l’abisso di creativita`; purtroppo Moretti non ha nulla di preciso da dire in questo film, salvo un omaggio di maniera al mammismo italiano.

Offensivo verso sua madre, certamente, il bozzetto puerile a cui ha ridotto una figura certamente significativa, se e` stata docente per anni al Visconti, e invece nel suo film non appare altro che come una buona traduttrice di latino; demenziale la figura della sorella regista che, incredibilmente, di questi tempi, in Italia, sarebbe impegnata a fare film sulla classe operaia…: ma in che mondo vive Moretti?

Del resto questa storia parallela e in fondo dominante (dato il carattere indirettamente autobiografico e il fastidioso narcisismo del tutto) non si intreccia in alcun modo a livello profondo con quella della madre, oppure del fratello: mancano idee, situazioni, emozioni, e si tira avanti soltanto per arrivare ai chilometrici titoli di coda che ringraziano non so quante istituzioni per avere finanziato questo film insulso.

Spero proprio che si tratti soltanto di un incidente di percorso di un regista che pure ha dato molto al nostro cinema.

Per fortuna ho visto almeno, prima di Moretti, la pubblicita` di un bellissimo film etiope: sfidero` le mie difficolta` col tedesco cinematografico e andro` a vedermi questo, nei prossimi giorni.

. . .

Ed ora fuori! A visitare la mostra sul teatro delle ombre nel mondo, al Lindenmuseum.

Pero` ditemi voi se questo e` un diario svevo, o un pezzo del diario del mio continuo giro del mondo.

non accontentarti di leggere e scuotere la testa, lascia un commento, se ti va :-)

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...